PTT: la modalità di costituzione in giudizio del ricorrente vincola anche il resistente?
La costituzione in giudizio con modalità cartacea del ricorrente comporta l’inammissibilità di quella telematica del resistente.
Questo è il principio enunciato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Rieti, Sezione II, Pres. e Rel. De Lullo, con la recente sentenza 30 gennaio – 7 marzo 2018, n. 9, che ha accolto nel merito il ricorso di un contribuente, avente ad oggetto l’impugnazione di una intimazione di pagamento per omessa notificazione delle relative cartelle esattoriali, con conseguente prescrizione del credito erariale.
La C.T.P. di Rieti è pervenuta a tale esito dopo aver stralciato le controdeduzioni ed i documenti dell’Agenzia delle Entrate, perché prodotti in via telematica e, dunque, con una modalità differente rispetto a quella adottata dal contribuente, il quale, dopo aver proceduto alla notificazione ex art. 16, D.lgs. 31/12/1992, n. 546, si era costituito in giudizio tramite il consueto deposito cartaceo, ai sensi del successivo art. 22, comma I.
Muovendo dalla natura facoltativa del processo tributario telematico (P.T.T.), divenuto ormai operativo in tutte le Regioni [1], la C.T.P. di Rieti ha chiarito che, da un lato, la modalità di deposito del ricorso deve essere coerente con quella di avvenuta notificazione e, dall’altro, che la scelta del ricorrente di introdurre il giudizio in forma cartacea o digitale vincola anche il resistente, che è tenuto a conformarsi a pena di inammissibilità.
Quanto al primo profilo, la C.T.P. di Rieti ha difatti sancito che, qualora la notificazione del ricorso introduttivo avvenga a mezzo PEC, ai sensi dell’art. 16 bis, D.lgs. 546/1992, la costituzione in giudizio del ricorrente deve necessariamente essere telematica, ossia va eseguita mediante l’impiego del sistema S.I.Gi.T. [2]; viceversa, ove il ricorso sia notificato nelle forme tradizionali, attraverso la consegna presso la controparte ovvero l’invio tramite il servizio postale, ai sensi del citato art. 16, del medesimo decreto, il successivo deposito deve essere realizzato nella consueta modalità cartacea.
L’appiglio normativo di tale parallelismo formale viene rinvenuto dalla C.T.P. di Rieti nel combinato disposto dell’art. 9, comma I, del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 23/12/2013, n. 163, a tenore del quale il ricorso e gli altri atti del processo tributario sono notificati utilizzando la PEC, e dell’art. 10, comma I, secondo cui alla notificazione così eseguita deve far seguito la costituzione in giudizio, altrettanto telematica, del ricorrente.
Quanto al secondo profilo, la C.T.P. di Rieti ha evidenziato come la richiamata esigenza di coerenza si imponga non solo per il ricorrente, ma anche per il resistente, la cui costituzione in giudizio deve avvenire, ai sensi dell’art. 10, comma III, D.M. 163/2013, con le modalità di cui al precedente comma I, cosicché se il ricorso è introdotto tramite PEC, la costituzione in giudizio di entrambe le parti non può che avvenire in modo telematico.
A ben vedere, la pronuncia in esame non rappresenta un unicum, ma si insinua nel solco già tracciato, tra le altre, dalla C.T.P. di Foggia, Sez. II, con la sentenza 21/12/2017, n. 1981, e dalla C.T.P. di Reggio Emilia, Sez. II, con la sentenza 12/10/2017, n. 245 [3], le quali hanno parimenti sostenuto che ammettere una sfasatura tra le modalità di costituzione in giudizio delle parti significherebbe precludere al contribuente, in ipotesi costituitosi nelle forme tradizionali, di accedere al S.I.Gi.T. e di avere cognizione degli atti prodotti telematicamente dal resistente, con conseguente insostenibile violazione del diritto del contraddittorio e, amplius, di difesa [4].
Analogo è, inoltre, il risvolto processuale condiviso dalle tre sentenze scrutinate, secondo le quali al cospetto di una simile discrepanza deve escludersi che il resistente possa ritenersi validamente costituito, sicché le relative controdeduzioni ed i documenti eventualmente prodotti a supporto delle proprie difese vanno stralciati.
Questa rigorosa interpretazione non risulta tuttavia unanimemente condivisa, essendo rinvenibili anche pronunce di segno differente, che propendono per una lettura più permissiva, tra le quali va annoverata la sentenza 29/09/2017, n. 1507, con cui la Sezione IV della stessa C.T.P. di Foggia ha ritenuto infondata l’eccezione di inammissibilità della costituzione del resistente, sull’assunto che non è rinvenibile alcuna previsione normativa che imponga a quest’ultimo di osservare la medesima forma adottata dal ricorrente ed in virtù di quanto stabilito dagli artt. 8, comma I, e 9, comma I, del Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 04/08/2015 [5].
