Prescrizione penale
La prescrizione, definibile come causa di estinzione del reato, è stata sottoposta al vaglio della Consulta, sotto il profilo della perimetrazione della natura dell’istituto, e la Corte costituzionale ha asserito che “la prescrizione è parte del diritto penale sostanziale e soggetta al principio di legalità” (C. Cost., ord. n. 24 del 23.11.2016, dep. 26.01.2017), con la conseguente applicazione del principio di legalità e del divieto di retroattività per una normativa sfavorevole al reo (in senso contrario la Corte di Giustizia internazionale, per il c.d. caso “Taricco”).
Riguardo alla ratio della prescrizione in diritto penale, emerge la considerazione che il trascorrere di un notevole lasso di tempo fra il compimento del reato e l’irrogazione della sanzione annichilisce la funzione rieducativa della pena e preclude l’utilità della funzione di prevenzione generale della medesima. Desta perplessità l’idea che ragioni di opportunità suggeriscano l’applicazione della prescrizione per reati commessi a distanza di tempo, in rapporto alla diminuzione del disvalore penale. Può aggiungersi, per spiegare la vigenza dell’istituto, la presenza di ragioni di garanzia, ossia di tutelare il presunto innocente in rapporto alla circostanza che non sarà sottoposto a processi penali sine die.
La prescrizione non viene definita e delimitata nella Costituzione e nei Trattati, cui l’Italia ha aderito in materia. Ma la Costituzione stessa presuppone la prescrizione, in quanto gli ordinamenti giuridici, secondo criteri più o meno variabili, attribuiscono effetti al decorso del tempo. Una corrente di pensiero ritiene occorra indebolire l’istituto della prescrizione, per non ostacolare la repressione di taluni reati, fra cui quelli rientranti nelle fattispecie di corruzione; un’altra opinione reputa che non si possa che delimitare in modo rigoroso l’ambito di applicabilità dell’istituto, in quanto non si può penalizzare il presunto innocente, sottoponendolo a una durata eccessiva del processo
Secondo una tesi, l’attuale proposta di riforma della disciplina della prescrizione, entrata in vigore da Gennaio, determina una violazione costituzionale sotto l’aspetto della presunzione di non colpevolezza, di cui all’art. 27 Cost.. La sospensione sine die della prescrizione equivale a una afflizione dell’imputato. L’irrogazione della pena è anteriore all’accertamento della responsabilità.
Durante il processo non esiste un colpevole, ma esiste un imputato, ossia la presunzione di non colpevolezza opera durante tutto il rapporto processuale. In sede di Assemblea costituente, si è sostenuta la tesi della previsione di una presunzione di colpevolezza, ma l’opinione è stata respinta (cfr sentenza n. 124 del 1972 della Corte costituzionale).
Bisogna valutare anche l’incidenza della Riforma Bonafede sulla ragionevole durata del processo, ex art. 111 Cost. e 6 CEDU. Le inefficienze del sistema giustizia vengono scaricate sugli imputati, senza aggredire la macchina kafkiana dell’inefficienza del meccanismo giudiziario, attraverso opportune azioni, anche di natura disciplinare.
La sospensione “sine die” della prescrizione annichilisce qualunque clausola di sbarramento e intento acceleratorio e diluisce i tempi processuali.
E’ pur vero che in altri Paesi esteri sono previsti casi di sospensione della prescrizione, ma in tali ordinamenti vi è una durata molto inferiore dei processi penali (cfr rapporto OCSE 2013 e si pensi a Francia e Germania). La Riforma della prescrizione senza correttivi rischia di aggravare la situazione della lentezza processuale e ogni riforma va impostata contestualizzando la medesima all’interno della situazione in cui si opera.
