Qualità dei servizi pubblici e promozione dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici: partecipazione, controllo e tutela

Qualità dei servizi pubblici e promozione dell’efficienza delle pubbliche amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici: partecipazione, controllo e tutela

Sommario: 1. Un’amministrazione orientata alla soddisfazione dei cittadini e delle imprese: buon andamento e democraticità – 2. Le carte di servizio quali strumenti di mediazione e di tutela anticipata per assicurare la qualità del servizio – 3.  La verifica della qualità dei servizi e le linee di indirizzo della Corte dei conti per i controlli interni durante l’emergenza da Covid-19 – 4. La c.d. class action amministrativa quale strumento di tutela delle inefficienze della macchina amministrativa e dei diritti dei cittadini-utenti di servizi pubblici – 4.1. La legittimazione attiva da parte degli enti rappresentativi degli superindividuali, cenni alla recente sentenza dell’adunanza del Consiglio di Stato n. 6 del 2020 – 5. Annotazioni conclusive

 

Abstract: The need to improve the satisfaction of citizens and businesses with the offered public services has taken on increasing importance as part of a broader process of renewal of public administrations launched with reform laws as early as the 1990s.
This profile is instrumental to the respect of the principle of good performance referred to in art. 97 of the Constitution, which in its substantial value manifests its economic value, as a technique for the containment of public debt, which has long reached critical levels, and as a factor of production of administrative activity aimed to citizen satisfaction.
The detection of user satisfaction takes on even greater significance as it contributes to “build a model of relationship between administration and citizens based on trust and give new legitimacy to public action based on the ability to provide timely responses and to correspond to the real needs of citizens and businesses.
In the path of concrete implementation of the principle of good administrative action to ensure the best provision of public services and high standards of quality, the subjective positions “plural” play both an immediate role of protection of individuals and the public interest against improper exercise of administrative power and an important function of connection between institutions and citizens.  This can be seen in the forms of participation in the decision-making processes of the institutions, in the monitoring and control of compliance with the quality standards set within the scope of public utility contracts, in the discipline of the so-called public class action against the inefficiency of the administrations and concessionaires of public services and in the most recent jurisprudential developments, such as the sentence of the Plenary Assembly of the Council of State no. 6 of 2020, which extends forms of protection of “everyone’s” interests in the administrative judgement

 

1. Un’amministrazione orientata alla soddisfazione dei cittadini e delle imprese: buon andamento e democraticità

La necessità di migliorare la soddisfazione dei cittadini e delle imprese per i servizi pubblici offerti ha assunto un rilievo sempre crescente nell’ambito di un più ampio processo di rinnovamento delle amministrazioni pubbliche avviato con le leggi di riforma, intervenute a partire dagli anni novanta.

Tale profilo è strumentale al rispetto del principio di buon andamento di cui all’art. 97 della costituzione che nella propria valenza sostanziale manifesta il suo valore economico, come tecnica di contenimento del debito pubblico, da tempo giunto a livelli di guardia, e fattore di produzione dell’attività amministrativa rivolta alla soddisfazione del cittadino[1].

In tale cornice, il ruolo del cittadino si esplica non solo nella veste di destinatario finale dei servizi erogati ma anche quale risorsa strategica per valutare e misurare la rispondenza dei servizi erogati ai bisogni reali, così come percepiti dai soggetti fruitori. Nell’ottica ordinamentale, infatti, la qualità definita come “la globalità degli aspetti e delle caratteristiche di un servizio da cui dipendono le sue capacità di soddisfare completamente un dato bisogno” [2]deve essere intesa in primo luogo come qualità percepita.

La rilevazione della soddisfazione dell’utente assume ancor più significato in quanto contribuisce a “costruire un modello di relazione tra amministrazione e cittadini basato sulla fiducia e dare nuova legittimazione all’azione pubblica fondata sulla capacità di fornire risposte tempestive e corrispondenti ai reali bisogni dei cittadini e delle imprese[3]”. La misurazione della citizen satisfaction, infatti, grazie all’acquisizione di informazioni sul contesto di riferimento, è funzionale al miglioramento continuo della qualità dei servizi e dell’azione della Pubblica Amministrazione poiché consente di orientare le scelte politiche verso gli effettivi bisogni della collettività.

L’intendimento del legislatore di dare ascolto alla voce degli utenti, si è realizzato anche con il significativo coinvolgimento degli enti esponenziali degli interessi collettivi e dei corpi intermedi che costituisce una declinazione del principio di sussidiarietà orizzontale[4] costituzionalizzato nel novellato art. 118 del Titolo V della Costituzione che vede il cittadino come “alleato” al fine del miglioramento del servizio a beneficio della collettività.

Nel percorso di attuazione concreta del principio di buon andamento dell’azione amministrativa per garantire la migliore erogazione dei servizi pubblici ed elevati standard di qualità, “le posizioni soggettive “plurali” svolgono sia un immediato ruolo di tutela dei singoli e dell’interesse pubblico (e spesso solo di quest’ultimo) avverso esercizi non corretti di potere amministrativo sia un’importante funzione di raccordo tra istituzioni e cittadini”[5].  Ciò si declina, come si intende evidenziare nel prosieguo, nelle forme della partecipazione ai processi decisionali delle istituzioni, del monitoraggio e controllo del rispetto degli standard di qualità fissati nell’ambito dei contratti di pubblica utenza, nella disciplina della c.d. class action pubblica contro l’inefficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi, dettata dal d.lgs. n. 198 del 2009 e nell’evoluzione giurisprudenziale   più recente condensata nella sentenza dell’Adunanza plenaria del Consiglio di stato n. 6 del 2020 che estende le forme di tutela degli interessi “di tutti” dinanzi al giudice amministrativo.

2. Le carte di servizio quali strumenti di mediazione e di tutela anticipata per assicurare la qualità del servizio

Alla soddisfazione degli utenti dei servizi pubblici fa riferimento già la Direttiva del Presidente del Consiglio del 27 gennaio 1994 recante «Principi sull’erogazione dei servizi pubblici»[6] che ha affrontato, in via generale, la problematica della riorganizzazione dei servizi pubblici orientandola alla soddisfazione dei bisogni effettivi degli utenti ed introdotto la carta dei servizi[7].

La finalità della Direttiva, secondo la dottrina, doveva leggersi in linea con l’introduzione della Legge 241/1990, in quanto entrambe volte a delineare un nuovo assetto delle funzioni amministrative generali e non solo di prestazione[8] con l’obiettivo di dare uniformità alla disciplina della qualità dei servizi[9].

Con il decreto Legge 163/1995 veniva poi previsto uno schema generale di definizione delle carte dei servizi su base concordata anche con l’utenza.

Successivamente con la l. 14.11.1995, n. 481[10] istitutiva di apposite Authority di settore per la regolazione dei servizi di pubblica utilità, l’azione regolatoria, esercitata dalle Authorities al livello centrale per i servizi pubblici a carattere imprenditoriale, si è realizzata con l’emanazione di numerosi provvedimenti amministrativi, che disciplinano i livelli generali di qualità riferiti al complesso delle prestazioni e i livelli specifici di qualità riferiti alla singola prestazione da garantire all’utente[11] adottati in contraddittorio con i rappresentanti dei consumatori e degli utenti[12], mentre le funzioni regolatorie  sono svolte dalle amministrazioni territoriali, con riferimento alla prestazione dei servizi pubblici di interesse economico a carattere locale.

Con   la c.d. «riforma Bassanini», di cui alla Legge delega 15.3.1997, n. 59 e i relativi decreti attuativi, lo strumento della carta dei servizi è applicato non più solo alle attività di prestazione, ma anche agli altri settori dell’attività dell’amministrazione pubblica, con l’obiettivo di fornire uno strumento utile al fine di «riordinare e potenziare i meccanismi e gli strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell’attività svolta dalle amministrazioni pubbliche»[13]. Nella valutazione dei servizi pubblici a contenuto non economico[14], organizzati anche essi in forma performance oriented[15] la carta dei servizi diviene parametro di riferimento in termini di amministrazione di risultato

Un importante snodo normativo nel potenziamento del sistema è rappresentato dall’art. 11 del d.lgs. 286/1999[16] che sotto la rubrica «qualità dei servizi pubblici e carte dei servizi», in attuazione della legge Bassanini, pone la promozione e il miglioramento dell’erogazione dei  servizi pubblici servizi, nazionali e locali, tra gli obiettivi dei gestori dei servizi pubblici con l’obbligo che assicurino la tutela dei cittadini e degli utenti e la loro partecipazione nelle forme, anche associate, riconosciute dalla legge, alle inerenti procedure di valutazione e di definizione degli standard qualitativi[17]. Inoltre, pone l’obbligo per tutti gli enti pubblici che erogano servizi di orientare la propria attività osservando i parametri qualitativi stabiliti nelle carte dei servizi[18].

Deve rilevarsi, tuttavia, che nell’alveo delle tipologie di controlli interni rivolti alla complessiva attività gestionale[19] non veniva istituita una corrispondente specifica funzione di controllo della qualità dei servizi delle amministrazioni[20] prevista solo successivamente nell’art.147 TUEL, come si chiarirà nel prosieguo.

