Quota di eredità riservata ai legittimari e donazione indiretta. Azione di riduzione e collazione
La voluntas testantis è elemento cardine della successione ereditaria che fornisce la giusta chiave per ammettere le più diverse disposizioni testamentarie, tuttavia l’autonomia del testatore va inserita all’interno del confine tracciato dai divieti espressamente previsti dal legislatore nonché dalla necessità di rispettare le quote di riserva che la legge attribuisce a determinati soggetti.
Ai sensi dell’art. 536 cod. civ., infatti, i figli, il coniuge e gli ascendenti hanno diritto ad una quota di eredità, da calcolarsi sul patrimonio ereditario successivamente alla riunione fittizia, ovvero l’operazione contabile che consiste nell’individuare il relictum dei beni ereditari, sottrarre ad esso i debiti ed aggiungervi il donatum.
Qualora la quota di riserva venga lesa, il legittimario che intenda attribuirsi quanto a lui realmente spettante può agire in giudizio per ottenere la riduzione delle disposizioni lesive (ai sensi degli artt. 553 e ss. cod. civ.) e, se del caso, con la domanda di collazione, ed essere reintegrato nella titolarità dei beni ereditari.
Come dispone l’art. 553 cod. civ. “quando sui beni lasciati dal defunto si apre in tutto o in parte la successione legittima, nel concorso di legittimari con altri successibili le porzioni che spetterebbero a quest’ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari, i quali però devono imputare a questa, ai sensi dell’art. 564, quanto hanno ricevuto dal defunto in virtù di donazioni o di legati”.
Preme precisare che per la reintegrazione della quota di eredità riservata al legittimario, al fine di accertare e quantificare l’entità della lesione e della quota di integrazione di quanto dovuto all’attore legittimario, si deve aver riguardo al momento di apertura della successione per calcolare il valore dell’asse ereditario.
Altresì come vien chiaramente enunciato in sentenza del Tribunale di Oristano del 25 luglio 2018 “nella riduzione delle disposizioni attributive di beni determinati è ammessa la reintegrazione della quota riservata ai legittimari alternativamente in forma specifica o per equivalente, con espressa previsione, nei casi in cui prevale il diritto del legatario o donatario di ritenere il bene oggetto della disposizione lesiva, di compensare in danaro il legittimario. Nulla impedisce al legittimario, naturalmente, di rinunziare alla legittima in natura e chiederne il valore. Alla reintegrazione per equivalente si fa luogo, pertanto, ove vi sia la volontà o la necessità che avvenga in tal modo”.
Per di più se l’integrazione di quota che spetta al legittimario viene effettuata con conguaglio in denaro, nonostante l’esistenza, nell’asse, di beni diversi (beni immobili o mobili diversi dal denaro), trattandosi di credito di valore e non di valuta, essa dev’essere adeguata al mutato valore del bene a cui il legittimario avrebbe diritto.
Sul tema la Cassazione [1] ha affrontato il caso di un’azione di riduzione di disposizioni testamentarie lesive della quota di legittima ove la convinzione dell’attore era fondata su un errore logico-giuridico in merito all’identificazione dell’asse ereditario del de cuius, padre di due figli da lui indicati come coeredi, nonché della quantificazione della quota disponibile ex art. 556 cod. civ. nel senso che segue.
L’attore, infatti, nel richiedere la reintegra della propria quota di legittima (a suo parere lesa da disposizione più favore al fratello coerede) non aveva tenuto conto che in vita il padre aveva elargito al primo una somma di denaro per la specifica finalità dell’acquisto di un appartamento per viverci con la propria nuova famiglia.
Avuto riguardo di questa somma di denaro non solo venne dimostrato che le disposizioni testamentarie non ledevano il diritto di ciascun figlio alla legittima, ma anche che l’attore a conti fatti aveva ricevuto molto di più del fratello convenuto.
La predetta somma, infatti, deve essere considerata quale anticipazione dell’eredità (donazione indiretta) e per di più oggetto di tale donazione non risulta essere meramente la somma di denaro ma bensì l’immobile acquistato.
