Reati predatori: le Sezioni Unite sul furto commesso in tempo di notte

Reati predatori: le Sezioni Unite sul furto commesso in tempo di notte

Sommario: 1. Premessa: l’evanescenza della minorata difesa – 2. L’ordinanza di rimessione: la vicenda processuale – 2.1 Il quesito – 2.2. La tesi della minorata difesa in re ipsa 2.3. La tesi costituzionalmente orientata – 3. L’informazione provvisoria – 4. Conclusioni

 

1. Premessa: l’evanescenza della minorata difesa

Tra le aggravanti comuni contemplate dall’articolo 61 c.p. un rilievo peculiare è riservato alla circostanza di cui al numero 5.

Si ha “minorata difesa” della vittima allorquando il reo commette il reato approfittando di una situazione di debolezza della persona offesa, debolezza che può essere connessa al tempo, al luogo o alla condizione della vittima stessa, tale da ostacolare la difesa pubblica o privata e della quale il colpevole ha approfittato.

Solo con la legge 94/90 il legislatore ha inteso specificare l’età tra le condizioni di debolezza così garantendo una peculiare protezione a due categorie di soggetti: gli anziani e i minori.

La giurisprudenza (1) , ancora prima della novella, specificò, in un’ottica costituzionalmente orientata, che l’età rileva solo in quanto sia effettivamente in grado di ostacolare o diminuire la difesa della vittima.

La difficile delimitazione in astratto della fattispecie porta gli interpreti a dividersi ancora sull’esatta portata della circostanza in commento e sulla sua applicabilità ad alcune categorie di reati.

Tali dubbi hanno portato, come vedremo nel proseguo della trattazione, ad una recentissima rimessione alle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione.

A dividere gli interpreti è, anzitutto, la natura dell’aggravante che per alcuni sarebbe da considerare soggettiva, mentre per altri avrebbe consistenza oggettiva.

Maggiormente rilevanti sono, tuttavia, le perplessità circa l’esatta delimitazione dell’espressione “circostanze di persona”.

Invero, mentre le circostanze di tempo e di luogo sono facilmente individuabili, lo stesso non può dirsi con riferimento alle circostanze di persona.

Secondo alcuni, difatti, per rilevare ai fini della minorata difesa, devono riguardare solo la vittima, di contro, per altra parte degli interpreti, ben possono tenersi in considerazione le condizioni in cui in concreto opera il soggetto attivo. Si pensi, a tal fine, al caso di un colpevole particolarmente prestante da un punto di vista fisico.

2. L’ordinanza di rimessione: la vicenda processuale

A dividere gli interpreti, più di recente, è stata l’applicabilità dell’aggravante in commento al furto commesso in tempo di notte.

La vicenda in esame scaturisce dall’impugnazione della sentenza di condanna per furto aggravato in concorso emessa nei confronti degli imputati, colpevoli di essersi introdotti, di notte, all’interno di una ditta, bypassando l’impianto di videosorveglianza e di aver sottratto diversi bancali in legno.

In particolare, i giudici avevano ritenuto sussistente sia l’esposizione delle res alla pubblica fede, atteso che le stesse erano custodite all’interno di un luogo privato recintato ma facilmente accessibile, sia l’aggravante di minorata difesa, in considerazione del tempo di notte in cui l’azione era stata consumata.

Con il ricorso la difesa sosteneva la sussistenza di una violazione di legge penale in riferimento all’aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 5, atteso che, la Corte territoriale, aveva ritenuto tout court ricorrente la condizione di minorata difesa in considerazione del solo tempo di notte in cui si era consumata l’azione antigiuridica.

In questo modo, secondo la difesa, la Corte avrebbe omesso la necessaria verifica in concreto dell’elemento dell‘approfittamento di tali condizioni anche tenuto conto del sistema di videosorveglianza e del presidio di vigilanza privata della ditta.

2.1. Il quesito

Con l’ordinanza 10778/2021 la Quinta Sezione della Corte di Cassazione rimetteva alle Sezioni Unite un quesito in ordine al fatto che il furto commesso in queste condizioni debba, per ciò solo, ritenersi aggravato ai sensi dell’articolo 61 n.5 c.p.

La questione non è di poco conto avendo a riguardo le conseguenze pratiche che la corretta delimitazione della circostanza in esame produce: si pensi per esempio all’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 55 c.p., comma 2, come introdotto dalla L. 26 aprile 2019, n. 36, che richiama le condizioni di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 5.

