Progressioni economiche all’interno delle aree: anzianità di servizio vs esperienza professionale maturata e titoli culturali e professionali. Dov’è il merito?

Progressioni economiche all’interno delle aree: anzianità di servizio vs esperienza professionale maturata e titoli culturali e professionali. Dov’è il merito?

Sommario: 1. Le recenti modifiche al quadro normativo di riferimento – 2. Gli ambiti di competenza della contrattazione collettiva nazionale ed integrativa – 3. I contributi dei Giudici, degli Organi consultivi/interpretativi e di indirizzo sulle finalità e il carattere delle PEO – 4. Brevi riflessioni conclusive

 

Abstract (It.): L’istituto delle progressioni economiche all’interno della medesima area, cd. orizzontali, sono state recentemente oggetto di revisione normativa e contrattuale alla luce della quale risultano improntate a parametri di selettività e avere un carattere meritocratico e premiante. Esse, infatti, rappresentano uno strumento atto alla valorizzazione dell’impegno e delle competenze professionali acquisite, al riconoscimento del merito e alla qualità delle prestazioni individuali e dei risultati conseguiti dai dipendenti pubblici attraverso l’attribuzione, ad una quota limitata, di differenziali stipendiali. Queste finalità rischiano di essere neutralizzate, nella fase applicativa, dall’esecuzione distorta delle disposizioni legislative e contrattuali di riferimento laddove, in sede di contrattazione collettiva decentrata integrativa, nell’assegnazione dei pesi ai vari criteri selettivi/valutativi, si dia ancora un ruolo predominante a quell’elemento che era alla base dei vecchi scatti stipendiali periodici, generalizzati ed automatici: la mera anzianità di servizio.

Abstract (En): The institution of economic progressions within the same area, so-called. horizontal, have recently been subject to regulatory and contractual review in the light of which they are based on selectivity parameters and have a meritocratic and rewarding character. In fact, they represent a tool aimed at valorising the commitment and professional skills acquired, recognizing the merit and quality of individual performances and results achieved by public employees through the attribution, to a limited quota, of salary differentials. These purposes risk being neutralized, in the application phase, by the distorted execution of the contractual provisions where in the assignment of weights to the various selective/evaluative criteria a predominant role is still given to that element which was the basis of the old periodic salary increments, generalized and automatic: mere length of service.

1. Le recenti modifiche al quadro normativo di riferimento

Prima di affrontare la specifica questione della determinazione dei parametri valutativi da attribuire all’anzianità di servizio rispetto ad altri criteri quali l’esperienza professionale, i percorsi di aggiornamento, il possesso di titoli di studio ed ulteriori requisiti connessi al miglioramento delle capacità  culturali e professionali dei dipendenti, che rappresenta motivo di confronto/scontro in sede di contrattazione decentrata integrativa tra la parte pubblica e le organizzazioni sindacali, appare opportuno ripercorrere – sia pur in somma sintesi – le più recenti modifiche apportate alla normativa disciplinante le progressioni economiche tra le aree cd. orizzontali (PEO) ovvero incrementi retributivi/differenziali stipendiali attribuibili ai dipendenti pubblici, ferma restando l’area di inquadramento e la famiglia professionale, senza mutamenti di tipo gerarchico e di mansioni[1].

Con l’articolo 3 rubricato “Misure per la valorizzazione del personale e per il riconoscimento del merito”, del decreto-legge 9 giugno 2021, n. 80 riguardante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l’efficienza della giustizia”, è stato riscritto il comma 1-bis dell’art. 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165[2] relativo all’inquadramento dei dipendenti pubblici in aree funzionali, la progressione all’interno dell’area e l’accesso alle aree superiori.

La nuova disciplina, che non riguarda i dirigenti e il personale docente della scuola e degli istituti di Alta formazione artistica, musicale e coreutica, oltre ad introdurre un’ulteriore area funzionale rispetto alle tre già previste (rinviando alla contrattazione collettiva per l’istituzione della stessa) finalizzata all’inquadramento del personale di elevata qualificazione, modifica le progressioni all’interno della stessa area mentre per quelle tra le aree stabilisce una modalità di progressione tramite procedura comparativa.

La novella in parola, con specifico riferimento alle progressioni all’interno della stessa area, nel confermare le prime importanti modifiche apportate con la riforma Brunetta (D.lgs. n. 150/2009), e cioè che le stesse avvengano secondo princìpi di selettività e attraverso l’attribuzione di fasce di merito, precisa che esse hanno luogo secondo modalità stabilite dalla contrattazione collettiva. Inoltre, sono state apportate delle riformulazioni ed integrazioni ai parametri valutativi riferiti alle capacità culturali e professionali e all’esperienza matura, in funzione della qualità dell’attività svolta e dei risultati conseguiti”[3], mentre sono state abrogate, tra l’altro, le specifiche disposizioni secondo le quali la contrattazione collettiva doveva assicurare che nella determinazione dei criteri per l’attribuzione delle progressioni economiche fosse adeguatamente valorizzato il possesso del titolo di dottore di ricerca e degli altri titoli di studio e di abilitazione professionale (Riferimento che fu introdotto con l’art. 3-ter, c. 2, lett. c) del d.l. 9 gennaio 2020, n. 1, convertito con modificazioni dalla L. 5 marzo 2020, n. 12)[4].

