Parcheggio sulle strisce blu, no alla decisione del GdP secondo equità
Cass. civ., sez. III, ord. 21 dicembre 2017, n. 30678
Il contratto di parcheggio (strisce blu) ceduto in gestione dal Comune in favore di un soggetto privato è riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 1342 c.c. con conseguente esclusione della applicabilità dell’art. 113 c.p.c., ovvero, della possibilità del Giudice di Pace di decidere la questione giuridica, discendente dallo stesso contratto, secondo equità.
La vicenda
Un cittadino veniva condannato a pagare somme a titolo di penale per non aver pagato il tagliando previsto per la sosta di auto in parcheggio a pagamento (c.d. strisce blu). Il Giudice di primo grado (Giudice di Pace), pronunciandosi secondo equità, condannava al pagamento delle somme. Il Giudice di appello (Tribunale) dichiarava inammissibile l’appello essendo la pronuncia impugnata assunta secondo equità. Parte soccombente proponeva ricorso per cassazione.
La ratio del giudizio secondo equità
La “ratio legis” del secondo comma dell’art. 113 cod. proc. civ. deve essere rinvenuta nella esigenza di assicurare la uniformità di giudizio delle controversie contrattuali caratterizzate dalla identità delle clausole negoziali riportate in “schemi standard“, predisposti al fine specifico di garantire sul piano del diritto sostanziale la uniformità di disciplina di tutti i rapporti obbligatori relativi ad un medesimo oggetto. Il giudizio secondo equità è, quindi, escluso per evitare il ripetuto rischio di plurimi giudicati contrastanti.
Invero, già Corte costituzionale, ordinanza 14 maggio 2008 n. 139 ha rilevato come <<lo scopo cui è preordinata la norma censurata consiste nell’assicurare decisioni delle cause aventi ad oggetto rapporti nascenti da contratti conclusi mediante moduli o formulari tra di loro non discordanti per i criteri che le informano, tale scopo può essere più adeguatamente soddisfatto se le suddette controversie vengono risolte secondo i criteri generali ed astratti previsti dalle leggi, anziché alla stregua delle particolari circostanze soggettive ed oggettive di ogni singolo rapporto>>.
La decisione
Il richiamo all’art. 1342 c.c. deve essere inteso, non in senso restrittivo-formalistico ai soli casi in cui vi sia una materiale sottoscrizione di moduli o formulari (predisposti in funzione della stipula di una massa di contratti eguali), ma deve trovare applicazione – per analogia legis – tutte le volte in cui un contraente esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti, dettando unilateralmente condizioni standard rivolte alla conclusione di una serie indefinita di contratti di identico contenuto in ordine ai quali si richiede la mera adesione alle condizioni “in toto” dell’altro contraente.
Detta fattispecie può perfezionarsi secondo differenti iter: sottoscrizione a distanza, accettazione tacita attraverso acquisto del titolo che legittima il posteggio etc.
Il servizio di sosta regolamentata nei centri urbani (anche quando al gestore della sosta è delegato il potere di erogare la sanzione in occasione del mancato acquisto o mancata esibizione del tagliando che legittima il posteggio) deve ritenersi regolato da “condizioni standard” (concernenti la delimitazione degli spazi fruibili per la sosta; gli orari del servizio; la eventuale durata massima dello sosta; l’importo della tariffa a tempo; le conseguenze sanzionatorie della violazione degli obblighi prescritti dalle indicate condizioni standard), unilateralmente predisposte dall’ente locale e rivolte al pubblico indifferenziato degli utenti, e come tale deve ricondursi alla categoria dei rapporti derivanti da “contratto concluso secondo le modalità di cui all’art. 1342 c.c.“. Pertanto la relativa controversia non può essere decisa ex art. 113 c.p.c. secondo equità.
Con queste argomentazione il ricorso è stato accolto e la sentenza rinviata ad altro giudice.
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