Prescrizione del diritto al risarcimento del danno iure proprio e iure hereditatis nella malpratica medica

Prescrizione del diritto al risarcimento del danno iure proprio e iure hereditatis nella malpratica medica

Discusso è il tema della prescrizione del diritto ad ottenere il risarcimento del danno iure proprio nonché iure heditatis. Come risaputo le domande risarcitorie proposte iure hereditatis – avendo natura contrattuale – sono sottoposte al termine di prescrizione decennale; di contro, quelle iure proprio – avendo natura extracontrattuale – soggiacciono al termine di prescrizione quinquennale.

A chiarire ogni dubbio è intervenuta la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione la quale ha statuito che “il diritto che i congiunti vantano, autonomamente sebbene in via riflessa, ad essere risarciti dalla medesima struttura dei danni direttamente subiti a causa dell’esito infausto dell’operazione cui è stato sottoposto il danneggiato principale si colloca nell’ambito della responsabilità extracontrattuale e pertanto è soggetto alla prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2947 c.c., non potendo essi giovarsi del termine più lungo del quale gode la vittima primaria in virtù del diverso inquadramento, contrattuale, del rapporto tra la stessa ed il soggetto responsabile” (vedi Cassazione civile, sez. III, 20/03/2015, n. 5590 ; vedi anche Cassazione civile, sez. III, 08/05/2012, n. 6914).

È stato, in sintesi, cristallizzato il principio per il quale ove un terzo chieda il risarcimento del danno iure proprio l’ambito risarcitorio nel quale la domanda deve essere inquadrata è necessariamente di natura extracontrattuale; diversamente, se la pretesa risarcitoria è avanzata iure hereditatis soggiace alla diversa disciplina della tutela contrattuale e al diverso termine di prescrizione decennale.

La giurisprudenza è intervenuta anche con riferimento al momento da cui decorre il computo del termine di prescrizione.

I giudici di legittimità hanno precisato che “il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno (…) decorre, a norma degli artt. 2935 e 2947, primo comma, cod. civ., non dal giorno in cui il comportamento del terzo provoca il danno, né dal momento in cui la malattia si manifesta all’esterno, bensì da quello in cui tale malattia viene percepita o può esserlo, con l’uso dell’ordinaria diligenza, quale danno ingiusto conseguente al comportamento del terzo” (vedi Cassazione civile, sez. III, 23/09/2013, n. 21715, vedi anche Cassazione civile, sez. III, 21/12/2015, n. 256).

Con la precisazione che il principio in virtù del quale il danno si manifesta all’esterno quando diviene “oggettivamente percepibile e riconoscibile” anche in relazione alla sua rilevanza giuridica non può aprire la strada, in tema di “exordium praescriptionis”, ad una rilevanza della mera conoscibilità soggettiva del soggetto leso; l’indagine, circa l’evolversi nel tempo delle conseguenze del fatto illecito o dell’inadempimento, deve essere quindi ancorata a rigorosi dati obiettivi, dovendosi valutare, alla luce della ordinaria diligenza esigibile, la condotta del danneggiato nell’acquisire informazioni per risalire alla causa del danno e nel manifestare istanze di reintegrazione della lesione subita”[1].

Chiara e netta è la distinzione tra la prescrizione decennale applicabile alle richieste risarcitorie iure hereditatis e quinquennale a quelle poste in essere iure proprio soggiacendo, il primo, a un rapporto di tipo contrattuale e, il secondo, a uno di tipo extracontrattuale.


[1] Cassazione civile, sez. VI, 27/01/2012, n. 1263: “in tema di risarcimento del danno da fatto illecito, il “dies a quo” dal quale la prescrizione comincia a decorrere va individuato nel momento in cui il soggetto danneggiato abbia avuto – o avrebbe dovuto avere, usando l’ordinaria diligenza – sufficiente conoscenza della rapportabilità causale del danno lamentato“.

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