La revisione della disposizione di cui sopra, rientra nella fase attuativa degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), in particolare quello che individua nella semplificazione, digitalizzazione ed innovazione della pubblica amministrazione (Missione 1) uno dei pilastri strategici per il rilancio della stessa. Infatti, la visione complessiva del percorso di riforma strutturale della PA delineata nel predetto Piano prevede non solo una nuova disciplina delle attività e dei procedimenti ma altresì l’implementazione graduale di un nuovo modello organizzativo basato, tra l’altro, oltre che sull’adozione di nuovi meccanismi di reclutamento anche sulla revisione delle opportunità di promozione e progressione di carriera avviando il ricambio generazionale e l’adeguamento delle competenze e delle professionalità dei dipendenti pubblici al fine di alzare il livello di capacità e competitività dell’azione amministrativa (M1C1.2).

Altra disposizione che tratta di PEO è l’art. 23 del decreto legislativo 150/2009, nella sua ultima versione[5], ove si prevede, al primo comma che: “Le amministrazioni pubbliche riconoscono selettivamente le progressioni economiche di cui all’articolo 52, comma 1-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sulla base di quanto previsto dai contratti collettivi nazionali e integrativi di lavoro e nei limiti delle risorse disponibili”; mentre al secondo comma, oltre a ribadire il principio di selettività al quale si deve uniformare la relativa procedura, si precisa – in linea con il modo selettivo di procedere – che le stesse possono essere riconosciute ad una quota limitata di dipendenti, indicando anche i criteri generali in base ai quali procedere all’attribuzione delle PEO: “ in relazione allo sviluppo delle competenze professionali ed ai risultati individuali e collettivi rilevati dal sistema di valutazione”.

Appare chiaro, quindi, già dal mero tenore letterale delle disposizioni vigenti esaminate, che l’impianto procedurale delle PEO deve essere finalizzato alla selezione di quella quota di dipendenti ai quali riconoscere i differenziali stipendiali in base a criteri meritocratici che mirino a premiare la volontà di accrescere le loro professionalità e competenze ed il loro concreto impegno al miglioramento della qualità del lavoro prestato.    

In merito all’individuazione della “quota limitata” di dipendenti che possono beneficiare delle PEO, di cui al secondo comma dell’art. 23 del d.lgs. n. 150/09, in mancanza di ulteriori specificazioni da parte del legislatore, che impone un limite ma non fissa alcun vincolo quantitativo, è intervenuta la Ragioneria Generale dello Stato con la Circolare del 16 maggio 2019, n. 15 con la quale, nel fornire le istruzioni per l’inserimento delle informazioni relative al Conto annuale 2018 nel sistema informativo costituente la banca dati del personale (SICO – Sistema Conoscitivo del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche), ha specificato che tale tetto va inteso come “non oltre il 50% degli aventi diritto ad accedere alla procedura”[6], quindi non oltre la metà dei dipendenti, percentuale confermata poi dal Dipartimento della funzione pubblica con la nota n. 44366/2019 e alla quale rinvia anche l’ARAN con nella nota n. 7560/2019[7].

Infine, con l’art. 23 del d.lgs. n. 150/09, oltre ad affermare, in maniera espressa, che la selettività deve rappresentare il principio cardine delle PEO, si dichiara altresì che le stesse devono avvenire nell’ambito delle disponibilità dei relativi fondi, costituendo così anche un limite esterno ed ulteriore alla procedura in sé.

2. Gli ambiti di competenza della contrattazione collettiva nazionale ed integrativa

Le disposizioni primarie sopra richiamate rappresentano la cornice normativa di riferimento entro la quale si deve muovere la regolamentazione contrattuale, senza alcuna facoltà di deroga od integrazione della stessa, al fine di garantire l’effettiva premialità e selettività dell’istituto delle PEO, integrando un sistema in vigore da anni con i nuovi elementi recentemente introdotti.

Infatti, sia l’art. 52, comma 1-bis, del d.lgs. n. 165/01 che l’art. 23 del d.lgs. n. 150/2009, rimandano – ai sensi dell’art. 40, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001 – alla contrattazione collettiva per la disciplina delle modalità e dei criteri attuativi dei principi in essi enucleati e non derogabili in tale sede. Per cui, nell’ultima tornata di rinnovi contrattuali per il triennio 2019-2021 è stata ridefinita anche la regolamentazione dei parametri per la definizione delle procedure delle progressioni economiche all’interno delle aree in modo aderente agli obiettivi prefigurati dal legislatore.

Volendoci soffermare sul nuovo CCNL Comparto Funzioni Centrali periodo 2019/2021, stipulato il 9 maggio 2022, la disciplina le progressioni in argomento è prevista all’art. 14 (come nel CCNL 2019-2021 del comparto Funzioni Locali stipulato il 16 novembre 2022)[8], che segue la rideterminazione del sistema di classificazione del personale, articolato in quattro aree funzionali[9], che corrispondono a quattro differenti livelli di conoscenze, abilità e competenze professionali” (cfr. l’art. 13 del CCNL Comparto Funzioni Centrali – 2019/2021): Area degli operatori; Area degli assistenti; Area dei funzionari; Area delle elevate professionalità.

