Profili sostanziali e processuali della responsabilità precontrattuale nell’evidenza pubblica

Profili sostanziali e processuali della responsabilità precontrattuale nell’evidenza pubblica

Nota a Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 4 maggio 2018, n. 5

Sommario: 1. Profili introduttivi: l’iter processuale – 2. Le questioni sostanziali – 3. La decisione dell’Adunanza plenaria: l’estensione applicativa del dovere di correttezza nella procedura ad evidenza pubblica – 4. I profili processuali: l’incidenza del bene della vita nell’ accertamento del danno

1. Profili introduttivi: l’iter processuale

L’AD. Plen. nella pronunzia in commento affronta i nodi applicativi relativi all’applicazione dell’istituto della responsabilità precontrattuale nella procedura ad evidenza pubblica, in base alla bipartizione tra l’osservanza delle norme pubblicistiche e dei doveri di correttezza e lealtà a tutela dell’affidamento. La violazione delle prime implica l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità, per lesione dell’interesse legittimo. La violazione del dovere di correttezza dà luogo ad una responsabilità da comportamento scorretto, quando lede il diritto soggettivo di autodeterminarsi nei rapporti negoziali, cioè sull’autonomia di scelte negoziali.

L’ord. di rimessione del 24 novembre 2017 n. 5492 della III sez. Cons.St.ha deferito all’Ad.pl., ai sensi dell’art. 99 c.p.a. il quesito se la responsabilità precontrattuale sia configurabile anteriormente all’individuazione del contraente, allorché gli aspiranti partecipanti ad una gara vantino un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione. In caso affermativo, si pone un’altra questione se la responsabilità precontrattuale debba riguardare esclusivamente l’azione  dell’amministrazione anteriore al bando, che ha fatto in modo che quest’ultimo venisse pubblicato nonostante fosse conosciuto, o dovesse essere conosciuto, in mancanza dei presupposti indefettibili, o debba estendersi a qualsiasi comportamento successivo all’emanazione del bando, relativo alla procedura di evidenza pubblica, idoneo a porne nel nulla gli effetti o a ritardarne l’eliminazione o la conclusione. La vicenda processuale sorge a seguito di annullamento in autotutela di una gara per contraddittorietà tra gli atti della lex specialis, in cui è riconosciuta la responsabilità precontrattuale della stazione appaltante con liquidazione all’impresa del danno dell’interesse negativo, in subordine alla domanda demolitoria. Il T.A.R. elenca le fattispecie emerse nella prassi, quali la revoca dell’indizione della gara e dell’aggiudicazione per mancanza dei fondi, a seguito di revisione del progetto o impossibilità di realizzare l’opera prevista per mutate condizioni nell’espletamento della gara. Un’altra fattispecie riguarda l’annullamento d’ufficio degli atti di gara per vizio rilevato dall’amministrazione dopo l’aggiudicazione definitiva, mentre poteva essere rilevato ab initio.

L’Ad.plenaria configura la responsabilità precontrattuale, applicando gli artt. 1337 e 1338 c.c. all’evidenza pubblica, dopo avere verificato i presupposti applicativi dell’illecito civile nei comportamenti dell’amministrazione successivi alla pubblicazione del bando.L’Ad.pl.,dopo aver ricostruito l’originario indirizzo giurisprudenziale espresso dalla risalente giurisprudenza di legittimità evidenzia il passaggio di tali controversie alla giurisdizione amministrativa, imposto dalla l. n. 205/2000 e ratificato dall’Ad.plenaria del 2005, n. 6. L’ordinanza evidenziava che la giurisprudenza amministrativa, dopo l’entrata in vigore della l. n. 205, nel recepire gli orientamenti della Cassazione ha riconosciuto la responsabilità precontrattuale nei casi in cui la P.A., dopo l’aggiudicazione intervenga con provvedimenti che vanificano la procedura di selezione (revoche, annullamenti, dinieghi di stipula o approvazione). In tale contesto, la giurisprudenza configura tale responsabilità a seguito di annullamento per illegittimità di atti del procedimento dopo l’aggiudicazione.

