Reddito di cittadinanza: come funziona?

Reddito di cittadinanza: come funziona?

Il 6 marzo 2019 è scattato il termine per la presentazione delle domande dirette all’ottenimento del reddito di cittadinanza. Per meglio comprendere il funzionamento di questa misura e il relativo procedimento per il conseguimento del beneficio, occorre innanzitutto precisare in cosa consiste questo reddito.

Con il D.L. n. 4 del 2019 (“Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e pensioni”), il Governo ha introdotto la suddetta misura come strumento di sostegno economico rivolto alle famiglie con un reddito inferiore alla soglia di povertà (circa cinque milioni di persone, collocate per il 47% al centro-Nord e per il 53% al centro-Sud e nelle isole).

Benché sia definito reddito “di cittadinanza”, lo stesso ha poco a che fare con detto requisito, posto che le condizioni per il suo conseguimento vanno ben oltre la sola cittadinanza italiana. Pertanto pare maggiormente corretto qualificarlo come un reddito minimo garantito e come misura di politica attiva del lavoro, i cui obiettivi sono: garanzia del diritto al lavoro; contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale; favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione e alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione dalla società e dal mercato del lavoro.

Come vedremo il beneficio è condizionato all’adempimento di una serie di obblighi diretti a indurre il soggetto ad attivarsi nella ricerca di un impiego. Da ciò emerge la sua inconfigurabilità come misura di tipo meramente assistenziale.

Beneficiari e requisiti

Il reddito di cittadinanza (RdC) non è una misura di carattere individuale in quanto assume come punto di riferimento il nucleo familiare. Ovviamente nell’eventualità in cui un nucleo sia composto di una singola persona si considereranno unicamente i requisiti posseduti da quest’ultima.

Ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. n. 159 del 2013 il nucleo familiare è costituito dai soggetti componenti la famiglia anagrafica alla data di presentazione della D.S.U. (vedi infra). Si specifica anche che i coniugi benché dotati di distinta residenza anagrafica fanno parte del medesimo nucleo familiare.

In merito a quest’ultimo punto il D.L. n. 4 del 2019 ha cura di sottolineare che i coniugi permangono nello stesso nucleo, e come tali risultano beneficiari di un unico RdC, anche se a seguito di separazione e di divorzio continuino a risiedere nella stessa abitazione. Permane il problema legato agli eventuali mutamenti di residenza di carattere fittizio, prodromici a conseguire un doppio beneficio.

Ancora, fanno parte del nucleo anche i figli maggiorenni non conviventi con i genitori, purché di età inferiore ai 26 anni e risultanti nella condizione di essere a loro carico ai fini Irpef (il loro reddito non supera i 2.840,51 euro annui, se l’età è superiore ai 24 anni o i 4.000 euro se l’età è inferiore ai 24 anni). Inoltre i medesimi non devono essere coniugati né avere figli.

Non hanno diritto al RdC i nuclei familiari che hanno tra i propri componenti soggetti disoccupati a seguito di dimissioni volontarie nei dodici mesi successivi alla data delle dimissioni, fatte salve le dimissioni per giusta causa. Qualora invece vi siano membri della famiglia disoccupati e percettori della NaspI, la stessa non è ostativa né al conseguimento del beneficio né al contestuale godimento.

Non sono ritenuti parte del nucleo familiare i soggetti che si trovino in stato di detenzione oppure ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o altre strutture residenziali a carico dello Stato o di altra pubblica amministrazione.

Anche i soggetti conviventi e non coniugati possono essere ritenuti  parte di uno stesso nucleo familiare purché inseriti nel medesimo stato di famiglia. Infatti, all’interno della famiglia anagrafica sono compresi l’insieme di persone conviventi, legate da un vincolo di matrimonio, di parentela, di affinità, di tutela o semplicemente affettivo (art. 5 D.P.R. n. 223 del 1989).

