Pensioni: termine per la restituzione delle pensioni indebite

Pensioni: termine per la restituzione delle pensioni indebite

Molto spesso ci imbattiamo in comunicazioni da parte dell’INPS che ci informa di aver contratto un debito con l’Istituto di Previdenza Sociale.

La missiva inviata dall’Inps ha per oggetto “Accertamento somme indebitamente percepite su pensione” e informa il pensionato che sarebbero state corrisposte quote non spettanti in quanto l’ammontare dei redditi era superiore ai limiti previsti dalla legge.

Difatti, spesso accade che l’Ente richieda, anche a distanza di anni, la restituzione di pensioni arretrate erroneamente corrisposte.

Si parla allora di “indebito”, ossia di somme erogate per errore, le quali in virtù della norma generale di cui all’articolo 2033 del Codice civile, andrebbero restituite. Infatti, trattandosi di pensioni, e più in generale di prestazioni previdenziali o assistenziali, sussiste una specifica normativa di settore, che sancisce l’irripetibilità delle somme pur erroneamente versate, purchè non vi sia stato dolo da parte dell’interessato.

Occorre brevemente rammentare il contenuto della comunicazione all’indebito percettore o ai suoi eredi o agli altri soggetti di volta in volta identificati in relazione alle singole fattispecie deve pertanto contenere le seguenti informazioni: l’ importo delle somme da recuperare e gli eventuali interessi corrispettivi; il periodo di riferimento; la prestazione della quale si contesta l’indebita percezione; le motivazioni di fatto e di diritto in base alle quali si è accertato che l’importo erogato era superiore all’importo spettante, ovvero non dovuto; le possibili modalità di recupero diretto o di recupero indiretto.

Oltre agli elementi sopra indicati, la comunicazione deve riportare i seguenti contenuti: l’invito a fornire alla struttura territoriale competente direttamente o tramite casella di posta elettronica certificata, entro 30 giorni dal ricevimento della stessa, ogni elemento utile all’eventuale rettifica del provvedimento; i termini e le autorità competenti, in sede amministrativa o giudiziaria, alle quali ricorrere, ai fini dell’impugnazione del provvedimento; l’avviso che la presentazione del ricorso non ha efficacia sospensiva dell’azione di recupero in via amministrativa e che, nel caso in cui sussistano i presupposti, trascorso il termine di 30 giorni, l’Istituto potrà avviare le procedure per il recupero “indiretto” dell’indebito.

La predetta comunicazione deve essere notificata al debitore mediante raccomandata con ricevuta di ritorno o con le altre modalità giuridicamente equivalenti (ad esempio, PEC), nei termini prescritti ed in particolare, per gli indebiti derivanti da verifiche reddituali, nei termini stabiliti dalla normativa vigente.

Ciò chiarito, è necessario premettere che sono escluse dalle norme di favore e, quindi, dall’irripetibilità, ricadendo nel generale principio civilistico, le somme erogate in assenza di un atto amministrativo di attribuzione.

Da questa tesi ne consegue che tutti gli indebiti previdenziali devono essere fondati su un titolo che è l’attribuzione non provvisoria, ma definitiva della pensione.

Se, invece, vi fosse un’attribuzione provvisoria l’indebito sarebbe sempre ripetibile, ossia l’INPS avrebbe sempre diritto alla restituzione di quanto erogato.

La vera questione risiede nel caso di un titolo definitivo, in questo caso è doveroso distinguere tra errore da parte dell’INPS e errore da parte del pensionato.

In particolare se l’errore dipende dall’INPS e sussiste un titolo definitivo, l’indebito diventa irripetibile, vale a dire l’Inps non potrà più chiedere indietro la restituzione degli importi erogati per errore in eccesso.

Si può fare il seguente esempio: nel caso della pensione di reversibilità, il coniuge superstite chiede la pensione di reversibilità dell’altro coniuge venuto a mancare. Tale pensione viene quantificata in base al reddito percepito dal coniuge reduce, pertanto, è necessario comunicare all’INPS tutti i redditi così da determinare l’effettivo importo spettante. Dunque, inizialmente l’INPS eroga l’importo sulla base di un titolo provvisorio, successivamente provvede a fondare la prestazione su un titolo ormai definitivo, tenuto conto dei redditi dichiarati dal coniuge.

Tuttavia, una speciale norma di settore sancisce l’irripetibilità delle somme erroneamente versate, purchè non vi sia stato dolo da parte dell’interessato.

Orbene, dapprima va rilevato come secondo l’art. 52, co. 2, L. n. 88/1986, qualora siano state riscosse rate di pensione risultanti non dovute, l’Ente non può richiedere il recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo del pensionato.

