Referendum Autonomia, 22 ottobre: di cosa si tratta?
In questo ultimo periodo, a chiunque abiti in Lombardia o in Veneto è parso di vedere alcuni manifesti, sparsi per la città, con la scritta “22 ottobre 2017: referendum per l’autonomia“.
Cos’è? Di cosa si tratta? Quale autonomia?
Innanzitutto, occorre precisare che il referendum non si riferisce ad alcuna (pur in passato invocata) secessione o indipendenza. Si tratta di un referendum consultivo, indetto da Roberto Maroni e Luca Zaia, al fine di chiedere ai cittadini di pronunciarsi a favore o contro la possibilità, per la Regione, di domandare al governo maggiore autonomia, così come previsto dall’articolo 116 della nostra Costituzione.
Infatti, l’articolo 116 afferma la possibilità per ciascuna Regione di chiedere allo Stato ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, in alcune materie previste dall’articolo 117.
Quali siano le materie o le questioni su cui si richiede maggiore autonomia ancora non si sa e non viene ben spiegato dai due Governatori. Tuttavia, l’art. 116 della Costituzione, al terzo comma, consente alle Regioni a statuto ordinario di chiedere l’attribuzione di ulteriori competenze nelle materie di legislazione concorrente e, limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, alle norme generali sull’istruzione e alla tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, in quelle di legislazione esclusiva dello Stato.
A discapito della chiarezza, il risultato di questa operazione politica (criticata da più parti) è, appunto, l’enorme dibattito suscitato tra le forze politiche avversarie. C’è chi, come il capogruppo dei Democratici in Consiglio regionale lombardo, Enrico Brambilla, parla di “costosa consultazione sul nulla”. Perché è da sapere che, il referendum non avrà alcuna efficacia vincolante.
Tuttavia, ai sensi dell’articolo 27, comma 2, dello Statuto regionale Veneto, in caso di partecipazione al voto della maggioranza degli aventi diritto, il consiglio regionale è tenuto ad esaminare l’argomento referendario entro novanta giorni dalla proclamazione dei risultati[1]; in tale evenienza – in caso di affermazione positiva – il presidente della giunta presenta all’assemblea legislativa un programma di negoziati che intende condurre con l’esecutivo statale, unitamente ad un disegno di legge che recepisca il percorso e i contenuti per il conseguimento dell’autonomia differenziata.[2]
Nel caso della Regione Lombardia, il referendum è previsto dall’articolo 52 dello Statuto regionale e, ai fini della validità, non si applica alcun quorum[3]; inoltre, il referendum si svolgerà con votazione elettronica.[4]
Quindi, perché si fa? Sembra trattarsi di un’operazione politica con un solo fine: se dovesse vincere il sì di un forte sentimento popolare, questo potrebbe aumentare la probabilità, che la richiesta delle due Regioni venga accolta dallo Stato.
La data prescelta per la consultazione referendaria, concordata insieme al presidente della Lombardia, dovrebbe aiutare – secondo le intenzioni di Zaia – a «dare una risposta corale» allo storico plebiscito del 1866 e riaffermare la «genetica voglia di autodeterminazione» del popolo veneto».[5]
Legge regionale statutaria 17 aprile 2012, n. 1 “STATUTO DEL VENETO”, su Consiglio Regionale Veneto. URL consultato il 26 giugno 2017.
Art. 2, c. 2, legge regionale n. 15 del 2014.
Chi può votare, quando e come si vota, su Regione Lombardia. URL consultato il 30 maggio 2017.
Maroni: referendum con il Veneto «Voto elettronico in ottobre», in Corriere del Veneto, 8 marzo 2017. URL consultato il 1º giugno 2017.
Zaia: referendum il 22 ottobre. Salvini: «Dopo 30 anni più libertà», in Corriere del Veneto, 21 aprile 2017. URL consultato il 23 maggio 2017.
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Chiara Ghignatti
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