Realizzazione del piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2
Per garantire il più efficace contrasto alla diffusione del virus SARS-CoV-2, il Ministro della Salute ha adottato, con proprio decreto, il Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione delle infezioni da SARS-CoV-2, finalizzato a garantire il massimo livello di copertura vaccinale sul territorio nazionale.
L’art. 1, comma 464 della legge 178/2020–Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023, dispone che laddove il numero dei professionisti sanitari di cui ai commi 459 e 462 della medesima norma (medici specializzandi, laureati in medicina e chirurgia abilitati all’esercizio della professione medica e iscritti agli ordini professionali, infermieri e assistenti sanitari iscritti ai rispettivi ordini professionali, ecc.) non risulti sufficiente a soddisfare le esigenze di somministrazione dei vaccini contro il SARS-CoV-2 in tutto il territorio nazionale, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, anche in deroga ai vincoli previsti dalla legislazione vigente in materia di spesa del personale, possono ricorrere, per il personale medico nonché per il personale infermieristico e per gli assistenti sanitari, alle prestazioni aggiuntive di cui ai rispettivi vigenti contratti collettivi nazionali di lavoro.
La giurisprudenza sia di legittimità (cfr. Cass. sent. n. 20789 del 04/10/2007), che amministrativa (cfr. da ultimo Consiglio di Stato n. 4745 del 25/9/2013) è pacifica nell’affermare che nel pubblico impiego la circostanza che in concreto siano state effettuate prestazioni di lavoro straordinario non è sufficiente a radicare nel dipendente il diritto al relativo compenso, essendo necessaria una previa autorizzazione perché, altrimenti, si determinerebbe quoad effectum l’equiparazione del lavoro straordinario autorizzato a quello in cui non è intervenuto alcun atto autorizzativo, compensando anche attività lavorative svolte.
La necessità dell’autorizzazione preventiva risponde, infatti, ad esigenze di carattere pubblico indefettibili che trovano fondamento nei principi che reggono l’ordinamento di contabilità erariale dello Stato e degli Enti pubblici. La stessa, peraltro, consente di verificare preventivamente, nel rispetto dell’art. 97 Cost., la reale esistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti il normale orario di servizio.
Per le suddette ragioni si richiede che l’autorizzazione, per essere valida, deve recare la puntuale indicazione non solo delle ore aggiuntive di lavoro richieste, ma anche delle esigenze di servizio, comprovate e indilazionabili, che rendono necessario il ricorso ad esse.
A più rigorose condizioni di validità la giurisprudenza amministrativa (cfr. Consiglio di Stato sent. n. 472 del 10/2/2004) ritiene ipotizzabile una ratifica delle attività comunque svolte e cioè solo allorché le prestazioni siano state espletate per improcrastinabili ed inderogabili esigenze di servizio da indicare specificamente nell’atto di ratifica.
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Avv. Luca Damiano
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