Professionisti sanitari: introdotto l’obbligo di vaccinazione
L’art. 4 del D.L. n. 44/2021 introduce l’obbligo per i professionisti sanitari di sottoporsi alla vaccinazione per la prevenzione dell’infezione da SARS-Cov-2.
L’obbligo è esteso a tutti i professionisti sanitari e gli operatori di interesse sanitario e la vaccinazione costituisce requisito di idoneità allo svolgimento della attività lavorativa.
La premessa logica all’istituzione di tale obbligo è rinvenibile nella imprescindibilità dalla vaccinazione nella lotta alla pandemia.
Tanto considerato, la norma contemplata all’art. 4 del D.L. n. 44/2021 persegue un duplice fine: da una lato consente di salvaguardare l’operatore sanitario mentre presta la propria attività, dall’altro contribuisce a proteggere i pazienti dal rischio di contagio, con lo scopo principale di tutelare la salute pubblica.
Ebbene, l’introduzione di un siffatto obbligo, rileva ai fini del principio fondamentale della “tutela della salute pubblica” tra cui rientra, certamente il diritto della persona di sottoporsi a cure efficaci.
Ne consegue che, in ossequio al principio della riserva di legge statale in materia di trattamento sanitario obbligatorio, attraverso la legislazione statale possono prevedersi limiti o divieti relativamente a certi trattamenti ma anche l’imposizione degli stessi.
Il carattere dualista dell’obbligo della vaccinazione si rispecchia nella medesima natura della tutela della salute, intesa altresì quale dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui.
La scelta maggiormente rilevante fatta dal legislatore, indirizzata verso lo strumento dell’obbligo e non della raccomandazione potrebbe trovare la propria fondatezza giuridica nella discrezionalità, riconosciuta in capo allo stesso, di individuare le modalità concrete attraverso le quali assicurare una prevenzione efficace dalle malattie infettive, avuto riguardo alle condizioni epidemiologiche e strutturali sanitarie in cui si versa (Corte Costituzionale sentenza n.5 del 2018).
La norma di cui all’art. 4, crea, inevitabilmente anche dei risvolti giuslavoristici, se non altro per la previsione della sospensione dallo svolgimento di mansioni “a contatto” con il paziente, per tutti i lavoratori che non adempissero all’obbligo di vaccinazione, e conseguente assegnazione ad altre mansioni, anche inferiori, con adeguamento (in peius) della retribuzione e per coloro i quali hanno diritto all’esenzione o al differimento dell’obbligo vaccinale per accertato pericolo per la propria incolumità.
Incombe su parte datoriale, infatti, l’onere di adibire a mansioni idonee con lo status di “non vaccinato” il prestatore di lavoro, restando da vedere entro quali limiti organizzativi aziendali.
Superflua appare, per il caso di specie, il richiamo effettuato nella Relazione Illustrativa del DDL, agli indennizzi di cui alla Legge n.210/1992 attesa la loro applicabilità generale verso tutti i soggetti che a causa della vaccinazione subiscono una lesione della integrità psico-fisica e non solo afferenti le campagne vaccinali obbligatorie.
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