Responsabilità genitoriale a seguito di separazione. Il ruolo del nuovo partner

Responsabilità genitoriale a seguito di separazione. Il ruolo del nuovo partner

Sommario: 1. Responsabilità dei genitori – 2. Dell’affidamento del figlio – 3. Rapporto del minore verso il nuovo convivente – 4. Rilevanza dei redditi del partner

 

1. Responsabilità dei genitori

A seguito della Legge n° 219/2012 è venuta meno una distinzione che da sempre conferiva un diverso status al figlio: quella tra figlio legittimo e figlio naturale.

Anche la terminologia “patria potestà” è stata modificata con l’attuale “responsabilità genitoriale”.

Della responsabilità genitoriale sono incaricati ambedue i genitori, come si può evincere dall’art. 316 comma 1 c.c. e devono esercitarla insieme, prendendo di comune accordo le decisioni per il bene del figlio.

Il secondo comma del medesimo articolo conferisce la possibilità, in caso di disaccordo, di rivolgersi al giudice per la decisione di questioni di particolare rilevanza. Il figlio minore ha diritto di essere sentito dal giudice, laddove il minore sia capace di discernimento (come specificato dall’art. 315 bis c.c.).

I genitori realizzano la loro responsabilità verso la filiazione oltre che per quel che riguarda l’educazione, l’assistenza morale e le cure necessarie, anche sotto il profilo economico in base alle loro possibilità.

Nell’ipotesi di difficoltà economica rilevabile in capo ai genitori, gli ascendenti, dovrebbero far fronte alle necessità del nipote.

Se è invece uno dei genitori, volontariamente, a non contribuire in modo adeguato, il tribunale può ordinare che una parte dei redditi dell’inadempiente, sia devoluta all’altro coniuge che ordinariamente si impegna al mantenimento del figlio.

2. Dell’affidamento del figlio

In caso di separazione dei coniugi con figlio, indubbiamente gli effetti psicologici e legali di tale azione ricadranno anche su quest’ultimo, e non solo sulla coppia che consensualmente o giudizialmente ha intrapreso l’azione di scioglimento degli obblighi imposti dal vincolo matrimoniale.

Con la separazione (di fatto) vengono meno reciproci obblighi di convivenza, collaborazione, assistenza e sostegno economico (il quale verrà tuttavia regolato in modo differente rispetto al periodo in cui i coniugi sono stati sposati) relativamente al rapporto fra i due.

Verso i figli, entrambi i genitori salvo eccezioni motivate da gravi condotte, devono fare in modo che essi continuino ad avere rapporti periodici ed equilibrati con ambedue i genitori, ricevendo cure, educazione, istruzione e in caso di necessità assistenza morale, come indicato dall’art. 337 ter comma 1 c.c.

Con la separazione, il figlio si ritrova in una situazione in cui non vive più in un’unità familiare unita, ma si trova ad essere affidato per periodi più o meno lunghi, ad uno e all’altro genitore in modo disgiunto.

La visione maggiormente condivisa, anche a seguito della Convenzione internazionale sui diritti del Fanciullo, vede prediligere l’affidamento condiviso, al fine anche di garantire il rapporto continuativo con ambedue i genitori.

Il giudice, in ogni caso può determinare l’affidamento esclusivo se l’altro genitore (non affidatario) ha comportamenti lesivi verso il minore. Il termine lesivo in tale contesto non indica solamente una violenza fisica, ma anche psicologica.

Eccetto l’ipotesi di affidamento unico, con l’affidamento condiviso, la responsabilità genitoriale rimane in capo ad ambedue i coniugi.

Sotto il profilo economico, l’assegno di mantenimento è diretto ad assolvere il compito di contribuire alle necessarie spese al fine di mantenere un idoneo stile di vita del figlio. L’assegno stabilito dal giudice può essere modificato nel corso del tempo, in base anche alla variazione dei compensi del genitore che emette l’assegno.

Il tribunale, se ritiene che vi sia pericolo di sottrazione agli adempimenti e agli obblighi che sono stati imposti può ordinare che il soggetto sia costretto a dare una garanzia sufficiente al mantenimento. Tale garanzia può essere sia reale che personale.

L’assegno non è dovuto solamente al figlio fin quando non compia i 18 anni, e quindi maggiorenne, egli può continuare a percepirlo, se questo non è economicamente dipendente; valutate le condizioni, il giudice stabilisce se vi sono i presupposti per un assegno periodico, accreditato ora, direttamente al figlio.