Nello specifico di quanto qui d’interesse, anche il tenore letterale dell’art. 14 del citato CCNL appare molto chiaro sulle finalità delle PEO che, al comma 1, prevede che: “Al fine di remunerare il maggior grado di competenza professionale progressivamente acquisito dai dipendenti nelle svolgimento delle funzioni proprie dell’area e della famiglia professionale, agli stessi possono essere attribuiti, nel corso della vita lavorativa, uno o più “differenziali stipendiali” di pari importo, da intendersi come incrementi stabili dello stipendio”. Al comma 2, invece, viene precisato, altresì, che “l’attribuzione dei “differenziali stipendiali”, che si configura come progressione economica all’interno dell’area ai sensi dell’art. 52 comma 1-bis del d.lgs. n. 165/2001 e non determina l’attribuzione di mansioni superiori, avviene mediante procedura selettiva di area (…), nel rispetto delle modalità e dei criteri di seguito specificati”. Tra questi ultimi, oltre ai requisiti di ammissione di cui alla lett. a)[10], vengono in rilievo i criteri di selezione indicati alla lett. d) del c. 2 dell’art. 14: media delle ultime tre valutazioni individuali annuali conseguite; esperienza professionale maturata[11]; ulteriori criteri, definiti in sede di contrattazione integrativa di cui all’art. 7 (Contrattazione collettiva integrativa: soggetti, livelli e materie), comma 6, lett. c1), correlati alle capacità culturali e professionali acquisite anche attraverso i percorsi formativi di cui all’art. 31 (Destinatari e processi della formazione).

Ebbene, alla lett. e), ai sensi del comma 3-bis dell’art. 40 del d.lgs. n. 165/2001, nel rinviare alla contrattazione integrativa di cui all’art. 7 del medesimo CCNL per la “pesatura” dei suindicati criteri selettivi, si stabilisce che “in ogni caso al criterio di cui al punto 1 della lettera d) non può essere attribuito un peso inferiore al 40% del totale ed al criterio di cui al punto 2 della lettera d) non può essere attribuito un peso superiore al 40% del totale”, ponendo così al livello superiore di contrattazione collettiva nazionale, un tetto alla ponderazione solo ai primi due criteri di selezione.

Per cui, la contrattazione collettiva nazionale indica i criteri di valutazione e di selezione dei dipendenti meritevoli dell’assegnazione dei benefici economici conseguenti all’attribuzione di uno o più “differenziali stipendiali” di pari importo da intendersi come incrementi stabili dello stipendio, con i quali sono stati sostituite le storiche fasce retributive ovvero posizioni economiche interne alle precedenti aree funzionali individuate nei previgenti contratti collettivi nazionali, mentre il punteggio da attribuire agli stessi è rimesso alle singole pubbliche amministrazioni all’esito dell’attivazione di autonomi livelli di contrattazione decentrata integrativa, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali (cfr. terzo periodo del comma 3-bis dell’art. 40 del d.lgs. n. 165/2001).

A tal riguardo, appare rilevante sottolineare che ai sensi del comma 3 dell’art. 40-bis del d.lgs. n. 165/01, tra le finalità delle specifiche informazioni che le amministrazioni pubbliche devono inviare, entro il 31 maggio di ogni anno, circa i costi della contrattazione integrativa, certificate dagli Organi di controllo interno, al Ministero dell’economia e delle finanze, vi sono – oltre l’accertamento del “rispetto dei vincoli finanziari in ordine sia alla consistenza delle risorse assegnate ai fondi per la contrattazione integrativa sia all’evoluzione della consistenza dei fondi e della spesa derivante dai contratti integrativi applicati, anche la concreta definizione ed applicazione di criteri improntati alla premialità, al riconoscimento del merito ed alla valorizzazione dell’impegno e della qualità della performance individuale, con riguardo ai diversi istituti finanziati dalla contrattazione integrativa, nonché a parametri di selettività, con particolare riferimento alle progressioni economiche”.

3. I contributi dei Giudici, degli Organi consultivi/interpretativi e di indirizzo sulle finalità e il carattere delle PEO

Le progressioni economiche orizzontali sono previste da anni ma solo nelle ultime tornate di riforma del pubblico impiego sono state intese quale strumento di valorizzazione delle competenze professionali acquisite dai dipendenti nello svolgimento delle proprie attività attraverso l’attribuzione incentivante di livelli retributivi superiori a quelli di appartenenza[12]. A chiarire tale volontà del legislatore hanno contribuito nel tempo anche innumerevoli pronunciamenti giurisprudenziali.