La giurisprudenza successiva ha espresso due orientamenti. Il primo riconosce la sussistenza della responsabilità precontrattuale anche nella fase che precede la scelta del contraente e a prescindere dall’aggiudicazione[1]. Un secondo orientamento rileva che la responsabilità precontrattuale della P.A. è legata all’inosservanza delle regole della formazione del contratto non potendo che riguardare fatti svoltisi in tale fase, con la conseguenza che non è configurabile anteriormente alla scelta del contraente. Gli aspiranti alla posizione di contraenti partecipanti ad una gara possono vantare un interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri della pubblica amministrazione[2]. Nel rimettere la questione all’Adunanza plenaria, l’ordinanza prendeva posizione a favore del secondo più restrittivo orientamento, attraverso argomenti fondati su un approccio rispondente ai principi civilistici.

2. Le questioni sostanziali

In materia di responsabilità precontrattuale, le questioni sostanziali relative alla natura della responsabilità precontrattuale della P.A. ed al regime giuridico dell’onere della prova e del termine di prescrizione, sono state oggetto di orientamenti divergenti tra le giurisdizioni civile ed amministrativa. La prima ritiene che la responsabilità precontrattuale, ai sensi degli art. 1337 e 1338 c.c., sia di natura contrattuale da “contatto sociale qualificato”, inteso come fatto idoneo a produrre obbligazioni, ai sensi dell’art. 1173 c.c.. Da ciò derivano, a carico delle parti, non obblighi di prestazione ai sensi dell’art. 1174 c.c,ma reciproci obblighi di buona fede, di protezione e di informazione, ai sensi degli art. 1175 e 1375 c.c. e conseguente applicabilità del termine decennale di prescrizione ex art. 2946 c.c.[3]. La seconda ritiene che “La fattispecie del danno da ritardo va ricondotta allo schema dell’art. 2043 c.c., con conseguente applicazione del principio dell’onere della prova in capo al danneggiato della “sussistenza dei presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito, con l’avvertenza che, nell’azione di responsabilità per danni, il principio dispositivo, sancito dall’art. 2697, 1º c., c.c., opera con pienezza e non è temperato dal metodo acquisitivo proprio dell’azione di annullamento”[4].

In riferimento all’attività autoritativa dell’amministrazione la giurisprudenza civile e amministrativa ha affermato che l’amministrazione è tenuta ad osservare le norme di diritto pubblico (la cui violazione implica l’invalidità del provvedimento e l’eventuale responsabilità da provvedimento per lesione dell’interesse legittimo) e quelle che impongono di agire con lealtà e correttezza. La violazione di tali norme è la base della responsabilità da comportamento scorretto, che incide non sull’interesse legittimo, ma sul diritto soggettivo di autodeterminarsi nei rapporti negoziali, sulla libertà di compiere scelte negoziali senza ingerenze frutto dell’altrui scorrettezza[5]. Al riguardo si distinguono le regole di validità e comportamento. Le regole di diritto pubblico hanno ad oggetto il provvedimento (l’esercizio diretto ed immediato del potere) la cui violazione determina, l’invalidità del provvedimento adottato. Al contrario, le regole di diritto privato riguardano il comportamento della stazione appaltante, nel definire la gara, la cui violazione non determina invalidità provvedimentale, ma responsabilità. Le regole di correttezza e buona fede sia nei rapporti tra privati che con la P.A. non sono di validità (del provvedimento), ma di responsabilità (per il comportamento complessivo). Al livello esemplificativo, la responsabilità precontrattuale è configurabile nella fattispecie della responsabilità dell’amministrazione da provvedimento favorevole annullato in via giurisdizionale o per autotutela[6].

3. La decisione dell’Adunanza plenaria: l’estensione applicativa del dovere di correttezza nella procedura ad evidenza pubblica