Detto ciò in ordine alla composizione del nucleo familiare è necessario che al momento della presentazione della domanda per il RdC e per tutta l’erogazione del beneficio, tutti i soggetti siano in possesso dei seguenti requisiti: – cittadinanza italiana e dell’Unione europea. Si considerano anche gli stranieri extracomunitari purché dotati del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo; – residenza in Italia per almeno 10 anni, di cui gli ultimi due considerati al momento della presentazione della domanda; – ISEE (Indicatore situazione economica equivalente) inferiore a 9.360 euro; – un patrimonio immobiliare, diverso dalla prima casa, non superiore a 30.000 euro; – un patrimonio mobiliare (esempi depositi, conti correnti, ecc.) superiore a 6.000 euro per i nuclei composti da un solo componente, a 8.000 euro per i nuclei composti da due componenti; 10.000 euro per i nuclei compisti da tre o più componenti, incrementati di 1.000 euro per ogni figlio a partire dal terzo. Tali massimali sono ulteriormente incrementati di 5.000 euro per ogni componente con disabilità presente nel nucleo; -un reddito familiare inferiore ad una soglia di 6.000 euro annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza (pari a 1 per il primo componente del nucleo familiare ed aumentato di 0,4 per ogni ulteriore membro di età superiore ai 18 anni e di 0,2 se di età inferiore ai 18 anni, fino ad un massimo di 2,1). La predetta soglia è elevata a 7.560 euro ai fini dell’accesso alla pensione di cittadinanza. In ogni caso la stessa è portata a 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in una abitazione in locazione, come risultante dalla D.S.U.

Nessuno dei membri del nucleo familiare deve essere intestatario a qualunque titolo (anche solo di leasing) o avere la disponibilità di autoveicoli immatricolati la prima volta nei sei mesi antecedenti la richiesta per il reddito di cittadinanza, ovvero di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati per la prima volta nei due anni antecedenti, esclusi quei veicoli per cui è prevista un’agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità. Non è possibile avere la disponibilità di navi e di altre imbarcazioni da diporto.

Per quel che attiene ai trattamenti assistenziali eventualmente percepiti si pone il problema associato alla loro indicazione all’interno dell’ISEE e dunque in ordine all’eventuale superamento per il tramite degli stessi della soglia di 9.360 euro sopra individuata.

Non vanno incluse nell’ISEE pensioni e assegni per il sostegno al reddito riconosciute dall’Inps, atteso che sarà lo stesso ente a rilevarli e calcolarli. Vanno invece dichiarate le altre prestazioni erogate da soggetti pubblici diversi dall’Inps, eccettuate: esenzione e agevolazioni per il pagamento dei tributi; riduzioni nella compartecipazione al costo dei servizi (esempio sconti sugli abbonamenti inerenti i mezzi di trasporto pubblici); erogazioni di buoni servizi o voucher che svolgono la funzione di sostituzione dei servizi; contributi erogati a titolo di rimborso spese perché assimilabili alla fornitura diretta di beni e servizi.

In relazione ai trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari in favore dei disabili, come chiarito dal Consiglio di Stato nelle sentenze n. 838, 841, 842 del 2016, non vanno ricompresi nell’ISEE in quanto i medesimi non hanno una funzione remunerativa, ma assolvono alla funzione di ristabilire la parità morale e competitiva con le persone non affette da disabilità.

Posto ciò il D.L. n. 4/2019 specifica che quei trattamenti assistenziali che vengono inclusi nell’ISEE (e dunque riferiti a precedenti anni fiscali) vengono sottratti nella determinazione del reddito familiare, salvo però aggiungervi quegli emolumenti che risultano in corso di godimento nell’anno in cui viene presentata la domanda per il RdC. Ciò ha la finalità di evitare un cumulo tra i trattamenti in corso di godimento e il beneficio attuale, pertanto i medesimi vengono valutati ai fini del superamento o meno delle soglie  di reddito familiare.

Analoga procedura di sottrazione opera in caso di percepimento della S.I.A. (Sostegno per l’Inclusione Attiva), del reddito di inclusione o delle misure regionali di contrasto alla povertà.

E’ opportuno evidenziare che qualora i componenti del nucleo familiare siano di età superiore ai 67 anni, gli stessi percepiranno la pensione di cittadinanza (PdC). Se tale condizione sopravviene durante il periodo di erogazione del RdC, allora quest’ultimo si convertirà automaticamente in PdC, a decorrere dal mese successivo a quello del compimento del 67° anno del componente più giovane. La circostanza che il nucleo familiare riceve la pensione anziché il reddito di cittadinanza è dirimente dato che la prima non ricollega alla sua erogazione adempimenti legati al lavoro.

