Quali sono le sorti dell’appello incidentale in caso di rinuncia all’appello principale?
Quali sono le sorti dell’appello incidentale in caso di rinuncia all’appello principale? Nota a ordinanza n. 20686/2017 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione: disponibilità dell’atto di rinuncia all’appello principale e giusto processo
Sommario: 1. Introduzione – 2. L’appello incidentale e la sua ratio giustificatrice – 3. La sorte dell’appello incidentale tardivo in caso di rinuncia all’appello principale – 4. Rinuncia all’appello principale e principio del giusto processo ex art. 111 Cost. – 5. Possibili rilievi critici all’orientamento di legittimità in esame
di Renata Maddaluna[1]
1. Introduzione
Con ordinanza n. 20686/2017 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno definitivamente messo un punto fermo sulla sorte dell’appello incidentale tardivo proposto in seguito a rinuncia all’impugnazione fatta dall’appellante principale, propendendo per la sua ammissibilità.
2. L’appello incidentale e la sua ratio giustificatrice
L’art. 334 c.p.c. consente alle parti contro le quali è stata proposta impugnazione o che siano chiamate ad integrare il contraddittorio di proporre impugnazione incidentale anche se siano per esse decorsi i termini ovvero se abbiano prestato acquiescenza alla sentenza. Il secondo comma della disposizione in esame prevede, tuttavia, che, qualora l’appello principale sia dichiarato inammissibile, perda di efficacia anche l’appello incidentale.
Nel vigente sistema processuale, l’impugnazione proposta per prima determina la costituzione del processo nel quale devono confluire le eventuali impugnazioni di altri soccombenti, di modo che sia mantenuta l’unità del procedimento e sia resa possibile la decisione simultanea (simultaneus processus). Ne consegue che, in caso di appello, le impugnazioni successive alla prima assumono necessariamente carattere incidentale.
Va preliminarmente rilevato che l’appello incidentale non è una impugnazione secondaria rispetto a quella principale; al contrario, è una impugnazione vera e propria, autonoma rispetto a quella principale.
Nell’ambito delle impugnazioni incidentali, si definisce, dunque, appello incidentale tardivo quello proposto dalla parte parzialmente soccombente anche se: 1) sono scaduti i termini per appellare; 2) è stata prestata acquiescenza alla sentenza di primo grado.
La ratio di questo particolare strumento processuale risiede nella necessità di garantire la formazione del giudicato, così evitando il proliferare delle impugnazioni.
Più precisamente, talvolta la parte, pur non completamente soddisfatta, non ha interesse ad impugnare; tale interesse può sorgere, però, se ad impugnare sia l’altra parte. Pertanto, se non fosse possibile l’impugnazione incidentale tardiva, per non correre il rischio di non poter chiedere la modifica della sentenza nonostante l’impugnazione dell’altra parte, tutti sarebbero indotti ad impugnare sempre e comunque, con conseguente aumento del contenzioso.
L’art. 334 c.p.c. vuole, dunque, favorire la prestazione di acquiescenza alla sentenza di primo grado, garantendo, tuttavia, a chi la compie che il suo potere di proporre appello, estintosi per effetto di tale acquiescenza, rinascerà qualora nei suoi confronti venga proposta impugnazione. Dunque, l’intento del legislatore nel formulare la norma in commento è stato quello di consentire alla parte parzialmente soccombente in primo grado, per la quale la sentenza dovrebbe già essere passata in giudicato – per decorrenza dei termini o per acquiescenza – la possibilità di attivarsi contro il provvedimento giudiziale a seguito dell’iniziativa impugnatoria della controparte, senza subire conseguenze pregiudizievoli.
Dal 1989, a seguito di una pronuncia delle Sezioni Unite, l’appello incidentale tardivo può essere proposto sempre e comunque, senza limiti oggettivi e soggettivi[2].
Come detto, l’impugnazione incidentale tardiva interviene dopo la scadenza dei termini o dopo l’acquiescenza e comunque quando ormai non era possibile proporre impugnazione. Tale privilegio, tuttavia, non può essere assoluto ed è per questo che l’impugnazione incidentale tardiva subisce gli effetti di quella principale: come previsto dall’art. 334, co 2c.p.c., se questa viene dichiarata inammissibile, stessa sorte subirà anche quella incidentale tardiva. Con tale disposizione, dunque, il legislatore ha inteso sottolineare la stretta interconnessione che si pone tra l’appello principale e l’appello incidentale, stabilendo che l’inammissibilità della prima si ripercuote sulla seconda che, così, perde efficacia.
3. La sorte dell’appello incidentale tardivo in caso di rinuncia all’appello principale
Una questione particolare si pone qualora l’appellante principale abbia proposto rinuncia all’impugnazione; in questo caso ci si interroga sulla sorte dell’appello incidentale tardivo, in particolare chiedendosi se quest’ultimo possa essere ritenuto privo d’efficacia, secondo quanto dispone l’art. 334 c.p.c.