Va rimarcato che sul piano della teoria generale l’interruzione della prescrizione dipende da una manifestazione di volontà del titolare del diritto o dalla pretesa statale a ribadire l’attualità dell’interesse a far valere la pretesa punitiva. L’effetto sospensivo è collegato al verificarsi di fattori esterni, inevitabili, che precludono la realizzazione della pretesa. Occorre riflettere sull’art. 160 c.p., in cui vi è un interesse dello Stato ad attuare la pretesa punitiva: sentenza di condanna, decreto penale di condanna, richiesta di rinvio a giudizio, decreto di fissazione dell’udienza preliminare, misure di convalida del fermo e dell’arresto, provvedimenti che confermano le misure cautelari. Fra le cause di sospensione della prescrizione si annoverano fatti oggettivi estranei alla volontà soggettiva (richieste di rogatorie, autorizzazioni a procedere, legittimo impedimento ecc).
Pertanto, è condivisibile affermare che impropriamente si discorra di interruzione della prescrizione, in quanto in tale contesto si innesta una volontà della parte pubblica di introdurre una limitazione della prescrizione, dovendosi più propriamente esprimersi in termini di sospensione.
Tale sospensione sine die della prescrizione stride con la funzione rieducativa della pena quando sia trascorso molto tempo dalla consumazione del reato e questa attività di rieducazione non sia funzionale o ci sia già stato un cambiamento nella struttura di personalità dell’ex imputato.
Attualmente in Italia, la prescrizione subentra quando, dal momento in cui è stato commesso il presunto reato, trascorre un periodo di tempo corrispondente alla pena massima irrogata dall’ordinamento per quel reato (art 157, c. 1 cod pen.). La stessa disposizione, peraltro, introduce dei termini minimi di prescrizione; in particolare, la prescrizione non può aversi se non sono trascrorsi almeno sei anni se si tratta di delitti e quattro anni se si tratta di contravvenzioni, anche se puniti con la sola pena pecuniaria. Per determinare il tempo necessario a prescrivere occorrerà fare riferimento alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza che su di essa incidano– in aumento o in diminuzione – circostanze aggravanti o attenuanti applicabili al caso concreto. Un’eccezione è però prevista dalla legge per le circostanze aggravanti ad effetto speciale, tali da comportare aumenti di pena in misura superiore ad un terzo o la riscrittura dei termini edittali di pena (“circostanze indipendenti”) oppure ancora la irrogazione di una pena di specie diversa da quella ordinaria (c.d. “circostanze autonome”). In tali ipotesi, per il particolare disvalore del caso specifico, si ha un innalzamento dei termini di prescrizione, da calcolare nella misura massima prevista per l’aggravante contestata. il comma 3 dell’art. 157 c.p. dispone che qualora le circostanze aggravanti ad effetto speciale concorrano con altre circostanze attenuanti, dovrà comunque applicarsi il menzionato aumento del termine di prescrizione, senza possibilità di bilanciamento, previsto dall’art. 69 c.p. .[1]
Per i reati consumati il dies a quo della prescrizione decorre dall’atto della consumazione; pertanto, per i reati di mera condotta, si tratta del momento in cui si conclude l’azione delittuosa, per i reati di evento, dal momento di verificazione del medesimo. Rispetto ai delitti tentati, il termine prescrizionale decorre dal giorno in cui è stato compiuto l’ultimo atto idoneo ed univocamente diretto alla commissione del delitto. Per i reati permanenti, in cui condotta lesiva si prolunga nel tempo con corrispondente prolungata lesione del bene offeso, la prescrizione decorre dal giorno in cui è cessata la permanenza.
