Regime giuridico e riparto di giurisdizione nelle concessioni autostradali
Concessioni, autorizzazioni e licenze costituiscono tipici provvedimenti amministrativi di carattere ampliativo, adottati dalla Pubblica Amministrazione in favore del privato richiedente.
Se da un lato la licenza consente al privato di avviare determinate attività commerciali, nel rispetto delle previsioni contenute nel provvedimento stesso, la concessione si distingue dall’autorizzazione per la mancanza nella prima di un preesistente diritto o facoltà attribuiti ex lege al privato.
Infatti, secondo l’impostazione tradizionale, la concessione attribuirebbe ex novo poteri e facoltà al privato concessionario, con efficacia costitutiva, in quanto spettanti ab origine alla PA concedente. Viceversa, l’autorizzazione rimuoverebbe un ostacolo al pieno esercizio di diritti e facoltà già riconosciuti legalmente in favore del privato.
Secondo altra tesi, invece, la differenza tra autorizzazione e concessione andrebbe individuata nello sfruttamento di un bene o nella fornitura di un servizio in favore della collettività, tipica funzione della concessione del tutto assente, al contrario, nel provvedimento autorizzatorio. Ne conseguirebbe, pertanto, una netta distinzione tra attività di interesse pubblico, svolta dal privato in regime concessorio, e attività di interesse privato, attivata da quest’ultimo se beneficiario di una autorizzazione.
In tal modo si evidenzia la funzione principale del provvedimento concessorio, ossia quella di garantire il miglior godimento di servizi pubblici o il massimo sfruttamento di beni pubblici da parte della collettività.
L’assolvimento di tale funzione avviene mediante il conferimento da parte della PA in favore del privato di pubblici poteri, dando luogo così al c.d. “esercizio privato di pubbliche funzioni”. Il privato concessionario risulta, pertanto, titolare di veri e propri poteri pubblicistici di carattere inibitorio, repressivo e, secondo alcuni, anche ablatorio. L’attribuzione di pubblici poteri in favore del privato non comporta, tuttavia, una deroga al principio di legalità e al principio della competenza funzionale di cui all’art. 97 c. 2 Cost., ma rientra nel più ampio potere della P.A. di organizzare i propri “uffici”, ossia le proprie “attività”, anche ricorrendo all’esercizio privato di pubbliche funzioni, mediante strumenti di partenariato pubblico-privato contrattualizzato, ossia società a partecipazione pubblica.
Tali connotati risultano comuni a tutte le tipologie concessorie disciplinate dal d.lgs. 50/2016, distinte in base all’oggetto del provvedimento concessorio e al relativo regime giuridico, ossia alle concessioni di lavori e di servizi. Per quanto riguarda, invece, la concessione di beni, essa è diretta a sfruttare al meglio i beni pubblici in favore della collettività, andandosi così a distinguere dalle concessioni di lavori e di servizi. Inoltre, alla concessione di beni non si applica né il d.lgs. 50/2016, né la direttiva 2014/23/UE, né l’art. 49 TFUE, bensì i soli principi comuni di cui all’art. 4 d.lgs. 50/2016, a meno che non si tratti di beni strumentali ai servizi pubblici. Infatti, in tal caso, la relazione di accessorietà tra il bene e il servizio rende prevalente la disciplina del secondo su quella del primo, con conseguente qualificazione della concessione in termini di concessione di servizio pubblico.
Ciò è stato recentemente chiarito dalla Corte di Giustizia UE, pronunciatasi in materia di proroghe e rinnovi automatici delle concessioni di beni marittimi e lacuali. Infatti, secondo la Corte Europea, essendo le concessioni di beni pubblici c.d. “pure” escluse dall’ambito applicativo della direttiva 2014/23/UE, ad esse andrebbe individuato un trattamento normativo differente, sia pur nel rispetto dei principi di economicità, efficacia, imparzialità, parità di trattamento, trasparenza, proporzionalità, pubblicità, tutela dell’ambiente ed efficienza energetica, trattandosi di “settori esclusi”, ai sensi del par. 15 della dir. 2014/23/UE. Inoltre, alla concessione di beni pubblici trova applicazione l’art. 133 l. b) c.p.a., il quale devolve tale materia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ad esclusione delle controversie concernenti canoni, indennità e altri corrispettivi.
Il codice dei contratti pubblici definisce e disciplina le concessioni di lavori e quelle di servizi, ex art. 3 lett. w) e vv), in tal modo differenziandosi dal previgente d.lgs. 163/2006, il quale escludeva dall’ambito applicativo del codice le concessioni di servizi. Per “concessione di lavori” si intende un contratto a titolo oneroso e forma scritta avente a oggetto l’esecuzione di lavori, la progettazione e l’esecuzione, ovvero la progettazione definitiva di lavori, con diritto di gestire la opere a titolo di corrispettivo della gestione, ovvero con tale diritto accompagnato da un prezzo.