In ambito locale, la legge finanziaria del 2008 (l.244/2007), sulla scorta di quanto previsto dal predetto art. 11 e anche dall’art. 101 del d.lgs. 206/2005 (codice del consumo)[21], ha inteso fare leva sulla partecipazione delle associazioni dei consumatori[22] nelle fasi di organizzazione ed erogazione del servizio pubblico al fine di adeguare l’efficienza e l’efficacia dei servizi pubblici locali agli interessi generali[23].

In particolare all’art. 2, co. 461, lett. a[24] ha previsto per il soggetto gestore l’obbligo di emanazione di una «carta della qualità dei servizi», da redigere e pubblicizzare in conformità a intese con le associazioni dei consumatori e con le associazioni imprenditoriali interessate, attraverso cui il prestatore di un servizio pubblico formalizza il livello di qualità e quantità relativi alle prestazioni erogate da inserire nel contratto di servizio, nonché le modalità di accesso alle informazioni, quelle per proporre reclamo e quelle per adire le vie conciliative e giudiziarie nonché le modalità di ristoro dell’utenza, in forma specifica o mediante restituzione totale o parziale del corrispettivo versato, in caso di inottemperanza.

Pertanto, deve evidenziarsi come la redazione della carta dei servizi e il relativo procedimento di formazione ed aggiornamento, pur restando un atto di autoregolazione dell’erogatore del servizio, è oggetto di uno specifico obbligo di adozione all’interno della convezione di concessione [25].

Per tale ragione, si riconosce natura negoziale alla carta di servizi adottata da un soggetto privato negli atti che regolamentano il rapporto concessorio e, invece, natura di atto amministrativo nel caso in cui venga adottata da un ente pubblico nell’esercizio della potestà di autoorganizzazione allo stesso  attribuita. In tale sistema risulta essenziale il meccanismo di identificazione di standard, poiché è facendo riferimento ad essi che il fruitore del servizio può verificare direttamente l’adempimento degli obblighi gravanti sul gestore[26].

La partecipazione[27]  delle associazioni dei consumatori alla definizione degli standard di qualità dei servizi nella fase di formazione del contratto di servizio e di monitoraggio continuo sugli stessi, rappresenta uno strumento di tutela preventiva[28] come reso evidente dall’art. 113, c.11 del TUEL a norma del quale: «i rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono regolati dai contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti».

Il contratto di servizio regolamenta il rapporto[29] tra ente locale che affida il servizio e il soggetto gestore, di cui gli utenti non sono parte, e costituisce uno strumento di natura pattizia che disciplina i livelli di prestazione del servizio, gli strumenti di controllo a disposizione dell’ente affidante; le condizioni di revoca del servizio, i diritti e i poteri spettanti agli utenti.

Con riferimento alla disciplina in tema di carte dei servizi deve, dunque, distinguersi l’attività di determinazione dei parametri di riferimento, condotta “in sede amministrativa”, da quella di adozione e di attuazione delle singole carte, che ricade nell’ambito del rapporto privatistico di pubblica utenza[30].

Inoltre, la c.d. riforma Brunetta, di cui alla Legge 4 marzo 2009, n. 15 e i relativi decreti di attuazione, volti in generale all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni, hanno introdotto importanti innovazioni in merito alla disciplina delle carte dei servizi[31]. In particolare, il d. lgs. 150/2009, all’art. l’art. 8, co. 1, include tra gli ambiti di misurazione e valutazione della performance organizzativa anche la: «rilevazione del grado di soddisfazione dei destinatari delle attività e dei servizi anche attraverso modalità interattive (lettera c), lo sviluppo qualitativo e quantitativo delle relazioni con i cittadini, i soggetti interessati, gli utenti e i destinatari dei servizi, anche attraverso lo sviluppo di forme di partecipazione e collaborazione (lettera e); la qualità e la quantità delle prestazioni e dei servizi erogati (lettera g)».

Per garantire la piena applicazione della Legge Finanziaria 2008, sono state approvate dalla Conferenza Unificata le Linee Guida[32] relative ai criteri da applicare per individuare i principi e gli elementi minimi da inserire nei contratti di servizio e nelle carte di qualità dei servizi pubblici locali con particolare riferimento al ruolo assegnato alle associazioni dei consumatori [33].

Come si è detto il consumatore – utente, parte del contratto di pubblica utenza stipulato con l’erogatore del servizio, può far valere i suoi diritti sul piano privatistico dinanzi al giudice ordinario avvalendosi del sistema di tutele e garanzie del codice del consumo nel quale è inserito il Titolo V dedicato alla «erogazione dei servizi pubblici»[34].  Il contratto di pubblica utenza non fa sorgere alcun rapporto “diretto” tra il destinatario della prestazione e la pubblica amministrazione che a monte ha scelto le modalità di organizzazione del servizio e proceduto alla stipula del contratto di servizio.

Successivamente il d.lgs il decreto legislativo n. 33 del 14 marzo 2013 recante “Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni” dedica vari articoli, alla pubblicazione dei dati relativi alla qualità dei servizi [35], individuando nella trasparenza uno strumento di coinvolgimento e di controllo da parte del cittadino-utente.

3. La verifica della qualità dei servizi e le linee di indirizzo della Corte dei conti per i controlli interni durante l’emergenza da covid 19

Il controllo di qualità, secondo quanto chiarito dalla Corte dei conti, “è quello più inerente a condizioni di avanzato sviluppo civico, in cui alle prestazioni atte a soddisfare i bisogni si rapporta il gradimento dell’utenza anche in relazione a quanto indicato nelle Carte dei servizi. La qualità è un profilo bifronte, in cui agli aspetti oggettivi, che riguardano le caratteristiche della prestazione, si accompagnano profili soggettivi, afferenti al gradimento dell’utenza”.

Tale tipologia di controllo, introdotta dall’art. 147 del TUEL, così come modificato dal d.l.174/2012, è «diretta a garantire il controllo della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con l’impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell’ente»[36]. Nel 2012, nell’intento di rafforzare il sistema dei controlli sugli enti territoriali, viene introdotto un importante elemento di novità costituito dalla verifica della Corte dei conti, organo neutrale ed indipendente, sui controlli interni con una possibile responsabilità degli amministratori e condanna ad una sanzione da parte della Sezione Giurisdizionale della magistratura contabile. Inoltre, una ulteriore novità è la previsione del referto annuale sulla regolarità della gestione e sull’efficacia e adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato sulla base di linee guida elaborate dalla sezione Autonomie.

A tal riguardo, i referti delle sezioni regionali di controllo della corte dei conti, che esercita il controllo di gestione esterno, restituiscono un quadro non soddisfacente dei controlli sulla qualità effettuati dagli enti locali. Rivestono particolare interesse le Linee di indirizzo per i controlli interni durante l’emergenza da Covid-19[37] della sezione delle autonomie della corte dei conti che chiedono  che, in tale contesto si riservi particolare attenzione al  controllo sulla qualità dei servizi che, “anche nella fase precedente all’emergenza pandemica, non sembra aver trovato ottimale attivazione[38] sebbene si tratti di una ineludibile valutazione che consente un raffronto tra i risultati validati dagli altri controlli con i risultati conseguiti, alla luce dell’effettiva soddisfazione del cittadino utente”.

Pur nel contesto che impone di assicurare la garanzia della sicurezza degli ambienti e delle persone,  ai controlli interni devono essere rivolte a rilevare che sia garantito il mantenimento dell’efficienza e dell’efficacia dei servizi resi all’utenza, le dimensioni effettive delle prestazioni erogate, in termini di prontezza, coerenza ed esaustività. Nello svolgimento di tali verifiche occorre tener conto del ricorso al “lavoro agile” con cui si è svolta l’attività amministrativa nell’anno, rappresentando, per molti mesi, la modalità “ordinaria” di espletamento dell’attività lavorativa.  Con particolare riferimento, poi, al controllo sulla qualità dei servizi si prevede che questo ”dovrà intercettare, tempestivamente, attraverso una mappatura dei processi, le criticità che possono derivare dal recente superamento del paradigma classico del lavoro subordinato all’interno della P.A.

L’evoluzione organizzativa, tuttavia, avverte Organo di controllo, “non può andare a detrimento della soddisfazione delle esigenze dei cittadini (c.d. customer satisfaction).  A questo scopo, occorrerebbe verificare con attenzione l’appropriatezza degli indicatori adottati e il livello degli standard di qualità programmati, misurando la soddisfazione percepita dagli utenti ed effettuando indagini comparative, con il coinvolgimento attivo dei soggetti portatori di interessi”.

4. La c.d. class action amministrativa quale strumento di tutela delle inefficienze della macchina amministrativa e dei diritti dei cittadini -utenti di servizi pubblici

In attuazione della delega contenuta nell’art. 4 della l. 15/2009[39] c.d. riforma Brunetta, il legislatore con il decreto legislativo 20.12.2009, n. 198 ha introdotto nell’ordinamento il ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici, più comunemente indicato anche come «class action amministrativa» che amplia il sistema di enforcement per assicurare l’erogazione dei servizi pubblici nel rispetto degli standard di qualità.