Lo stesso criterio si ritiene applicabile nei casi di reato abituale, quando il legislatore considera giuridicamente unitaria una condotta frazionata sul piano naturalistico (per es. reato di maltrattamenti in famiglia). In materia di reato continuato, la L. 3/2019, riprendendo l’originaria impostazione dell’art. 158 c.p., fa decorrere, dalla data di consumazione del più recente trai reati, il termine prescrizionale di tutti i fatti di reato che il giudice ritenga di riunire sotto il vincolo della continuazione, anche se commessi a notevole distanza di tempo gli uni dagli altri. In presenza di reati sottoposti a condizioni obiettive di punibilità –per i quali il legislatore presuppone un determinato evento, seppure indipendente dalla volontà del reo – il comma 2 dell’art. 158 c.p. stabilisce che il termine di prescrizione ha come dies a quo il verificarsi della condizione stessa. Riguardo ad alcuni gravi reati contro la persona commessi in danno di soggetti minori d’età: per tali reati – indicati mediante riferimento alle ipotesi di incidente probatorio di cui all’art. 392, c. 1-bis, c.p.p. – il termine di prescrizione decorre a partire dal compimento del diciottesimo anno d’età delle persona offesa.[2]
L’accusa dovrà individuare con precisione e dimostrare il momento della commissione del reato, l’imputato dovrà fornire l’eventuale confutazione. Il dies ad quem della durata del termine di prescrizione è individuabile nel momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna. Vi possono essere sospensioni o interruzioni del processo e in tal caso la durata di tempo necessaria per l’applicazione della prescrizione può essere corrispondente alla pena massima prevista dalla legge per quel reato elevata di un quarto.
L’effetto della prescrizione è che quella persona non è più processabile o punibile. La legge esclude l’applicabilità della prescrizione per i reati per i quali è prevista la pena dell’ergastolo (per es omicidio). Nel Gennaio 2020 è entrata, pertanto, in vigore la Riforma Bonafede e, per i reati commessi a partire da tale data, la prescrizione sarà bloccata dopo la sentenza di primo grado o l’emissione di decreto penale di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o all’irrevocabilità del decreto di condanna.
Si ribadisce come Il decorso del tempo renda giustificabile la disciplina della prescrizione, in quanto si perde interesse a impostare un’attività processuale per perseguire quel reato, con conseguente dispendio di attività giudiziaria. Si è progressivamente dilatata la ratio della prescrizione, con una integrazione della funzione della medesima come istituto protettivo, finalizzato a evitare che gli imputati subiscano processi troppo lunghi. Peraltro, questa lettura forse non è coerente con la natura della prescrizione e lo stesso concetto di ragionevole durata del processo va modulato in rapporto alla materia del contendere.
Nel Rapporto del 2017 la Commissione Europea è particolarmente dura nei confronti del sistema giudiziario italiano, in quanto l’impostazione della disciplina della prescrizione favorisce strategie dilatorie da parte degli avvocati. Emerge un sostegno a favore di una disciplina della prescrizione identica a quella che si è poi avuta con la sospensione del correlativo termine con l’emissione della sentenza di primo grado.
I critici della Riforma Bonafede ritengono che attraverso questa Riforma si inibisce la possibilità di una serie di iniziative per ridurre la durata dei processi e la precarietà della disciplina che consente a chi subisce il processo di rivalersi sui Giudici per la durata eccessiva dello stesso.
Peraltro, se si va ancora più a fondo nell’analisi della introdotta riforma, essa si concentra sull’art. 159 c.p., il quale viene riformato nel senso della sospensione della prescrizione in caso di sentenza di primo grado o di decreto penale di condanna, ma solo apparentemente si tratta di sospensione, perché il termine può riprendere a decorrere solo dopo il passaggio in giudicato della sentenza.[3]
Pertanto, la sostanza è la radicale soppressione della prescrizione al momento della sentenza di primo grado o del decreto penale di condanna.