Ammontare del RdC/PdC

Il beneficio economico si compone di due elementi:

  1. Quota A assolve alla funzione di integrazione del reddito familiare e arriva ad un massimo di 000 euro annui (7.560 in caso di PdC), moltiplicati per il corrispondente parametro della scala di equivalenza a seconda della composizione del nucleo familiare. Si arriva quindi a percepire 500 euro al mese se il compente del nucleo familiare è uno solo ovvero 700 euro al mese se il nucleo comprende due membri maggiorenni o 800 euro al mese se composto da due maggiorenni o minorenni (N.B. questi esempi riguardano chi possiede un reddito familiare effettivo pari a 0).

  2. Quota B nel caso in cui il nucleo familiare risiede in abitazione in locazione è prevista un’ulteriore integrazione pari all’ammontare del canone annuo pattuito e risultante dalla dichiarazione ISEE presentata, fino ad un massimo di 360 euro annui (1.800 euro in caso di PdC), pari a 280 euro al mese. Quindi nel caso del single in affitto con reddito familiare effettivo pari a 0 lo stesso finirà per percepire 780 euro (500+280). Se in luogo della locazione risulta un contratto di mutuo per l’acquisto dell’abitazione familiare, allora l’integrazione sarà concessa fino ad un massimo di 1.800 euro annui, ossia 150 euro mensili (in questo caso la misura è la stessa sia per il RdC che per la PdC).

Il beneficio economico in questione è esente dal pagamento dell’Irpef e non può raggiungere una soglia (per il single) superiore a 9.360 euro (6000+3360), moltiplicata sempre per il parametro della scala di equivalenza. A ogni modo lo stesso non potrà essere inferiore a 480 euro annui.

Per calcolare la quota di RdC si può applicare la seguente formula:

Reddito familiare massimo Reddito familiare effettivo (+eventuale canone di locazione o mutuo)/12

Il reddito familiare massimo è così determinato: 6000 (valore fisso) x 1 (singolo componente nucleo familiare) + 0,4 (se è presente un altro componente maggiorenne) + 0,4 (se presente un ulteriore componente maggiorenne)+ 0,2 (se presente un componente minorenne), fino a 2,1.

A tale valore si sottrare il reddito familiare effettivo, dato dall’insieme dei redditi percepiti dai componenti del nucleo familiare (es. 4.500 euro), e successivamente si divide per le 12 mensilità in modo da accertare il valore annuo.

Il Governo ha provveduto ad effettuare alcuni esempi:

  1. Una persona che vive da sola avrà fino a 780 euro al mese di RdC: fino a 500 euro come integrazione al reddito più 280 euro di contributo per l’affitto (oppure 150 di contributo per il mutuo);

  2. Una famiglia composta da due adulti e da due figli minorenni avrà fino a 1.180 euro al mese di RdC: fino a 900 euro mensili come integrazione al reddito più 280 euro di contributo per l’affitto (oppure 150 per il mutuo);

  3. Una famiglia composta da due adulti, un figlio maggiorenne e uno minorenne avrà fino a 1.280 euro al mese di RdC: fino a 1000 euro mensili come integrazione al reddito più 280 euro di contributo per l’affitto (oppure 150 per il mutuo);

  4. Una famiglia composta da due adulti, da un figlio maggiorenne e due minorenni avrà fino a 1.330 euro al mese di RdC: fino a 1050 euro mensili come integrazione al reddito più 280 euro di contributo per l’affitto (oppure 150 per il mutuo);

Resta fermo il fatto che il beneficio opera per un periodo continuativo non superiore ai diciotto mesi e può essere rinnovato, previa sospensione dell’erogazione del medesimo per un periodo di un mese prima di ciascun rinnovo (tale sospensione non opera nel caso della Pensione di cittadinanza). Eventuali variazioni nel suo ammontare potranno aversi qualora mutino le condizioni reddituali e familiari rispetto a quelle esistenti al momento della presentazione della domanda.

Procedimento per richiedere il RdC/PdC

Per presentare la domanda (il modulo è scaricabile all’indirizzo https://www.redditodicittadinanza.gov.it/), occorre aver presentato la Dichiarazione Sostitutiva Unica (D.S.U.) ai fini ISEE.