Sul punto va preliminarmente rilevato che la suddetta questione si pone in quanto, come intuibile, la rinuncia all’appello principale non può essere propriamente assimilata alla declaratoria d’inammissibilità dell’appello principale. In effetti, mentre la rinuncia è un atto posto nella disponibilità di una delle parti, la declaratoria di inammissibilità consegue, invece, ad una pronuncia giudiziale.
In primo luogo devono, dunque, valutarsi la natura e gli effetti della rinuncia all’appello da parte degli appellanti principali.
Sul punto è noto che “la rinuncia alla domanda o ai suoi singoli capi, qualora si atteggi come espressione della facoltà della parte di modificare ai sensi dell’art. 184 cod. proc. civ. (e 420 cod. proc. civ. per le controversie soggette al cosiddetto rito del lavoro), le domande e le conclusioni precedentemente formulate, rientra fra i poteri del difensore (che in tal guisa esercita la discrezionalità tecnica che gli compete nell’impostazione della lite e che lo abilita a scegliere, in relazione anche agli sviluppi della causa, la condotta processuale da lui ritenuta più rispondente agli interessi del proprio rappresentato), distinguendosi così dalla rinunzia agli atti del giudizio, che può essere fatta solo dalla parte personalmente o da un suo procuratore speciale, nelle forme rigorose previste dall’art. 306 cod. proc. civ., e non produce effetto senza l’accettazione della controparte“[3].
Peraltro nel giudizio di gravame, ai sensi dell’art. 338 c.p.c., la rinuncia agli atti del giudizio determina il passaggio in giudicato della sentenza impugnata, sicché il potere di rinuncia agli atti d’appello conferito al difensore dalla parte si atteggia in modo più pregnante rispetto al primo grado.
Ciò posto, la rinuncia determina la pronuncia di non luogo a provvedere sull’appello principale, avendo per l’appunto gli appellanti principali abdicato a censurare la sentenza inizialmente impugnata, ora accettandola.
Si tratta a questo punto di stabilire quali siano gli effetti di detta rinuncia sugli appelli incidentali.
Invero, laddove l’impugnante principale, avendo dapprima proposto appello, decida di rinunciare alla suddetta impugnazione, la sorte dell’impugnazione verrebbe a dipendere dalla decisione di una delle parti e, segnatamente, dell’appellante principale, senza possibilità per la controparte di contraddire sul punto, così prospettandosi una violazione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito dall’art. 24 Cost., nonché del principio del giusto processo di cui all’art. 111 Cost. che vuole le parti in una situazione di equilibrio sostanziale e processuale.
E’ quanto di recente, peraltro, espressamente chiarito dall’ordinanza n. 20686/2017 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, chiamate a pronunciarsi su una declaratoria di inammissibilità, pronunciata dalla Corte d’appello di Milano, di un appello incidentale proposto dall’INPS avverso la pronuncia di prime cure che aveva ritenuto solo parzialmente ripetibili le somme richieste dall’ente ad una persona fisica, ha affermato testualmente che: «La disposizione dell’art. 334, comma 2, c.p.c., a norma della quale, ove l’impugnazione principale sia dichiarata inammissibile, l’impugnazione incidentale tardiva perde efficacia, non trova applicazione nell’ipotesi di rinuncia all’impugnazione principale, non avendo la parte destinataria della rinuncia alcun potere di opporsi all’iniziativa dell’avversario e implicando l’assimilazione di tale ipotesi a quelle dell’inammissibilità e dell’improcedibilità dell’impugnazione principale la conclusione aberrante di rimettere l’esito dell’impugnazione incidentale tardiva all’esclusiva volontà dell’impugnante principale».
Secondo la Corte, dunque, non possono essere tout court equiparati inammissibilità del gravame e rinuncia allo stesso, in quanto, nel secondo caso, difetta, in capo all’appellato che subisce la rinuncia il potere di opporsi alla scelta operata dall’appellante; dunque, la rinuncia al gravame principale non può avere ripercussioni su quella incidentale tardiva. Diversamente opinando, infatti, si finirebbe con l’attribuire alla volontà dell’appellante principale anche l’esito della impugnazione incidentale tardiva, con palese violazione del principio del giusto processo (art. 111 Cost.).
La conclusione sopra prospettata, si pone in linea con una consolidata giurisprudenza di legittimità, già consacrata nella sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 8925/2011, nonché con l’anzidetto obiettivo dell’art. 334 c.p.c. che è quello di favorire il formarsi del giudicato, obiettivo che risulterebbe concretamente frustrato dal rischio per l’impugnante incidentale di veder vanificato l’esame da parte del giudice del proprio atto di impugnazione, sulla base di una insindacabile scelta unilaterale della controparte[4].
Peraltro, in altre pronunce, i giudici di legittimità hanno addirittura messo in luce che, sulla base del principio dell’interesse all’impugnazione, l’appello incidentale tardivo è sempre ammissibile a tutela della reale utilità della parte che lo propone tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto d’interessi derivante dalla sentenza alla quale il litisconsorte abbia prestato acquiescenza; del pari, l’appello incidentale tardivo è ammissibile anche se proposto contro una parte diversa da quella che ha introdotto l’impugnazione principale e su un capo di sentenza diverso da quello oggetto di tale impugnazione[5].