La c.d. azione collettiva proponibile dinanzi al giudice amministrativo nei confronti della pubblica amministrazione e dei concessionari di servizi pubblici, come posto in evidenza dal Consiglio di Stato, nella funzione consultiva esercitata sullo schema del predetto di decreto legislativo 198/2009, costituisce il corollario di un disegno riformatore incentrato sulla concezione dell’amministrazione di risultato, in cui domina la valenza sostanziale del principio del buon andamento, espressione di una moderna visione della pubblica amministrazione.

Deve rilevarsi altresì come la riforma costituzionale del 2012, nel comma primo premesso all’art. 97 sancisce espressamente l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico.

L’idea da cui muove l’art. 4, della legge 4 marzo 2009, n. 15, è che l’attività della pubblica amministrazione, sia essa destinata all’erogazione di atti come di servizi, assuma la configurazione di un «servizio» reso alla comunità nazionale (art.98 Cost.) ed in questa prospettiva l’istituto dell’azione di classe amministrativa rappresenta un mezzo di tutela in forma specifica del cittadino e, al tempo stesso, uno strumento di pressione sugli apparati pubblici per garantire l’efficienza del procedimento di produzione del servizio.

Il ricorso in esame riflette il primario intento del legislatore di evitare la creazione di un’ulteriore fonte di aggravio economico sulle casse dello Stato, creando un mezzo di tutela “correttivo” volto a ripristinare l’attività amministrativa o il servizio prima ancora che venga ad emersione un danno[40]. La class action pubblica non costituisce un giudizio impugnatorio volto dell’annullamento del provvedimento che lede la posizione giuridica del singolo, ma un rimedio che punta a conseguire un risultato diverso: ripristinare l’efficienza della P.A.[41].

Questa azione non è stata inserita dal legislatore nel codice del processo amministrativo tra quelle esperibili davanti al giudice amministrativo, pur avendo dedicato l’intero titolo III del libro primo ad «Azioni e domande», ma ciò non toglie che si configura come un rimedio aggiuntivo rispetto agli strumenti di tutela ivi previsti. D’altra parte, i passaggi procedimentali richiesti, la legittimazione ad agire, l’oggetto del giudizio, la particolare conformazione del potere cognitivo del giudice e la tipologia delle decisioni che può adottare, la differenziano fortemente dall’azione di classe civilistica[42].

Sotto il profilo procedimentale l’art. 3, del decreto 198 del 2009, prevede che il ricorrente deve, in via preliminare, diffidare formalmente l’amministrazione o il concessionario al fine di far cessare lo stato di inerzia e invitandolo a provvedere entro il termine di novanta giorni.

La diffida mira a preavvertire l’amministrazione, a sollecitarla al fine di porre in essere le attività adempitive richieste. Dalla previsione dell’art. 3 ai sensi del quale la diffida è notificata all’organi di vertice dell’amministrazione o del concessionario, “che assume senza ritardo le iniziative ritenute opportune, individua il settore in cui si è verificata la violazione, l’omissione o il mancato adempimento di cui all’art. 1 comma 1, e cura che il dirigente competente provveda a rimuoverne le cause”  si è argomentato che, con la diffida viene sollecitato l’esercizio del potere sostitutivo di cui è titolare l’organo di indirizzo politico dell’amministrazione ai sensi dell’art. 14 del d.lgs. 165 del 2001[43].

In un’ottica di deflazione del contenzioso si prevede, tra l’altro, che il ricorrente, in luogo della diffida, possa promuovere le forme di risoluzione non giudiziale della controversia, quali ed esempio le procedure conciliative previste nelle carte dei servizi o le altre forme previste ai sensi dell’art. 30 della l. 18.6.2009, n. 69.

Il ricorso è procedibile solo se, decorso il suddetto termine, l’amministrazione o il concessionario non abbia provveduto, o abbia provveduto in modo parziale, ad eliminare la situazione denunciata, il linea con la disciplina che non consente nell’ambito dell’azione collettiva la proposizione di domande di risarcimento del danno, nemmeno da ritardo.

L’azione deve essere esperita nel termine perentorio di un anno dalla scadenza del termine della diffida.

Il giudice nel suo sindacato deve tenere conto delle risorse strumentali, finanziarie ed umane già assegnate in via ordinaria alla parte dedotta in giudizio nella valutazione circa la sussistenza della lesione derivante dalle condotte inadempimenti o omissive della pa, ai sensi dell’art. 1, c. 1bis del decreto 198/2008, e parimenti, ai sensi dell’art. 4, c.1 della medesima norma, nel caso di accoglimento del ricorso possibile “nei limiti delle risorse assegnate in via ordinaria e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

La ratio della previsione normativa è quella di evitare aggravi economici in capo alle amministrazioni pubbliche e ai gestori dei servizi in applicazione del criterio di efficienza che vuole perseguire una migliore fruizione delle risorse già a disposizione. Dalla suddetta clausola dell’invarianza finanziaria discende l’impossibilità per il giudice di condannare l’amministrazione in tale sede al pagamento delle spese processuali.

Il maggior limite alle potenzialità di questa azione è dato dalla previsione di cui all’art. 1, comma 6 del d. lgs.198/2009 secondo cui il ricorso non consente di ottenere il risarcimento dei danni eventualmente cagionati al ricorrente dagli atti e dai comportamenti di inefficienza amministrativa.

L’azione in argomento non può qualificarsi quale azione popolare[44], in quanto l’art. 1 del d.lgs.  n. 198/2009 espressamente ancora l’esperibilità del ricorso alla ricorrenza di una «lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi».

Quanto alla legittimazione attiva e passiva, la norma prevede che i «titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità di utenti e consumatori» ovvero «associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati, appartenenti alla pluralità di utenti e consumatori»[45] possono agire in giudizio nei confronti di amministrazioni o concessionari di pubblici servizi.  Sono sottratte all’ambito di applicazione della disciplina le autorità indipendenti, gli organi giurisdizionali, le assemblee legislative, gli organi costituzionali e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

L’interesse alla proposizione dell’azione si ravvisa in una lesione diretta, concreta e attuale dei propri interessi  derivante dalle tre ipotesi tassativamente indicate e, segnatamente: a) dalla violazione dei termini; b) dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori e non aventi contenuto normativo, da emanarsi obbligatoriamente entro e non oltre un termine fissato dalla legge o da un regolamento[46]; c) dalla violazione degli obblighi contenuti nelle carte di servizi; ovvero dalla violazione di standard qualitativi ed economici stabiliti, per i concessionari di servizi pubblici, dalle autorità preposte alla regolazione e al controllo del settore e, per le Pubbliche Amministrazioni, definiti dalle stesse in conformità alle disposizioni in materia di performance contenute nel d.lg.n.150/2009[47].

La giurisprudenza, con riferimento all’articolato del d.lgs. n.198 del 2009 ha evidenziato che in più occasioni parla cumulativamente di “violazione, omissione e mancato adempimento” (v. ad es. art.3, comma 1; art. 4, comma 1) per descrivere riassuntivamente le tipologie di comportamento scorretto delle P.a. e dei concessionari di servizi pubblici che possono formare oggetto dell’azione collettiva.

 A partire da ciò si è concluso che “tale dizione è stata interpretata nel senso che il termine “violazione” vada riferito alla generalizzata violazione dei termini di conclusione dei procedimenti, il termine omissione alla mancata adozione di atti generali a contenuto non normativo; e il termine inadempimento al mancato rispetto degli standard qualitativi ed economici ovvero delle carte di servizi.

Con particolare riferimento alla redazione della carta dei servizi e l’adozione di tutti i provvedimenti previsti dall’art. 2, co. 461, L. 24.12 2007, n. 244 e confermato dal d.l. 138/2011[48] è stato proposto ricorso avverso un comune che rappresentava di aver già avviato il relativo procedimento, con l’adozione di un atto di indirizzo amministrativo, e che erano già state adottate le carte dei servizi dalle singole società di gestione dei servizi locali. Ciononostante, il Tar Campania ha accolto il ricorso ritenendo il mero avvio del procedimento non sufficiente in ordine al soddisfacimento degli interessi dei consumatori, e che l’inadempimento dell’amministrazione permanga fino alla concreta adozione dei parametri della carta dei servizi. Deve rilevarsi che il mancato coinvolgimento delle associazioni dei consumatori e la mancata possibilità di rappresentare l’interesse della collettività degli utenti, di cui l’Amministrazione deve tener conto nel procedimento di individuazione degli standard di qualità dei servizi pubblici locali a contenuto economico, si sostanzia la lesione attuale dell’interesse collettivo dei consumatori.