Non si tratta dell’ISEE vera e propria ma di un documento che si compone in parte di dati autodichiarati (es. i dati anagrafici, i beni patrimoniali posseduti al 31 dicembre dell’anno precedente a quello di presentazione della dichiarazione) e in parte di dati acquisiti dall’Agenzia delle entrate (reddito complessivo ai fini IRPEF) e dall’Inps (trattamenti assistenziali, previdenziali, indennitari erogati dall’Inps per ragioni diverse dalla condizione di disabilità e non rientranti nel reddito complessivo ai fini IRPEF).

I redditi in essa contenuti sono riferiti al secondo anno solare antecedente rispetto a quello di presentazione della D.S.U. (es. con la D.S.U. 2019 si farà riferimento ai dati reddituali inerenti il 2017). A ogni modo se al momento della presentazione di tale dichiarazione vi è già un ISEE in corso di validità e sono sopravvenuti mutamenti della situazione economica del nucleo familiare (es. disoccupazione sopravvenuta o assunzione lavorativa), in misura superiore al 25% di quanto attestato nell’ISEE corrente, è necessario presentare un diverso modello di D.S.U., denominato D.S.U. ISEE corrente (i relativi moduli e le istruzioni per procedere alla compilazione sono scaricabili al seguente link  http://www.lavoro.gov.it/strumenti-e-servizi/Modulistica/Pagine/Modulistica.aspx, sotto la voce ISEE).

La dichiarazione può essere compilata personalmente (oppure è possibile farsi assistere dai Caf, compilando il mandato scaricabile al link https://www.inps.it/NuovoportaleINPS/default.aspx?itemdir=50087&lang=IT), per poi essere consegnata, ai fini del calcolo ISEE, a uno dei seguenti soggetti: ente che eroga la prestazione sociale agevolata; Comune; Caf; Inps in via telematica; tramite il sito internet www.inps.it nella sezione “servizi online- servizi per il cittadino”.

Non occorre ulteriore documentazione in quanto sarà poi l’Inps a svolgere le verifiche in ordine all’effettivo ammontare dell’ISEE.

La D.S.U. può comunque essere presentata contestualmente alla domanda per il RdC/PdC (specie se si procede tramite i Caf). Quest’ultima può essere proposta a partire dal 6 di ogni mese in modalità cartacea presso gli uffici postali, oppure online al link www.redditodicittadinanza.gov.it tramite le credenziali SPID (occorre pertanto dotarsi di identità digitale, ottenibile anche gratuitamente avvalendosi del relativo servizio messo a disposizione sul sito delle poste italiane), ovvero presso i Caf.

Le informazione contenute nella domanda sono poi comunicate all’Inps entro dieci giorni lavorativi dalla richiesta. L’Inps, a sua volta, entro cinque giorni dalla ricezione verifica il possesso dei requisiti sopra esposti per l’accesso al beneficio. A ogni modo il riconoscimento avviene entro i trenta giorni successivi alla trasmissione della domanda all’Inps (N.B. non dalla presentazione della richiesta).

L’accoglimento o il rigetto dell’istanza sarà comunicato dall’ente tramite e-mail e/o sms ai recapiti indicati nella propria domanda. Ottenuto l’accoglimento sarà comunque necessario attendere la successiva comunicazione delle poste in cui viene fissato un appuntamento per ritarare la Carta RdC ed il relativo Pin.

In merito ai contenuti delle dichiarazioni è bene effettuare talune precisazioni.

Le falsità o omissioni effettuate nella D.S.U. o nella domanda per il RdC/PdC  sono sanzionate penalmente con la reclusione da due a sei anni (salvo che siano integrati gli estremi del 640 bis c.p., ossia truffa aggravata per il perseguimento di erogazioni pubbliche, per la quale è prevista la pena fino a 7 anni), nonché con la decadenza dal beneficio e obbligo di restituzione di quanto indebitamente percepito.

Analoghe sanzioni valgono anche nell’ipotesi in cui siano mancate le comunicazioni attinenti alle variazioni del nucleo familiare o della situazione reddituale.

Infatti se al momento della presentazione della domanda di RdC/PdC risulta che uno o più dei membri del nucleo familiare stiano svolgendo una sopravvenuta attività lavorativa subordinata (anche irregolare, ossia “in nero” ), autonoma, di impresa, non rilevata nell’ISEE per l’intera annualità, è necessario barrare l’apposita casella contenuta a pag. 8 quadro E della domanda.

E’ altresì necessario allegare all’istanza un ulteriore modulo, denominato “Modello RdC/PdC- Com Ridotto”, entro trenta giorni dalla presentazione dell’istanza, recandosi ai Caf convenzionati.

