Perché le banche mentono sul mutuo fondiario

Perché le banche mentono sul mutuo fondiario

Il mutuo fondiario è un mutuo ipotecario; il mutuo, a sua volta, è un prestito di denaro (o di altre cose fungibili) da parte di un soggetto (detto mutuante) a un altro soggetto (detto mutuatario); nel mutuo ipotecario si conviene, all’atto della stipula, la costituzione di una garanzia reale a difesa della mutuante, messa in condizione di pignorare il bene gravato della formalità (e soddisfarsi dal ricavato della vendita) nel caso in cui l’altra parte sia inadempiente all’obbligo restitutorio; nel mutuo fondiario, condivise regole generali su dazione/restituzione di denaro e iscrizione ipotecaria, ci sono peculiarità specifiche di questo contratto. È un modello speciale: non tradisce l’essenza della categoria eppure se ne distanzia per assumere – è ipotesi di lavoro – una propria identità.

In disparte i precedenti normativi, l’istituto è oggi regolato dal Testo Unico Bancario, con innesti anzitutto nella normativa codicistica, sostanziale e processuale, e con ricadute specifiche su taluni aspetti di costo (emblematico il dimezzamento degli onorari notarili). Spetta al codice civile (nella prerogativa di descrivere i modelli negoziali generali) la collocazione tematica nel tipo contrattuale previsto e disciplinato dagli artt. 1813 e ss. c.c.; questo corpo di disposizioni, in combinato con la regolamentazione degli aspetti negoziali e contrattuali tout court, è, per così dire, il “pre” del mutuo fondiario: non ci si può né ci si deve affrancare da una precomprensione ben fondata su addentellati normativi fondamentali. A valle del funzionamento del negozio, la normativa processualcivilistica può essere considerata il “post”, in quanto chiamata in causa in modo eventuale ove l’esecuzione non giunga a compimento nel migliore dei modi.

Procediamo con ordine. Il mutuo fondiario vive con pienezza la categoria della consegna di denaro o di altre cose fungibili con obbligo di restituzione di quanto consegnato/ricevuto (ex art. 1813 c.c.). Nella realtà, chi si avvale di questo contratto – per estensione – si accinge ad affrontare una spesa che non avrebbe la capacità economica di sostenere; è il soggetto mutuante che consente l’operazione nel momento in cui, col mutuo, determina la traslazione nella proprietà del mutuatario del denaro (ex art. 1814 c.c.). Non meraviglia, dunque, che l’art. 1815 c.c., al comma 1, abbia rigore e limpidezza nell’introdurre la presunzione di onerosità del prestito, come forma di giusta remunerazione del soggetto erogante. Definita la cornice, occorre dare forma al soggetto: la nozione di credito fondiario è nell’art. 38 D. Lgs. 1° settembre 1993, n. 385 (Testo Unico Bancario); il compendio normativo si estende agli articoli successivi, almeno fino all’art. 41. I dettagli messi a fuoco dalle disposizioni speciali investono, in breve rassegna: la costituzione di un’ipoteca di primo grado su immobili; il vincolo di finanziabilità; il regime delle ipoteche quanto ad elezione di domicilio del soggetto mutuante; la collocazione degli interessi nello stesso grado del capitale, anche quando la determinazione degli interessi avvenga sulla base di parametri indicizzati (tali per cui l’esatta misurazione degli stessi non è possibile ex ante); l’esonero dalla revocatoria fallimentare; gli istituti della riduzione della somma garantita e della restrizione dei beni posti a garanzia; il frazionamento del mutuo; l’alleggerimento degli oneri fiscali e delle spese notarili; l’estinzione anticipata e la risoluzione unilaterale; la cancellazione delle ipoteche; il procedimento esecutivo. Tutto ciò, per esigenze di economia, non è suscettibile di approfondimento hic et nunc; per i connotati della categoria si è detto abbastanza; non è astrattismo assegnare al modello una propria identità strutturale; ciò che segue è la verifica di un’autonomia funzionale del tipo.

Dopo aver detto cosa è il mutuo fondiario, infatti, si pongono necessariamente due domande, in qualche modo speculari; siamo in banca, cerchiamo di verificare che sia questo il finanziamento più adatto; inevitabilmente ci chiediamo: cosa ci dicono e cosa non ci dicono di questo contratto?

Non v’è dubbio che nel marketing del credito fondiario figurino la corrente applicazione di tassi debitori più convenienti; nelle ipotesi migliori, il prodotto viene venduto con la promessa di una futura riduzione della somma garantita da ipoteca e della liberazione parziale del compendio immobiliare ipotecato, e con l’impegno a non risolvere il contratto prima di sette ritardati pagamenti; rara avis, si viene a sapere che l’estinzione anticipata è meno facile per la mutuante (dato che per vero dovrebbe incoraggiare il cliente, al netto dell’alfabetizzazione bancaria).

La presentazione del prodotto si ferma qui, dove iniziano le omissioni su cosa attende il mutuatario; i silenzi sono in questo caso malevoli, al peggio contegni decettivi che innescano una possibile contestazione di truffa, al meno colpevoli nei tipi di una leggerezza poco commendevole. Non v’è dubbio che una banca che si accaparri vantaggi dalla stipula di un contratto debba darne notizia, e che, al contempo, non debba celare nulla, nemmeno trincerandosi dietro il c.d. dolus bonus: un conto è valorizzare i pregi di una “merce”, altro rappresentarli nascondendone le difettività. Non mi risulta che i clienti, recandosi in banca, abbiano adeguata informazione – non ne hanno affatto – su cosa debbano considerare nella scelta tra mutuo ipotecario semplice e mutuo fondiario. La comunicazione tra le parti, inevitabilmente asimmetrica, si fa simbolica, secondo il rito di una visione paternalistica in nome della quale la banca si fa carico della scelta migliore per il cliente, senza ammennicoli vari.

In concreto, la banca si avvantaggia di: un’ipoteca di primo grado, a copertura del capitale, degli interessi convenuti al momento della stipula del contratto e di quelli ulteriori che possono derivare da clausole di indicizzazione del tasso contrattuale; un’elezione di domicilio presso la propria sede (in tempo di notifiche cartacee questo significava spese vive anche ingenti per chi volesse avanzare contestazioni alla mutuataria); un’esclusione dalla revocatoria fallimentare; un esonero dall’obbligo di notificazione del titolo contrattuale esecutivo; un’esperibilità dell’azione esecutiva anche dopo la dichiarazione di fallimento; un’apprensione diretta delle rendite degli immobili ipotecati in costanza di fallimento o di pignoramento.

La menzogna è macroscopica; o forse è macroscopico il gap tra quello che si può capire di un mutuo e quello che si può conoscere. Sulla prima variabile, alla fin dei conti, c’è poco (o troppo) da fare, per la scarsa padronanza da parte dell’uomo qualunque dei meccanismi dell’erogazione del credito (c.d. anafabetismo bancario). La seconda variabile, al contrario, va presidiata come roccaforte di garanzia del contraente debole che va rispettato nell’incomprimibile diritto di essere informato.


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Avv. Gianluca Denora

Laureato all'Università di Bari Aldo Moro, dottore di ricerca in diritto penale e criminalità organizzata presso lo stesso ateneo, già docente universitario in diritto penale e in criminologia, con numerose pubblicazioni scientifiche all'attivo, redige abitualmente articoli a taglio giornalistico per riviste online accreditate. Si dedica prevalentemente al contenzioso bancario.

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