La giurisprudenza ha definito l’azione collettiva pubblica come azione di accertamento con finalità propulsive rispetto alla mancata adozione di atti specificamente indicati dal legislatore[49]. Per esempio  ha avuto buon esito l’ azione collettiva pubblica proposta per la mancata adozione entro il termine di legge, da parte del competente Assessorato regionale, degli atti amministrativi generali (direttive) propedeutici alla attuazione dei “piani personalizzati per i minori affetti da disabilità”, ritenuti necessari a garantire l’erogazione di un adeguato servizio assistenziale, con prestazioni individualizzate e rispondenti alle esigenze di ciascun minore disabile; ciò, anche il linea con l’obiettivo legislativo della piena integrazione delle persone disabili, ai sensi dell’art. 14 della L. n. 328 del 2000[50].  Deve precisarsi che il perimetro applicativo della azione di classe si estende non solo in relazione all’adozione di atti generali a contenuto non normativo, ma che con riguardo al rispetto degli obblighi di servizio, qualora compiutamente stabiliti, anche a prescindere dall’adozione delle Carte di servizio o degli standard di qualità[51]̀.  E’ stato altresì precisato in giurisprudenza[52] che  l’azione collettiva laddove la norma parla di “svolgimento della funzione”  ha inteso riferirsi anche alla attività autoritativa da parte della pubblica amministrazione, e non solo nel caso di violazione dei termini nell’adozione di atti generali in quanto essa accomuna, con l’uso della particella disgiuntiva “o”, la violazione dei termini e la mancata emanazione di atti amministrativi generali obbligatori per legge e non aventi contenuto normativo di conseguenza  l’azione è proponibile anche in caso di violazione generalizzata dei termini procedimentali per l’adozione di atti autoritativi.

4.1. La legittimazione alla proposizione dell’azione da parte degli enti superindividuali, cenni alla recente adunanza del consiglio di stato n. 6 del 2020

Sulla legittimazione alla proposizione dell’azione da parte degli enti superindividuali la giurisprudenza ha evidenziato che va sempre verificata in concreto, caso per caso, in relazione alla natura e alla tipologia dell’interesse leso, al fine di accertare se l’ente ricorrente sia statutariamente deputato alla tutela di quello specifico interesse “omogeneo per una pluralità di utenti e di consumatori”. La legittimazione a ricorrere delle associazioni dei consumatori e degli utenti per quanto ampia, non può estendersi sino a ricomprendere qualsiasi attività di tipo pubblicistico che si rifletta economicamente, in modo diretto o indiretto, sui cittadini, dovendo al contrario esser commisurata a quegli atti che siano idonei a interferire con specificità e immediatezza sulla posizione dei consumatori e degli utenti. La legittimazione sussiste, dunque, ove i provvedimenti che si impugnano abbiano effettivamente leso un “interesse collettivo dei consumatori e degli utenti”, la cui tutela viene assunta dalla relativa associazione.

In applicazione di tali principi è stata  esclusa la legittimazione a ricorrere del Codacons  che con la class action pubblica chiedeva di ordinare alle Amministrazioni resistenti l’adozione di atti amministrativi a carattere generale ed obbligatori  necessari a dare attuazione all’art. 17 bis del d.lgs. 165/2001 che ha previsto istituzione di apposita area di vice- dirigenza per il personale laureato, per mancanza del collegamento nel caso di specie con un‘attività di produzione o erogazione di beni o servizi facenti capo a categorie di consumatori di cui l’Associazione ha la rappresentanza istituzionale[53] vertendosi piuttosto in tema di profili strettamente organizzatori dell’Amministrazione.

Al contrario, il T.A.R. Basilicata[54]  ha ammesso la legittimazione di un’associazione che nel suo statuto si riproponeva la tutela dei diritti digitali con riferimento alla mancata pubblicazione sulla pagina iniziale del sito web della Regione dell’indirizzo di posta elettronica certificata, in violazione di quanto previsto dal codice dell’amministrazione digitale, ravvisando, per questo, un disservizio per gli utenti nelle comunicazioni con l’amministrazione. In accoglimento del ricorso, il giudice ha, quindi, ordinato alla Regione di porre in essere gli adempimenti necessari alla pubblicazione del predetto indirizzo e a rendere effettivo il diritto degli utenti di comunicare tramite posta elettronica certificata, nel rispetto della clausola di invarianza finanziaria stabilito per legge.

Il ricorso per l’efficienza costituirebbe un’ulteriore forma di tutela degli interessi legittimi[55] avendo il legislatore configurato l’interesse tutelato in termini di differenziazione[56], come già prima evidenziato, ed altresì degli interessi superindividuali di tipo collettivo, in cui sussiste un centro di imputazione collettiva e di rappresentanza unitaria dell’interesse, quale un’associazione o un comitato.

Giova precisare che per gli interessi di tipo diffuso[57], adespoti o isomorfi[58] la protezione non consentita in via teorica per l’insussistenza del requisito della differenziazione, “è stata assicurata attraverso il riconoscimento di un interesse legittimo di natura collettiva imputabile ad un ente che in forza del possesso di taluni requisiti giurisprudenzialmente individuati “effettiva rappresentatività, finalità statutaria, stabilità e non occasionalità, in taluni casi collegamento con il territorio” diviene idoneo ad assumerne la titolarità”[59].

Con riferimento al rapporto tra l’interesse di “tutti” e l’interesse individuale, come recentemente chiarito dalla Plenaria nella sentenza 6 del 2020 “l’interesse diffuso è un interesse sostanziale che eccede la sfera dei singoli per assumere una connotazione condivisa e non esclusiva, quale interesse di “tutti” in relazione ad un bene dal cui godimento individuale nessuno può essere escluso, ed il cui godimento non esclude quello di tutti gli altri. L’interesse sostanziale del singolo, inteso quale componente individuale del più ampio interesse diffuso, non assurge ad una situazione sostanziale “personale” suscettibile di tutela giurisdizionale posto che l’ordinamento non può offrire protezione giuridica ad un interesse sostanziale individuale che non è in tutto o in parte esclusivo o suscettibile di appropriazione individuale”. Proiettato, invece, nella sua dimensione collettiva l’interesse diviene suscettibile di tutela quale “sintesi e non sommatoria dell’interesse di tutti gli appartenenti alla collettività o categoria” e dunque si dota della protezione propria dell’interesse legittimo

Recentemente l’Adunanza plenaria del Consiglio di stato con sentenza n.6 del 2020 si è occupata della questione relativa al se sussiste una legittimazione generale degli enti esponenziali in ordine alla tutela degli interessi collettivi dinanzi al giudice amministrativo, o se sia invece necessaria, a tali fini, una legittimazione straordinaria conferita dal legislatore.

La plenaria conferma l’impostazione tradizionale basata sulla collettivizzazione dell’interesse diffuso a mezzo dell’associazionismo spontaneo, posta in dubbio da un orientamento contrario. Inoltre, conferma la validità ed attualità della elaborazione giurisprudenziale attraverso la quale si è ammessa la tutela di interessi legittimi dinanzi al giudice amministrativo a prescindere da una espressa previsione di legge in tal senso, al ricorrere dei predetti requisiti individuati dalla giurisprudenza, secondo il sistema del c.d. doppio binario.

L’Alto consesso respinge la tesi minoritaria secondo cui la previsione legislativa di numerosi casi in cui la legittimazione è conferita ex lege ha comportato una tassativizzazione delle ipotesi in cui agli enti esponenziali è attribuita la legittimazione a ricorrere innanzi al giudice amministrativo a tutela di un interesse collettivo ed anche delle azioni esperibili dagli enti medesimi.

In tali ipotesi non viene scissa la legittimazione (collettiva) dalla lesione della situazione giuridica azionata (individuale) ma emerge l’esigenza di protezione giuridica di interessi diffusi, secondo lo schema delineato dalla giurisprudenza, “e in linea con il ruolo che l’art.2 Cost. assegna alle formazioni sociali, oltre che con la più attenta ed evoluta impostazione del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art.118 Cost.”.

Le previsioni specifiche che riconoscono la tutela consumeristica, non valgono a negare la legittimazione degli enti esponenziali nel processo amministrativo.  La cura dell’interesse pubblico che contraddistingue il potere amministrativo vale a dare rilievo, a prescindere da espliciti riconoscimenti normativi a posizioni giuridiche “che eccedono la sfera del singolo e attengono invece a beni della vita a fruizione collettiva della cui tutela una associazione si faccia promotrice sulla base dei noti criteri giurisprudenziali della rappresentatività, del collegamento territoriale e della non occasionalità”.

La Plenaria conclude, quindi, nel senso che “la legittimazione si ricava o dal riconoscimento del legislatore quale deriva dall’iscrizione negli speciali elenchi o dal possesso dei requisiti a tal fine individuati dalla giurisprudenza. Una volta “legittimata” l’associazione è abilitata a esperire tutte le azioni eventualmente indicate nel disposto legislativo e comunque l’azione generale di annullamento in sede di giurisdizione amministrativa di legittimità”.