Qualora l’attività lavorativa sia invece sopravvenuta nel corso del godimento del beneficio (quindi a domanda già presentata) o quella già comunicata con il Modello c.d. “Ridotto” si sia protratta per tutto l’anno solare di godimento del RdC, occorrerà comunicare tali variazioni all’Inps compilando il “Modello RdC/PdC- Com Esteso” e consegnandolo di persona ai centri per l’impiego o tramite l’apposita piattaforma SIUPL, entro trenta giorni dall’inizio dell’attività.

Tale Modello (scaricabile insieme a quello ridotto sempre sul sito del reddito di cittadinanza) deve essere altresì presentato in caso: di sopravvenienza nel nucleo familiare (sempre dopo la presentazione della domanda di RdC), di componenti in stato detentivo o ricoverati in istituti di cura di lunga degenza o in altre strutture residenziali a totale carico dello Stato o di altra pubblica amministrazione, ovvero in caso di cessazione dello stato di detenzione e ricovero e conseguente rientro nel nucleo familiare; di dimissioni volontarie dal lavoro di uno o più membri del nucleo (escluse le dimissioni per giusta causa); di variazione  del patrimonio mobiliare e immobiliare da cui consegua la perdita dei requisiti economici richiesti per l’ottenimento del RdC (es. acquisto di una seconda casa; acquisto di autovetture) e in questo caso la comunicazione dovrà essere effettuata nel termine di quindici giorni dal verificarsi della variazione.

Oltre ai mutamenti delle situazioni reddituali e patrimoniali occorre considerare anche quelli concernenti la composizione del nucleo familiare. Infatti, se il nucleo varia rispetto a quello risultante dall’attestazione ISEE in corso di validità (es. un figlio si sposa o ha a sua volta un figlio o non risulta più a carico), è necessario ripresentare la D.S.U. aggiornata entro due mesi dalla variazione e anche una nuova domanda di RdC/PdC, pena la decadenza dal beneficio. Tuttavia se tale variazione è dovuta a nascita o decesso di un componente sarà necessario ripresentare solo la D.S.U.

Tali comunicazioni sono essenziali poiché servono all’Inps per verificare se vi siano ancora le condizioni per riconoscere ai beneficiari il godimento della misura, nonché per rideterminarne l’importo, specie nel caso di sopravvenuta attività lavorativa. Inoltre, da ciò emerge anche come il beneficio possa essere conseguito anche se i componenti del nucleo svolgono attività lavorativa

D.I.D., Patto per il Lavoro, Patto per l’inclusione sociale

Come accennato in precedenza il reddito di cittadinanza non è una misura assistenziale, ma strumento di sostegno al reddito familiare di carattere condizionato, ossia la cui erogazione è ricollegata all’adempimento di taluni obblighi.

Tra questi rientra in primo luogo la sottoscrizione della dichiarazione di immediata disponibilità (D.I.D.) al lavoro da parte di tutti i componenti del nucleo familiare, la quale deve essere resa, entro trenta giorni dall’accoglimento della domanda presso i centri per l’impiego, i patronati convenzionati con l’ANPAL o per il tramite dalla piattaforma digitale SIUPL.

Sono esclusi da tali obbligo e più in generale dalla necessità di sottoscrivere un patto di servizio: i minori; i beneficiari del Rdc che risultano già in pensione; i soggetti di oltre 65 anni di età; i beneficiari della PdC; i soggetti con disabilità (disabili con riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% accertata dalle commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile, oppure invalidi del lavoro con invalidità superiore al 33% accertato dall’INAIL, non vedenti, sordomuti, invalidi di guerra), solo qualora non sia previsto il collocamento mirato; soggetti già occupati o che frequentano un regolare corso di studi o di formazione.

A questi si aggiungono i componenti con carichi di cura nei confronti di soggetti minori di tre anni di età o di componenti del nucleo con disabilità grave o non autosufficienza.