 L’Adunanza plenaria decide le questioni dopo avere ricostruito l’istituto della responsabilità precontrattuale propende per la natura extracontrattuale ed analizza gli elementi costitutivi dell’art. 2043 c.c. e del principio di atipicità dell’illecito aquiliano. Il Supremo Consesso individua la ratio di tale istituto come disciplinato dal codice civile a tutela della “solidarietà corporativa”, a sostegno della massima produzione e che sanziona le condotte quando non consentono di raggiungere tale scopo. Nel quadro costituzionale il dovere di correttezza e buona fede è espressione del dovere di solidarietà sociale fondato nell’art. 2 Cost., nei “momenti relazionali” socialmente o giuridicamente qualificati, in base lo status dei soggetti coinvolti [7]. Nella costituzione l’attenzione si sposta dal perseguimento dell’utilità sociale alla tutela delle libertà sicchè la “funzione” del dovere di correttezza non è solo di favorire la conclusione di un contratto (valido) e socialmente utile, ma anche di tutelare la libertà di autodeterminazione negoziale, espressione del principio costituzionale che tutela la libertà di iniziativa economica e nelle scelte negoziali, senza altrui ingerenze derivanti da slealtà e scorrettezza. Il legame tra dovere di correttezza e libertà di autodeterminazione negoziale impedisce di restringerne lo spazio applicativo alle situazioni in cui sia stato avviato un procedimento di formazione del contratto o esista una trattativa che abbia raggiunto una fase molto avanzata, sino a far sorgere il ragionevole affidamento alla conclusione del contratto. Al contrario, la valenza costituzionale impone l’applicazione del dovere di correttezza anche in carenza di una «trattativa» e rilevi una “relazione” qualificata. Tale concezione è confermata dalla giurisprudenza civile, che configura la responsabilità precontrattuale da contratto valido ma svantaggioso, attribuendo un dovere di correttezza a chi non è “parte” in una trattativa che si svolge inter alios[8]. Ciò riguarda l’esercizio della funzione amministrativa, stante i principi di imparzialità e buon andamento (art.97 Cost.), per cui il cittadino attende dall’amministrazione un impegno in correttezza, lealtà e tutela dell’affidamento.

A tale stregua, l’Ad. Plen. accede all’orientamento giurisprudenziale secondo cui la responsabilità precontrattuale sussiste in caso di violazione del dovere di correttezza, in ogni fase della procedura ad evidenza pubblica strumentale alla scelta del contraente, quale strumento di formazione progressiva del consenso contrattuale nell’ambito di “trattative (c.d. multiple o parallele) che determinano la costituzione di un rapporto giuridico sin dal momento della presentazione delle offerte, in base ad un’impostazione rafforzata dalla irrevocabilità delle stesse”[9]. Secondo tale impostazione la disciplina della culpa in contrahendo si può configurare prima e a prescindere dell’aggiudicazione, in quanto non necessita di un rapporto personalizzato tra p.a. e privato, che ha unica fonte nel provvedimento di aggiudicazione, ma è posta a tutela del legittimo affidamento nella correttezza della controparte, che sorge ab initio del procedimento. Una diversa impostazione porterebbe l’interprete ad una scissione del comportamento “unitario e non valutabile nella sua complessità”[10].

Il supremo consesso rileva che anche secondo il legislatore i doveri di correttezza e di lealtà gravano sulla pubblica amministrazione anche quando essa esercita poteri autoritativi secondo il regime del procedimento amministrativo. Al riguardo, individua i seguenti indici normativi. La legge sul procedimento all’art. 1 assoggetta l’attività amministrativa ai principi dell’ordinamento comunitario, tra cui la tutela dell’affidamento legittimo[11]. Come gli artt. 21-nonies e quinquies nel disciplinare i presupposti dell’autotutela prescrivono di considerare l’affidamento del privato rispetto a un precedente provvedimento ampliativo della sfera giuridica, alla base di una strategia imprenditoriale. Un altro riferimento è l’art. 10 dello Statuto del contribuente approvato con la l. n. 212/2000 che richiama il “principio della collaborazione e della buona fede”.

L’art. 2-bis, c.1, l.n. 241/1990, nel superare il diverso orientamento espresso dall’’Ad.Plen. 15 settembre 2005, n. 7 ha introdotto la risarcibilità del danno da mero ritardo, quale fattispecie di danno da comportamento, non da provvedimento. La violazione del termine di conclusione sul procedimento non determina, l’invalidità del provvedimento adottato in ritardo (tranne i casi eccezionali e tipici di termini “perentori”), ma rappresenta un comportamento scorretto dell’amministrazione, che interferisce sulla libertà negoziale del privato, ledendo il diritto soggettivo di autodeterminazione negoziale, eventualmente arrecandogli ingiusti danni patrimoniali, fermo restando l’onere del privato di fornire la prova, del ritardo e dell’elemento soggettivo, del rapporto di causalità esistente tra la violazione del termine del procedimento e il compimento di scelte negoziali pregiudizievoli. In conclusione, i doveri di correttezza, lealtà e buona fede hanno un’ampia applicazione nell’attività procedimentalizzata, anche in fattispecie non finalizzate alla conclusione di un contratto con un privato. In specie nei procedimenti di evidenza pubblica, l’applicazione dei doveri di correttezza e la conseguente responsabilità precontrattuale non può essere circoscritta alla fase anteriore all’ aggiudicazione.

