PAS: una costruzione senza le fondamenta

PAS: una costruzione senza le fondamenta

Richard Gardner, psichiatra forense statunitense, postula negli anni Ottanta l’attivazione di una dinamica psicologica disfunzionale nei figli minori in sede di separazioni conflittuali tra coniugi: nasce così la teorica della PAS, la “sindrome da alienazione parentale”.

Lo studioso descrive la PAS come il risultato dell’influenza intenzionale esercitata sui figli da parte del genitore alienante, tesa a condurli al rifiuto dell’altro genitore attraverso false accuse e costruzioni di realtà virtuali legate alla famiglia.

Gardner rappresenta i bambini come demoni che odiano i padri a causa di madri malevoli che accusano falsamente i mariti.

Non è un caso se la teoria in questione, priva di fondamento scientifico, non sia menzionata nel DSM5, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, accreditato a livello globale.

Nonostante ciò, l’alienazione parentale si è spesso trasformata in uno strumento a cui ricorrere nelle aule di tribunale in sede di separazioni sostanzialmente identiche: uno strumento di rilevazione della condotta del presunto genitore alienante – la madre, maltrattata dal coniuge e desiderosa di interrompere la relazione malsana nonché proteggere i propri figli –  in favore del genitore alienato – il padre, uomo solitamente violento e assistito da avvocati, psicologi e psichiatri di formazione gardneriana.

Invoca l’alienazione parentale Luigi Capasso nel 2018, accusando la moglie, durante la loro separazione, di non fargli vedere le figlie. La donna presenta un esposto presso la stazione dei Carabinieri di Velletri, dove l’uomo lavora: denuncia la sua violenza, esterna i suoi timori per l’incolumità delle sue bambine. Nulla è valso a salvarle: ha vinto l’etichetta di madre malevola, hanno prevalso i pregiudizi nei confronti di una donna additata come colei che voleva infangare la reputazione del marito.

Il 28 febbraio 2018 Luigi Capasso spara alla moglie e uccide le sue due figlie.

Neanche un epilogo così tragico ha placato i sostenitori di questo strumento di tutela dei padri violenti: è del 2018 il disegno di legge Pillon, che prospetta – in costanza di rifiuto del minore di avere rapporti con uno dei due genitori e nonostante l’assenza di prove fattuali o legali – sanzioni in capo al genitore alienante.

Invocare nei tribunali la PAS, tra l’altro, contrasta con l’articolo 31 della Convenzione di Istanbul, firmata e ratificata dall’Italia nel 2013, che prescrive al giudice di tener conto degli episodi di violenza familiare e della sicurezza di chi li abbia subiti al momento della scelta sulla custodia dei minori.

La Corte di Cassazione si è ripetutamente pronunciata sul tema.

Nel 2013, si è occupata dell’affido esclusivo di un minore al padre a seguito di pronunce in primo e secondo grado volte a ritenere la madre alienante e nociva e, quindi, a favorire un rapporto tra padre e figlio. La Corte ha rimproverato la mancanza di una verifica in concreto di tale rapporto di alienazione tra la donna e il bambino, nonché la scelta di una soluzione priva di supporto scientifico (Cass. n° 7041/2013).

Nel 2019, la Corte di Cassazione ha ribadito ancora la propria posizione in tema di PAS: in sede di separazione non è possibile stabilire l’affido di un minore sulla base di una teoria carente di attendibilità scientifica e senza una valutazione effettiva circa la qualificazione della madre come genitore alienante (Cass. n° 13274/2019).

Nel 2021 la Corte di Cassazione ha emesso un’ordinanza in tema di affidamento esclusivo di un minore al padre deciso dal Tribunale di Treviso e confermato dalla Corte d’Appello di Venezia sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio con la quale si sosteneva che la condotta materna fosse finalizzata ad allontanare il bambino dal padre, essendo la donna affetta dalla “sindrome della madre malevola” (Cass. ord. n° 13217/2021).

La Corte ha annullato la sentenza di appello con rinvio, ricordando che la PAS non ha alcuna validità scientifica ed è riconducibile alla colpa d’autore, principio di stampo nazista in base al quale si punisce non in base al fatto commesso ma al modo di essere dell’agente.

La Corte definisce “fortemente stigmatizzante” la valutazione effettuata in capo alla donna.

Inoltre, ricorda ai giudici che non ci si può limitare al mero richiamo delle conclusioni del consulente tecnico, essendo necessario verificarne il fondamento sul piano scientifico al fine di evitare danni più gravi di quelli che si intendono scongiurare.

Da ultimo, il 24 marzo 2022 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sull’argomento con l’ordinanza numero 9691, accogliendo il ricorso di una madre contro il provvedimento che la privava della responsabilità genitoriale. A seguito delle accuse del padre di suo figlio, un consulente tecnico d’ufficio l’aveva ritenuta alienante per il bambino e responsabile del rifiuto del minore nei confronti della figura paterna.

La Corte si è espressa a tutela della bigenitorialità, diritto in base al quale il minore non può essere privato del rapporto con la madre in virtù di una mera dichiarazione di alienazione parentale. Infatti, si tratterebbe di ricorrere a un costrutto privo di fondamento e spesso causa di provvedimenti lesivi per i bambini.

Inoltre, la Corte ha ribadito l’importanza di ascoltare il minore nei giudizi che lo riguardano, nonché il suo diritto al contraddittorio e all’equo processo.

Infine, si precisa che il mero allontanamento dei bambini dalle madri integra un trattamento inumano e degradante, una forma di coercizione assolutamente contrastante con il nostro ordinamento; è necessario verificare in concreto, quindi, che questa misura sia eventualmente necessaria, prevalendo la fondamentale esigenza di non arrecare al minore dei traumi irreparabili.

Di certo, in concreto, bisognerebbe valutare non soltanto i presunti comportamenti alienanti delle madri ma anche che la natura dei padri corrisponda a quanto denunciato.

Non resta che augurarsi che la forte attenzione della giurisprudenza di legittimità sul tema sia d’ispirazione per i giudici di merito e – perché no?! – per i fautori di teorie evanescenti.


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