Il richiedente entro trenta giorni dalla comunicazione Inps, attinente all’accoglimento della sua domanda, viene convocato dai centri per l’impiego per procedere alla sottoscrizione di un patto di servizio denominato Patto per il lavoro. Qualora non abbia già presentato la D.I.D. vi provvede contestualmente alla sottoscrizione di tale patto. E’ bene chiarire che il Patto per il lavoro dovrà essere sottoscritto anche dagli altri componenti il nucleo familiare, purché essi ed il richiedente rientrino in almeno una delle seguenti categorie: – assenza di occupazione da non più di due anni (un’assenza maggiore sarebbe infatti ostativa all’agevole reperimento di un posto di lavoro sul mercato); – età inferiore ai 26 anni; – essere beneficiario della NaspI o di altro ammortizzatore per la disoccupazione involontaria o averne terminato la fruizione da non più di un anno; – aver sottoscritto negli ultimi due anni un Patto di servizio in corso di validità presso i centri per l’impiego.

Se il richiedente non rientra in nessuna di esse allora dovrà indicare in occasione della sua convocazione presso il centro per l’impiego, il componente del nucleo familiare che risulta idoneo e che può pertanto sottoscrivere il patto in questione nell’ambito di un incontro successivo presso il centro per l’impiego (in tale contesto quest’ultimo potrà sottoscrivere anche la D.I.D., dato che i componenti diversi dal richiedente, devono provvedervi entro i trenta giorni successivi al primo incontro presso il centro per l’impiego del richiedente).

L’art. 7, comma 11, del D.L. n. 4/2019 specifica, in tal senso, che se il richiedente si trova in condizioni diverse da quelle necessarie (es. disoccupato da più di due anni), entro trenta giorni dal riconoscimento del beneficio, è convocato anziché dal centro per l’impiego, dai servizi competenti per il contrasto alla povertà dei comuni. In questo caso andrà sottoscrivere anziché il Patto per il lavoro, quello “per l’inclusione sociale” che coinvolgerà sia i servizi sociali che i centri per l’impiego.

I vincoli derivanti dal riconoscimento  del beneficio sono: – registrarsi sull’apposita piattaforma digitale (SIUPL) e consultarla quotidianamente come supporto nella ricerca del lavoro; – svolgere ricerca attiva del lavoro secondo le modalità fissate nel Patto per il lavoro, che individua le attività che devono essere svolte settimanalmente; – accettare di essere avviato a corsi di formazione o riqualificazione professionale (in modo da essere più appetibili nel mercato del lavoro), o di aderire a progetti per favorire l’auto-imprenditorialità, tenuto conto delle competenze, delle inclinazioni professionali e delle eventuali propensioni; – sostenere colloqui psicoattitudinali ed eventuali prove di selezione finalizzate all’assunzione; – accettare tre offerte di lavoro “congrue”.

Come si vede la misura presuppone lo svolgimento di una serie di attività dirette a permettere al soggetto disoccupato di migliorare la propria situazione economica e familiare tramite il reperimento del lavoro, salvo però contare durante questo periodo di ricerca e formazione, sul sostegno rappresentato dal RdC.

Per quel che attiene alla congruità, l’offerta per essere ritenuta tale deve presentare le seguenti caratteristiche: a) se intervenuta entro i primi 12 mesi e si tratta di prima offerta, è congrua se l’attività lavorativa proposta non dista più di 100 Km dalla residenza o è raggiungibile in cento minuti con i mezzi di trasporto pubblico. Se si tratta di seconda offerta aumenta la distanza, ossia non più di 250 km, invece per la terza offerta, la stessa è ritenuta congrua a prescindere da dove sia collocata nel territorio italiano; b) se intervenuta dopo i primi 12 mesi è congrua la prima o seconda offerta entro i 250 km oppure ovunque collocata sul territorio italiano in caso di terzo offerta; c) in caso di rinnovo del beneficio e dunque di offerta dopo i 18 mesi è congrua ovunque collocata nel territorio italiano, anche se si tratta di prima offerta.

A ogni modo se è stata accettata un’offerta che implica uno spostamento oltre i 250 km, il beneficiario continua a percepire il RdC a titolo di compensazione delle spese di trasferimento sostenute per i primi tre mesi dall’inizio del nuovo impiego. Se nel nucleo familiare sono presenti componenti con disabilità, l’offerta è congrua se non eccede i 250 km di distanza e se ne viene accettata una eccedente tale misura, allora il beneficio è conservato per i successivi dodici mesi, sempre a titolo di compensazione delle spese di trasferimento.

