Pornografia minorile e perdono giudiziale
Nel presente contributo si analizza la possibilità di applicare a un minore che ha commesso un reato l’istituto del perdono giudiziale disposto dall’ art. 169 c.p.
Per definizione, il perdono giudiziale è un istituto di favor, che consiste nel potere attribuito allo Stato di non applicare la pena al fine di consentire al minore autore di un reato la possibilità di un recupero sociale. In particolare, la ratio della norma è quella di tutelare il minore che ha commesso il reato qualora attraverso l’applicazione della pena non si riesca a consentire alla stessa di assolvere alla sua funzione rieducativa, posto che il minore in relazione alla sua capacità di comprensione non ancora sviluppatasi del tutto è incapace di capire il motivo per il quale la sua condotta debba essere punita e quindi incapace di assolvere alla funzione rieducativa.
Il perdono giudiziale è, dunque, una causa di estinzione del reato che può applicarsi solo ed esclusivamente in presenza di taluni presupposti: l’imputato deve essere un minore (che ha già compiuto quattordici anni) e non deve aver commesso alcun reato precedente. Il giudice, prima di applicare questo istituto, deve ai sensi dei parametri valutativi disposti dall’art. 133 c.p. effettuare una valutazione tenendo conto da un lato, della gravità del fatto di reato e della capacità a delinquere del minore, e dall’altro delle motivazioni che l’hanno indotto a delinquere nonché dell’esistenza di eventuali precedenti penali e giudiziari. Se si applica tale istituto, il processo si chiude con una sentenza di non luogo a procedere ma la stessa, pur escludendo la punibilità del minore, presuppone un accertamento della sua colpevolezza e, pertanto, produce alcuni effetti pregiudizievoli nei suoi confronti, tanto è vero che, il precedente penale resta iscritto nel casellario giudiziale del minore sino al compimento del suo ventunesimo anno di età.
Poste queste precisazioni sui requisiti che debbono sussistere per l’applicazione del perdono giudiziale, si precisa che di recente è tornata a pronunciarsi sull’applicabilità di questo istituto la Suprema Corte con sentenza n. 33349/2024. In particolare, la vicenda veniva portata alla luce della Cassazione perché i giudici di primo grado e d’appello, in relazione a una fattispecie che vedeva imputato un minore di quindici anni aver divulgato la foto della sua ex fidanzata minorenne anche ella, non avevano acconsentito alla richiesta fatta dal difensore dell’imputato di applicare l’istituto del perdono giudiziale; ciò posto il legale presentava ricorso in Cassazione evidenziando che il mancato accoglimento della richiesta di applicazione dell’istituto del perdono giudiziale era immotivata, posto che i giudici d’Appello non avrebbero tenuto conto né della collaborazione da parte dell’imputato che aveva dichiarato di aver ricevuto quella foto e di averla subito cancellata, né del contesto familiare in cui era inserito il reo adeguato a sostenere il suo percorso di crescita.
I giudici di Piazza Cavour, pur ritenendo che anche le dichiarazioni rilasciate dalla persona offesa nel corso dell’interrogatorio fossero veritiere hanno ritenuto che i giudici d’ Appello dovranno -tenendo conto di alcuni elementi dai quali è desumibile rilevare la personalità dell’imputato quali appunto, «le circostanze e le modalità dell’azione, l’intensità del dolo, la condotta di vita anche susseguente al reato, le condizioni familiari e sociali» – riesaminare la questione e consentire l’applicazione al reo minorenne dell’istituto del perdono giudiziale visto che quest’ultimo è risultato collaborativo, non avendo negato di aver ricevuto la foto, pur negando di averla inviata ai compagni, e posto che in u quadro simile l’applicazione della pena non assolverebbe alla sua funzione rieducativa perché risulterebbe essere sproporzionata rispetto alla capacità (ancora immatura) del reo di pentirsi della condotta praticata e quindi di rieducarsi.
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Avvocato Antonella Fiorillo
Laureata in giurisprudenza.
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