A tal proposito, si può far riferimento all’importante pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, n. 27932/2020, con la quale il Supremo Consesso ha escluso qualsiasi forma di automatismo in relazione, in particolare, all’anzianità di servizio, essendo l’istituto de quo: “uno degli strumenti organizzativi cardine del processo di riforma del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni con l’obiettivo del miglioramento dell’efficienza ed efficacia dei servizi;  esso si fonda essenzialmente sul sistema premiante connesso alla valutazione dell’apporto individuale passato e potenziale del lavoratore; l’effetto di tale progressione è di consentire, al lavoratore meritevole, una carriera economica mediante incrementi di posizione retributiva senza alcun mutamento delle mansioni (…) fondati sull’effettivo valore della prestazione in base a criteri meritocratici, da attribuire solo a una percentuale limitati di lavoratori valutati come i migliori”, anche se le risorse presenti nel fondo risultino potenzialmente sufficienti da consentire di erogare gli incrementi economici a tutti i lavoratori partecipanti alla procedura (come nel caso trattato nella pronuncia).

Siffatto orientamento, che fissa nel carattere meritocratico e nella natura premiale, scevra da automatismi, le progressioni economiche orizzontali, non è per niente isolato in quanto già si era arrivati a tale approdo nella deliberazione della Corte dei conti a Sezioni riunite in sede di controllo n. 6 del 18 maggio 2018 (par. 2.5) costituente il rapporto di certificazione positiva dell’ipotesi di CCNL del comparto Funzioni Locali per il triennio 2016-2018, ove si sottolinea – a tal fine – il legame con le risultanze della valutazione della performance individuale, basando sull’effettivo valore della prestazione l’avanzamento di carriera sotto il profilo economico.

Ma anche recentemente la Suprema Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, con l’ordinanza 5 luglio 2023 n. 19073, ha ribadito che la contrattazione collettiva prevede i parametri valutativi al cui rispetto sono tenuti i contratti collettivi decentrati integrativi nello stabilire i criteri della progressione economica orizzontale: “La ratio di tale norma è proprio quella di individuare dei criteri di selezione in grado di fondare una progressione economica basata sulla reale professionalità dei dipendenti e sul loro concreto impegno, fugando il solo elemento “formale” dell’anzianità di servizio”.

In tal senso vi è anche una recentissima ordinanza della Corte di Cassazione, Sez. Lavoro, del 12.2.2024, n. 3855, secondo la quale: “la progressione economica all’interno dell’area non dipende soltanto dall’anzianità di servizio, dovendosi premiare il personale meritevole anche in base al livello di esperienza maturato, ai titoli culturali o professionali, agli specifici percorsi formativi e di apprendimento con valutazione finale dell’arricchimento professionale”. Tale pronuncia conferma una precedente sentenza del 28 settembre 2021, n. 26274 secondo la quale “… i passaggi ai livelli economici successivi avvengono sulla base di criteri oggettivi di selezione, che tengano in considerazione il livello di esperienza maturato, i titoli posseduti e gli specifici percorsi formativi e di apprendimento professionale, così escludendo che il criterio legittimante l’accesso ai livelli di sviluppo economico – destinato a riflettere un più elevato livello qualitativo del lavoro – consista unicamente nel tempo di permanenza nelle singole posizioni”.

A tal proposito, si ricorda che il legislatore ha stabilito che nel Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO), ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 80/2021, sia definita “la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, anche mediante il ricorso al lavoro agile, e gli obiettivi formativi annuali e pluriennali, finalizzati ai processi di pianificazione secondo le logiche del project management, al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale, allo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali e all’accrescimento culturale e dei titoli di studio del personale, correlati all’ambito d’impiego e alla progressione di carriera del personale”, per creare, tra l’altro, quel valore pubblico e benessere sociale che rappresenti la proiezione dell’azione amministrativa.

In linea con quanto sopra, appare opportuno ricordare che la previsione di PEO basate su criteri inosservanti delle leggi e/o delle disposizioni delle contrattazioni collettive nazionali di riferimento, come quelle connesse alla sola anzianità di servizio ovvero con pesi ponderali riferiti alla stessa eccessivamente dominanti, comportano rilevanti responsabilità contabili-erariali a carico di coloro che, quali componenti della delegazione trattante di parte pubblica, partecipino alla redazione di un siffatto contratto decentrato integrativo, per mezzo del quale le stesse anziché rappresentare un utile strumento di efficientamento della pubblica amministrazione attraverso la promozione/valorizzazione del merito e il riconoscimento delle professionalità e delle competenze acquisite, finiscono di fatto per ripristinare i vecchi periodici scatti di anzianità ovvero per attuare una palese ed immotivata corresponsione “a pioggia/di massa” dei miglioramenti stipendiali conseguente ad un automatismo legato alla data di assunzione in servizio dei dipendenti.

Più volte la Corte dei conti, nell’espletamento dei controlli di cui ai commi 2 e 3 del citato art. 40-bis del d.lgs. n. 165/01, ha ravvisato la sussistenza della responsabilità contabile-erariale di cui sopra nell’alveo di quelle casistiche in cui, attraverso la contrattazione collettiva decentrata integrativa, vengano erogate somme di denaro o accordati altri benefici patrimoniali ai dipendenti pubblici in forza di disposizioni contrattuali non conformi a legge o a contratti collettivi nazionali (ex multis: Corte dei conti, Sez. Molise, sent. n. 38/2023; Sez. Sicilia, sent. n. 156/2020; Sez. Trentino-Alto Adige, Bolzano, sent. n. 77/2020 e sent. n. 52/2017; Sez. Liguria, sent. n. 447/2007; Sez. Lombardia, sent. n. 372/2006).