3. Rapporto del minore verso il nuovo convivente

Se, a seguito di separazione, i coniugi si formano una nuova vita, con una nuova compagna o un nuovo compagno, questi ultimi, non possono proibire al genitore di non avere rapporti con il figlio o tenere comportamenti che da esso lo allontanino.

Nella situazione in cui i rapporti tra i nuovi partner e la filiazione sia suscettibile di una valutazione positiva, è meritevole l’instaurazione di un sano rapporto, che potrebbe anche beneficiare al figlio, il quale consapevole della relazione del padre o della madre con un nuovo convivente, abbia accettato la relazione, senza turbamenti a livello emotivo.

L’inclusione del partner deve essere proposta al figlio in maniera graduale, ed in modo adeguato all’età del minore medesimo.

Si capisce bene dunque che alla base della buona convivenza figlio-partner, vi sia la tutela del minore.

In merito a ciò si è espressa la Suprema Corte di Cassazione con sentenza n° 283/2009, e successivamente il tribunale di Milano tramite sentenza del 18/01/2017. Ambedue le pronunce sono di estrema importanza in materia di affidamento e relazione con il convivente del genitore, in quanto: la prima sentenza (la 283/2009) pone l’attenzione sull’importanza di far conoscere il convivente al figlio, cercando di fargli capire il ruolo di tale figura nella vita del genitore, e possibilmente anche in quella del minore. Perché come desumibile dalla Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori, occorre che i figli siano informati su ciò che sta accadendo intorno a loro, ovvero alla propria famiglia.

La seconda pronuncia citata (la 18/01/2017), invece pone come pilastro la considerazione che, il figlio che ha un buon e benefico rapporto con il partner non può essere allontanato da questo, anche contro la volontà dell’altro genitore.

Ciò che deve essere tenuto ben presente è che alla base dei rapporti che vengono a crearsi post separazione, è la tutela del figlio avverso la nuova situazione sentimentale che si è creata, infatti tramite la sentenza della Corte di Cassazione 11448/2017 si può evincere che, il giudice può affidare il minore alla custodia dell’altro genitore nel caso in cui esso mostri uno stato di disagio nel coabitare insieme al partner. Tale decisione potrà essere modificata successivamente se vi saranno dei cambiamenti sostanziali da indurre una nuova valutazione.

Resta comunque considerevole, il diritto di visita all’altro genitore, il quale deve continuare ad avere rapporti con il figlio e a contribuire alla sua crescita. Ciò può essere fatto tramite visita senza la presenza del nuovo compagno o della nuova compagna.

Bisogna ricordare che i motivi di distacco del minore da uno dei genitori a causa del partner sia per fatti gravi e di rilevante incidenza negativa verso il fanciullo. Ciò potrà essere rilevato anche con il supporto di psicologi, o comunque di personale qualificato.

4. Rilevanza dei redditi del partner

Per ciò che riguarda l’assegno di mantenimento, secondo la giurisprudenza, il partner può essere tenuto conto nel desumere, da parte del giudice, la somma da destinare al mantenimento del minore, in quanto i redditi del convivente potrebbero essere suscettibili di calcolo per la quantificazione monetaria del valore dell’assegno. Una sentenza, la numero 16904/2014 data dal Tribunale di Roma, che molto ha fatto discutere, visto anche perché imporrebbe al genitore di versare un assegno non solo sulla base del proprio patrimonio ma anche ricorrendo ad un reddito di un terzo (il convivente).

Il potere del giudice di far rientrare anche i redditi non solo del genitore, come si è verificato nella sentenza sopra citata del tribunale di Roma, sta nello stesso articolo 337 ter c.c., che darebbe autorità al giudice di disporre determinati accertamenti di natura tributaria anche a soggetti diversi dal genitore che deve emettere l’assegno di mantenimento.

E’ doveroso però tenere presente che tali compiti di polizia tributaria, sarebbero da verificarsi quando le informazioni economiche mostrate non sembrino sufficientemente documentate.

Si dovrebbe desumere altrimenti che con la nuova convivenza, la responsabilità da parte del genitore prosegue (sia per quel che riguarda il sussidio economico, sia il rapporto personale verso il figlio), ma allo stesso tempo, che anche il convivente diviene parte integrante attiva del nucleo familiare allargato.


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