Per ragioni analoghe è esclusa la responsabilità precontrattuale dell’amministrazione nella fase anteriore all’aggiudicazione possa riguardare esclusivamente il comportamento anteriore al bando, e, debba essere circoscritta alle ipotesi in cui l’amministrazione ha fatto sì che il bando venisse pubblicato nonostante fosse conosciuto o conoscibile che non vi erano i presupposti indefettibili. Tale soluzione limiterebbe le azioni di responsabilità, in contrasto con l’atipicità dell’illecito civile. Pertanto qualsiasi comportamento anche successivo al bando contrario, dopo verifica da condurre in concreto, ai doveri di correttezza e buona fede può essere fonte di responsabilità precontrattuale. Tuttavia, al giudice spetta condurre una rigorosa verifica, da svolgersi necessariamente in concreto, circa l’effettiva sussistenza degli elementi costitutivi del diritto al risarcimento del danno, quali la prova dell’esistenza dell’affidamento incolpevole; l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo secondo il regime probatorio di cui all’art. 2043 c.c.;m4) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità rispetto alla condotta scorretta che si imputa all’amministrazione. Nel giudizio di accertamento degli elementi costitutivi della responsabilità precontrattuale occorre valutare i seguenti profili applicativi. Il primo riguarda il tipo di procedimento di evidenza pubblica considerando i margini di discrezionalità di cui la stazione appaltante dispone in base al criterio di aggiudicazione previsto dal bando). Il secondo riguarda lo stato di avanzamento del procedimento rispetto al momento in cui interviene il ritiro degli atti di gara. Infine è necessario valutare la partecipazione del privato, in assenza della quale le perdite subite saranno difficilmente riconducibili, sotto il profilo causale, a comportamenti scorretti tenuti nell’ambito di un procedimento. La conoscenza o la conoscibilità, secondo l’onere di ordinaria diligenza richiamato dall’art. 1227, c. 2, c. c., del privato dei vizi (di legittimità o di merito) alla base dell’esercizio del potere di autotutela (considerando il principio, secondo cui non può considerarsi incolpevole l’affidamento che deriva dalla mancata conoscenza della norma imperativa violata).L’affidabilità soggettiva del privato partecipante al procedimento implica di verificare la sussistenza dei requisiti per partecipare alla gara di cui lamenta la mancata conclusione o l’esistenza di informative antimafia che avrebbero precluso l’aggiudicazione o l’esecuzione del contratto.

4. I profili processuali: l’incidenza del bene della vita nell’ accertamento del danno

L’adunanza Plenaria per un verso amplia il perimetro applicativo della responsabilità  precontrattuale per altro verso il risarcimento è ancorato ad un accertamento rigoroso sia delle condizioni dell’azione amministrativa che degli stessi presupposti, al fine di prevenire abusi processuali con ripercussioni negative nelle procedure di gara espletate dalle stazioni appaltanti.

Il risarcimento del danno da ritardo per lesioni di interessi procedimentali implica una tutela dell’interesse strumentale nel processo amministrativo, in cui è necessario valutare la ratio della disciplina delle condizioni delle azioni (interesse ad agire e legittimazione). Nel realizzare il giusto processo ex art. 111 Cost. a tutela dell’ interesse strumentale occorre evitare l’abuso processuale nel  sindacare poteri non esercitati dalla stazione appaltante. [12]. A tale stregua, il processo amministrativo a tutela di interessi concreti ed attuali e non futuri ed incerti, rimessi alla determinazione amministrativa implica giudizio di meritevolezza della pretesa attraverso il filtro delle condizioni dell’azione. L’opposta tesi che configura situazioni soggettive procedimentali, autonome rispetto al contenuto del provvedimento finale, sostenuta da M. CLARICH è respinta dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che rifiuta di risarcire il danno quando non è riconoscibile con certezza la spettanza del bene della vita finale[13]. A tale stregua, l’Ad. Plen. segue un atteggiamento rigoroso, nell’accertamento  causale e statistico del danno da perdita di chance nelle gare di appalto, escludendo il danno da mero ritardo procedimentale da annullamento del provvedimento amministrativo per vizi puramente formali[14]. Quanto esposto implica di rimeditare secondo quanto espresso dalla Plenaria rispetto al danno da mero ritardo. Per un verso, se l’autonoma rilevanza, anche economica, del “bene tempo” giustifica tale estensione, dall’altro non rende necessaria, dal punto di vista di coerenza sistematica, un’indiscriminata tutela di posizioni giuridiche procedimentali, autonoma rispetto al bene della vita finale. In merito alla violazione dei termini procedimentali si esclude l’idoneità a determinare la illegittimità del provvedimento, salvo i casi di termini perentori previsti dalla legge, in quanto si nega autonoma tutela alla legittimità della procedura di gara sganciato dalla spettanza dell’utilità finale[15]. A tale stregua, in conformità dell’orientamento tradizionale, l’Ad.Plen.n. 4/2018 ha escluso l’onere di tempestiva impugnazione delle clausole del bando non immediatamente lesive.