In particolare, oltre che nel caso della già richiamata sentenza della Corte dei conti, Sez. Toscana, n. 288/2020 (cfr. nota n. 6), appare rilevante, nell’ambito di un oramai pacifico e consolidato orientamento giurisprudenziale contabile, quanto disposto con la sentenza n. 2/2015 della Corte dei conti, Sez. giurisdizionale per la Regione Sardegna che nell’accertare l’irregolarità delle progressioni economiche, attuate in violazione delle previsioni contrattuali nazionali che impongono l’adozione di criteri selettivi (sullo specifico punto si veda anche la nota prot. n. 179263 del 02/07/2019 del MEF – RGS/IGOP), individua il danno economicamente apprezzabile nella misura della “disutilità” degli apporti lavorativi recati da personale non selezionato secondo criteri e parametri voluti dalla regolamentazione pattizia per assicurare e garantire retribuzioni più elevate in favore dei più meritevoli”, precisando che l’adozione di “indicatori atti a rilevare la qualificazione e la preparazione professionale – ed aggiuntivi al requisito di accesso dell’anzianità – sarebbe stata ottenuta una selezione più rigorosa che avrebbe determinato un diverso e migliore apprezzamento dei miglioramenti professionali conseguiti. Il risparmio che ne sarebbe derivato avrebbe consentito, nel prosieguo dell’azione amministrativa tesa alla valorizzazione delle risorse umane impiegate, di destinare siffatte risorse vincolate alla remunerazione delle professionalità in divenire, sì da consentire la possibilità di apprezzare nel tempo il costante sviluppo delle predette professionalità”.

La Corte, nel caso di specie, ha ravvisato la colpa grave “nel mancato rispetto di norme procedimentali di chiara e pacifica interpretazione perché poste a presidio non di un formale modulo operativo, ma della esigenza di salvaguardare un credibile meccanismo di selezione a sua volta preordinato ad un razionale e “meritorio” impiego di risorse finanziarie pubbliche da destinarsi a mirati e non indifferenziati incrementi stipendiali. Ma già in una precedente pronuncia la Corte dei conti, Sez. Basilicata, aveva precisato che le progressioni orizzontali improntate ad obliterare completamente il criterio della selezione meritocratica – o di una comparazione ispirata alla valutazione della professionalità effettiva o della qualificazione – a favore di una indiscriminata valutazione del mero dato dell’anzianità pregressa non vale “ex se”, a costituire criterio di attendibile e valida selezione del merito e delle singole capacità professionali, e tale da poter e dover essere  premiato con l’incremento economico e stipendiale previsto e disciplinato dalla contrattazione nazionale (Corte conti, Sez. Basilicata, n. 123/2010).

Pienamene in linea con gli indirizzi giurisprudenziali della Corte dei conti appena riportati vi sono gli orientamenti applicativi dell’ARAN con i quali, infatti, l’Agenzia ha affermato che in materia di PEO si devono adottare criteri selettivi e meritocratici senza alcuna forma di automatismo, ricordando in proposito che l’esperienza non si identifica con la mera anzianità di servizio, in quanto designa l’insieme delle cognizioni e delle abilità acquisite dal lavoratore in un determinato numero di anni lavorativi, che, naturalmente, deve essere sempre verificata attraverso il ricorso ad adeguati sistemi di valutazione, finendo con il ribadire che, in conformità alla natura e alle caratteristiche della progressione orizzontale, “il presupposto della corretta attuazione della progressione economica orizzontale è la valutazione delle prestazioni effettivamente rese e dei risultati concretamente conseguiti dal personale” (RAL 1013 e 1155). Inoltre, l’ARAN con il parere CFL n. 96 del 29.09.2020 ha chiarito ulteriormente cosa si deve intendere, nell’ambito delle PEO, per esperienza maturata negli ambiti professionali di riferimento che “si identifica con lo sviluppo ed il miglioramento delle conoscenze e della capacità di svolgere, con efficacia e padronanza tecnica, le mansioni affidate, per effetto del servizio prestato” e per competenze certificate a seguito di processi formativi, che invece, “si identificano con l’insieme delle capacità, delle abilità e delle conoscenze acquisite dal dipendente nel corso della sua esperienza lavorativa, formativa e di vita come riconosciute e certificate da soggetti a ciò competenti, attraverso un percorso di ricostruzione e valutazione di tali esperienze”.