I sottoscrittori del Patto per il lavoro e del Patto per l’inclusione sociale sono tenuti altresì a offrire la propria disponibilità per la partecipazione a progetti comunali utili alla collettività , in ambito culturale, sociale, artistico, ambientale, formativo e di tutela dei beni comuni, per un periodo non superiore alle otto ore settimanali. Per i soggetti esclusi dalla sottoscrizione di tali patti e prima ancora della D.I.D., tale partecipazione è facoltativa.

Come si utilizza la Carta RdC/PdC

Alcune informazioni attinenti alle modalità di utilizzo sono specificate sul sito delle Poste italiane, in cui si afferma che la Carta può essere usata esclusivamente dal titolare e non può essere ceduta o data in uso a terzi. Il titolare è tenuto ad apporre la propria firma nell’apposito spazio sul retro della Carta RdC all’atto della ricezione della stessa.

Ad ogni carta è associato un codice personale segreto PIN, consegnato contestualmente alla card, in busta chiusa. Il PIN è necessario per l’utilizzo della card presso i terminali POS e gli ATM, tuttavia la tessera è dotata di tecnologia “contactless” che permette di pagare senza tale digitazione (per importi inferiori ai venticinque euro), purché gli esercizi commerciali, in cui viene impiegata, siano dotati di terminali POS abilitati.

E’ possibile soddisfare con la Carta RdC le stesse esigenze per cui in precedenza era impiegabile la “Carta acquisti”, disciplinata dal D.L. n. 112 del 2008. Si tratta essenzialmente di acquisti per beni e servizi base (es. per fare la spesa, per acquistare farmaci con lo sconto del 5%, per pagare bollette), nonché per pagare affitti e mutui tramite bonifici. E’ fatto espresso divieto il suo impiego in giochi di azzardo.

E’ consentito il prelievo di contanti nel limite di 100 euro mensili per singolo individuo, moltiplicato per la scala di equivalenza, fino ad un massimo di 210 euro al mese.

L’importo viene accreditato sulla carta il mese successivo a quello di erogazione (ad es. chi ha presentato domanda a marzo, lo percepirà ad aprile anche se è già giunta comunicazione da parte dell’Inps, in ordine all’accreditamento a maggio). Qualora entro il mese l’ammontare del beneficio non venga speso o prelevato, allora l’ammontare del RdC per il mese successivo è ridotto in misura pari al 20% dell’importo non speso e residuato. Se a seguito delle verifiche emerge che siano stati cumulati i benefici per sei mesi, viene decurtato l’intero importo dalla carta fatta eccezione per una mensilità.

Decadenza dal RdC

La decadenza dal beneficio è disposta quando uno dei componenti il nucleo familiare, essendovi tenuto: – non effettua la D.I.D.; – non sottoscrive il Patto per il lavoro o il Patto per l’inclusione sociale; – non partecipa, in assenza di un giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altre iniziative di politica attiva; – non aderisce ai progetti di rilevanza sociale presso i comuni; – non accetta almeno una delle tre offerte congrue o in caso di rinnovo la prima offerta congrua utile; – non effettua le comunicazioni previste in caso di variazioni del nucleo familiare e delle situazioni reddituale patrimoniale.

Come visto la decadenza è disposta dall’Inps (con conseguente disattivazione della card), anche in caso di accertamento di falsità o omissioni che integrano condotta penalmente rilevante, come tale comunicata entro dieci giorni dall’accertamento all’autorità giudiziaria, unitamente alla documentazione.

In caso di mancata presentazione alle convocazioni presso i centri per l’impiego o presso i comuni da parte anche di un solo componente del nucleo familiare si prevede la decurtazione: di una mensilità alla prima mancata presentazione; di due mensilità alla seconda mancata presentazione; decadenza dalla prestazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.

Ulteriori decurtazioni sono previste nelle situazioni di mancata partecipazione alle iniziative di orientamento, di istruzione e di formazione.

Al di fuori delle decadenze associate a condotte penalmente rilevanti, se il beneficio viene revocato il RdC può essere nuovamente richiesto decorsi diciotto mesi dalla revoca o decadenza (sei mesi se sussistono minori o disabili), se si ricorrono nuovamente i requisiti per il suo ottenimento.

Prima di concludere è opportuno ricordare che il decreto in esame prevede anche sgravi fiscali in favore dei datori di lavoro che assumono soggetti beneficiari del RdC nonché agevolazioni a sostegno della imprenditorialità.


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