PMA e coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili
Corte Cost., 5 giugno 2015, n. 96
a cura di Marianna Perfetto
Sono costituzionalmente illegittimi, per contrasto con gli art.3 e 32 Cost., gli art. 1,commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge n.40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) nella parte in cui non consentono il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili
Il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita è disciplinato dalla legge n.40 del 2004 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) la quale impone il possesso di determinati requisiti alle coppie che decidano di accedervi.
L’art 1 della legge n.40 del 2004 stabilisce che la finalità della normativa è quella di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana sancendo allo stesso tempo che possono ricorrere alla PMA soltanto coppie sterili escludendo a priori soggetti che per cause diverse dalla sterilità non possono ricorrere alla procreazione naturale.
E’ il caso di una coppia fertile portatrice di malattie geneticamente trasmissibili che lamentavano lo “sbarramento” normativo di cui all’art 1, commi 1 e 2, e 4 comma 1, della legge n. 40 del 2004.
Sulla questione si è pronunciata la Corte Costituzionale dichiarando l’illegittimità “per contrasto con gli art 3 e 32 della Cost., degli artt 1, commi 1 e 2, e 4, comma 1, della legge n.40 del 2004 nella parte in cui non consentono il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche trasmissibili” (Corte Cost. 5 giugno 2015, n.96).
Con questa pronuncia la Consulta riporta a coerenza e logicità il sistema raccordando la legge del 2004 con le disposizioni previste dall’art 6 della legge n. 194/1978 (Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza).
Quest’ultima prevede all’art 6 la possibilità di ricorrere all’ interruzione volontaria della gravidanza quando, dopo il terzo mese di gestazione, si accertano processi patologici del nascituro quali rilevanti anomalie o malformazioni.
La lamentata irragionevolezza da parte della Consulta attiene al fatto che mentre la legge del 2004 vieta il ricorso alla PMA a coppie fertili ma portatrici di malattie geneticamente trasmissibili, la legge del 1978 invece consente alle stesse coppie, in presenza del medesimo presupposto, di procedere alla più traumatica modalità di interruzione della gravidanza.
La Corte Costituzionale corregge la scelta del legislatore del 2004 confermando la gerarchia dei diritti fondamentali della persona che vede al vertice il diritto alla salute della donna (e della coppia) di procreare e costruire una famiglia come scelta di vita che non ammette ingerenze da parte del legislatore e censura aspramente l’incoerenza del nostro legislatore laddove nella 40 del 2004 “vieta” il ricorso alla PMA e nella 194/78 riconosce il più traumatico “diritto” all’aborto.