Da ultimo, si segnala la conformità a quanto fin qui rilevato dei pareri e delle note del Dipartimento della funzione pubblica in materia di PEO. Tra questi vi è la nota (DFP prot. n. 44366 del 04/07/2019) indirizzata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti all’esito dei controlli di legittimità e compatibilità economico-finanziaria previsto dall’art. 40-bis, c. 2, del d.lgs. n. 165/2001 sull’ipotesi di accordo integrativo recante i criteri per le progressioni economiche, con la quale il citato Dipartimento, oltre a riprendere la questione della individuazione della quota limitata non superiore al 50% della platea dei potenziali beneficiari, con riferimento ai criteri di valutazione e di selezione individuati per le progressioni, precisa che gli stessi devono essere equamente ponderati e che l’esperienza professionale non può coincidere con la mera valutazione della anzianità di servizio o con riconoscimenti puramente formali, richiamando la già citata nota del MEF-RGS/IGOP prot. n. 179263 del 02/07/2001. Inoltre, proprio recentemente il Dipartimento in parola ha formulato un parere (DFP prot. n. 223278 del 27/03/2024) in risposta al quesito di un ente locale in cui vi era un solo dipendente in organico nell’area cui si riferiva la progressione economica.

Nel caso di specie, il Dipartimento ha precisato che “fermo restando il rispetto dei requisiti di partecipazione definiti dal CCNL, possa procedere al limite del 50% dei potenziali beneficiari, qualora sia rilevato il conseguimento dei risultati secondo il sistema di misurazione e valutazione della performance nell’ambito dell’Ente e siano analogamente rilevati, come previsto dalle norme di legge e di contratto, il conseguimento dell’esperienza professionale e le capacità culturali e professionali acquisite, anche attraverso percorsi formativi, ciò al predetto fine di rispettare la finalità meritocratica/premiale delle progressioni economiche, dirette a remunerare il maggior grado di competenza professionale conseguito dai dipendenti”. Con ciò confermando ancora una volta la finalità selettiva e il carattere meritocratico delle progressioni economiche e lo stretto legame che sussiste tra questi elementi nell’ambito di una disciplina finalizzata a valorizzare il personale interno che effettivamente lo merita.

4. Brevi riflessioni conclusive

Alla luce del quadro normativo di riferimento illustrato, delle disposizioni contrattuali evidenziate nonché degli approdi giurisprudenziali richiamati, degli orientamenti applicativi dell’ARAN, delle note e dei pareri del MEF-RGS e del Dipartimento della funzione pubblica citati, dovrebbe essere oramai chiaro che le progressioni economiche orizzontali sono procedure selettive e premiali finalizzate al riconoscimento del merito ed alla valorizzazione dell’excursus professionale, formativo e comportamentale di quei dipendenti che si distinguono per impegno, partecipazione attiva e qualità della prestazioni individuali, costituenti il know-how degli stessi.

Diversamente, si rischierebbe di incorrere non solo nella sterilizzazione operativa ovvero nella mancata applicazione degli specifici e precisi dettami normativi e delle previsioni contrattuali nazionali che disciplinano le PEO ma anche di deludere le aspettative dei soggetti interessati, il ché comporterebbe – tra l’altro – un riverbero negativo sul benessere organizzativo, con l’acuirsi di tutta una serie di fenomeni connessi: diminuzione della produttività, aumento dell’assenteismo, bassi livelli di motivazione, riduzione della disponibilità al lavoro, carenza di fiducia, mancanza di impegno, aumento di reclami/ricorsi, crescente insoddisfazione dell’utenza ecc. Ciò in quanto, la retribuzione, insieme alla soddisfazione professionale e al wellbeing nell’ambiente lavorativo, costituisce una leva motivazionale fondamentale anche per i dipendenti pubblici; non a caso il miglioramento delle politiche retributive, l’introduzione di sistemi di incentivazione economiche e di forme di rewarding, al fine di costruire un nuovo modello improntato all’employer branding, si ritrovano tra le strategie di empowerment e di innovazione della PA anche tra gli obiettivi del PNRR, finalizzati al miglioramento della performance della stessa.

Tutto l’impianto sostanziale e procedurale – in somma sintesi sopra descritto – dà la stura ad una pacifica declinazione di criteri valutativi e pesi loro attribuiti in sede di contrattazione decentrata integrativa volti a dare maggior valore alle capacità culturali e professionali possedute, aggiornate e perfezionate negli anni dai dipendenti al fine di migliorare l’attività svolta e i risultati conseguiti, elementi certamente distintivi da una mera anzianità di servizio che, pertanto, non potrebbe assurgere a livelli significativi, e men che meno determinanti, di valutazione nell’ambito delle procedure in argomento, così da ricondurre le PEO ad un improduttivo ed indiscriminato automatismo del passaggio di posizione stipendiale anziché strumento credibile e coerente di un doveroso riconoscimento e meritocratica valutazione di quel quid pluris che, in coerenza con lo spirito e la lettera delle diverse disposizioni enucleate, è il presupposto dell’accesso a posizioni economiche superiori per i più meritevoli.

