Principio di legalità della pena con particolare riferimento alla legittimità costituzionale delle pene fisse

Principio di legalità della pena con particolare riferimento alla legittimità costituzionale delle pene fisse

Il principio di legalità è posto alla base dell’ordinamento giuridico italiano ed è espressamente richiamato negli ordinamenti internazionali e sovranazionali. Tale principio rappresenta uno dei cardini fondamentali del sistema dei valori costituzionali, richiamato nell’art.  25 co. 2 Cost ed avallato dagli artt. 13 e 27 della Costituzione, pertanto rientrante in un sistema di valori ben definito in termini di: riserva di legge; principio di irretroattività; principi di tassatività; determinatezza; precisione; principio di causalità e di colpevolezza. Ciò posto, l’articolo 25 co. 2 Cost, enuncia il principio di legalità riferendolo espressamente alla formulazione dei precetti e non risulta altrettanto riferimento esplicito rispetto alle pene. (Nota LARIZZA, Il principio di legalità della pena in Riv. it. Dir. e proc. pen. 2004, p. 122)

Nonostante l’assenza di riferimenti espliciti, la dottrina e la giurisprudenza pacificamente ritengono che la materia riguardante la pena sia assistita da una riserva di legge ancor più stringente rispetto a quella che assiste il precetto penale. (GAROFOLI, Manuale di diritto penale parte generale, Nel diritto Editore, 2021-2022)

Invero, ciò risulta particolarmente evidente se si volge lo sguardo al dibattito avutosi sulla riserva di legge riguardante il precetto; precisamente ci si riferisce alla formulazione delle tre tesi sulla concezione di riserva di legge relativa, assoluta e tendenzialmente assoluta. Diversamente, non è stato mai posto in discussione il valore assoluto della riserva di legge in termini di trattamento sanzionatorio. Pertanto è possibile affermare che il legislatore sia tenuto a specificare le tipologie di pena ed a fissarne in maniera precisa i contenuti, proprio come previsto dagli articoli 17, 19 e 22 e ss. C.p.  Ove rispettivamente vengono specificate le tipologie di pena principale (art. 17 c.p.); le pene accessorie (art. 19 c.p.) e gli specifici contenuti delle pene (22 e ss. C.p.) in modo da avere una visione completa e dettagliata degli effetti che la pena dovrà avere in relazione al caso concreto. Da tali considerazioni emerge la necessità che per la realizzazione completa del principio di legalità della pena siano riconosciuti degli spazi di discrezionalità nell’attività giudiziaria, accompagnati dall’imposizione di un obbligo di motivazione dalla quale devono trasparire i criteri adoperati per la decisione. L’applicazione della pena deve seguire il principio di individualizzazione della sanzione, ossia deve avere un suo grado di dettaglio e precisione a seconda del singolo caso concreto oggetto di giudizio, parametrandosi a tutte le differenti circostanze che possano venire in rilievo nella prassi. Considerato che la discrezionalità giudiziale risulta imposta dalla Costituzione, sono stati sollevati dubbi per ciò che concerne la legittimità costituzionale delle pene fisse, ossia quelle pene che, in linea di principio, non permetterebbero l’adeguamento del trattamento sanzionatorio alle specifiche circostanze del caso. (GAROFOLI, Manuale di diritto penale parte generale, Nel diritto Editore, 2021-2022)

Invero, lo strumento ordinario adoperato dal legislatore per evitare l’inflizione di pene sproporzionate consiste nella previsione di pene proporzionali, ossia pene che siano commisurate tra un minimo ed un massimo edittale in modo che, nel passaggio dalla fattispecie astratta alla fattispecie concreta il giudice possa determinare il quantum di pena in base alla gravità che presenta il fatto delittuoso. I valori fondamentali da cui si rinviene tale linea direttiva sono gli Artt. 3 e 27 Cost., affinché si tenga conto della responsabilità penale personale ai fini della realizzazione della finalità rieducativa della pena ed in modo da essere quanto più possibile adeguata alle circostanze oggettive e soggettive del fatto di reato. (C. Cost. N. 142/2017). Dunque il trattamento sanzionatorio, per regola generale, si presenta come avente il carattere della mobilità ed il giudice, oltre ai criteri prima precisati, dovrà calibrare la pena ai sensi degli artt. 133 e 133 bis c.p.. ( A. Galluccio, la sentenza della consulta su pene fisse e rime obbligate : costituzionalmente illegittime le pene accessorie dei delitti di bancarotta fraudolenta, Riv. Diritto penale contemporaneo, 2018)