Le “concessioni di servizi”, invece, sono definite come contratti a titolo oneroso e forma scritta, aventi ad oggetto la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori, con annesso diritto di gestire i servizi a titolo di corrispettivo, ovvero tale diritto accompagnato da un prezzo. Spesso, inoltre, accanto alle concessioni di lavori sono stipulate concessioni di servizi, rendendo necessaria un’indagine dell’interprete sulla reale intenzione delle parti e sul corretto inquadramento giuridico della convenzione stipulata, dal quale conseguentemente discende un differente regime giuridico.
Ciò ricorre in particolar modo nell’ambito delle concessioni autostradali, inquadrabili tanto nelle concessioni di lavori, quanto nelle concessioni di servizi. In tal caso, infatti, si verifica in un primo momento la realizzazione della rete autostradale mediante organizzazione di mezzi e risorse a carico del concessionario, e successivamente la gestione del servizio stesso in favore dell’utenza, la quale sarà tenuta a pagare un prezzo per l’erogazione del servizio. La compresenza di elementi tipici della concessione di lavori, quali la realizzazione di opere e l’assunzione del rischio di gestione delle stesse, e della concessione di servizi, quali la fornitura e la gestione del servizio, implica una necessaria indagine sulla reale ed effettiva volontà delle parti, al fine di individuare la natura giuridica della concessione e il relativo regime giuridico.
Se, infatti, in entrambe le ipotesi il legislatore presuppone il previo esperimento della procedura di evidenza pubblica, la differente qualificazione della concessione in termini di concessione di lavori o di servizi determina invece una differenza in punto di giurisdizione, dal momento che la prima sarebbe inquadrabile ex art. 133 l. e) n. 1 c.p.a., mentre la seconda ex art. 133 l. c) c.p.a. Pertanto, nel primo caso la giurisdizione esclusiva si estenderebbe alla procedura di affidamento, alle controversie risarcitorie e a quelle relative all’inefficacia del contratto a seguito di annullamento dell’aggiudicazione; nel secondo caso, invece, la giurisdizione esclusiva riguarderebbe soltanto la materia dei pubblici servizi, comprensiva sia dei provvedimenti adottati dalla PA che dal gestore di servizio pubblico, escluse le controversie relative a canoni, indennità e altri corrispettivi.
L’indagine sulla reale ed effettiva volontà delle parti potrebbe condurre a privilegiare la qualificazione della concessione autostradale o in termini di concessione di lavori, qualora la fornitura del servizio risulti soltanto accessoria alla realizzazione dell’opera; ovvero in termini di concessione di servizi, qualora invece l’opera appaia soltanto funzionale all’erogazione del servizio. Si tratta in tale ultimo caso delle c.d. concessioni di lavori strumentali a servizi, in cui la costruzione dell’opera risulterebbe soltanto accessoria e strumentale al servizio stesso.
Il corretto inquadramento giuridico della concessione autostradale consente, inoltre, di distinguerla dalle figure dell’appalto di lavori e di servizi, anch’essi disciplinati dal d.lgs. 50/2016, ex art. 3 lett. ll) e ss). Il primo, analogamente alla concessione di lavori, ha ad oggetto l’esecuzione, la progettazione esecutiva e l’esecuzione di un’opera; il secondo, invece, concerne la prestazione di servizi diversi dai lavori. Nonostante l’oggetto risulti apparentemente simile, appalto e concessione sono distinti soprattutto per il differente riparto del rischio tra PA affidante e privato aggiudicatario.
Mentre, infatti, l’appaltatore risulta gravato esclusivamente dal rischio di costruzione, ex art. 3 lett. aaa) d.lgs. 50/2016, trattandosi di un rischio legato al ritardo nei tempi di consegna, al mancato rispetto degli standard di progetto, all’aumento dei costi, a inconvenienti di tipo tecnico; il concessionario assume il rischio operativo, definito dall’art. 3 lett. zz) d.lgs. 50/2016 come “il rischio legato alla gestione dei lavori o dei servizi sul lato della domanda o dell’offerta o di entrambi”. Accanto al rischio operativo e a quello di costruzione, il concessionario assume anche il rischio di disponibilità, legato alla capacità di erogare le prestazioni contrattuali pattuite, per volume e standard previsti, e quello di domanda, relativo ai diversi volumi di domanda del servizio, ovvero legato alla mancanza di utenza e di flussi di cassa.
Pertanto, la concessione autostradale risulterebbe pienamente inquadrabile nell’ambito concessorio, piuttosto che in quello dell’appalto, dal momento che solitamente il concessionario assume, oltre all’incarico di realizzare la rete infrastrutturale autostradale, la gestione del servizio stesso in favore dell’utenza, dalla quale ricaverebbe il corrispettivo della gestione.