Come si è avuto modo di constare, gli arresti giurisprudenziali esaminati e i contributi dei diversi Organi citati hanno contribuito nel tempo a chiarire che ai fini delle progressioni economiche orizzontali non va equivocato il previsto criterio dell’”esperienza professionale maturata”, che si basa su elementi qualitativi come i percorsi formativi frequentati, l’insieme delle nozioni, delle abilità e delle competenze acquisite dal lavoratore nel tempo e “sul campo”, con quello dell’“anzianità di servizio”, mai menzionata nelle disposizioni di riferimento, corrispondente ad un mero dato quantitativo quale il numero di anni di lavoro del dipendente (cfr. Cass. n. 3855/2024 e n. 26274/2021 e RAL-1013)[13]. Tant’è che solo il primo dei predetti criteri, come sopra inteso, si presta ad un’adeguata valutazione selettiva ovvero ad un giudizio di valore dell’operato dei dipendenti al fine di premiare e valorizzare chi tra essi è cresciuto maggiormente in termini di professionalità e competenze che si traducono in una migliore prestazione lavorativa e legittimano l’accesso a livelli crescenti di sviluppo economico.

In chiusura, si possono ulteriormente evidenziare gli elementi incontrovertibili ed irreversibili che hanno segnato il definitivo superamento delle logiche sottese alle progressioni economiche dei dipendenti pubblici basate sugli automatismi degli aumenti stipendiali generalizzati legati essenzialmente all’anzianità di servizio di cui all’originario sistema del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 recante “Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato”[14], per il passaggio ad una nuova concezione, meritocraticamente e selettivamente orientata, delle PEO in veste premiale:

L’aver legato, a partire dalla riforma Brunetta (d.lgs. n. 150/2009), le procedure economiche orizzontali (ma anche quelle verticali) alle valutazioni annuali delle performance individuali, e cioè non al mero conteggio degli anni di lavoro effettuati (rectius: anzianità di servizio), che di fatto hanno – chi più chi meno – indistintamente tutti i partecipanti, bensì alle valutazioni positive conseguite negli anni (di norma nell’ultimo triennio) che sono indice dell’avvenuto apprezzamento del percorso professionale concretamente compiuto dal dipendente nell’assolvimento dei compiti allo stesso affidati, che dimostra le capacità e le competenze progressivamente accresciute, consolidate e rafforzate nell’area di appartenenza tali da giustificare una maggiorazione di natura economica all’interno della stessa.

L’aver riformato la previgente disciplina delle progressioni economiche nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione del PNRR (M1C1.2 – Riforma 2.3: competenze e carriere; sub-riforma 2.3.1: riforma del mercato del lavoro della PA), che mira ad un deciso miglioramento in termini di efficienza e di efficacia dei processi amministrativi tramite, tra l’altro, il rafforzamento delle competenze del capitale umano. La previsione di cui al comma 4, lettera a) dell’art. 31 rubricato “Destinatari e processi della formazione” del CCNL Comparto Funzioni Centrali (Triennio 2019/2021), che collega le progressioni economiche alle attività di formazione che si concludono con l’accertamento dell’avvenuto accrescimento della professionalità del singolo dipendente, attestato attraverso certificazione finale delle competenze acquisite.

L’inserimento alla lett. f) del comma 2 dell’art. 14 del CCNL Comparto Funzioni Centrali (Periodo 2019/2021) di una sorta di “clausola di salvaguardia” per il personale che non abbia conseguito progressioni economiche da più di 6 anni, consistente nella possibilità (non obbligatorietà) di attribuire in sede di contrattazione integrativa un punteggio aggiuntivo, complessivamente non superiore al 3% di quello ottenuto dalla somma dei punteggi degli altri criteri, eventualmente differenziato in base al numero di anni trascorsi dall’ultima progressione economica attribuita al dipendente. Or dunque, siffatta previsione che, di fatto, valorizza l’anzianità di servizio rispetto agli altri criteri riconoscendo un “bonus” a coloro che non riescono ad ottenere un differenziale stipendiale per anni, può essere letta in contraddizione con l’intero impianto delle nuove PEO ma è altrettanto vero che può essere intesa come l’eccezione che conferma la regola, proprio per la sua natura di ipotesi residuale e facoltativa.

Ebbene, ed in conclusione, in primis le intenzioni di fondo che hanno animato l’intera e complessa impalcatura normativa voluta dal legislatore e, in particolar modo, la finalità di selettiva e meritocratica, expressis verbis riconosciuta al rinnovato istituto delle progressioni economiche orizzontali, non possono essere neutralizzati nella fase operativa/applicativa dall’attribuzione di una posizione dominante al criterio della mera anzianità di servizio. Ma come sempre più spesso avviene, per evitare che si crei e si protragga nel tempo il divario tra nozioni teoriche e prassi applicative occorre che al mutamento delle disposizioni normative di riferimento debba corrispondere il necessario cambiamento culturale che, unitamente al dovuto senso di responsabilità, possa condurre alla creazione di un contesto capace di innescare meccanismi virtuosi basati sul riconoscimento e la valorizzazione del merito.