Il dubbio ermeneutico si attesa precipuamente sull’espressione “aver approfittato di circostanze di tempo” dalle quali deriva un affievolimento della difesa pubblica o privata e su cui si confrontano le due opzioni interpretative che ora verranno esposte.

2.2. La tesi della minorata difesa in re ipsa

Secondo un primo e risalente orientamento (2) la commissione del furto in ora notturna integra di per sé gli estremi dell’aggravante considerata.

Sebbene il tempo di notte non sia espressamente previsto dalla norma relativa alla circostanza di cui all’art. 61 c.p., n. 5, precisa tale orientamento, il reato commesso in tale tempo integra la minorata difesa sia perché nelle vie pubbliche è esercitata una minore vigilanza, sia per la mancata ordinaria vigilanza del proprietario dell’esercizio commerciale stesso.

Inoltre, precisa tale parte di interpreti, perché sia configurabile l’aggravante, non è necessario che la pubblica o privata difesa sia del tutto impossibile, ma che essa sia semplicemente ostacolata, per cui l’aggravante sussiste tutte le volte in cui l’agente abbia approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona tali da facilitare il suo compito, in considerazione della sua natura oggettiva.

Ancora di recente (3) è stato ribadito che “la commissione del furto in ora notturna integra di per sè gli estremi dell’aggravante di minorata difesa”.

Il Collegio, pur dando atto del diverso e contrario orientamento, ha ritenuto di aderire alla “più corretta esegesi dell’aggravante della minorata difesa”, espressa dall’opzione interpretativa secondo la quale la commissione del furto in ora notturna integra per ciò solo gli estremi dell’aggravante di minorata difesa.

2.3. La tesi costituzionalmente orientata

Altro e maggioritario orientamento esclude, invece, che, ai fini della configurabilità della minorata difesa, il tempo di notte possa realizzare ex se, automaticamente, l’aggravante in disamina

Secondo siffatta opzione interpretativa con esso devono concorrere altre condizioni che consentono, attraverso una complessiva valutazione, di ritenere in concreto realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata, non essendo necessario che la stessa si presenti impossibile ma anche soltanto ostacolata (4).

A rilevare dunque non è “l’idoneità astratta di una situazione, quale il tempo di notte o l’età”, ma è necessario specificare l’insieme delle ragioni che consentono di ritenere che, in concreto, si sia realizzata una diminuita capacità di difesa sia pubblica che privata.

In altri termini, secondo tale orientamento, il tempo di notte assume rilevanza quando abbia in concreto, per il concorso di altre circostanze, agevolato l’agente nell’esecuzione del reato sicché è necessario l’accertamento di elementi sintomatici di quella obiettiva situazione di vulnerabilità in cui versava il soggetto passivo, della quale l’agente abbia profittato.

Si ritiene, per contro, che l’orientamento minoritario svilisca l’accertamento in concreto e non meramente correlato a valutazioni di idoneità astratta delle condizioni che si assume abbiano favorito la commissione del reato richiesto in generale dalla giurisprudenza di questa Corte con riferimento alla circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., comma 1, n. 5.

Sono molteplici gli argomenti spesi da tale opzione ermeneutica.

Anzitutto, milita nel senso della valutazione in concreto, la ratio stessa dell’aggravante che risiede nella considerazione in termini di maggior disvalore della condotta lì dove il reo approfitti, attraverso un meditato calcolo, delle possibilità di facilitazione dell’azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui l’azione verrà a svolgersi, contesto che richiede una valutazione caso per caso da parte del giudice stesso non  bastando l’idoneità astratta di quelle condizioni a favorire la commissione del reato (5).

L’orientamento in commento richiama, in secondo luogo, – stante l’eadem ratio – l’accertamento richiesto dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all’età della vittima.

Ai fini della configurabilità della circostanza aggravante della minorata difesa, l’età avanzata della vittima del reato (a seguito della richiamata novella della L. n. 94 del 2009) rileva in misura maggiore attribuendo al giudice di verificare, allorché il reato sia commesso in danno di persona anziana, se la condotta criminosa posta in essere sia stata agevolata dalla scarsa lucidità o incapacità di orientarsi da parte della vittima nella comprensione degli eventi secondo criteri di normalità.