A tal proposito dottrina e giurisprudenza distinguono la fase pubblicistica a monte da quella privatistica a valle, qualificando la prima come “rapporto di servizio” e la seconda come “rapporto di utenza”. Il rapporto di servizio intercorre tra la PA affidante e il privato aggiudicatario, a seguito della stipula della convenzione. Esso concerne non solo la pattuizione tra le parti sul contenuto economico-patrimoniale del contratto, ossia sul piano economico-finanziario, sulla durata dello stesso ai fini dell’ammortamento dei costi, sulla rideterminazione delle condizioni di equilibrio, sulle variazioni relative ai costi e ai ricavi, sull’eventuale contributo pubblico a titolo di corrispettivo in caso di c.d. “opere fredde”, ovvero “opere tiepide”, ma anche il consenso relativo al contenuto della prestazione, alle modalità di erogazione del servizio, al rispetto di standard qualitativi e quantitativi, nonché di garanzie di accessibilità, non discriminazione, universalità del servizio pubblico. Tali standard saranno successivamente inclusi nelle c.d. Carte dei servizi, istituite nel 1995 assieme all’Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.
Al contrario, il rapporto di utenza si instaura tra il gestore di pubblico servizio e l’utente privato che ne domandi l’erogazione. Nel caso delle concessioni autostradali l’ente Autostrade per l’Italia s.p.a. gestisce direttamente il servizio pubblico, divenendo proprietario della struttura realizzata, e si rapporta con il privato utente, domandando un corrispettivo per l’utilizzo del servizio stesso, ossia il pedaggio autostradale, soggetto ad aumento progressivo in relazione alla tratta percorsa dall’utente.
Il rapporto di utenza consente, inoltre, all’utente di domandare tutela in caso di inadempimento del concessionario nella fornitura del servizio, ossia qualora Autostrade s.p.a. non abbia rispettato standard qualitativi e quantitativi indicati nel contratto stesso e ribaditi nelle Carte dei servizi. In particolare, l’utente potrà sollecitare un comportamento diligente e collaborativo da parte del concessionario, mediante un reclamo, ovvero riceverà ex lege un indennizzo automatico, senza necessaria prova del danno, al ricorrere dei presupposti ex art. 2 c. 12 l. g) l. 481/1995, oltre alle tutele predisposte anche in forma collettiva, ex d.lgs. 206/2005 e 198/2009.
Ulteriori divergenze riscontrabili tra i contratti di appalto di lavori e di servizi e le concessioni di lavori e di servizi riguardano la struttura e il regime giuridico degli stessi.
Per quanto attiene la struttura, infatti, le concessioni sono state dapprima inquadrate nelle convenzioni di natura privatistica, ossia in veri e propri contratti di diritto privatistico in caso di sopravvenienze contrattuali, ossia con applicabilità dei rimedi civilistici del recesso, della risoluzione e dell’azione di esatto adempimento, salvo il risarcimento del danno. Successivamente, valorizzando il principio di continuità dell’azione amministrativa e il mancato esaurimento del potere amministrativo a seguito della stipula della concessione, è prevalsa la tesi della natura giuridica pubblicistica, secondo lo schema della concessione-contratto, in cui alla fase pubblicistica segue quella privatistica del contratto di concessione. In tal modo, la concessione si accostava, sia pur parzialmente, all’appalto, in cui il contratto stipulato all’esito dell’aggiudicazione costituisce un vero e proprio spartiacque tra la fase pubblicistica e quella privatistica, salva la giurisdizione del giudice amministrativo in materia di inefficacia del contratto, ex art. 133 l. e) n. 1 c.p.a. Infatti, da un lato la fase pubblicistica si caratterizza per l’adozione del provvedimento unilaterale concessorio, espressione di discrezionalità amministrativa; dall’altro, il contratto a valle segna l’operatività del regime privatistico e dei connessi rimedi previsti dal codice civile.
In seguito, si è diffusa la tesi della concessione come “accordo procedimentale concessorio”, in cui l’accordo precede e determina il contenuto della concessione, secondo lo schema dell’art. 11 l. 241/1990.
La diversa struttura del provvedimento concessorio incide inevitabilmente sul riparto di giurisdizione: in caso di provvedimento strutturato come concessione- contratto si applicherebbe l’art. 133 l. c) c.p.a.; in caso di accordo procedimentale concessorio verrebbe in rilievo l’art. 133 l a) n. 2 c.p.a, il quale attira invece alla giurisdizione esclusiva anche le controversie inerenti l’esecuzione dell’accordo ex art. 11 l. 241/1990; al contrario, in caso di qualificazione della concessione come contratto di diritto civile si applicherebbe l’art. 133 l. e) n. 1) c.p.a.
