Reato commesso in presenza dei minori: per l’aggravante è sufficiente la sola percezione
Le modifiche al codice penale apportate con la L. 15 ottobre 2013, n. 119, hanno introdotto quale circostanza aggravante comune l’aver commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto.
L’attuale stesura dell’’art. 61 c.p., comma 1, n. 11-quinquies, infatti, prevede tra le aggravanti per i delitti non colposi contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale nonché per maltrattamenti, quella comune della commissione del fatto alla presenza di un minore di anni diciotto.
I giudici di Piazza Cavour, con un importante sentenza del 14 Marzo 2017 n. 12328 hanno fatto luce sulla configurabilità dell’aggravante, ove questa necessiti che il fatto sia commesso davanti agli occhi del minore, oppure se sia bastevole la sola percezione e consapevolezza dello steso.
Più precisamente la suprema Corte ha non solo ribadito, che la circostanza aggravante sancita dall’art.61 comma 1, n.11 quinquies è da ritenersi sussistente con la sola percezione da parte del minore del reato, non essendo richiesto che lo stesso sia commesso davanti ai suoi occhi, ma altresì chiarito in maniera inequivocabile, il significato della locuzione “in presenza”.
Perché si possa parlare di presenza è sufficiente la percezione della condotta penalmente sanzionata. La nozione di presenza è intesa sia dal punto di vista materiale (condotta posta in essere al cospetto e dunque davanti agli occhi del minore), sia dal punto di vista soggettivo (consapevolezza da parte dell’autore che il fatto è commesso in presenza del minore).
Il concetto di “presenza” si delinea anche alla luce di un esame di altre fattispecie di parte speciale, in base alle quali la presenza costituisce un elemento di fatto attinente la percepibilità dell’atto, basato non soltanto sul senso della vista. Ad avviso del Collegio, quindi, la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., introdotta dalla L. n. 119 del 2013, è configurabile tutte le volte che il minore degli anni diciotto percepisca la commissione del reato e anche quando la sua presenza non sia visibile dall’autore il quale, tuttavia, ne abbia la consapevolezza o avrebbe dovuto averla usando l’ordinaria diligenza.
Nel caso di specie la presenza si era concretizzata con l’allocazione del soggetto (figlio minore) nel soggiorno attiguo e comunicante, mediante un’ampia porta rimasta aperta, con il locale cucina ove è avvenuto l’omicidio, nonché dell’effettiva percezione del fatto da parte del minore che, oltre a piangere e urlare non appena compreso cosa era accaduto, riferiva alla vicina accorsa in aiuto che il padre aveva sparato alla madre.
Constante giurisprudenza aveva già ritenuto che per la configurabilità dell’aggravante fosse sufficiente che la persona offesa, anche se non vista dal soggetto agente, avesse avuto la possibilità di percepire ed effettivamente avesse percepito il fatto.
Pertanto, in linea con consolidata giurisprudenza di legittimità (espressa con più pronunce in merito al delitto di cui all’art. 572 c.p.) si colloca la pronuncia n. 12328 del 2017 che rileva come la sola esposizione del minore alla percezione di atti di violenza costituisca elemento per ritenere sussistente il concetto di presenza. Ciò rileva anche circa l’elemento psicologico, in quanto trattandosi di una circostanza aggravante di tipo oggettivo riguardante la modalità dell’azione a norma dell’art. 70 c.p., la stessa è valutata a carico dell’agente se conosciuta ovvero se ignorata per colpa o ritenuta inesistente per errore determinato da colpa, a norma dell’art. 59 c.p..
Alla luce di quanto esposto si può facilmente dedurre come la L. 119 del 2013, eliminando la previsione dell’aggravante speciale prevista dall’art. 572 c.p., comma 2, per il caso che il delitto di maltrattamenti in famiglia venga consumato ai danni di minori infraquattordicenni, ha prodotto quale immediato effetto la creazione di un aggravante comune estesa per il fatto commesso in danno del minore degli anni diciotto.
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Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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Avv. Michele Salomone
Laureato presso l’Università degli studi di Napoli Federico II, si è specializzato nel settore Penale e Amministrativo presso la scuola di specializzazione della Federico II di Napoli.
Abilitato alla formazione del personale in materia di sicurezza sul lavoro, porta con successo a termine una serie di corsi destinati ai dipendenti di aziende operanti nel settore edilizio.
Esercita la professione di Avvocato presso l’Ordine degli Avvocati di Napoli, con interesse alle tematiche Penali: in particolare ai reati nel settore amministrativo. Acquisisce competenze negli anni attraverso un intenso lavoro stragiudiziale e giudiziale innanzi ai Tribunali Ordinari e TAR, con studio sito in Napoli alla Via Alcide De Gasperi, 45.
E’ autore di pubblicazioni su testate di rilievo nazionale.