Tale principio è stato ribadito dall’art. 13 L. n. 412/1991, norma di interpretazione autentica dell’articolo appena menzionato, secondo il quale: “Le disposizioni di cui all’art. 52, comma 2, L. n. 88/1989, si interpretano nel senso che la sanatoria ivi prevista opera in relazione alle somme corrisposte in base a formale, definitivo provvedimento del quale sia data espressa comunicazione all’interessato e che risulti viziato da errore di qualsiasi natura imputabile all’ente erogatore, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. L’omessa  od incompleta segnalazione da parte del pensionato di fatti incidenti sul diritto o sulla misura della pensione goduta, che non siano già conosciuti dall’ente competente, consente la ripetibilità delle somme indebitamente percepite”.

Sulla scia di queste disposizioni normative, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito tale principio sancendo che “le pensioni possono essere in ogni momento rettificate dagli enti erogatori in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione o di erogazione della pensione, ma non si fa luogo al recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita prestazione sia dovuta a dolo dell’interessato” (Corte di Cassazione, Sez. Lav., Sent. n. 482/2017).

Ed ancora, la Cassazione afferma la necessità di tutelare la buona fede del cittadino che ha incolpevolmente fatto affidamento sulla correttezza dell’operato dell’INPS. Va anche considerato che le prestazioni pensionistiche, anche se indebite, sono solitamente destinate a soddisfare bisogni primari del pensionato e della sua famiglia (Corte di Cassazione, Sez. Lav., Sent. n. 28771/2018).

Ovvio è che il pensionato dovrà provare che effettivamente abbia comunicato tutte le variazioni reddituali nei termini previsti e stabiliti dalla Legge, pertanto, al pensionato, per liberasi dal debito, non resta altro che provare di essersi prontamente attivato a tal riguardo. A questo punto se l’INPS non si attiva, mediante le verifiche annuali, entro il 31 dicembre dell’anno successivo o a partire dalla data di effettiva conoscibilità dei redditi comunicati dal pensionato, l’INPS incorrerà nella decadenza prevista dalla legge, impedendogli di poter azionare la richiesta di ripetizione nei confronti del pensionato.

Mentre, con riferimento all’errore in capo al pensionato, il dolo è parificato ad una omissione, una sorta di colpa  che viene attribuita al pensionato per non aver comunicato nei tempi e comunque  non aver comunicato la dichiarazione dei redditi o le variazioni reddituali, come se  venisse addebitata una responsabilità per aver omesso con dolo o con colpa delle informazioni all’INPS.

In questo caso, l’Ente, se dimostra che il pensionato non ha comunicato alcuna informazione e vi sono state delle variazioni reddituali, ha la possibilità di ripetere queste somme SEMPRE, perchè può far partire la propria prescrizione del diritto non dal momento del pagamento indebito ma dal momento in cui ha avuto conoscenza della variazione reddituale, quindi, dalla  comunicazione in cui vi chiede la restituzione delle somme, e da quel tempo partono 10 anni per poter chiedere in restituzione.

A tal riguardo, occorre segnalare la Circolare INPS n. 47 del 16.03.2018, in particolare, al par. 8.1 afferma che: “La prescrizione, trattandosi di indebiti, si compie con il decorso di dieci anni che si calcolano a ritroso dall’invio della comunicazione del provvedimento di recupero all’interessato o dalla trasmissione del debito al servizio preposto da parte dell’Istituto (paragrafo n. 4). Pertanto sono recuperabili le differenze di pensione erogate indebitamente sui ratei corrisposti nel decennio anteriore all’invio della comunicazione dell’indebito o alla trasmissione del debito al servizio preposto. La prescrizione opera d’ufficio.”

Ad esempio: comunicazione dell’INPS del 2020, la stessa potrebbe chiedere la restituzione degli importi fino al 2010.

Per tali ragioni, risulta corretto affermare che se l’errore dipende dall’INPS vale, in via generale, principio dell’irripetibilità delle somme erogate in esubero, tenendo sempre conto che entro l’anno successivo l’INPS può compiere delle verifiche sui redditi degli interessati; diversamente, se l’errore attiene al pensionato, il quale non ha comunicato nei tempi e modi previsti dalla legge le variazioni seppur minime dei redditi, l’INPS ha 10 anni di tempo per poter chiedere la restituzione dell’indebito.

In conclusione, le variazioni reddituali sono all’origine dell’indebito pensionistico, pertanto, è necessario  inviare comunque ogni anno la propria dichiarazione dei redditi e dei familiari a carico, se esistenti, specialmente nel caso di variazione in aumento e, per ovviare ad ogni dubbio, questa dichiarazione deve essere inviata non solo dal proprio commercialista all’Agenzia delle Entrate, ma anche una copia direttamente all’INPS mediante raccomandata o pec, anche se le variazioni non vi fossero state.


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Silvia Passarini

Nata in provincia di Macerata nel 1992, ha conseguito lalaurea in giurisprudenza presso l'Università di Macerata nell'aprile 2017 con la tesi in diritto del lavoro "il licenziamento discriminatorio". Abilitata alla professione forense presso la Corte d'Appello di Ancona nell'ottobre 2020. Ha altresì svolto il Master di II livello in materia di privacy presso l'Università Niccolò Cusano nel novembre 2020.

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