5. Annotazioni conclusive

La class action di natura pubblicistica, per quanto detto, non ha natura satisfattoria diretta, ma “correttiva” mira a ricondurre l’azione della pubblica amministrazione e dei gestori del servizio pubblico entro i canoni della correttezza e buona amministrazione. Pertanto, gli utenti – anche se promotori – ricevono un soddisfacimento mediato e indiretto, poiché la condanna della p.a. in forma specifica, ad un facere mira alla tutela primaria dell’interesse pubblico, mira all’accertamento delle inadempienze della P.A. per ricondurre la sua azione nei canoni dell’art. 97 Cost. Tale azione si differenzia nettamente dall’azione di classe civilistica[60]  introdotta nel nostro ordinamento dalla legge n. 244 del 24 dicembre 2007 (legge finanziaria 2008), che ha inserito l’articolo 140-bis del codice del consumo. Ciò è posto ben in evidenza dall’art. 2 del d.lgs. 198 del 2009 che detta regola i rapporti tra le due azioni, stabilendo che l’azione pubblica non può essere proposta in pendenza dell’azione di cui al codice del consumo in relazione alle medesime condotte.

A tal riguardo si osserva che il legislatore con la L. 12 aprile 2019, n. 31 recante “Disposizioni in materia di azione di classe”  ha ricondotto la disciplina nel codice di rito[61] ai nuovi articoli 840 bis e ss., disponendo l’abrogazione dell’azione di classe come prevista nel codice del consumo.

Assume particolare rilievo la scelta del legislatore che ha esteso l’ambito di applicazione soggettivo ed oggettivo dell’azione oltre i limiti del codice del consumo e dello status di consumatore o utente, prevedendo un’applicazione generale dell’istituto ai diversi ambiti del diritto sostanziale. L’azione di classe privatistica può essere proposta nei confronti di imprese e gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti o comportamenti posti in essere nello svolgimento delle loro rispettive attività, fatte salve le disposizioni in materia di ricorso l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di pubblici servizi.

L’azione collettiva risarcitoria, certamente, costituisce un ulteriore strumento di pressione volto ad indurre l’erogatore del servizio pubblico a comportamenti virtuosi e all’esatto adempimento delle obbligazioni assunte con il contratto di pubblica utenza.

Inoltre è stato rivenuto proprio nell’art. 118 ultimo co. della Costituzione il nuovo fondamento dell’azione di classe perché il principio di sussidiarietà orizzontale riconosce il diritto di azione del singolo e dei gruppi sociali per il conseguimento dell’interesse generale[62].

Restano attuali le considerazioni sulle c.d. “esternalità positive” dell’azione di classe che assolvere a una funzione di garanzia dell’accesso alla giustizia e di deterrenza alle condotte illecite su larga scala oltre che di economia processuale e uniformità dei giudicati.

L’azione di classe assicura una tutela risarcitoria in capo a tutti coloro che abbiano subito un pregiudizio alle loro pretese individuali ed omogenee, poiché essa si sostanzia in un’azione di condanna al risarcimento del danno. Tale azione ha una funzione satisfattoria collettiva, ma soltanto verso coloro che vi abbiano aderito[63] e si pone in rapporto di complementarietà con la class action pubblica che, come sopra esposto interviene sullo stesso processo di produzione del servizio[64].

L’analisi svolta ha posto in evidenza l’impegno delle formazioni sociali, delle istituzioni e della giurisprudenza nell’ attuazione concreta del principio di buon andamento dell’azione amministrativa di cui costituisce una importante declinazione la qualità dei servizi pubblici erogati. Il percorso è bisognoso di effettività e all’amministrazione pubblica è assegnato il compito di quello di garantire la correttezza del confronto tra gli stakeholders, tanto al momento di definire il livello degli standard di qualità dei servizi, quanto nella dinamica dello svolgimento delle attività di concreta erogazione dei servizi. I rimedi dell’azione di classe costituiscono strumenti di pressione preventiva o successiva affinché le società che erogano servizi pubblici rispettino gli impegni presi. In tutte le fasi descritte, la spinta al miglioramento del servizio e all’avvicinamento della p.a al cittadino  può risiedere nel ruolo svolto da associazioni e comitati.