Tale opzione ermeneutica assicura, inoltre, una più adeguata rispondenza della fattispecie circostanziale al principio di offensività.

Le Sezioni unite di questa Corte, in tema di aggravanti, hanno invero affermato come “l’interprete delle norme penali ha l’obbligo di adattarle alla Costituzione in via ermeneutica, rendendole applicabili solo ai fatti concretamente offensivi, offensivi in misura apprezzabile”: pertanto, “i singoli tipi di reato” – ma il rilievo va appunto riferito anche alle fattispecie circostanziali – “dovranno essere ricostruiti in conformità al principio di offensività, sicché, tra i molteplici significati eventualmente compatibili con la lettera della legge, si dovrà operare una scelta con l’aiuto del criterio del bene giuridico, considerando fuori del tipo di fatto incriminato i comportamenti non offensivi dell’interesse protetto” (6).

 Sicché solo un accertamento in concreto, caso per caso,  è idoneo ad assicurare “la coerenza dell’applicazione della circostanza aggravante con il suo fondamento giustificativo, ossia, come si è visto, con il maggior disvalore della condotta derivante dall’approfittamento delle “possibilità di facilitazione dell’azione delittuosa offerte dal particolare contesto in cui l’azione verrà a svolgersi”: maggior disvalore, a sua volta, necessario a dar conto della concreta – maggiore – offensività che giustifica, nel singolo caso, l’aggravamento sanzionatorio comminato dall’art. 61 c.p., comma 1, n. 5″.

3. Informazione provvisoria

All’udienza del 15.7.21 la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha dato seguito all’orientamento maggioritario e costituzionalmente orientato fornito la seguente soluzione al quesito in commento: «Ai fini della integrazione della aggravante della minorata difesa, le circostanze di tempo, di luogo o di persona, di cui l’agente ha profittato in modo tale da ostacolarla, debbono essere accertate alla stregua di concreti e concludenti elementi di fatto atti a dimostrare la particolare situazione di vulnerabilità – oggetto di profittamento – in cui versava il soggetto passivo, non essendo sufficiente la idoneità astratta delle dette condizioni a favorire la commissione del reato. (Nella fattispecie si è affermato che la commissione del reato in tempo di notte può configurare la circostanza aggravante in esame, sempre che sia stata raggiunta la prova che la pubblica o privata difesa ne siano rimaste in concreto ostacolate e che non ricorrano circostanze ulteriori, di natura diversa, idonee a neutralizzare il predetto effetto)».

4. Conclusioni

Attendendo di poter leggere l’intero testo del recente pronunciamento si può in ogni caso rilevare come la soluzione adottata sia, in continuità con l’orientamento maggioritario sopra esposto, maggiormente in linea con il principio costituzionale di offensività.

Tale soluzione si pone nel solco di una tendenza sviluppatasi maggiormente negli ultimi anni e volta a valorizzare il principio in commento nella selezione dei fatti “tipici” in quanto offensivi di un bene giuridico segnando (forse) il superamento della teoria di stampo dottrinale che considera, di contro, l’offensività come elemento estraneo alla tipicità del fatto da valutarsi a valle e non a monte.

 

 

 

 

 


(1) V. sul punto, ex multis, Cass. n. 10531/1994
(2) Cassazione n. 34354 del 2009 Rv. 244988; Sez. 2, n. 2947 del 13/10/1980 – dep. 1981, Marino, Rv. 148284.
(3) Cassazione Sez. 5, n. 40035 del 18/06/2019, Cerami, Rv. 277603
(4) Cassazione Sez. 4, n. 53570 del 05/10/2017, Torre, Rv. 271259; n. 53343 del 30/11/2016, Mihai, Rv. 268697; Sez. 2, n. 3598 del 18/01/2011, Salvatore, Rv. 249270; Sez. 5, n. 19615 del 11/03/2011, Garritano, Rv. 250183; Sez. 1, n. 10268 del 09/10/1996, Bertotti, Rv. 206117
(5) Cassazione Sez. 2, n. 28795 del 11/05/2016 – dep. 11/07/2016, De Biasi, Rv. 267496; conf., ex purimis, Sez. 2, n. 43128 del 07/10/2014 – dep. 15/10/2014, Apicella, Rv. 260530; Sez. 2, n. 6608 del 14/11/2013 – dep. 12/02/2014, Di Guida, Rv. 258337
(6) Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, Sciuscio

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