Per quanto riguarda il regime giuridico delle concessioni, invece, occorre preliminarmente evidenziare che l’affidamento del servizio o dell’opera da realizzare può avvenire mediante procedura ad evidenza pubblica, ovvero mediante ricorso alla figura dell’in house providing, ovvero tramite costituzione di una società a partecipazione pubblica ed espletamento di una gara a doppio oggetto, relativa sia all’individuazione del socio privato, sia all’affidamento del lavoro o del servizio. Tali differenti modalità di affidamento sono delineate dal d.lgs. 50/2016 e dal d.lgs. 175/2016, nonché, nel caso più specifico delle concessioni autostradali, dall’art. 178 d.lgs. 50/2016, il quale prevede l’obbligo per la PA di predisporre il bando di gara secondo i principi di evidenza pubblica, salvo l’affidamento in house ex art. 5 d.lgs. 50/2016.
Inoltre, il perdurare dei poteri pubblicistici nella fase concessoria di erogazione del servizio legittimerebbe la PA a ricorrere, accanto agli strumenti di autotutela privatistica, a quelli di autotutela pubblicistica. In tal modo l’istituto della concessione si andrebbe a contraddistinguere nettamente da quello dell’appalto, il quale ammetterebbe soltanto l’annullamento ex tunc del provvedimento di aggiudicazione. Infatti, in tema di concessioni l’art. 176 c. 1 del codice dei contratti rinvia espressamente all’esercizio dei poteri di autotutela nonché, più nello specifico, alla revoca ex nunc della concessione, ai sensi del comma 4 dello stesso articolo.
Pertanto, in materia di concessioni si ritengono pacificamente ammessi sia gli strumenti di autotutela privatistica, quali il recesso, la risoluzione per inadempimento, il risarcimento del danno, sia i rimedi pubblicistici della revoca e dell’annullamento d’ufficio, diversamente dall’appalto in cui, invece, si ritiene precluso l’esercizio dei poteri di revoca a seguito dell’aggiudicazione, in quanto sostituita dall’istituto privatistico del recesso.
L’assetto normativo sopra descritto appare ancora attuale alla luce del nuovo codice dei contratti pubblici, attuativo della legge delega n. 78 del 21 giugno 2022, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”, in vigore dal mese di luglio 2023. Infatti, il nuovo testo normativo non muta la disciplina previgente, bensì la dispone su più articoli, spostandola dal vecchio art. 178 d.lgs. 178/2016, ai nuovi artt. 178 c. 5 e 186 cc. 6 e 7. Pertanto, analogamente al codice del 2016, anche il nuovo codice affida la gestione delle tratte autostradali al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti il quale, tenuto conto della specificità della tratta autostradale nonché del rispetto di adeguati standard di sicurezza e viabilità, valuta il modello più idoneo per la gestione del servizio, optando alternativamente tra la procedura ad evidenza pubblica e l’affidamento in house in favore di altre amministrazioni pubbliche appositamente costituite.
In conclusione, riconosciuta la qualificabilità della concessione autostradale nel novero dei provvedimenti latu sensu concessori e, tra questi, nelle concessioni di lavori e di servizi pubblici, in cui i primi sono strumentali ai secondi, la disciplina specifica sulla gestione delle strade ed autostrade pubbliche si ricava principalmente dal codice della strada, il d.lgs. 285/1992.
Infatti tale codice, dopo aver fornito una definizione di autostrada come strada urbana o extraurbana, dotata di sistemi di assistenza all’utente lungo l’intero tracciato, comprese apposite aree di servizio e di parcheggio, ex art. 2 c. 3, dispone alcune prescrizioni relative ai poteri e ai compiti gravanti sugli enti proprietari delle strade. In particolare, essi sono tenuti ad assicurare sicurezza e fluidità della circolazione, garantendo pulizia e manutenzione delle strade, effettuando controlli periodici sull’efficienza delle stesse e sulla visibilità della segnaletica stradale.
Essi provvedono, inoltre, alla segnalazione agli organi di polizia delle violazioni del codice della strada e al rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni. Tali compiti sono tra l’altro estesi espressamente al concessionario delle strade e autostrade oggetto di convenzioni stipulate a seguito di procedura di evidenza pubblica, come appositamente previsto dall’art. 178 d.lgs. 50/2016.
Il legislatore del codice della strada si preoccupa, inoltre, di disciplinare le modalità per il rilascio di autorizzazioni e concessioni autostradali, incaricando il concessionario a riceverle e a trasmetterle all’ufficio competente dell’ANAS.
I provvedimenti di concessione sono accordati senza pregiudizio dei diritti dei terzi e con l’obbligo del titolare di riparare eventuali danni derivanti dalle opere realizzate, secondo il criterio di riparto ex artt. 133 l. c) c.p.a.
Sitografia
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Avv. Eliana Esposito
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