[1] O.FORLENZA, Amministrare. Conversazioni di diritto amministrativo, Venezia, Libreria editrice Cafoscarina,2020, evidenzia che  potere trova “giustificazione” nell’art. 3 della costituzione che attribuisce alla Repubblica (dunque agli enti territoriali che la compongono, ai sensi del successivo art. 114, ed alle loro amministrazioni ed enti che lo pertengono), il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza tra i cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
[2] Direttiva del ministro della funzione pubblica sulla rilevazione della qualita’ percepita dai cittadini 2004 in www.funzionepubblica.it
[3] C.CONTI, sez.autonomie, 3 aprile 2017 n. 5/2017/INPR in www.corteconti.it
[4] V. CERULLI IRELLI, Sussidiarietà (dir. Amm.), in Enc. giur. Agg. XII, 2004, 1 ss; Id., Lineamenti di diritto amministrativo, 2a ed.  Torino, 2010,  p.53 ss.; G. ARENA, Il principio di sussidiarietà orizzontale nell’art. 118 della Costituzione, in Cittadini attivi per una nuova amministrazione, Atti del convegno, Roma 7-8.02.2003 in www.amministrazioneincammino.it. Sul legame tra sussidiarietà orizzontale e servizi pubblici locali, M. MENGOZZI, Sussidiarietà orizzontale e servizi pubblici locali dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012: un rapporto difficile ma non impossibile, in federalismi.it  n. 21/2013; L. MINERVINI, P.A. e consumatori consapevoli, in Consumerism, 2014. Settimo rapporto annuale, curato da Consumers’ Forum in collaborazione con l’Università degli studi di “Roma Tre”, in http://www.consumersforum.it
[5] O. FORLENZA Amministrare. Conversazioni di diritto amministrativo, cit. p.52
[6] Pubblicata in G. U.22.2.1994 n. 43. L’iniziativa governativa riprendeva uno studio elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per la funzione pubblica, dal titolo Carta dei servizi pubblici, proposta e materiali di studio, in Quad. del Dip. per la Funz. pubbl., Roma, n.5, 1993. Si veda a tal riguardo R. CAVALLO PERIN, I principi come disciplina giuridica del pubblico servizio tra ordinamento interno ed ordinamento europeo, in Dir. Amm., I, 2000, p.41 ss.
[7] Sulle carte dei servizi cfr., in particolare: R. GAROFOLI, Manuale di diritto amministrativo, II ed., Nel diritto editore, 2019-2020, p.79 ss.;  M.A. STEFANELLI, La tutela dell’utente di pubblici servizi, Padova, 1994, p.163; G. VESPERINI, A. BATTINI, La carta dei servizi pubblici. Erogazione delle prestazioni e diritti degli utenti, Rimini, 1997; S. BATTINI, La carta dei servizi, in Giorn. dir. amm., n. 7, 1995, p.703; G. SCIULLO, Profili della direttiva 27 gennaio 1994 («Principi sull’erogazione dei servizi pubblici»), in Dir. ec., 1996, p.47; S. BATTINI, La tutela dell’utente e la carta dei servizi pubblici, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 1, 1998, p.185; G. VESPERINI, L’attuazione della carta dei servizi pubblici in Italia, in Riv. trim. dir. pubbl., n.1, 1998, p.173; P. MARCONI, La carta dei servizi pubblici e la Citizen’s charter. La normativa sulla carta dei servizi, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 1, 1998, p.197; M. CIRCI, L’attuazione della carta dei servizi pubblici, in Giorn. dir. amm., n. 8, 1998, p.790.
[8] Sul punto cfr. G. SCIULLO, op. ult. cit., p.49  rileva come la direttiva sulle carte dei servizi abbia: «il suo obiettivo di rappresentare per l’amministrazione dei servizi ciò che la legge 241/90 ha significato per l’amministrazione delle funzioni, e cioè una «tavola» di principi che concorre a qualificare un rinnovato rapporto con il cittadino». Il concetto cardine è che la tutela del cittadino utente di servizi non debba essere inferiore a quella assicurata al cittadino amministrato. Si veda S. CASSESE, Cultura e politica del diritto amministrativo, Bologna, 1971, p.212; G. ARENA, Proposte per una riforma dell’amministrazione, in Pol. dir. , 1993, p.49.
[9] La direttiva del 1994 era articolata in tre parti fondamentali, che hanno costituito la struttura di riferimento per il successivo sviluppo dell’istituto: principi fondamentali in tema di qualità dei servizi pubblici, strumenti di definizione e di garanzia della qualità, meccanismi per la corretta attuazione delle relative regole. Si veda P. MARCONI, La carta dei servizi pubblici e la citizen’s charter. La normativa sulla carta dei servizi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1998, pag.198; G. SBISÀ, Natura e funzione delle «carte dei servizi». La carta del servizio elettrico, in Rass. giur. en. elettr. , 1997, p.335; S. BATTINI, La carta dei servizi, in Giorn. dir. amm., 1995, p.704.
[10] Il parere del Consiglio di Stato, sez. I, 20 settembre 1995, n. 330, in Foro it., 1996, III, 209 ss., 221, afferma che la necessità di un’autorità regolatrice in passato non era stata avvertita perché «la regolamentazione delle tariffe, il controllo della qualità, la protezione dell’utenza, erano affidati alla natura pubblicistica del soggetto erogatore ed alla sua stretta dipendenza dall’autorità governativa».
[11]  Cfr. art. 2, comma 12, lett. h) della l.n. 481/1995 e dell’art. 1, comma 6, lett. b), n. 2, della l. n. 249 del 1997.
[12]  S. BATTINI, op. ult. cit., p.194, evidenzia che «la legge 14 novembre 1995 n. 481, da un lato, stabilisce che gli standard di qualità del servizio non siano rimessi alla decisione unilaterale dell’ente erogatore, ma siano definiti dall’Autorità di regolazione, a conclusione di un procedimento che prevede la consultazione dell’ente erogatore e delle associazioni di utenti.  Dall’altro lato, sul piano della tutela dei diritti degli utenti previsti dalle Carte, le stesse autorità di regolazione sono dotate di significativi poteri sanzionatori – attivabili anche da utenti singoli o associati – e sono competenti ad esperire procedure di conciliazione ed arbitrato nei casi di controversie insorte tra utenti ed enti erogatori».
[13] In tal senso, infatti, disponevano gli articoli 11 e 17 della Legge 59/1997.
[14] Sul punto, si rimanda a M. CAMMELLI, Amministrazione di risultato, in Associazione italiana dei professori di diritto amministrativo, Annuario 2002, Milano, 2003, secondo cui lo sviluppo di un’amministrazione di risultato, responsabile non soltanto della legittimità dei propri atti, bensì anche dei risultati concretamente ottenuti, passa necessariamente attraverso una ridefinizione del rapporto politica-amministrazione, normazione-organizzazione e indirizzo-controllo; G. CORSO, Amministrazione di risultati, ibidem; M.S. GIANNINI, Rapporto sui principali problemi dell’amministrazione dello Stato, in www.tecnichenormative.it; Sul passaggio da un’amministrazione «per atti» a un’amministrazione «di risultato», si v. A. ROMANO TASSONE, Sulla formula «amministrazione per risultati», in Scritti in onore di Elio Casetta, Napoli, 2001, e F. LOGIUDICE, «Buon andamento» e «risultato»: parametri dell’azione amministrativa, in www.altalex.it.
[15]  F. LOGIUDICE, Amministrazione di risultato: verso un sistema performance oriented, in www.altalex.it.. Giova precisare che, invece, il piano della qualità nell’erogazione dei servizi pubblici a rilevanza economica trova espressione nella disciplina delle carte dei servizi quale atto di autoregolazione ad adozione necessaria da parte del soggetto erogatore.
[16] D. lgs. 30 luglio 1999, n. 286 concernente “Riordino e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati delle attività svolte dalle amministrazioni pubbliche a norma dell’articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59”. Nella relazione di accompagnamento (punto.n.5), si legge che: «in materia di qualità dei servizi pubblici, l’art. 11 del decreto (capo III) detta poche ed essenziali norme nella convinzione che una «rilegificazione» della materia, già al presente disciplinata in misura prevalente da una direttiva emanata dal Presidente del Consiglio dei ministri nel 1994, si rivelerebbe inopportuna sotto profili di flessibilità normativa. In tale considerazione, lo strumento della direttiva viene rafforzato, nel senso che ne è previsto un esercizio periodico; la direttiva viene abilitata a disciplinare materie per le quali sono nel tempo intervenute disposizioni di legge che inutilmente irrigidiscono il sistema».
[17] Al comma 2, viene previsto che le modalità di definizione, adozione e pubblicizzazione degli standard di qualità, i casi e le modalità di adozione delle carte dei servizi (specifiche), i criteri di misurazione della qualità dei servizi, le condizioni di tutela degli utenti, nonché i termini ed i limiti di indennizzo automatico forfettario all’utenza per mancato rispetto del livello di prestazione garantito siano stabilite unicamente tramite lo strumento delle Direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri aggiornabili annualmente.  Mentre, per quanto riguarda i servizi erogati direttamente o indirettamente dalle regioni e dagli enti locali, si deve provvedere con atti di indirizzo e coordinamento adottati d’intesa con la conferenza unificata di cui al d.lgs. n. 281 del 1997. Sono fatti salvi, in ogni caso, compiti e funzioni assegnati legislativamente, per alcuni servizi pubblici, ad autorità indipendenti. Giova evidenziare che l’art. 28 del d.lgs. l 27.10.2009, n. 150 ha riscritto il comma 2 del citato art. 11 del d.lgs. 286/1999 inserendo nel sistema di definizione degli standard di qualità per l’attività amministrativa non esternalizzata, il potere di iniziativa procedimentale in capo alla nuova Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità nelle amministrazioni pubbliche, riferimento da intendersi ad oggi rivolto alla Autorità Nazionale Anticorruzione. Il  d.l. 24.6.2014, n. 90 convertito con l. 114 del 2014, il cui art. 19, comma XIII, lett. a) ha poi abrogato la suddetta previsione, assegnando le relative competenze al Dipartimento della Funzione Pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri: tale previsione conferma la distinzione tra la regolazione della qualità dei servizi pubblici di prestazione, esclusa dall’ambito di quest’ultima riforma, e la tutela della qualità dei servizi pubblici non di erogazione, inerenti all’attività di misurazione e valutazione delle perfomance amministrative
[18] R. GAROFOLI, Manuale di diritto amministrativo, II ed., Nel diritto editore, 2019-2020, p.79 ss. ;
