Presidente della Repubblica, giudizio penale d’accusa: una normativa da rivedere

Presidente della Repubblica, giudizio penale d’accusa: una normativa da rivedere

Una delle competenze della Corte Costituzionale è quella di pronunciarsi sui reati di attentato alla Costituzione e alto tradimento commessi dal Presidente della Repubblica, messo in stato d’accusa dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti.

In tale sede, si intende mettere in risalto le evidenti “pecche” del giudizio penale d’accusa italiano.

In primo luogo, occorre interrogarsi sui presupposti giuridici, nonché sul fatto se il giudizio penale d’accusa dipenda dalla forma di governo presidenziale o parlamentare ovvero se prescinda dalla stessa forma di governo.

Come noto, il giudizio penale d’accusa italiano presenta notevoli differenze rispetto all’impeachment statunitense e al reato di alto tradimento francese statuito dalla V Repubblica francese.

In ambedue gli ordinamenti, il Capo dello Stato detiene un potere incisivo ai fini della determinazione dell’indirizzo politico, circostanza tale da giustificare la sussistenza giuridica del giudizio penale d’accusa.

In virtù del brocardo secondo cui “chi detiene il potere è direttamente responsabile”, il giudizio penale d’accusa nei confronti del Capo dello Stato italiano non sembra trovare spazio all’interno del sistema costituzionale nazionale.

In secondo luogo, si deve volgere l’attenzione alle “storiche” dimissioni del Presidente della Repubblica Cossiga.

Nella suddetta occasione, la Commissione parlamentare d’accusa archiviò il ricorso avanzato dal gruppo parlamentare comunista nei confronti dell’allora Capo dello Stato sulla base della mancata corrispondenza con le fattispecie penali prescritte nel codice penale.

Il riferimento attiene all’art. 283 c.p., il quale punisce la violazione della costituzione dello Stato.

Le divergenze tra le fattispecie delineate sono eclatanti: senza entrare nei dettagli (tipo di condotta, denominazione e ratio), il semplice fatto che il termine “costituzione” non sia enunciato in maiuscolo crea i presupposti per escludere l’assenza di una corrispondenza con le fattispecie penali statuite all’art. 90 Cost.

In terzo luogo, una considerazione particolare merita la sentenza con cui la Corte Costituzionale dichiarò l’illegittimità del c.d. Lodo Alfano nella parte in cui estendeva impropriamente al Presidente della Repubblica la sospensione dei procedimenti penali per reati attuati sia nell’esercizio che al di fuori dell’esercizio delle funzioni, anche antecedentemente all’assunzione della carica.

A seguito della pronuncia, il Giudice delle Leggi non escluse l’ipotesi di replicare la normativa in presenza di una legge costituzionale. Da tale circostanza emerge una volontà tacita di intervenire sulla normativa da parte della giurisprudenza costituzionale.

In conclusione, si osserva l’impossibilità di portare a termine il progetto dei Costituenti, nonché quello di costituzionalizzare giuridicamente, in termini procedurali, i reati di eversione perpetrati dalla carica apicale dello Stato.

Una normativa ad hoc nei riguardi del Capo dello Stato italiano, dotato di funzioni di controllo e garanzia, appare surreale.

Una riflessione sarebbe opportuna – a parere di chi scrive – a riguardo della possibilità di estendere la predetta normativa ad altri organi costituzionali.

In tale ipotesi, infatti, un giudizio penale d’accusa troverebbe maggiore concretizzazione.


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Dott.ssa Luana Leo

La dottoressa Luana Leo è dottoranda di ricerca in "Teoria generale del processo" presso l'Università LUM Jean Monnet. È cultrice di Diritto pubblico generale e Diritto costituzionale nell'Università del Salento. Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso il medesimo ateneo discutendo una tesi in Diritto Processuale Civile dal titolo ”Famiglie al collasso: nuovi approcci alla gestione della crisi coniugale”. È co-autrice dell'opera "Il Presidente di tutti". Ha compiuto un percorso di perfezionamento in Diritto costituzionale presso l´Università di Firenze. Ha preso parte al Congresso annuale DPCE con una relazione intitolata ”La scalata delle ordinanze sindacali ”. Ha presentato una relazione intitolata ”La crisi del costituzionalismo italiano. Verso il tramonto?” al Global Summit ”The International Forum on the Future of Constitutionalism”. È stata borsista del Corso di Alta Formazione in Diritto costituzionale 2020 (“Tutela dell’ambiente: diritti e politiche”) presso l´Università del Piemonte Orientale. È autore di molteplici pubblicazioni sulle più importanti riviste scientifiche in materia. Si occupa principalmente di tematiche legate alla sfera familiare, ai diritti fondamentali, alle dinamiche istituzionali, al meretricio, alla figura della donna e dello straniero.

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