Sulla giurisdizione in materia di comportamenti scorretti della p.a. che ledono l’integrità patrimoniale e la libertà negoziale del privato, si segnala un contrasto tra la giurisprudenza civile ed amministrativa.

La prima devolve al giudice ordinario la giurisdizione rispetto alla domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale della P.A., quando agisce iure privatorum, ivi compreso l’accertamento dell’idoneità del comportamento della p.a. ad ingenerare nei terzi, anche per mera colpa, un ragionevole affidamento alla conclusione di un contratto”[16]. La giurisprudenza amministrativa attribuisce alla giurisdizione esclusiva quando “sussiste la giurisdizione amministrativa esclusiva nelle controversie di responsabilità precontrattuale disciplinata dall’art. 133, c.1, lett. e) del c.p.a. laddove l’amministrazione appaltante deduca la responsabilità precontrattuale del privato partecipante alla gara. (Fattispecie di una gara indetta da ente ospedaliero per individuare l’istituto di credito con cui stipulare contratto di mutuo)”[17]. In materia di risarcimento dei danni subiti per il comportamento scorretto della p.a  e l’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole successivamente annullato, ordinanze “gemelle” Cass. civ., sez. un. hanno circoscritto la giurisdizione del giudice amministrativo soltanto quando il danno patito dal soggetto sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità del provvedimento [18].

Le S.U. del 4 settembre 2015, n. 17586 ha ritenuto nell’assetto normativo del codice del processo amministrativo non possibile ritenere che l’azione di risarcimento danni per affidamento incolpevole del beneficiario del provvedimento amministrativo emesso illegittimamente e poi rimosso per annullamento in autotutela divenuto definitivo o in sede giurisdizionale possa spettare alla giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 7, 4º c, c.p.a. Ciò presuppone che si tratti di una controversia relativa al risarcimento del danno per la lesione di un interesse legittimo, dovendosi viceversa ritenere che la giurisdizione spetti al giudice ordinario, quale situazione di diritto soggettivo”[19].

La giurisdizione amministrativa in materia di danno da ritardo affermata da Cons. Stato, Ad. plen., 15 settembre 2005, n. 7 è ribadita dalla  Plenaria in rassegna che richiama l’art. 133, c. 1, lett. a), n. 1, Cod. proc. amm., che devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di “risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento”. La Plenaria accoglie la tesi espressa dalla dottrina secondo cui il ritardo lede la libertà negoziale ed il diritto soggettivo al rispetto del termine di conclusione del procedimento previsto dalla legge[20].

Un’altra questione affrontata riguarda la differenza fra responsabilità precontrattuale e da impossibile esecuzione del giudicato. Tale impossibilità (sopravvenuta) di esecuzione in forma specifica dell’obbligazione nascente dal giudicato dà vita in capo all’amministrazione ad una responsabilità di natura contrattuale. L’art. 112, c. 3, c.p.a., prevede un regime derogatorio rispetto alla disciplina civilistica, in quanto non si estingue l’obbligazione, ma la converte, “ex lege”, in una diversa obbligazione ad oggetto l’equivalente monetario del bene della vita riconosciuto dal giudicato in sostituzione della esecuzione in forma specifica. L’insorgenza di tale obbligazione può essere esclusa solo verificando l’insussistenza originaria o il venir meno del nesso di causalità e l’antigiuridicità della condotta, la cui prova spetta alla parte che invoca il danno da perdita di “chance” nel rispetto dell’art. 2697 c.c.[21]. Tale impostazione conferma l’orientamento espresso dall’ Ad. Plen. di particolare rigore nell’accertare le richieste risarcitorie attraverso un’attenta valutazione del “bene della vita”, dedotto in giudizio ed un onere probatorio stringente a carico del privato, onde evitare forme abusive di abusi processuali, in grado di incidere in modo negativo sul regolare svolgimento dell’azione amministrativa.


