Rapporti tra ADR: arbitrato, arbitraggio, mediazione civile e conciliazione

Rapporti tra ADR: arbitrato, arbitraggio, mediazione civile e conciliazione

Quanto ai rapporti con gli altri strumenti deflattivi dei carichi del giudice ordinario, l’istituto dell’arbitrato (rituale ed irrituale) è profondamente diverso per struttura, funzioni e specificità, in primis, dalla transazione.

Quanto alla funzione, infatti, si noti che con la scelta dell’arbitrato le parti non chiedono una soluzione intermedia sulla base di concessioni reciproche (come avviene con la transazione) ma – non rinunciando alle proprie pretese – demandano la soluzione più giusta, secondo diritto o secondo equità, al giudice privato.

Con l’arbitrato inoltre si conferisce al privato (l’arbitro) non già il potere di compiere atti dispositivi o transattivi dei diritti in contesa ma di emettere una vera e propria decisione con efficacia vincolante per le parti, secondo forme procedimentali, con la piena garanzia del contraddittorio e della parità delle armi, principi incastonati a diamante nell’art. 111 Cost..

Distante da entrambe è ancora l’istituto della conciliazione in quanto la soluzione della controversia non è rappresentata da una decisione e richiede sempre l’intervento di un terzo il quale, valutate tutte le esigenze del caso individua – e consiglia – la giusta composizione della lite e nel caso di accettazione ne provoca il concilium.

Con la conciliazione un terzo aiuta, dunque, le parti a comporre una lite: è giudiziale quando il terzo è un giudice mentre è stragiudiziale quando è svolta fuori dal giudizio da un conciliatore, soggetto anche professionale.

Con il D.lgs. n. 28 del 2010 del 04 marzo 2010 il termine è divenuto fungibile con i possibili esiti della c.d. mediazione civile, nuovo istituto giuridico finalizzato ad evitare a monte l’ingresso delle liti nelle aule dei Tribunali.

Al pari dell’arbitrato anche la conciliazione può riguardare solo diritti disponibili, generalmente a carattere patrimoniale.

Esistono varie tipologie di conciliazione, tante quanti sono i settori dell’ordinamento che hanno avvertito per esigenze diverse, ma per un’unica finalità, tale previsione normativa.

Un esempio – un po’ atipico per la verità è la conciliazione penale dinanzi al Giudice di Pace ai sensi del D.lgs. n. 274/2000, cui si aggiungono la conciliazione tributaria introdotta dall’art. 46 del d. lgs. 546 del 1992, quella lavoristica prevista dagli artt. 410 e ss. c.p.c. (stragiudiziale), dall’art. 11 d. lgs. n. 124 del 2004 e sindacale (prevista dagli accordi o contratti sindacali), nonché la conciliazione commerciale in materia di diritto societario di cui al D. lgs. n. 5/2003 del 17 gennaio 2003 affidata agli Organismi di conciliazione iscritti nel registro tenuto presso il Ministero della Giustizia, tra cui le Camere di Commercio industria, artigianato ed agricoltura.

Da segnalarsi inoltre, la pratica conciliativa in uso tra imprese o associazioni d’impresa e le associazioni dei consumatori riconosciute in base alla legge 281 del 1998.

Nell’ambito della mediazione civile (obbligatoria o facoltativa ex D.lgs. n. 28 del 4 marzo 2010) il legislatore ha chiarito che la conciliazione rappresenta il semplice risultato del procedimento di mediazione e non il nome con cui identificare il nuovo istituto. Questo allo scopo di distinguere i due istituti.

Tra gli altri strumenti di composizione dei conflitti – ben distinti dall’arbitrato – annoveriamo anche l’arbitraggio.

L’arbitraggio è l’atto attraverso il quale un terzo (c.d. arbitratore) determina, su incarico delle parti, uno degli elementi del rapporto contrattuale, del quale però le parti devono aver determinato la causa ed aver precisato la natura delle prestazioni principali (art. 1349 c.c.). Esso si basa su rapporti giuridici vertenti su di una controversia economica e non giuridica.

Una distinzione approfondita e, a ben vedere, più mirata tra arbitraggio e arbitrato ne fa il Chiovenda, notando che mentre l’arbitro conosce della causa come farebbe il giudice, l’arbitratore “è chiamato a determinare in un rapporto giuridico di per sé pacifico un elemento non definito dalle parti; (…) l’arbitratore, dunque, non dichiara diritti esistenti, non sostituisce il processo, ma completa rapporti giuridici, il che non ha importanza che per il diritto sostanziale”.


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