Quando la trascrizione non rende l’atto opponibile erga omnes
La legge n. 98 del 2013 ha modificato l’art. 2643 c.c. inserendovi il n. 12-bis e prevedendo, così, l’obbligo di trascrizione per «gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».
Atteso che nel nostro ordinamento non esiste una trascrivibilità facoltativa, la nuova norma sembra essere stata emanata al fine di ammettere un accordo conciliativo diretto ad accertare l’usucapione e consentirne la trascrivibilità.
La modifica legislativa, però, sollecita sottili ed attente riflessioni sotto il profilo del diverso valore della pubblicità degli acquisti a titolo originario rispetto agli acquisti a titolo derivativo, in tema di tutela dei terzi nella circolazione degli immobili, nonché in tema di autonomia privata e disponibilità di diritti reali.
Infatti, ed in primo luogo, sembrerebbe potersi affermare che mentre la trascrizione della sentenza di usucapione sia disciplinata dall’art. 2651 c.c. ed abbia valore di pubblicità notizia, la trascrizione dell’accordo conciliativo accertativo dell’usucapione produca gli effetti disciplinati dall’art. 2644 c.c. e dall’art. 2650 c.c. che regolano la soluzione di conflitti tra più aventi causa dal medesimo soggetto e, pertanto, sia funzionale a dirimere contrasti nella circolazione dei beni immobili.
A ben vedere, è noto il costante orientamento della Cassazione la quale tende a dare una limitata valenza agli atti negoziali di riconoscimento della proprietà e dei diritti reali.
Per la giurisprudenza, infatti, il negozio di accertamento di un diritto reale, la cui funzione è quella di rendere definitiva la situazione giuridica derivante dal rapporto preesistente eliminando gli elementi di incertezza, non ha alcun effetto traslativo.
Non può l’atto di accertamento costituire esso stesso un valido titolo di acquisto.
Va evidenziato, infatti, che l’attività accertativa non ha ad oggetto l’usucapione quale effetto giuridico, ma solo i fatti che hanno dato luogo alla stessa e che ne costituiscono il presupposto.
Invero, l’usucapione quale modo di acquisto della proprietà o di altro diritto reale è un effetto legale e non può, per definizione, essere ricollegato ad una volontà negoziale.
L’acquisto a titolo originario del diritto si perfeziona al ricorrere di date condizioni fattuali quali il possesso pacifico, continuato ed ininterrotto ex art. 1158 c.c.
Dunque, ciò che le parti possono accertare è solo la sussistenza di quei fatti giuridicamente utili ai fini dell’acquisto ad usucapionem, ma non potranno mai sostituire l’assenza di quei presupposti con una manifestazione di volontà.
Ecco perché quell’accordo conciliativo di accertamento dell’usucapione è diretto esclusivamente a rendere certa tra le parti la sussistenza dei requisiti necessari per il perfezionarsi dell’usucapione che produce sì l’acquisto del diritto, ma a prescindere da quell’accertamento, solo quale stato di fatto rilevante sul piano giuridico.
In sostanza, la proprietà o altro diritto reale non può avere quale titolo di acquisto il negozio di accertamento ma o un fatto utile ai fini dell’acquisto a titolo originario – usucapione oppure un contratto traslativo ex art. 922 c.c.
Dunque, il negozio accertativo, anche se trascritto, non è dispositivo e non può costituire titolo su cui fondare l’acquisto della proprietà o di altro diritto reale ma, al più, potrà dare certezza, limitata alle parti dell’accordo, dell’esistenza di uno o più presupposti previsti dalla legge ai fini del perfezionamento dell’usucapione.
In sostanza, ciò che le parti possono effettuare è il riconoscimento, in contraddittorio tra loro, dell’esistenza dei presupposti a cui la legge ricollega la nascita della proprietà o di altro diritto reale.
Ciò in quanto, ferme le riserve ad ammettere nel nostro ordinamento il riconoscimento dei diritti reali, in ogni caso non può ammettersi che un soggetto riconosca l’altrui acquisto a titolo originario e, vieppiù, con efficacia erga omnes per il tramite della trascrizione del negozio accertativo in oggetto.
Dunque, gli effetti di un accordo conciliativo accertativo dell’usucapione si riversano esclusivamente nel rapporto bilaterale tra usucapito ed usucapiente, al pari di qualsivoglia contratto che, in linea di principio, non produce effetto rispetto ai terzi.
In pratica, l’accordo conciliativo in materia di usucapione si colloca all’interno di una vicenda che riguarda le sole parti che vi intervengono ed è inopponibile ai terzi che vantino titoli trascritti che possano essere in qualche modo pregiudicati dall’accordo stesso.
Pertanto, mentre la sentenza di accertamento dell’usucapione radica un diritto in capo all’usucapiente al quale i terzi non potranno opporre i loro diritti, in assenza di un accertamento giudiziario un atto di autonomia privata non potrà danneggiare terzi soggetti rimasti estranei all’accordo che vantino titoli legittimi trascritti.
Dunque, risulta mitigata l’applicabilità degli artt. 2644 e 2650 c.c. poiché il soggetto usucapiente potrà far valere il suo diritto usucapito solo nei confronti di chi ha partecipato all’accordo conciliativo, restando impregiudicati i diritti e le pretese dei terzi legittimi proprietari che non hanno partecipato all’accordo.
Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, si può affermare che, laddove prima dell’innovazione normativa introdotta dal n. 12-bis dell’art. 2643 c.c. l’usucapione era una modalità di acquisto a titolo originario il cui ingresso, nel sistema della pubblicità immobiliare, richiedeva una pronuncia giudiziaria la cui trascrizione, regolata dall’art. 2651 c.c., aveva valore di pubblicità notizia, con la citata modifica legislativa si riconosce l’ammissibilità nel nostro ordinamento di negozi di accertamento non di diritti reali lato sensu, bensì dei presupposti legali necessari per la loro venuta ad esistenza.
In ordine alla trascrivibilità di tali accordi ed alla loro opponibilità erga omnes sancita dall’art. 2644 c.c., il verbale di conciliazione che accerta l’usucapione non può essere opposto né al creditore pignorante né al creditore ipotecario che abbiano iniziato o iscritto anteriormente i loro atti o diritti.
Trattasi di accordi non dispositivi poiché l’usucapione è modo di acquisto del diritto a titolo originario e, pertanto, l’acquisto si perfeziona mediante la situazione possessoria di fatto a cui nulla aggiunge l’accordo conciliativo di accertamento de quo.
Essendo, dunque, un negozio che non determina alcuna trasformazione giuridica (già realizzatasi mediante il materiale possesso del bene immobile) ad esso può dirsi applicabile solo in modo marginale il meccanismo pubblicitario predisposto dagli artt. 2643 e 2644 c.c.
Il verbale di conciliazione accertativo dell’usucapione non realizza alcun effetto costitutivo, traslativo o modificativo ma assume il valore di mero accertamento con efficacia dichiarativa e deve concludersi che, benchè trascritto, non sarà opponibile erga omnes ma solo a quei terzi che abbiano pur sempre partecipato all’accordo.
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Gemma Mariano
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