[1]Cons. Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831.
[2]Cons. Stato, sez. III, 29 luglio 2015, n. 3748.
[3] Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2016, n. 14188; sez. I, 20 dicembre 2011 n. 27648 “La trattativa precontrattuale crea un obbligo di comportamento in buona fede, che distingue tale fattispecie da quella di cui all’art. 2043 c.c., nella quale per contro la lesione precede l’instaurazione di un qualsiasi rapporto tra le parti. La responsabilità che ne scaturisce è di natura contrattuale onde il danneggiato dovrà provare, oltre al danno sofferto, solo la condotta antigiuridica, non la colpa del danneggiante”; nel senso che la responsabilità precontrattuale della P.A. sia ricompresa nell’ambito di quella extracontrattuale ex art. 2043 c.c., Cass. civ., sez. un., 27 aprile 2017, n. 10413.
[4]Cons. Stato, sez. IV, 4 luglio 2017, n. 3254; sez. IV, 28 dicembre 2016 n. 5497; sez. IV, 28 dicembre 2016 n. 5497; sez. IV, 12 dicembre 2016, n. 5199 con richiami di giurisprudenza, secondo cui “La fattispecie del danno da ritardo va inquadrata nel genus della responsabilità c.d. “aquiliana” ex art. 2043 codice civile, con conseguente applicazione del principio dell’onere della prova, in capo al danneggiato, in ordine alla sussistenza di tutti i presupposti oggettivi e soggettivi dell’illecito in questione” sulla responsabilità aquiliana da attività provvedimentale illegittima.
[5]Cons. Stato, sez.IV, 6 marzo 2015, n. 1142; sez. VI, 6 febbraio 2013, n. 633; Ad.plen., 5 settembre 2005, n. 6; Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2015, n. 9636; Cass. civ.,sez. I, 3 luglio 2014, n. 15250; Cass. civ., sez. un. 12 maggio 2008, n. 11656.
[6]Cass. civ.,sez.un., ordinanze “gemelle” 23 maggio 2011, nn. 6594, 6595, 6596;Cass. civ., sez. un., 22 gennaio 2015, n.1162;Cass. civ., sez. un., 4 settembre 2015, n. 17586.
[7]exmultis, Cass. civ., sez. I, 12 luglio 2016, n.14188)
[8]Cass. civ., sez. un., 19 dicembre 2007, n. 26725; Cass. civ., sez. un., 8 aprile 2011, n. 8034; Cass. civ., sez. I, 27 settembre 1995, n. 10235; Cass. civ., sez. III, 18 luglio 2002, n. 10403.
[9]Cass. civ., sez. I, 12 maggio 2015,n. 9636, in Giur. it., 2015, 1963;Cons. Stato, sez. IV, 6 marzo 2015, n. 1142; Cons.Stato, sez. V, 15 luglio 2013, n. 3831.
[10]Cass. sez. I -n. 15260/2014.
[11] Corte di Giustizia dell’UE, 3 maggio 1978, C-12/77 Topfer.
[12]Cons. St. sez.V, 22 gennaio 2015, n. 272; Cons. Stato, Ad. plen., 27 aprile 2015, n. 5
[13]Cons. St., Ad. plen., 12 maggio 2017, n. 2;Ad. plen. n. 5 del 2015 cit.; Ad. plen. n. 9 del 2014 cit.
[14]Cons. St., sez. IV, 2 ottobre 2017, n. 4570; sez. IV, 13 aprile2016, n. 1436; sez. V, 10 febbraio 2015, n. 675, sez. V, 25 marzo 2016, n. 1239, da lesione di un mero interesse di fatto o emulativo; Cons. St., sez. IV, 18 luglio 2017, n. 3520; sez. IV, 4 luglio 2017, n. 3255; Cons. St.,sez. V, 25 febbraio 2016, n. 762; sez. V, 30 giugno 2015, n. 3249, sez. IV, 15 settembre 2014, n.4674; Cass. civ., sez. I, 29 novembre 2016, n. 24295, id.1374.
[15] Ad. plen., 25 febbraio 2014, n. 10; Cons. .St.,sez.IV, 16 novembre 2011, n. 6051; Cons. St. sez. V, 31 agosto 2016  n. 3742; Cons. St., sez.III, 26 marzo 2018 n. 1882; T.a.r. Lazio -sez. III, 16 dicembre 2016 n.12544. in materia di violazione del termine per la stipula del contratto ha affermato che “Il termine di sessanta giorni dal momento in cui diviene definitiva  l’aggiudicazione dell’appalto, fissato dall’art. 11 c. 9, d.lg.2006, n. 163 per la stipula del contratto, non è perentorio, né l’ inosservanza può ex se costituire responsabilità precontrattuale ex lege della Pubblica amministrazione, se non in costanza di elementi necessari per la sua configurabilità; le conseguenze derivanti dall’inutile decorso di tale termine, sono la facoltà dell’aggiudicatario, mediante atto notificato alla stazione appaltante, di sciogliersi da ogni vincolo o recedere dal contratto; dall’altro, il diritto al rimborso delle spese contrattuali documentate, senza alcun indennizzo.