Si percepisce una insofferenza alla non punibilità, quando sopravvenga nelle fasi più avanzate del processo. Pertanto, il focus si concentra sui proscioglimenti per prescrizione. Lo Stato ha il potere di punire, ma deve esercitare tale attività in consonanza con il diritto di difesa dell’imputato, le garanzie del giusto processo. In generale, nell’attività punitiva si deve tener conto della tutela dei diritti umani del soggetto da condannare. Se la prescrizione termina, inizia il potere dello Stato di punire ad libitum, con una pretermissione dei valori costituzionali, nel senso sopra specificato. In particolare, viene vulnerata la presunzione d’innocenza, prevista dalla Costituzione e l’identica regola, stabilita dall’art. 6, § 2 C.E.D.U., che vieta di trattare un presunto innocente come fosse colpevole (Corte E.D.U., Grand Chamber, 4 dicembre 2008, appl. n. 30562/04 e 30566/04, S. and Marper vs. United Kingdom). E’ condivisibile ritenere che la dimensione personalistica prevista nella Costituzione venga violata in modo deciso da questa impostazione, che implica la soppressione della prescrizione dopo il giudizio di primo grado. Prescrizione e tempi del processo sono questioni distinte e affinché l’importanza dell’oblio assuma un suo ruolo, il dies a quo deve essere identificato con il tempo del reato, in un contesto in cui è effettivamente soppressa e non sospesa la prescrizione. Nessuna nuova soluzione normativa potrà evitare di fissare un limite cronologico massimo alla possibilità di punire che parta dal tempo del reato.
[1]Art. 157 c.p. Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere “1. La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorchè puniti con la sola pena pecuniaria. 2. Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell’aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell’aumento massimo di pena previsto per l’aggravante. 3. Non si applicano le disposizioni dell’articolo 69 e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma. 4. Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva. 5. Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni. 6. I termini di cui ai commi che precedono sono raddoppiati per i reati di cui agli articoli 375, terzo comma, 449, 589, secondo e terzo comma, e 589-bis, nonché per i reati di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale. I termini di cui ai commi che precedono sono altresì raddoppiati per i delitti di cui al titolo VI-bis del libro secondo, per il reato di cui all’articolo 572 e per i reati di cui alla sezione I del capo III del titolo XII del libro II e di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, salvo che risulti la sussistenza delle circostanze attenuanti contemplate dal terzo comma dell’articolo 609-bis ovvero dal quarto comma dell’articolo 609-quater. 7. La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato. 8. La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell’ergastolo, anche come effetto dell’applicazione di circostanze aggravanti“.
[2] Art 158 c.p. Decorrenza del termine della prescrizione “1. Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l’attività del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione. 2. Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione [44], il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno, nei reati punibili a querela [120-126], istanza [9, 10, 130] o richiesta [8-11, 127, 313 ], il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato. 3. Per i reati previsti dall’articolo 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale, se commessi nei confronti di minore, il termine della prescrizione decorre dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che l’azione penale sia stata esercitata precedentemente. In quest’ultimo caso il termine di prescrizione decorre dall’acquisizione della notizia di reato“.
[3] Art. 159. Sospensione del corso della prescrizione “1. Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di: 1) autorizzazione a procedere, dalla data del provvedimento con cui il pubblico ministero presenta la richiesta sino al giorno in cui l’autorità competente la accoglie; 2) deferimento della questione ad altro giudizio, sino al giorno in cui viene decisa la questione; 3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell’imputato o del suo difensore. In caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l’udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell’impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell’impedimento aumentato di sessanta giorni. Sono fatte salve le facoltà previste dall’articolo 71, commi 1 e 5, del codice di procedura penale; 3-bis) sospensione del procedimento penale ai sensi dell’articolo 420-quaterdel codice di procedura penale; 3-ter) rogatorie all’estero, dalla data del provvedimento che dispone una rogatoria sino al giorno in cui l’autorità richiedente riceve la documentazione richiesta, o comunque decorsi sei mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria. 2. Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado o del decreto di condanna fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o dell’irrevocabilità del decreto di condanna. 3. [I periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l’imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell’articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale]. 4. [Se durante i termini di sospensione di cui al secondo comma si verifica un’ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente]. 5. La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione. 6. Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell’articolo 420-quater del codice di procedura penale, la durata della sospensione della prescrizione del reato non può superare i termini previsti dal secondo comma dell’articolo 161 del presente codice“.
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Salvatore Magra
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