Responsabilità per danni da prodotti difettosi
Il rivenditore finale può intraprendere un’azione di rivalsa avverso i responsabili, se il consumatore presenta un reclamo per un difetto di conformità di un prodotto che dipende dal produttore, da un venditore precedente nella stessa catena di distribuzione o da un intermediario.
Il caso. Poco dopo l’acquisto di un veicolo, un cliente notava alcuni malfunzionamenti e li segnalava tempestivamente alla concessionaria venditrice. Nonostante molteplici verifiche tecniche effettuate sia della concessionaria che del produttore, i difetti di marcia persistevano senza soluzione, compromettendo l’uso adeguato del veicolo da parte del cliente. Dopo il tentativo fallito di negoziazione assistita, il cliente, tramite il suo legale di fiducia, portava la questione dinanzi al Tribunale di Bergamo. La difesa dell’attore richiedeva la riduzione del prezzo e il risarcimento dei danni causati dai vizi del veicolo.
La concessionaria convenuta sosteneva che i meccanici della casa madre non avevano riscontrato vizi e che lo stesso attore aveva ammesso che l’automobile aveva ripreso a funzionare, avendola utilizzata per diverso tempo. Pertanto, la richiesta di riduzione del prezzo, basata su criteri soggettivi, e quella di risarcimento del danno erano considerate infondate, poiché i danni non erano imputabili alla venditrice e non rientravano nella garanzia prevista dall’articolo 128 del Codice del Consumo.
In subordine, la concessionaria citava in giudizio il produttore terzo in garanzia. La casa madre si opponeva alla richiesta di manleva, sostenendo di essere soltanto un distributore e non un produttore, e di non avere quindi alcuna autorità di controllo sul bene.
Nella sentenza, il giudice osservava che le manutenzioni meccaniche effettuate costituivano un riconoscimento implicito del vizio da parte della concessionaria, eliminando la necessità di una denuncia formale da parte dell’acquirente. Inoltre, l’invio del veicolo al produttore e la sua sostituzione temporanea sottolineavano l’importanza del difetto. Sulla base della perizia del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU), il Tribunale di Bergamo accettava parzialmente le richieste di riduzione del prezzo e di risarcimento dei danni avanzate dall’attore. Il perito confermava i difetti e malfunzionamenti, ma indicava che erano riparabili. Di conseguenza, la riduzione del valore dell’auto era basata sui costi di riparazione specificati nella perizia e sugli interessi accumulati dall’acquisto fino al saldo completo.
Per quanto riguarda il risarcimento del danno, il giudice ha analizzato individualmente le diverse categorie di danno lamentate dall’attore. Riguardo alla privazione dell’uso del veicolo per un lungo periodo, anche se la concessionaria aveva fornito un veicolo sostitutivo, questo apparteneva a una categoria inferiore. I frequenti interventi di diagnosi e riparazione, eseguiti sia dai tecnici della concessionaria che da quelli del produttore, avevano impedito all’attore di utilizzare il proprio veicolo per quasi due anni, causando numerosi disagi. Con queste premesse, il giudice delimitava il risarcimento alle categorie di danno menzionate, stabilendo un indennizzo equitativo.
Relativamente alla domanda di regresso avanzata dalla concessionaria nei confronti della società distributrice, il Tribunale di Bergamo ha fatto riferimento alla normativa riguardante la vendita a catena di beni di consumo. In particolare, il tribunale precisava la definizione di “intermediario responsabile” come indicato nell’articolo 131, interpretandolo come un soggetto attivamente coinvolto nella catena distributiva, e non semplicemente come un mandatario del produttore per dei specifici compiti.
Sulla base di tale interpretazione e conformemente alla vasta giurisprudenza di legittimità invocata, il Tribunale riconosceva il diritto del venditore finale di esercitare l’azione di rivalsa avverso il responsabile.
Il Tribunale osservava che, nonostante la terza società chiamata in causa sosteneva di agire unicamente come “distributore”, la documentazione presentata dimostrava che la sua attività includeva anche la compravendita e il noleggio di automobili. Di conseguenza, essa era obbligata a tenere indenne la convenuta.
In conclusione, con la sentenza n. 766 del 12 aprile 2023, la Quarta Sezione del Tribunale di Bergamo ha parzialmente accolto le richieste di riduzione del prezzo e risarcimento dei danni dell’attore, condannando la concessionaria al pagamento delle spese processuali. Il giudice ha anche ordinato alla società, terza chiamata, di coprire le responsabilità economiche della convenuta, inclusi i costi per la riduzione del prezzo, il risarcimento e le spese legali sostenuti dalla convenuta.
Vendita a catena dei beni di consumo: le responsabilità del venditore e i diritti del consumatore. Tra i principali obblighi del venditore vi è quello di garantire l’acquirente contro l’evizione e i vizi del bene alienato, come stabilito dall’art. 1476, primo comma, n. 3 del codice civile. L’acquirente ha l’obbligo di denunziare il difetto di funzionamento del bene entro trenta giorni dalla sua scoperta, sotto pena di decadenza. Inoltre, stabilisce che l’azione si prescrive in sei mesi dalla scoperta (art.1512 c.c.).