[19] Sui controlli interni si veda T.TESSARO, l’attività di controllo delle sezioni regionali della Corte dei conti, editoriale scientifica, 2020 A.GRIBAUDO E R. PATUMI (a cura di) I controlli della Corte dei conti sugli enti territoriali e gli altri enti pubblici, 2020 p.767
[20] A.GRIBAUDO, R. PATUMI (a cura di) I controlli della Corte dei conti sugli enti territoriali e gli altri enti pubblici,
[21] D. DE BONIS, Sub. Art. 101, in Codice del consumo Commentario, a cura di G.ALPA e L.ROSSI CARLEO,  Napoli 2005.
[22] La corrispondenza legislativamente imposta fra gli standard fissati nel contratto di servizio e quelli della carta dei servizi rende evidente il ruolo strategico del coinvolgimento delle associazioni nella fase pre-negoziale con riferimento alla pre-determinazione dei contenuti che saranno riprodotti a valle nelle carte di servizio.
[23] G. TRINCIA, Servizi pubblici locali e partecipazione civica, Argomenti e Consumatori, Diritti Mercato n.3/2009.
[24] Cfr.D. DELLA ROCCA, F. LOSURDO, C. CAMBRIA, Liberalizzazione e tutela dei consumatori nell’ordinamento comunitario e nazionale, in Consumeeting 2013 Consumatori, Imprese e Istituzioni: idee a confronto, II, Roma, 2013,  p.209 ss.
[25] M. CIRCI, L’attuazione della carta dei servizi pubblici, in Giorn. dir. amm., n. 8, 1998, p.790, afferma che «la Carta dei servizi non consiste in un mero documento formale, ma in un «patto» reale, significativo e formalizzato fra ogni soggetto erogatore e la propria utenza in termini di informazione, standard di qualità e meccanismi di partecipazione e tutela; ciò implica l’attivazione di canali di comunicazione e di scambio con i consumatori».
[26] G. NAPOLITANO, Servizi pubblici e rapporti di utenza, Padova, 2001, p. 314 ss.; L. DE LUCIA, La regolazione amministrativa dei servizi di pubblica utilità, Torino, 2002, p.210.
[27] Con riguardo alla partecipazione delle associazioni dei consumatori, si rimanda a P. LAZZARA, L’Autorità di vigilanza sui pubblici contratti tra interesse pubblico e concorrenza. Il ruolo dei consumatori, in Rapporto Consumerism 2012, Roma, 2012, p.153;
[28] La dottrina qualifica il contratto di servizio quale contratto a favore di terzi, in cui l’ente locale predispone i livelli qualitativi dei servizi da assicurare agli utenti sotto forma di clausole generali di contratto a cui il gestore si obbliga in dottrina F. GIGLIONI, Le garanzie degli Utenti dei servizi pubblici locali in Dir. Amm., fasc.2, 2005, p.353 ss.
[29] G. ALPA, Contratti di utenza pubblica, in Nuova giur. civ.comm., 1986, II, p.107 ss. La categoria dei contratti di pubblica utenza comprende, secondo l’Autore, tutte le situazioni in cui «a fronte dell’erogazione di cose o servizi, (…) un ente pubblico (nelle sue varie articolazioni e livelli)  o una società privata costituita da enti pubblici o a prevalente capitale pubblico  o concessionaria di un servizio pubblico opera sul mercato, in regime di monopolio, o di concorrenza, ed offre in generale al pubblico dei consumatori cose o servizi che secondo la coscienza sociale, oppure secondo gli schemi formali, sono da intendersi essenziali per la vita umana».
[30] A. PAJNO, Servizi pubblici e tutela giurisdizionale, cit., p.620, evidenzia che «La carta dei servizi detta, così, una serie di prescrizioni volte a consentire la misurazione della qualità della prestazione, attraverso standard che ne stabiliscano il livello di adeguatezza; tali misure si atteggiano, poi, in qualche modo, come determinate per la partecipazione degli utenti e quindi, in certe misure, concordate.  Sotto questo profilo, appare evidente che la carta dei servizi si inserisce in quel modo di pensare che vede nel principio di efficienza una condizione di legittimità sostanziale dell’azione amministrativa, e nella misurabilità e verificabilità, sia dell’azione amministrativa che dei risultati raggiunti, una condizione della sua democraticità».
[31] R. PEREZ, Il «piano Brunetta» e la riforma della pubblica amministrazione, Bologna, 2010; A. SCOGNAMIGLIO, Il ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici, in www.apertacontrada.it.
[32] Accordo 26 settembre 2013, ai sensi dell’articolo 9, co. 2 del decreto legislativo 28 agosto 1997, 281 sulle Linee guida relative ai criteri da applicare per individuare i principi e gli elementi minimi da inserire nei contratti di servizio e nelle carte di qualità dei servizi pubblici locali, con particolare riferimento al ruolo delle Associazioni dei consumatori, ai sensi dell’art. 2, c.461 della legge 24 dicembre 2007, n.244. (Rep. Atti n. 94/CV), in GU n.254 del 29 ottobre 2013.
[33] Le citate linee guida adottate in forma di accordo definiscono un indirizzo comune tra tutte le amministrazioni interessate su tutto il territorio nazionale in ordine alla definizione degli obblighi che gli enti locali sono tenuti ad includere nei contratti di servizio da essi stipulati con i gestori dei servizi pubblici, a tutela dei consumatori. Il valore aggiunto apportato dall’utilizzo degli strumenti operativi predisposti nelle linee guida, composto da una parte generale contenente i principi e le regole di indirizzo per l’elaborazione dei contratti e delle carte di servizio ed un’altra operativa a sua volta costituita da tre schede tecniche, sembra risiedere anche nella possibilità di favorire la comparabilità nell’attuazione della normativa. Per le diverse categorie di servizi pubblici si rinvia, a P.LAZZARA, La Liberalizzazione delle attività economiche – Osservazioni a conclusione delle Giornate di studio su «La liberalizzazione delle attività economiche», Università degli Studi Roma TRE – Facoltà di Economia «Federico Caffè», 24.02.2012 – 2.03.2012, in www.apertacontrada.it
[34] In merito a tale assetto della disciplina, cfr., tra gli altri: G. ALPA, La legge sui diritti dei consumatori, in Corr. giur. , n. 9, 1998, p.997; S. EVANGELISTA, Le nuove frontiere della tutela dei consumatori e degli utenti: qualche considerazione a margine di un recente provvedimento, in Gazz. giur., n.31, 1998, p. 34; E. MELE, Lo statuto dei consumatori e degli utenti, in Foro amm., n.6, 1999, p.1377; R. CAMERO, S. DELLA VALLE, La nuova disciplina dei diritti del consumatore, Milano, 1999; E. MINERVINI, sub. Art. 136, Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, in Codice del consumo Commentario a cura di G.ALPA e L.ROSSI CARLEO,  Napoli 2005, p.803 ss.
[35] Ai sensi dell’ art.10 comma 9 la trasparenza rileva, altresì, come dimensione principale ai fini della determinazione degli standard di qualità dei servizi pubblici da adottare con le carte dei servizi ai sensi dell’articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, così come modificato dall’articolo 28 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150. Art. 32 Obblighi di pubblicazione concernenti i servizi erogati al comma 1 prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano la carta dei servizi o il documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici. Art. 35 Obblighi di pubblicazione relativi ai procedimenti amministrativi, comma 1, lett n.)  Le pubbliche amm.ni pubblicano “I risultati delle indagini di customer satisfaction condotte sulla qualità dei servizi erogati attraverso diversi canali, facendone rilevare il relativo andamento”.
[36] A. Gribaudo e Riccardo Patumi, I controlli della corte dei conti sugli enti territoriali e gli altri enti pubblici, II ed., Maggioli Editore, 2020; T. Tessaro, S. Siracusa, G. Pizziconi, l’attività di controllo delle sezioni regionali della corte dei conti, editoriale Scientifica, 2020
[37] Corte Conti, sez.autonomie, deliberazione n. 18/sez.aut/2020/inpr
[38] Si richiama a tal riguardo deliberazione n. 23/SEZ.AUT/2019/FRG, avente ad oggetto “I controlli interni degli Enti locali, esercizio 2017, p.36 e ss.
[39] la legge n.15/2009, art.4 c.2 lett.l, stabilisce che sia consentito “ad ogni interessato di agire in giudizio nei confronti delle amministrazioni, nonchè dei concessionari di servizi pubblici, … se dalla violazione di standard qualitativi ed economici o degli obblighi contenuti nelle Carte dei servizi, dall’omesso esercizio di poteri di vigilanza, di controllo o sanzionatori, dalla violazione dei termini o dalla mancata emanazione di atti amministrativi generali derivi la lesione di interessi giuridicamente rilevanti per una pluralità di utenti o consumatori, nel rispetto dei seguenti criteri”: 1) consentire la proposizione dell’azione anche ad associazioni o comitati a tutela degli interessi dei propri associati; 2) devolvere il giudizio alla giurisdizione esclusiva e di merito del giudice amministrativo ecc.
[40] In tal senso, vedi F.PATRONI GRIFFI, Class action e ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari pubblici, in www.federalismi.it, che utilizza il termine di «azione correttiva» proprio per distinguerla dall’azione collettiva risarcitoria.
[41]  A.GRATANI, governance nel 2017 le linee critiche della class action pubblica in Rivista G&P online n.1/2017 secondo l’autrice l’azione è di accertamento con finalità propulsive vd. TAR Sicilia, Palermo, Sez. I, 14 marzo 2012, n. 559, in Foro amm. TAR, 2012, 990, TAR Lazio, Roma, Sez. III-ter, 16 settembre 2013, n.8288, in www.giustizia-amministrativa.it.
[42] M.L.MADDALENA, La class action pubblica, in www.giustiziaamm.it, per gli orientamenti della giurisprudenza amministrativa più recente e i riferimenti bibliografici.
[43] O.FORLENZA, Amministrare Conversazioni di diritto amministrativo, Cafoscarina, 2020, p. 147
[44]  U.G. ZINGALES, Una singolare forma di tutela per il cittadino nei confronti della p.a.: la class action, in Giorn. dir. amm., 2010, pp.246-252. La differenza tra la natura dell’interesse alla base dell’azione popolare e gli interessi collettivi è evidenziata da S. AGRIFOGLIO, Riflessioni critiche sulle azioni popolari come strumento di tutela degli interessi collettivi, in Le azioni a tutela di interessi collettivi. Atti del convegno di Pavia 11-12 giugno 1974, Padova, 1976. Per approfondimenti sulla nozione di azione popolare, si rimanda allo studio di F. LIGUORI, Azione popolare e tutela del diritto di voto nel processo amministrativo, Napoli, 1993, che ricostruisce le diverse teorie sulla natura dell’azione popolare; più di recente, anche F. TIGANO, Le azioni popolari suppletive e correttive. Attualità di una distinzione, Torino, 2008.