Pertanto, appare chiara l’incompatibilità di tale approccio rispetto ai meccanismi di automatismo sanzionatorio tipico delle pene fisse. Particolarmente pertinente appare una questione di legittimità costituzionale che ha affrontato la Corte Costituzionale (C. Cost. N. 222/2018) per ciò che concerne l’articolo 216 della legge fallimentare, nello specifico l’ultimo comma riguardante l’applicazione della pena accessoria della inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e dell’incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per la durata fissa ed automatica di 10 anni. In linea generale, la Corte ha ritenuto che tutte le previsioni sanzionatorie che comportano automatismo sanzionatorio non risultano pienamente in linea con il “volto costituzionale” del sistema, ma da ciò non sarebbe possibile dedurre che qualsiasi pena fissa, di per sé, risulta a priori costituzionalmente illegittima. Invero, l’assunzione di pene fisse da parte del legislatore, per alcune specifiche fattispecie, potrebbero risultare ragionevolmente proporzionate rispetto a tutte le possibili condotte riconducibili allo specifico tipo di reato, ed allora, in tal caso, il trattamento sanzionatorio non risulterebbe in contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione. Nel caso di specie, tuttavia, è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 216 ultimo comma, giacché in tale circostanza la fattispecie criminosa raggruppa una pluralità di condotte che già a livello astratto detengono un diverso disvalore, sia dal punto di vista del precetto, sia per le diverse pene principali che ha previsto lo stesso legislatore in ordine alla diversa gravità dei fatti riconducibili alle stesse. Tale soluzione, nello specifico caso in esame, ha portato alla necessità di analizzare un ulteriore dubbio interpretativo che stato successivamente risolto dalle SS.UU. della cassazione a cui è stato chiesto di risolvere la questione sulla interpretare della disposizione relativa alle pene accessorie di cui all’ultimo comma del 216 della legge fallimentare. Precisamente se tali pene accessorie, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale del 2018, dovessero considerarsi come non aventi una durata predeterminata, quindi, ricadendo nella regola di cui all’articolo 37 c.p., con conseguente applicazione della medesima durata della pena principale inflitta, ovvero se le pene accessorie debbano considerarsi come predeterminate rispetto alla medesima soglia che è stata dichiarata incostituzionale ma interpretata nel senso compatibile ai valori costituzionali, ossia “ fino” ad un massimo di 10 anni, con conseguente garanzia di mobilità e proporzionalità della pena. La soluzione accolta dalla Corte di Cassazione è stata la seconda, considerata come più incline al dato letterale, oltre che maggiormente confacente al principio di individualizzazione della pena, proporzionalità ed adeguatezza interni al più generale principio di legalità. (Cass. SS.UU. N. 28910/2019). In conclusione, al caso di specie non trova applicazione l’articolo 37 c.p. , mentre, in linea generale, ogni qualvolta il legislatore disponga delle pene fisse, queste non devono considerarsi a priori illegittime costituzionalmente, bensì devono essere sottoposte ad una valutazione di ragionevolezza e proporzionalità tale per cui risulteranno in linea con i valori costituzionali, nell’ipotesi in cui comprenderanno l’intera gamma delle condotte riconducibili a quello specifico tipo di reato, diversamente, andranno contro gli articoli 3 e 27 della costituzione. Per le pene aventi un minimo e un massimo edittale, invero, queste si considerano rispettose dei valori costituzionali ed in ordine alla fattispecie astratta, come tale saranno determinate caso per caso da parte del giudice ai sensi degli articoli 132 133 e 133 bis c.p.. (GAROFOLI, Manuale di diritto penale parte generale, Nel diritto Editore, 2021-2022)


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Claudia Valente

Dott.ssa in Giurisprudenza con indirizzo economico conseguita con votazione 110 cum laude; Giurista di impresa presso la No.Do. e Servizi s.r.l.; stage ex art. 73 D.L. 69/2013 concluso con esito positivo con magistrato affidatario la Presidente della I Sez. Penale della Corte d'appello di Catanzaro; praticante avvocato.

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