Responsabilità da cose in custodia e sinistro stradale mortale
L’art 2043 c.c. disciplina le ipotesi di responsabilità extracontrattuale, detta anche responsabilità aquiliana o civile. In modo particolare la norma sottolinea come ai fini della configurazione di tale modello di responsabilità occorra la sussistenza di un principio cardine quale è appunto il principio di colpevolezza; infatti, la ratio di tale principio risiede nel tutelare il soggetto danneggiato che subisce un danno per dolo o colpa del danneggiante, il quale a seguito della sua condotta è obbligato a risarcire i danni. Tuttavia, il principio di colpevolezza è un principio suscettibile di deroga; infatti, accanto al modello di responsabilità soggettiva sussistono altri modelli di responsabilità alternativi tra i quali rientra il modello della cd responsabilità oggettiva.
Per definizione la responsabilità oggettiva potrebbe definirsi come quel tipo di responsabilità che viene a sussistere in presenza del solo nesso causale che lega la condotta all’ evento, senza quindi, dover sussistere l’elemento soggettivo (dolo o colpa) ai fini del risarcimento del danno, in tali modelli di responsabilità l’imputazione prescinde dalla colpevolezza del danneggiante.
Nelle ipotesi di responsabilità oggettiva rientra l’art.2051 del codice civile. La norma rubricata – danno da cose in custodia- stabilisce che ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito, quindi viene posto a carico del custode l’obbligo di risarcire i danni cagionati a terzi dalla cosa custodita, infatti lo stesso danno risarcibile non deriva dal fatto dell’uomo ma dal fatto della cosa cioè dal suo modo di essere dinamico – statico sicché l’onere probatorio che spetta al custode per liberarsi dalla responsabilità si sostanzia nel provare l’estraneità della cosa rispetto all’evento dannoso, ossia deve dar prova dell’esistenza di un caso fortuito.
Proprio in riferimento a questa forma di responsabilità si può analizzare l’ordinanza nr. 37515 pronunciata dalla Cassazione civile il 22.12.2022 avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno a seguito di un sinistro stradale mortale.
In modo particolare la vicenda su cui la Corte è stata chiamata a pronunciarsi aveva ad oggetto la domanda che gli eredi del defunto proponevano avverso la Provincia di Brindisi (ente proprietario della strada) per ottenere il risarcimento dei danni ex art 2051 c.c.; la vicenda venutasi a verificare era la seguente: un uomo alla guida lungo la strada provinciale (in eccesso di velocità) si vedeva costretto a sterzare improvvisamente per schivare un gatto che stava attraversando la strada. L’asfalto della strada risultava essere viscido a causa della pioggia; sicché l’uomo al volante nello sterzare perdeva il controllo dell’auto che andava ad impattare contro un palo dell’illuminazione pubblica posto sul lato opposto della carreggiata. Durante l’impatto e a causa delle lesioni subite l’uomo decedeva durante la corsa in ospedale. In primo grado il Tribunale accoglieva la domanda di risarcimento richiesta dagli eredi della vittima, tuttavia la Provincia impugnava la decisione in Appello e la Corte emetteva sentenza in cui dichiarava la insussistenza della responsabilità della Provincia per interruzione del nesso causale per caso fortuito, la perdita di controllo dell’auto era infatti dovuta all’improvviso attraversamento di un gatto e alla velocità del veicolo non adeguata alle condizioni della strada, nonché alle condizioni di usura degli pneumatici non idonei a garantire la massima efficienza del sistema frenante. Inoltre l’onere di provare la sussistenza del nesso causale tra la cosa e l’evento dannoso spettava solo al danneggiato.
Tuttavia gli eredi del defunto impugnavano la sentenza di Appello in Cassazione poiché ritenevano che l’ente non aveva ottemperato agli obblighi di vigilanza e custodia del bene in quanto il palo della luce era stato allocato sulla banchina in calcestruzzo a una distanza inferiore rispetto a quella prevista dal D.M 1988.
La Cassazione ha però dichiarato il ricorso proposto dagli eredi ai fini del risarcimento del danno inammissibile stabilendo che <<l’attraversamento di un gatto, unitamente all’eccessiva velocità dell’auto e all’usura degli pneumatici costituiscono caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale ai fini del risarcimento>>.
Quindi si può concludere affermando che non sussiste la responsabilità dell’ente in quanto la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa deve essere valutata tenendo conto del dovere generale di ragionevole cautela, nel caso esaminato il nesso causale tra condotta ed evento è stato interrotto dal comportamento del danneggiato che avrebbe potuto prevedere sicuramente che da un’eccesso di velocità in caso di sterzata sarebbe potuto derivare un incidente mortale. La giurisprudenza, infatti parla di caso fortuito incidentale in riferimento alle ipotesi in cui la res è presente nella vicenda ma rispetto all’evento dannoso svolge un ruolo sostanzialmente passivo a fronte di un altro evento che eziologicamente risulta assorbente.
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Avvocato Antonella Fiorillo
Laureata in giurisprudenza.
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