[16]S.U., 4 luglio 2017, n. 16419, “La domanda di risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale proposta da una p.a., in qualità di stazione appaltante, nei confronti del soggetto affidatario di lavori o servizi pubblici appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario” quale “richiesta afferente non alla fase pubblicistica della gara ma a quella prodromica, in cui si lamenta la violazione degli obblighi di buona fede e correttezza”. In tale ipotesi, il giudice è chiamato a decidere di una controversia ad oggetto “un diritto soggettivo la cui lesione sia stata non conseguente, ma soltanto occasionata da un procedimento amministrativo di affidamento di lavori o servizi”.
[17]Cons. St.sez. III, 31 agosto 2016 n. 3755, in una fattispecie diversa dall’evidenza pubblica, S.U., 12 maggio 2008, n. 11656 ha ritenuto che “La controversia avente ad oggetto l’azione di responsabilità precontrattuale proposta da un privato nei confronti della p. a., in riferimento all’esito negativo delle trattative intercorse, a partire dall’anno 2001, per la stipulazione di un contratto di compravendita di cosa futura (nella specie, di complesso edilizio da costruire sul terreno del costruttore per adibirlo ad uffici amministrativi), in cui l’attore non postula la demolizione di alcun atto amministrativo, né contesta la procedura di individuazione del contraente, ma allega soltanto l’esistenza di un illecito extracontrattuale da parte della medesima amministrazione, attiene ad una pretesa che ha consistenza di diritto soggettivo ed appartiene, alla giurisdizione del giudice ordinario”.
[18] S.U. 23 maggio 2011, n. 6594 “In tema di riparto della giurisdizione, la concentrazione) della tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo può verificarsi soltanto qualora il danno patito dal soggetto sia conseguenza immediata e diretta della dedotta illegittimità del provvedimento che egli ha impugnato, non costituendo il risarcimento del danno ingiusto una materia di giurisdizione esclusiva ma solo uno strumento di tutela ulteriore e di completamento rispetto a quello demolitorio; pertanto, qualora si tratti di provvedimento amministrativo rispetto a cui l’interesse tutelabile è quello pretensivo, il soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo è colui che, a seguito di fondata richiesta, si è visto  negare o ritardare il provvedimento richiesto; qualora si tratti di provvedimento rispetto al quale l’interesse tutelabile si configura come oppositivo, il soggetto che può chiedere la tutela risarcitoria dinanzi al medesimo giudice è soltanto colui che è portatore dell’interesse alla conservazione del bene o della situazione di vantaggio direttamente pregiudicati dal provvedimento contro il quale ha proposto ricorso .;idem, 23 maggio 2011, n. 6596 “Nel caso di annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione di un appalto, non si configura alcuna lesione dell’interesse legittimo dell’impresa beneficiaria dell’aggiudicazione, ma può configurarsi una lesione dell’affidamento in essa ingenerato dal provvedimento favorevole: la relativa tutela risarcitoria è perciò devoluta al giudice ordinario”.
[19] A conferma Cass. civ., sez. un.,ord. 22 giugno 2017, n. 15640.
[20] M. CLARICH, Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, Giappichelli, 1995.
[21]Cons. St., Ad. plen., 12 maggio 2017, n. 2; sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 20, secondo cui “la qualificazione della responsabilità derivante di illegittima aggiudicazione come precontrattuale non impedisce il risarcimento da perdita di “chance”.

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