Reato continuato e pene eterogenee

Reato continuato e pene eterogenee

Con l’ordinanza n. 16104 del 20 marzo 2018, la Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite del Supremo Collegio la risoluzione della questione di diritto ““se sia ammissibile la continuazione tra reati puniti con pene eterogenee” e “se, in ossequio al favor rei, ferma la configurabilità della continuazione tra reati puniti con pene eterogenee, ove il reato più grave sia punito con la pena detentiva e quello satellite esclusivamente con la pena pecuniaria, l’aumento di pena per quest’ultimo debba conservare il genere di pena pecuniaria”.

Il motivo dell’ordinanza di rimessione trae origine da un ricorso per cassazione proposto da due imputati entrambi condannati alla pena di due mesi e quindici giorni di arresto e di 15.000 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 44 comma 1 lett. b) (che prevede la pena congiunta dell’arresto e della ammenda) e per quello di cui agli artt. 93, 94, 95 (che prevedono esclusivamente la pena della ammenda) del d.p.r. 380/2001 (c.d. Testo Unico in materia edilizia).

L’aumento di quindici giorni della pena finale irrogata era stata così aumentata sulla base della sanzione detentiva prevista dalla violazione più grave, individuata nell’art. 44, comma 1, lett. b) d.p.r. 380/2001.

I ricorrenti lamentavo il contrasto tra la sanzione in concreto irrogata con il principio di legalità della pena, rinvenuto nel combinato disposto tra gli artt. 25 Cost. e 1 c.p., evidenziando l’erronea applicazione del paradigma della continuazione nel caso di specie, atteso che il reato meno grave (o c.d. satellite) viene punito esclusivamente con la pena pecuniaria.

Talché l’aumento di pena detentiva di quindici giorni doveva essere cassato senza rinvio per erronea applicazione della legge penale.

La quaestio iuris sottoposta a cognizione delle Sezioni Unite risultava oggetto di contrapposti orientamenti giurisprudenziali, essenzialmente riconducibili ad uno di matrice possibilista e ad altro di ispirazione maggiormente rigorosa, i cui percorsi ermeneutici giungevano a conclusioni difformi in relazione al nodo gordiano della compatibilità dell’istituto della continuazione e del relativo cumulo c.d. giuridico tra reati sanzionati da pene diverse per specie (reclusione e arresto, multa e ammenda) o genere (pene detentive e pene pecuniarie).

Secondo l’insegnamento prevalente, condiviso tanto dalla giurisprudenza di legittimità che da quella costituzionale (cfr., ex pluribus, Cort. Cost., sent. N. 312 del 10 marzo 1988, n. 312; Corte Cass.,. SS.UU. penali, sent. N. 490 del 27 marzo 1992, n. 490) il cumulo giuridico tra pene eterogenee sarebbe pienamente ammissibile a fronte, da un lato, della perdita di autonomia delle sanzioni previste per i reati satellite ogniqualvolta i medesimi vengano rideterminati dal giudice in ragione dell’aumento di pena applicato per il reato più grave; dall’altro, proprio il principio di legalità della pena sarebbe rispettato attraverso l’applicazione del regime del cumulo giuridico, sulla base di una lettura congiunta delle normative incriminatrici di volta in volta prese in considerazione con la disposizione contenuta nell’art. 81, comma 2, c.p.

L’orientamento opposto, viceversa, assumeva a fondamento delle proprie argomentazioni negative la violazione del principio di legalità della pena che si verrebbe a determinare qualora il giudice applicasse, in virtù del cumulo giuridico, una “quota” di pena detentiva che il reato satellite non prevede (Cass. pen., sez. V, sent. N. 46695 del 3 ottobre 2016; Cass. pen., sez. IV, sent. n. 46963 del 20 settembre 2017).
Con la sentenza n. 40983 del 24 settembre 2018, nel risolvere il contrasto appena evidenziato, le Sezioni Unite affermano il principio di diritto secondo cui: “la continuazione, quale istituto di carattere generale, è applicabile in ogni caso in cui più reati siano stati commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso, anche quando si tratti di reati appartenenti a diverse categorie e puniti con pene eterogenee”.

Inoltre, “nei casi di reati puniti con pene eterogenee (detentive e pecuniarie) posti in continuazione, l’aumento di pena per il reato satellite va comunque effettuato secondo il criterio della pena unitaria progressiva per moltiplicazione, rispettando tuttavia, per il principio di legalità della pena e del favor rei, il genere della pena previsto per il reato satellite, nel senso che l’aumento della pena detentiva del reato più grave andrà ragguagliato a pena pecuniaria ai sensi dell’art. 135 cod. pen.”

Anzitutto, la Corte di Cassazione risponde positivamente alla dubbia compatibilità del regime della continuazione rispetto alle violazioni punite con pene eterogenee.

Segnatamente, si osserva come una differente soluzione confliggerebbe insanabilmente con il dato testuale dell’art. 81 c.p., al cui interno non è data rinvenire alcuna distinzione tra le differenti categorie di reati (delitti e contravvenzioni), il genere delle pene (detentiva o pecuniaria) o la specie delle medesime (reclusione ed arresto, da un lato; multa ed ammenda, dall’altro).

Il reale problema, piuttosto, dev’essere individuato nella necessità di contemperare, laddove ricorra l’unicità del disegno criminoso, il riconoscimento della continuazione con il principio di legalità nella determinazione della pena, integrato dal favor rei.

La soluzione adottata dalle Sezioni Unite si esprime nel senso di ritenere la pena del reato continuato “legale” nella misura in cui venga rispettato il genere di pena pecuniaria prevista per il reato satellite.

Per raggiungere un tale risultato, le Sezioni Unite suggeriscono di ricorrere al criterio della c.d. “moltiplicazione”, nel senso di procedere all’aumento della pena (di genere diverso) prevista per il reato più grave dapprima sub specie di pena detentiva su quella parimenti detentiva del reato-base e, successivamente, mediante ragguaglio a pena pecuniaria ex art. 135 c.p.

In tal senso qualora concorrano pene del medesimo genere, anche se di specie diversa, l’aumento per moltiplicazione verrà operato rendendo omogenea la pena prevista per il reato satellite a quella dello stesso genere, sia pure graviore, del reato base.

Qualora, viceversa, la pena del reato base sia della reclusione e quella del reato satellite pecuniaria, la pena da applicare in aumento a seguito di ragguaglio sarà, comunque, sempre della multa – anche se il reato meno grave sia punita con la pena dell’arresto – in aderenza alla previsione dettata dall’art. 76, secondo comma, prima parte, c.p. in tema di cumulo materiale, laddove “le pene di specie diversa concorrenti a norma degli articoli 74 e 75 si considerano egualmente, per ogni effetto giuridico, come pena unica della specie più grave”.

La soluzione offerta dalle Sezioni Unite si pone in linea non solo con il dato testuale dell’art. 81 c.p., ma altresì con la struttura unitaria, quod poenam, del reato continuato e rappresenta la soluzione preferibile al criterio c.d. “per addizione” – suggerito dalla dottrina maggioritaria – consistente nell’affiancare alla pena detentiva inflitta per la violazione più grave una quota di pena pecuniaria prevista per il reato meno grave.


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