Queste disposizioni, invero, nel consentire rispettivamente al resistente di costituirsi in giudizio mediante “la trasmissione degli atti e dei documenti al S.I.Gi.T. da parte del soggetto abilitato”, e ad entrambe le parti di avvalersi di tale sistema anche per la produzione degli atti successivi a quello introduttivo, fanno sì che, secondo la IV Sezione del Collegio foggiano, l’obbligo di proseguire con la trasmissione telematica sussista solo quando la costituzione sia avvenuta, da parte del ricorrente o del resistente, con tale modalità, ma senza che questo si riverberi sull’altra parte.
Pertanto, in base all’indirizzo da ultimo esaminato, la scelta di una delle parti circa l’utilizzo dello strumento, digitale o cartaceo, per il deposito dell’atto introduttivo pone sì un vincolo in capo alla stessa circa la modalità da seguire per tutto il prosieguo del processo tributario e, quindi, tanto in primo grado, quanto nell’eventuale appello, ai sensi dell’art. 2, comma III, D.M. 163/2013 [6], ma è ex se inidonea a influenzare l’altra parte, secondo una lettura che appare maggiormente conforme ai principi generali di salvaguardia degli atti processuali e di raggiungimento dello scopo.
Avv. Federica Salvati
[1] Il P.T.T., dopo una graduale sperimentazione avviata a livello regionale dal 01/12/2015, è attivo su tutto il territorio nazionale a decorrere dal 15/07/2017 e costituisce un notevole passo avanti nel complessivo progetto di digitalizzazione della giustizia tributaria e di semplificazione del rapporto tra il fisco ed il cittadino. Dal “Rapporto sui depositi telematici degli atti e documenti nel contenzioso tributario” (https://www.giustiziatributaria.gov.it/gt/web/guest/analisi-e-statistiche-sul-contenzioso), pubblicato a febbraio 2018, risulta che già dopo i primi sei mesi di pieno utilizzo del PTT, un atto su quattro è stato presentato in via digitale, nonché “[…] che l’utilizzo del deposito telematico, ad oggi, costituisce una facoltà per la parte processuale e prescinde dalla modalità (cartacea/telematica) operata dalla controparte nella medesima controversia”, in totale controtendenza rispetto a quanto sancito dalla C.T.P. di Rieti.
[2] In breve, l’utente può, previa registrazione attraverso il portale “www.giustiziatributaria.gov.it”, accedere al Sistema Informativo della Giustizia Tributaria (cd. S.I.Gi.T) e depositare gli atti e i documenti processuali, già notificati alla controparte, mediante l’utilizzo di una piattaforma informatica centralizzata e senza dover ricorrere ai servizi di Posta Elettronica Certificata (PEC).
[3] Questo filone interpretativo è stato da ultimo condiviso da C.T.P. Lazio, Latina, Sez. VI, sentenza 15/03/2018, n. 268, ove si legge che “la scelta operata dal soggetto che introduce il giudizio orienta l’intero processo, incidendo sulle successive modalità di attuazione dello stesso e sui comportamenti a cui sono tenute le parti in causa”.
[4] Sul punto, la C.T.P. di Rieti ha statuito testualmente che “tale interpretazione risponde ad un condivisibile intento, ossia quello di porre il ricorrente nella condizione di poter avere cognizione degli atti depositati dall’Ufficio, atteso che allo stesso ricorrente non è dato accedere al S.I.Gi.T. se ha presentato ricorso in modo cartaceo. Diversamente argomentando il ricorrente, in buona sostanza, si troverebbe privato del diritto a contro dedurre a fronte delle argomentazioni dell’Agenzia, con palese violazione del diritto al contraddittorio”.
[5] Il D.M. del MEF del 04/08/2015 ha ad oggetto le “Specifiche tecniche previste dall’articolo 3, comma 3, del regolamento recante la disciplina dell’uso di strumenti informatici e telematici nel processo tributario in attuazione delle disposizioni contenute nell’articolo 39, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111”, ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 184 del 10/08/2015.
[6] La previsione richiamata stabilisce invero che “la parte che abbia utilizzato in primo grado le modalità telematiche di cui al presente regolamento è tenuta ad utilizzare le medesime modalità per l’intero grado del giudizio nonché per l’appello, salvo sostituzione del difensore”, ad ulteriore conferma che la scelta di una delle parti non vincola l’altra, sussistendo la necessità di proseguire con le forme telematiche soltanto per chi abbia optato per tale modalità e fatta salva l’ipotesi, espressamente codificata, di sostituzione del difensore.
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Avv. Federica Salvati
Avvocato del Foro di Rieti - Specialista in professioni legali.