La Cassazione evidenziò che allorquando il donante elargisca del denaro al fine – espresso ed esclusivo – di permettere al donatario di acquistare un bene immobile, il primo realizza una donazione indiretta del bene immobile medesimo e non del denaro impiegato per il suo acquisto.
Per completezza si ricordi che la donazione costituisce una liberalità, un negozio a titolo gratuito caratterizzato dall’animus donandi (spirito di liberalità) che costituisce la causa tipica perseguita dal donante e che si manifesta nel momento in cui questi arricchisce il donatario sapendo di non esservi costretto.
È bene però sottolineare che nonostante il codice disciplini la figura della donazione come negozio tipico, il medesimo risultato dell’arricchimento del donatario può essere raggiunto anche senza ricorrere allo schema della liberalità: è questo il caso della cd. donazione indiretta [2], che si ha tutte quelle volte in cui le parti realizzano la causa tipica della donazione attraverso un atto che invece donazione non è [3]. Caso tipico è quello del genitore che paga personalmente il prezzo dell’acquisto di un immobile da parte di un figlio.
Orbene il donatario, nel caso de quo l’attore, dovrà “restituire” nell’asse ereditario il bene e lo stesso verrà imputato con il valore di mercato posseduto al momento dell’apertura della successione.
Ai sensi dell’art. 737 cod. civ., infatti, il legittimario che concorra alla successione con altri legittimari è tenuto a conferire ai coeredi tutto ciò che ha ricevuto dal de cuius per donazione diretta o indiretta salvo che da ciò il defunto non li abbia dispensati ed è in tal modo che opera la collazione.
In forza della collazione, più precisamente, taluni soggetti (i figli, i loro discendenti e il coniuge) che accettino l’eredità e che abbiano ricevuto donazioni in vita dal de cuius, hanno l’obbligo di conferire nell’asse ereditario quanto ricevuto, al fine di formare le porzioni a loro spettanti.
Ultimo passaggio logico al fine di verificare la lesione o meno della quota di riserva occorre individuare l’ammontare della quota di cui il defunto poteva liberamente disporre.
In tal senso occorre operare una riunione fittizia di tutti i beni disposti a titolo di donazione da parte del de cuius in vita a chiunque ed essi contagiati nel relictum; solo in questo caso potranno essere esattamente individuate le quote in questione.
Cosa diversa ma che può essere utile accennare è che, a tutela del legittimario che intenda provare che una vendita posta in essere dal de cuius sia in realtà una simulazione di vendita onde dissimulare una donazione – e pertanto poter ottenere la restituzione nell’asse ereditario di tale bene – il legislatore ha previsto a suo favore la possibilità di beneficiare delle agevolazioni previste dall’art. 1417 cod. civ., attribuendo all’erede che si trovi ad affrontare tale onus probandi la qualità di terzo.
Tale possibilità è prevista a condizione che l’attore, oltre alla domanda di simulazione, faccia valere anche la sua qualità di legittimario, specificando che la donazione dissimulata ha comportato una lesione del suo diritto all’integrità della quota di legittima a lui spettante.
[1] Cass.Civ. SS.UU. 5.8.1992 n. 9282
[2] Catulli definisce la donazione indiretta come “qualsiasi vantaggio patrimoniale, pecuniariamente apprezzabile, non causato da un contratto di donazione, ma prodotto dall’attuazione di un atto materiale o di un negozio giuridico unilaterale o bilaterale, che, pur avendo in ogni caso un proprio scopo tipico diverso dalla donazione diretta, raggiunga identico risultato per lo spirito di liberalità che ebbe a determinarlo e per le conseguenze cui dà luogo, sempre che ricorrano la piena capacità del disponente, la conoscenza del beneficiario dell’intento liberale ed il collocamento di costui o del suo rappresentante legale nella condizione eventualmente richiesta per approfittare del vantaggio attribuitogli” (V. R. Catulli, Donazione (dir. civ.), in Enc. Dir, XLII, Milano, 1990, p. 988).
[3] “Il contenzioso ereditario” D. Marinelli, S. Sabatini – 2020
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Jessica Beschi
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