 

 

 

 

 

[1] Diversamente da ciò che avviene nelle progressioni tra le aree cd. verticali od anche di carriera/sviluppo professionale, di cui al terzo periodo del comma 1-bis dell’art. 52 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, all’esito delle quali vi è un reinquadramento nell’area funzionale superiore (es. dall’area degli assistenti all’area dei funzionari).
[2] Comma inserito dall’art. 62, comma 1, del d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.
[3] La precedente formulazione era: qualità culturali e professionali, dell’attività svolta e dei risultati conseguiti”.
[4] Per una trattazione organica di tutti i cambiamenti riguardanti le Progressioni economiche orizzontali, si veda, tra i tantissimi contributi: L. MARINONI, “Le progressioni economiche dopo il CCNL funzioni locali del 16 novembre 2022”, Publika, 2023.
[5] Come modificato dall’art. 15 del d.lgs. 25 maggio 2017, n. 74 (Riforma Madia), con il quale è stata disposta la modifica del comma 1 e l’abrogazione del comma 3 dell’art. 23 del d.lgs. n. 150/2009.
[6] Si veda l’Allegato 1 alla citata circolare n. 15/2019 della RGS recante le “Istruzioni per la rilevazione del Conto Annuale 2018”, alla pag. n. 155.
[7]  Va detto che la Corte di Conti, Sez. regionale di controllo per la Regione Toscana, con la sentenza n. 288/2020, nel giudizio di responsabilità in materia di ristoro dei danni conseguenti al riconoscimento e alla relativa erogazione di progressioni economiche orizzontali presso il Comune di Firenze, ha statuito che le stesse devono ritenersi, comunque, legittime in una quota pari al 35% del numero totale dei dipendenti.
[8] Nel CCNL del personale del comparto Istruzione e ricerca (Periodo 2019-2021) sono disciplinate all’art. 86 mentre nel CCNL relativo al personale del comparto Sanità (triennio 2019-2021) sono disciplinate all’art. 19.
[9] Con il nuovo CCNL 2019-2021 è stata istituita un’ulteriore (la quarta) area funzionale, quella destinata all’inquadramento del personale di elevata qualificazione come previsto dal citato comma 1-bis dell’art. 52 del d.lgs. 165/2001. Inoltre, tra le novità rilevanti in tema di progressioni economiche, riprendendo una disposizione del CCNL del Comparto funzioni locali 2016-2018, l’art. 14, comma 3, il nuovo CCNL 2019-2021 fissa la decorrenza della progressione economica al 1° gennaio dell’anno in cui viene sottoscritto il contratto integrativo, anziché dell’anno in cui viene completata la procedura selettiva, Per un approfondimento sulle novità del CCNL funzioni locali si veda, tra gli altri: P. MONEA (Curatore) e G. PIZZICONI (Curatore), “Il nuovo CCNL funzioni locali – Commento alla nuova disciplina per il personale del comparto”, Maggioli Editore, 2023.
[10] Sono previsti: il decorso di tre anni, ridotti a due o elevabili a quattro in sede di contrattazione integrativa, senza aver beneficiato di alcuna progressione economica e l’assenza – negli ultimi due anni – di provvedimenti disciplinari superiori alla multa o, nei casi di cui alla lett. f) dell’art. 43 del Codice disciplinare inerente agli obblighi di comportamento in servizio e con gli utenti, al rimprovero scritto.
[11] Si rileva che nel CCNL del comparto Funzioni Locali per il triennio 2019-2021 viene maggiormente esplicitato cosa si intende per “esperienza professionale”: “quella maturata nel medesimo profilo od equivalente, con o senza soluzione di continuità, anche a tempo determinato o a tempo parziale, nella stessa o altra amministrazione del comparto di cui all’art. 1 (Campo di applicazione) nonché, nel medesimo o corrispondente profilo, presso altre amministrazioni di comparti diversi”.;
[12] Per un approfondimento sul tema, si veda, tra gli altri contributi: V. TALAMO, “La riforma del lavoro pubblico. Progressioni di carriera e relazioni collettive”, Ipsoa, 2004.
[13] A tal proposito si ricorda che anche nel Piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) ai sensi dell’art. 6 del già citato d.l. n. 80/2021, definisce “la strategia di gestione del capitale umano e di sviluppo organizzativo, anche mediante il ricorso al lavoro agile, e gli obiettivi formativi annuali e pluriennali, finalizzati ai processi di pianificazione secondo le logiche del project management, al raggiungimento della completa alfabetizzazione digitale, allo sviluppo delle conoscenze tecniche e delle competenze trasversali e manageriali e all’accrescimento culturale e dei titoli di studio del personale, correlati all’ambito d’impiego e alla progressione di carriera del personale”.
[14] Il segnale che i tempi stavano cambiando e che probabilmente negli anni si era fatto ricorso alle progressioni economiche oltre misura è rappresentato dalle misure adottate dal legislatore del d.lgs. n. 29/1993 recante “Razionalizzazione della organizzazione delle Amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego” (poi abrogato dal successivo T.U.P.I., il d.lgs. n. 165/2001 recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), al cui art. 72, comma 3, si prevedeva: “Contestualmente   alla   sottoscrizione  dei  primi  contratti collettivi stipulati ai  sensi  del  titolo  III,  sono  abrogate  le disposizioni che prevedono automatismi che influenzano il trattamento economico,   nonché   le   disposizioni  che  prevedono  trattamenti economici  accessori  comunque  denominati  a  favore  di  dipendenti pubblici.  I contratti collettivi fanno comunque salvi i trattamenti economici fondamentali ed accessori in godimento aventi natura retributiva ordinaria o corrisposti con carattere di generalità per ciascuna amministrazione o ente”.

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