Penalità di mora: nessun riconoscimento a causa della crisi economica
T.A.R. Roma, Sez. seconda, 09 giugno 2015, n. 8061
a cura di Paolo Ferone
La crisi della finanza pubblica giustifica, in concreto, la mancata condanna della parte pubblica al pagamento dell’astreinte.
Nel ricorso in esame parte ricorrente lamentava la mancata esecuzione dell’ordinanza di assegnazione del credito pronunciata dal Tribunale ordinario di Roma all’esito di procedura esecutiva. La ricorrente instaurava, per vedersi riconoscere il credito, un giudizio di ottemperanza, e rappresentava la definitività dell’ordinanza della quale si chiedeva l’esecuzione. Inoltre, la parte chiedeva all’intimata Amministrazione il pagamento di una ulteriore somma ex art. 114, comma 4, lett. e) del c.p.a.
Il T.A.R. Lazio, Sezione seconda, innanzitutto, ha affermato, la ammissibilità del ricorso in oggetto, stante la definitività del provvedimento giurisdizionale adottato ex art 553 c.p.c., citando anche importanti precedenti sul punto (ex multis Consiglio di Stato, A.P., 10 aprile 2012, n. 2; Sez. V – ord. coll. 20 novembre 2013 n. 5484), i quali rammentano che un’ordinanza ex art 553 c.p.c., emessa nei confronti di una P.A., avendo portata decisoria dell’esistenza, dell’ammontare e della spettanza al creditore nonché attitudine al giudicato è suscettibile di esecuzione attraverso giudizio di ottemperanza (Testo consigliato: Il giudizio di ottemperanza di . A tal proposito occorre rammentare che, allo stato, vige una regola di piena alternatività, per il creditore, tra lo strumento dell’esecuzione forzata ordinaria ed il giudizio ex art 112 comma 3 lett. c) c.p.a., potendo, ad avviso del Collegio, i due rimedi integrarsi e completarsi a vicenda.
Con riferimento al secondo punto, ossia la richiesta di parte ricorrente dell’applicazione della disposizione dell’art 114 comma 4, lett e) c.p.a., la Corte, si è, inizialmente discostata da un suo precedente orientamento secondo cui “la domanda di applicazione della penalità di mora non potesse essere accolta in caso di domande di esecuzione del giudicato relative a sentenze di condanna al pagamento di una somma di denaro”. Invero, lo stesso Collegio nella Sentenza in esame, ha richiamato la decisione dell’Adunanza Plenaria n.15 del 25 Giugno 2014, la quale ha ritenuto la comminatoria delle penalità di mora ammissibili per tutte le decisioni di condanna di cui all’art. 113 cod. proc. amm., ivi comprese quelle aventi per oggetto il pagamento di una somma di denaro. A tale pronuncia i Giudici hanno in un primo momento ritenuto di doversi adeguare applicando la penalità di mora anche in caso di condanna dell’Amministrazione al pagamento di una somma di denaro, sia pure attraverso una quantificazione della stessa che, in concreto, tenesse conto delle esigenze di contenimento della spesa pubblica (ex multis, T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 16 dicembre 2014, n. 12739).
Tuttavia , un ponderato esame della decisione dell’Adunanza Plenaria – svolto alla luce del protrarsi della crisi finanziaria mondiale e delle notorie difficoltà di bilancio dello Stato – ha indotto la Sezione seconda, come si evince anche da recenti pronunce (T.A.R. Lazio Roma, Sez. II, 15 aprile 2015, n. 5466 e n. 5471) a valorizzare quella parte della predetta decisione (par. 6.5.1) nella quale è stato evidenziato che “la considerazione delle peculiari condizioni del debitore pubblico, al pari dell’esigenza di evitare locupletazioni eccessive o sanzioni troppo afflittive, costituiscono fattori da valutare non ai fini di un’astratta inammissibilità della domanda relativa a inadempimenti pecuniari, ma in sede di verifica concreta della sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura nonché al momento dell’esercizio del potere discrezionale di graduazione dell’importo”.
A supporto di questa decisione, i Giudici Amministrativi hanno richiamato una nutrita giurisprudenza (ex multis, T.A.R. Puglia Lecce, Sez. I, 23 gennaio 2015, n. 334; T.A.R. Campania Napoli, Sez. IV, 12 febbraio 2015, n. 1065; T.A.R. Sicilia Catania, Sez. II, 13 febbraio 2015, n. 442; T.A.R. Puglia Bari, Sez. II, 19 febbraio 2015, n. 308; T.A.R. Lazio Roma, Sez. III-quater, 24 febbraio 2015, n. 3164) –nella quale si ritiene che la crisi della finanza pubblica giustifica, in concreto, la mancata condanna della parte pubblica al pagamento dell’astreinte.
Del resto ci si potrebbe domandare se la mancata deduzione in giudizio di una tale ragione ostativa possa impedire l’applicazione della stessa. Ad avviso del Collegio, cosi come evidenziato da precedenti decisioni (cfr. la già citata sentenza n. 12739/2014), tali ragioni ostative possono assumere rilievo anche quando non siano dedotte in giudizio, costituendo ormai fatti notori.
A fronte di tali conclusione, il TAR ha rigettato la domanda volta ad ottenere la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle penalità di mora.