Permesso di costruire e rapporti intersoggettivi di diritto privato
Il rilascio del permesso di costruire rende legittimo l’esercizio dello jus aedificandi nei confronti della pubblica amministrazione ma non produce effetti nei rapporti intersoggettivi di diritto privato. Esso, invero, non può conferire alcun diritto su beni di terzi, in relazione ai quali nessun potere dispositivo compete all’autorità comunale.
Il titolo abilitante viene rilasciato «con salvezza dei diritti dei terzi» (art. 11, comma 3, del T.U. n. 380/2001), in quanto la funzione propria del permesso di costruire è quella di rimuovere un ostacolo alla libera esplicazione del diritto ad edificare del privato ed esso definisce unicamente i rapporti tra l’amministrazione ed il privato richiedente in ordine allo svolgimento dell’attività oggetto del provvedimento, ma non ha efficacia vincolante nei confronti dei terzi (vedi C. Stato, sez. V: 23 giugno 1997, n. 699, in Foro amm., 1997, 1665; 30 aprile 1997, n. 425, in Foro amm., 1997, 1105).
Il terzo che si ritiene danneggiato dall’esecuzione dell’opera, nonostante il rilascio del permesso di costruire, ben può agire, pertanto, ricorrendo al giudice ordinario per la tutela delle proprie situazioni di diritto soggettivo.
Esplicita è, in proposito, la giurisprudenza:
«La concessione edilizia consente di esercitare il diritto di costruire nei confronti della p.a., ma nei rapporti tra privati non è idonea a far presumere la proprietà del suolo su cui costruire a favore di colui al quale è rilasciata, ne può comprimere i diritti dei terzi» (Cass. civ., sez. II, 17 gennaio 2002, n. 484, in Arch. locazioni, 2002, 568).
«La concessione edilizia prevista dall’art. 4 L. 28 gennaio 1977, n. 10 è un atto amministrativo che rende legittima l’attività edilizia nell’ordinamento pubblicistico e disciplina i rapporti amministrazione-concessionario, ma non attribuisce a quest’ultimo diritti soggettivi verso i terzi i quali, quindi, possono agire innanzi al giudice ordinario per ottenere la rimozione o modificazione dell’opera, in quanto lesiva di diritti scaturenti da rapporti privatistici» (C. Stato, sez. V, 20 dicembre 1993, n. 1341, in Foro amm., 1993, 2398).
«La rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra p.a. e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati, regolati dalle disposizioni dettate dal codice civile e dalle leggi speciali in materia edilizia, nonché dalle norme dei regolamenti edilizi e dei piani regolatori generali locali; ne consegue che, ai fini della decisione delle controversie tra privati derivanti dalla esecuzione di opere edilizie, sono irrilevanti tanto la esistenza della concessione (salva la ipotesi della cd. licenza in deroga), ovvero il fatto di avere costruito in conformità alla concessione, non escludendo tali circostanze, in sé, la violazione del codice civile e degli strumenti urbanistici locali, quanto la mancanza della licenza o della concessione, quando la costruzione risponda oggettivamente a tutte le disposizioni normative sopraindicate» (Cass. civ., sez. II: 28 maggio 2007, n. 12405; 11 maggio 2000, n. 6038; 14 ottobre 1998, n. 10173).
«La licenza di costruzione, di cui all’art. 31 L. 17 agosto 1942, n. 1150 (modificato dall’art. 10 L. 6 agosto 1967, n. 765), al pari della concessione prevista dall’art. 4 L. 28 gennaio 1977, n. 10 (a modifica dell’art. 10 cit.), è un atto amministrativo che rende legittima l’attività edilizia nell’ordinamento pubblicistico e regola il rapporto che in relazione a quell’attività si pone in essere tra l’autorità amministrativa che lo emette ed il soggetto a favore del quale è emesso, ma non attribuisce a tale soggetto diritti soggettivi verso i terzi al riguardo dell’attività stessa, la cui liceità, rispetto a costoro, deve essere sempre verificata alla stregua della disciplina fissata dal diritto comune, con le consentite integrazioni della normativa speciale di cui all’art. 872 cod. civ. ed alle norme da esso richiamate, in ordine al diritto di proprietà ed alle relative limitazioni, legali o convenzionali» (Cass. civ., 21 febbraio 1983, n. 1311).
«La rilevanza giuridica della licenza edilizia si esaurisce nel rapporto tra la pubblica Amministrazione ed il costruttore e nei possibili riflessi sulle correlate posizioni di interesse legittimo dei terzi; mentre, sul piano dei rapporti tra privati, interessati in senso opposto alla costruzione, l’esistenza e la legittimità della licenza sono prive di rilievo, dovendo il giudice ordinario risolvere il conflitto fra gli stessi confrontando direttamente le caratteristiche della costruzione con le norme giuridiche che le disciplinano» (Cass. civ., 12 novembre 1983, n. 6742).
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