Responsabilità del concorrente: concorso ordinario e concorso anomalo

Responsabilità del concorrente: concorso ordinario e concorso anomalo

Il concorso di persone nel reato è disciplinato dall’art. 110 c.p. e si realizza quando due o più persone cooperino nella commissione di uno o più reati.

La cooperazione può essere sia materiale che morale ed è punita dal Legislatore in egual misura. Nel caso di apporto psichico, il cooperante tende a rafforzare la volontà dell’agente principale. Il Legislatore ha accolto la teoria monistica per cui il fatto costituente reato è posto a carico di tutti i correi, dal momento che è il risultato della comune cooperazione. La responsabilità penale dei concorrenti è, infatti, salvo eccezioni espressamente indicate, omogenea, non essendo prevista una gradazione della pena a fronte di un contributo diversificato. Nel concorso ex art. 110 c.p. è necessario e sufficiente che i correi cooperino al fine di realizzare il comune disegno criminoso e non anche che abbiano pianificato dettagliatamente i vari compiti.

Occorre ora stabilire in che termini viene punito il complice che aveva deciso di concorrere con gli altri correi nella realizzazione di un reato originariamente programmato, qualora venga posto in essere un ulteriore reato diverso. Il Legislatore anche in questo caso di concorso, definito anomalo, intende livellare la posizione di tutti gli agenti. A tal proposito l’art. 116 c.p. stabilisce la responsabilità del complice per il reato non programmato compiuto da altro concorrente. Tuttavia, se il reato non voluto prevede una pena più grave rispetto a quello inizialmente pianificato, la pena per il concorrente nolente viene diminuita. Il fondamento della punibilità del concorrente anche per il reato diverso va convenuto nel fatto che chi si unisce ad altri, per porre in essere un’azione criminosa, si affida, inevitabilmente, anche alla condotta e alla volontà dei complici, facendole proprie.

Ai fini dell’imputazione della responsabilità per l’evento diverso da quello originariamente voluto da uno o più concorrenti, è, in primo luogo, richiesto un rapporto di causalità, sia essa materiale o psichica, tra la propria condotta e il reato diverso commesso da terzi. È bene precisare che per causalità psichica si intende la possibilità, per l’agente, di rappresentarsi, nell’ordinario svolgersi dei fatti, l’evento diverso come uno sviluppo logicamente prevedibile di quello voluto, perlomeno sulla base delle conoscenze dell’uomo medio nella medesima situazione. La responsabilità ex art. 116 c.p. si configura, pertanto, come una responsabilità anomala, in cui il concorrente nolente risponde dell’evento, non effettivamente voluto a titolo di dolo, ma comunque riconducibile alla sua sfera psichica sulla base di un atteggiamento della volontà sostanzialmente colposa: il concorrente nolente avrebbe dovuto aspettarsi, usando l’ordinaria diligenza, che l’evento non programmato si sarebbe potuto verificare. Il compartecipe non deve aver voluto l’evento diverso e più grave, concretamente realizzato, nemmeno sotto il profilo del dolo eventuale, purché esso non sia stato provocato da circostanze eccezionali e del tutto imprevedibili. Qualora il compartecipe abbia previsto che l’azione criminosa concordata potesse sfociare nella commissione di un diverso reato e ne abbia accettato il rischio, egli ne risponderà ex art. 110 c.p., per averlo voluto a titolo di dolo eventuale, senza alcuna possibilità di diminuzione della pena, nel caso in cui esso sia meno grave del reato concordato.

Ultimo requisito, ai fini dell’applicazione della disciplina del concorso ex art. 116 c.p., è pertanto unicamente la prevedibilità, in concreto, dell’evento non voluto, non anche la accettazione del rischio.

Le considerazioni finora esposte sono state ribadite anche dalla Suprema Corte, in una recente pronuncia. In tale sede, è stato precisato che l’evento diverso e più grave deve costituire un mezzo obbiettivamente indispensabile per la realizzazione del programma comune, preso di mira anche dal concorrente che non lo ha materialmente eseguito. Quest’ultimo deve risponderne ai sensi dell’art. 110 c.p. perché la sua adesione all’azione collettiva implica, necessariamente, la previsione e l’accettazione di tutti gli eventi strumentali al conseguimento dell’obiettivo finale dell’azione concordata. Risponde sempre di concorso ai sensi dell’art. 110 c.p. anche il concorrente che, pur non avendo direttamente partecipato all’esecuzione, ha comunque voluto l’evento diverso per averlo effettivamente previsto e per avere accettato il rischio della sua verificazione.

Al fine di chiarire la distinzione tra esclusione della responsabilità del concorrente non autore del reato diverso, responsabilità per concorso anomalo e responsabilità per concorso ordinario, la Corte di Cassazione ha dichiarato che la componente psichica del concorso anomalo ex art. 116 c.p. si colloca in un’area compresa fra la mancata previsione di uno sviluppo in effetti imprevedibile, pertanto una situazione nella quale la responsabilità resta esclusa, e l’intervenuta rappresentazione dell’eventualità che il diverso evento potesse verificarsi, anche in termini di mera possibilità o scarsa probabilità, situazione nella quale, invece, si realizza un’ordinaria fattispecie concorsuale su base dolosa. (cfr. Cass. Pen., sez. 1°, n. 12744/2019).

Appare, infine, opportuno precisare che è stata ritenuta manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del sopracitato art. 116 c.p. per contrasto con il tassativo divieto di responsabilità penale per fatto altrui, contenuto nell’art. 27, comma primo, Cost. e con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. Non risulta, infatti, essere realizzata alcuna violazione del principio della personalità della pena, dal momento che la responsabilità del compartecipe per fatto diverso o più grave di quello voluto richiede, come sopra argomentato, la rappresentazione nella psiche del concorrente del reato diverso o più grave come sviluppo logicamente prevedibile (cfr. Cass. Pen., n. 8887/1985). In ordine al contrasto con l’art. 3 Cost. in relazione all’art. 83 c.p., che prevede la c.d. aberratio delicti, ossia la causazione, per un errore di fatto, di un evento diverso da quello voluto, occorre sottolineare che la disparità di trattamento tra la disciplina dell’aberratio delicti  e quella del concorso anomalo appare ragionata e giustificata dal momento che, pur essendo le situazioni previste perfettamente analoghe sul piano strutturale e contenutistico, diverse sarebbero le conseguenze sul piano sanzionatorio, l’una essendo punita a titolo di colpa e l’altro a titolo di dolo, esigendo un rapporto di causalità psichica, consistente per l’appunto nella prevedibilità dell’evento diverso. Si tratta pertanto di ipotesi non unificabili. (cfr. Corte Cost., n. 364/1988, Corte Cost. 42/1965).


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