[45] La dottrina che pone in evidenza come l’interesse alla buona amministrazione non sia passibile di forme differenziate di fruizione Si noti che l’interesse ad una buona amministrazione era stato preso ad esempio già da M. NIGRO, Giustizia amministrativa, a cura di E. CARDI, A. NIGRO, Bologna, 2002, per spiegare la sua natura di interesse di fatto fintanto che il relativo dovere non viene sanzionato. Secondo A. FABRI, Le azioni collettive nei confronti della pubblica amministrazione nella sistematica delle azioni non individuali, Napoli-Roma, 2011, è necessario «capovolgere l’impostazione», per cui non sarebbe l’interesse particolare del singolo a beneficiare del risultato ottenuto da un interesse generale e indifferenziato, che si traduce nell’interesse pubblico al corretto esercizio della funzione, bensì «l’azione promossa dal singolo è volta ad assicurare, in via diretta, la soddisfazione del proprio interesse materiale e, in via indiretta, l’interesse diffuso di tutti i fruitori ed utenti al corretto svolgimento della funzione e del servizio». In giurisprudenza cfr. T.A.R. Trento, Trentino-Alto Adige, sez. I, 04/11/2015, n. 433.
[46] Nel famoso caso delle c.d. “classi pollaio”, è stato accolto il ricorso di una associazione di consumatori e utenti (il CODACONS) che lamentava la mancata adozione del piano generale di riqualificazione dell’edilizia scolastica e criticava la funzionalità ed efficienza dei servizi scolastici, con riferimento alla capacità delle aule si veda T.A.R. Campania, Salerno, 16 ottobre 2013, n. 2054, in Dir. Giust. 2013, 4 novembre, e in Guida al diritto 2013, 45, 82.
[47] Sui presupposti del ricorso per l’efficienza delle amministrazioni pubbliche e degli erogatori di pubblici servizi, si veda
O.FORLENZA, Amministrare. Conversazioni di diritto amministrativo, cit.  D. DI LORETO, Parte II – D.Lgs. 20 dicembre 2009, n. 198, in R. GAROFOLI – G. FERRARI, Codice del processo amministrativo, Roma, 2010; S. DORE – G. LECCISI, Prime riflessioni sullo schema di decreto legislativo recante «Attuazione dell’articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ricorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici», in www.giustamm.it; C.E. GALLO, La class action nei confronti della pubblica amministrazione, in Urb. app., 2010, pp.501-507; A. GIUFFRIDA, La c.d. class action amministrativa: ricostruzione dell’istituto e criticità, in www.giustamm.it..
[48] A riguardo si veda R.J. FLACCO, La Class Action amministrativa a tutela della qualità nei servizi pubblici: nuove prospettive per la pubblica amministrazione al vaglio della giurisprudenza,cit..
[49] TAR Sicilia, 14 marzo 2012, n.559. sia nel caso relativo alla mancata adozione dei programmi di intervento per ragazzi affetti da autismo ritenendo fondata un’azione collettiva pubblica proposta da alcuni genitori e del presidente di un’associazione al fine di veder definito ed operativo il piano di interazione programmata in tema di autismo, la cui adozione discende dall’art. 25 comma 8, l. reg. Sicilia 22 dicembre 2005 n. 19 ed ordinato alle Amministrazioni intimate di porvi rimedio assegnando 60 giorni per eseguire l’incombente
[50]  TAR Sicilia Sez. I – 4 aprile 2012, n. 707;, il TAR Lazio sez. I, 1 ottobre 2012, n. 8231  ha ritenuto ammissibile (e fondata) una class action pubblica promossa nei confronti dell’amministrazione della giustizia per  censurare l’inottemperanza all’ obbligo della costituzione della banca dati dei minori dichiarati adottabili e delle coppie aspiranti all’adozione nazionale ed internazionale, prevista dalla legge n. 149 del 28 marzo 2001, non ostandovi neanche ragioni di finanza pubblica, anche in considerazione della previsione legislativa per cui da tale adempimento non dovessero derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato. Il Tar Genova Sez. II, Sent., 07-05-2013, n. 758 (caso della mancata erogazione fondi per le scuole) ha ritenuto inoltre fondata una class action pubblica, proposta da genitori degli alunni frequentanti gli Istituti scolastici della Provincia di Imperia; docenti e personale esecutivo dei medesimi Istituti; nonché un’associazione, volta ad accertare l’omessa erogazione ad opera del MIUR e del MEF di parte delle somme stanziate in favore degli Istituti scolastici della Provincia di Imperia elencati in atti, condannandoli a ripristinare il corretto espletamento del servizio scolastico pubblico, gli atti ed i provvedimenti di rispettiva competenza.
[51] TAR Lazio Sez. III ter, 16-09-2013, n. 8288 (Caso diffusione delle trasmissioni radiotelevisive) ha esteso il principio della immediata coercibilità all’obbligo per un concessionario di servizio pubblico (la RAI) di garantire “la diffusione di tutte le trasmissioni televisive e radiofoniche di pubblico servizio con copertura integrale del territorio nazionale, per quanto consentito dalla scienza e dalla tecnica”, perché il legislatore, con l’art. 45 D.Lgs. n. 177 del 2005, ha già compiutamente delineato l’obbligo a carico della p.a.
[52] Il TAR Lazio, sez. II quater,  06-09-2013, n. 8154 (caso del mancato rispetto dei termini nel rilascio del permesso di soggiorno CE di lungo periodo) Infatti, nel caso di specie, vari ricorrenti a titolo individuale e alcune associazioni rappresentative degli interessi dei lavoratori e sindacati lamentavano il sistematico superamento del termine per la conclusione del procedimento da parte delle Questure, in caso di richiesta di rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo da parte dei familiari di titolare del medesimo tipo di permesso.
[53] TAR Lazio, sez.I, 18 ottobre 2012, n. 34960
[54] TAR Basilicata, sez.I, 21 settembre 2011, n. 478
[55] In tal senso, vedi G. VELTRI, Class action pubblica: prime riflessioni, in www.Lexitalia.it, n. 2/2010, per cui la situazione giuridica tutelata con il ricorso per l’efficienza non può che essere il tradizionale interesse legittimo, seppure con la particolarità di essere «omogeneo» per una pluralità di soggetti.
[56] Sul punto, vedi F. CINTIOLI, note sulla class action amministrativa, in www.giustamm.it, secondo cui richiedere una lesione diretta, concreta e attuale non comporta necessariamente la configurabilità di un interesse legittimo ovvero di un diritto soggettivo, ben potendo sussistere una situazione giuridica diversa, di minore rilievo.
[57]Si veda sentenza Cons. St., sez. IV, 9.01. 2014, n. 36  in www.giustizia-amministrativa.it e par.2 del presente elaborato.
[58] In questo senso, vedi C. CUDIA, Il ricorso per l’efficienza delle amministrazioni: l’interesse diffuso (finalmente) si «concentra» sull’individuo (in margine a T.A.R. Lazio, Roma, 20 gennaio 2011, n. 552), in www.giustamm.it, secondo cui con il ricorso per l’efficienza si avvia «un processo di individualizzazione dell’interesse diffuso». La differenziazione realizzata mediante l’attribuzione al singolo individuo della legittimazione ad agire fa sì che l’interesse diffuso acquisisca il carattere di situazione giuridica degna di tutela giurisdizionale, con l’unica particolarità di potere appartenere a un numero indeterminato di soggetti.
[59] Cons. St., Adunanza plenaria n. 6 del 2020, in www.giustizia-amministrativa.it
[60] L. ROSSI CARLEO, Il public enforcement nella tutela dei consumatori, in Corriere giur., 2014,1001 ss. La Class Action introdotta nel codice del consumo con la legge finanziaria per il 2008 (l. 24.12. 2007, n. 244, art. 2,co. 445-449) e stata successivamente modificata dall’art. 49 della l. 23.08. 2009, n. 99 e dall’art. 6 del d.lgs. 1/2012 convertito in l. 27/ 2012, a tal riguardo sulle modifiche normstive si veda Cfr. E. MINERVINI, sub art. 140 bis in Codice del consumo. Commentario a cura di G.ALPA e L.ROSSI CARLEO, Napoli 2005; Le modifiche al codice del consumo a cura di E. MINERVINI e L. ROSSI CARLEO, Torino,2009; E. MINERVINI, Dei contratti del consumatore in generale, Torino, 2006. L’azione è stata abrogata  a decorrere dal 19 novembre 2020, dall’art. 5 co.1, l. 12 aprile 2019, n. 31 come modificato dall’art. 8, co. 5 dl. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla l 28 febbraio 2020 n.8.
[61] E’ stato  introdotto il Titolo VIII-bis del libro quarto del codice di procedura civile, in materia di azione di classe (art. 1) e il Titolo V-bis delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile, in materia di azione di classe (art. 2) e gli articoli 139, 140 e 140-bis del codice del consumo (D.Lgs. n. 206 del 2005) sono stati abrogati. Il provvedimento si compone di 7 articoli attraverso i quali La legge entra in vigore oggi 19 aprile 2019.
[62] B.DI GIACOMO RUSSO, Il cittadino consumatore e la sussidiarietà orizzontale, Labsus Paper, 20/2011 in www.labsus.org.
[63] Alle due azioni sottende una diversa logica: l’azione contro le imprese private protegge il consumatore dallo squilibrio di posizioni sul mercato, con effetti limitati alla fase del contatto (negoziale o non), quella verso la pubblica amministrazione interviene sullo stesso processo di produzione del servizio. In entrambe le ipotesi si cerca di indurre il soggetto erogatore dell’utilità a comportamenti virtuosi nel suo ciclo di produzione, onde evitare di scaricare il costo dell’inefficienza sugli utenti; ma questo obiettivo è perseguito in modo indiretto se il produttore è un privato che agisce per scopi egoistici e nell’esercizio della sua libertà di iniziativa economica, mentre nella seconda ipotesi è perseguito direttamente, proprio perché l’organizzazione amministrativa è chiamata dalla legge a realizzare il bene pubblico. Allora ben si comprende, pur nel comune denominatore della visione aziendalistica, la differenza fondamentale tra impresa privata e pubblica amministrazione, per cui solo la seconda è avvinta dal principio di legalità: il buon andamento che caratterizza l’azione pubblica, anche se inteso in senso non formale, deve inserirsi nella cornice dei pubblici poteri disegnata dall’ordinamento giuridico.
[64]F.PATRONI GRIFFI, Class action ericorso per l’efficienza delle amministrazioni e dei concessionari pubblici, in www.federalismi.it; Si veda il parere Consiglio di St., Atti norm. 09 .06. 2009 n. 1943 in Foro it. 2010,2,III, 89.

 

 


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Lucia Minervini

Funzionario amministrativo, avvocato e dottore di ricerca.

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