Pertanto, se l’appello incidentale va considerato ammissibile anche qualora proposto contro una parte diversa da quella che ha introdotto l’impugnazione principale ovvero su un capo di sentenza diverso da quello oggetto di tale impugnazione, a fortiori non si vede per quale ragione lo stesso dovrà considerarsi, per converso, inammissibile in caso di rinuncia all’appello principale.
4. Rinuncia all’appello principale e principio del giusto processo ex art. 111 Cost.
In particolare, svolgendo l’esame della questione a partire da una corretta applicazione del principio del giusto processo ex art. 111 Cost., occorre innanzitutto rilevare che la parte che notifica la sentenza senza proporre impugnazione offre alla controparte la propria accettazione della decisione, offerta che viene fisiologicamente meno una volta proposto da quest’ultima l’appello principale. Il consentire dunque alla parte che ha rifiutato la detta offerta di vanificare la strategia posta in essere da quella che ha provveduto alla notifica della sentenza – e ha quindi proposto impugnazione incidentale solo dopo la constatazione della inutilità della precedente iniziativa – senza alcuna possibilità, per quest’ultima, di svolgere difese o interloquire sul punto, determina irragionevole squilibrio fra le posizioni ed i poteri delle parti.
Va in conclusione correttamente esclusa la possibilità che l’atto di rinuncia del ricorrente principale possa determinare l’inefficacia del ricorso incidentale, con la conseguenza che quest’ultimo deve essere oggetto di apposito esame nel merito da parte del giudice dell’impugnazione.
Dovrà, dunque, ulteriormente concludersi che, sulla scorta della rilevata efficacia dell’appello incidentale tardivo pur in presenza di rinuncia all’appello principale, l’impugnazione incidentale tardiva dovrà essere esaminata nel merito da parte del giudice dell’impugnazione, senza possibilità per la controparte che, in virtù di rinuncia, ha prestato acquiescenza alla sentenza di primo grado, di contraddire sul punto.
5. Possibili rilievi critici all’orientamento di legittimità in esame
Contro questo condivisibile orientamento, si potrebbe, forse forzatamente, fare appello al tenore letterale dell’art. 334, 2 co c.p.c. che, nello stabilire una stretta interconnessione tra appello principale e appello incidentale, stabilisce che le sorti in termini di inammissibilità dell’appello incidentale seguono quelle dell’appello principale. La ragione giustificativa di questa norma è, per l’appunto, quella di evitare il formarsi di giudicati contrastanti sulla stessa sentenza o sullo stesso capo di sentenza impugnata. Consentire l’esame nel merito dell’appello incidentale in caso di rinuncia e quindi di declaratoria di non luogo a provvedere sull’appello principale, vorrebbe dire rimettere comunque ad una sola delle parti processuali la sorte dell’impugnazione e, segnatamente, all’appellante incidentale, ancora una volta creando un vulnus al necessario equilibrio processuale in cui devono venire a trovarsi le parti sulla base del principio del giusto processo codificato dall’art. 111 Cost.
[1] Dottoressa magistrale con lode in giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, con tesi di laurea in storia del diritto romano dal titolo: “La constitutio Antoniniana“, ha svolto con esito positivo il tirocinio formativo presso gli Uffici Giudiziari di Napoli ai sensi dell’art. 73 d.l. 69/2013.
[2] Cass., Sez. Un. n. 1613/1989.
[3] Così Cass. n.1439/2002.
[4] Invero, anche la successiva Cass. n. 14558/2012 ha affermato che: <<Il soccombente ha l’onere di impugnare la sentenza entro i termini di legge e solo eccezionalmente l’art. 334 c.p.c. concede alla parte, che non abbia ritenuto di impugnare la sentenza nei termini o vi abbia fatto acquiescenza, la facoltà di proporre impugnazione tardiva in via incidentale, in quanto l’interesse ad impugnare sia emerso dall’impugnazione principale. Ne consegue che non è configurabile un interesse dell’appellante incidentale a ricorrere per cassazione contro la declaratoria di inammissibilità dell’appello principale, che pure abbia comportato la declaratoria di inammissibilità dell’appello incidentale, fatta eccezione per il caso di rinuncia dell’appellante principale, giacché, altrimenti, in tal caso, l’esito dell’impugnazione incidentale sarebbe determinato dalla volontà dell’impugnante principale>>.
[5] Così Cass. 9308/2011.
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Dottoressa in giurisprudenza con lode presso l'università degli studi di Napoli Federico II con tesi di laurea in storia del diritto romano dal titolo: "La Constitutio Antoniniana". Ha svolto con esito incondizionatamente positivo il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso gli Uffici Giudiziari di Napoli ed è iscritta al Consiglio dell'ordine degli avvocati di Napoli come praticante, svolgendo la pratica forense principalmente nel settore del diritto civile. Attualmente svolge uno stage all'interno della Segreteria Tecnica dell'Arbitro Bancario e Finanziario - Collegio Territoriale di Napoli.