La disciplina applicabile alla vendita di beni di consumo è regolata dal Codice del Consumo (D. lgs. n. 206 del 6 settembre 2005).
Il Codice del Consumo definisce come difettoso quel prodotto che non offre il livello di sicurezza ragionevolmente atteso ex art. 117. Un prodotto può essere difettoso se non assicura la sicurezza tipica di altri prodotti dello stesso tipo, prendendo in considerazione vari fattori quali il metodo di distribuzione, il periodo di messa in commercio, la presentazione, le specifiche, le istruzioni fornite, dell’uso cui è destinato e il comportamento prevedibile del consumatore.
In quest’ottica, la sentenza del 12 aprile 2023, n. 766, del Tribunale di Bergamo esamina la responsabilità per danni derivanti da prodotti difettosi, focalizzandosi sul contesto specifico delle vendite a catena.
Il Codice del Consumo stabilisce che la responsabilità per i danni causati da difetti di un prodotto è imputabile al produttore del bene. Se non fosse possibile identificare il produttore, la responsabilità è attribuita al fornitore del prodotto (art. 114; art. 116 Cod. cons.).
In questo senso, è necessario definire chi sia considerato venditore e chi produttore: il “venditore” è definito come “qualsiasi persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che agisce nell’ambito della propria attività imprenditoriale o professionale, anche per mezzo di un’altra persona che operi in suo nome o per suo conto” e che è coinvolta in contratti di vendita, permuta, appalto, d’opera o fornitura; il “produttore” è descritto come “il fabbricante di un bene, l’importatore di un bene nel territorio dell’Unione Europea, o qualsiasi altra persona che si identifica come tale apponendo sul prodotto il proprio nome, marchio o altro segno distintivo”.
Relativamente alla garanzia generale di conformità, l’articolo 129 del Codice del Consumo stabilisce i criteri specifici che un bene deve soddisfare per essere considerato conforme al contratto di vendita. Questi criteri includono: l’esatta corrispondenza alle descrizioni fornite dal venditore in termini di tipo, quantità e qualità; la presenza delle caratteristiche promesse durante la negoziazione o pubblicizzate attraverso vari canali; l’adeguatezza del bene all’uso specifico previsto dal consumatore; l’inclusione di tutti gli accessori, le istruzioni e gli aggiornamenti necessari per il corretto funzionamento del bene e per garantire la completa soddisfazione dell’utente.
In presenza di vizi di conformità, l’art. 130 del Codice del Consumo offre al consumatore varie possibilità di rimedio. Tra queste, il consumatore ha il diritto di ottenere la riparazione o la sostituzione del bene difettoso senza costi aggiuntivi, purché queste opzioni non risultino oggettivamente impossibili o eccessivamente onerose, come specificato nel terzo comma. Tali misure dovrebbero essere attuate in un tempo ragionevole e senza causare significativi inconvenienti al consumatore, considerando la natura del bene e lo scopo per cui è stato acquistato.
In alternativa, se né la riparazione né la sostituzione sono fattibili, il consumatore ha il diritto di richiedere una riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Queste azioni possono essere intraprese nelle seguenti circostanze: se la riparazione o la sostituzione del prodotto si rivelano impossibili o eccessivamente onerose; se il venditore non ha completato le riparazioni o sostituzioni richieste entro un termine ragionevole; o se le riparazioni o sostituzioni precedentemente effettuate hanno causato seri disagi al consumatore.
Conclusioni. La sentenza del Tribunale di Bergamo ha approfondito non solo i diritti del consumatore e le responsabilità del venditore, ma ha anche esaminato l’azione di rivalsa. La concessionaria, citata in giudizio dal cliente, ha a sua volta chiamato in causa il fornitore per essere garantita dalle richieste di risarcimento. Il fornitore, tuttavia, si è difeso affermando di non essere il produttore del bene e di non avere quindi obblighi di controllo su di esso, qualificandosi come un mero distributore.
Il Tribunale di Bergamo ha respinto le argomentazioni del terzo chiamato in causa, confermando che il rivenditore finale, responsabile per un vizio di conformità del bene causato da azioni od omissioni del produttore, di un venditore precedente nella catena distributiva o di un intermediario, ha il diritto di intraprendere un’azione di rivalsa contro i responsabili.
Inoltre, il Codice del Consumo, attribuisce al distributore un preciso obbligo di diligenza (art. 104, sesto comma), che comprende doveri di informazione, supervisione e controllo sulla sicurezza dei prodotti immessi nel mercato. Nonostante queste norme si riferiscano esplicitamente alla sicurezza dei prodotti, il Tribunale ha esteso la loro applicabilità anche ai casi di conformità, sottolineando che la responsabilità può derivare sia da un’azione, come il controllo del prodotto, quanto da omissioni, come la mancata verifica della conformità del prodotto.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5140 del 2019, ha precisato che il diritto di rivalsa può essere esercitato solamente contro soggetti effettivamente coinvolti nella catena distributiva del prodotto, escludendo i semplici mandatari del produttore. Analogamente, la sentenza della Corte di Cassazione n. 2115 del 2015 ha enfatizzato l’autonomia di ogni contratto all’interno delle catene di vendita, notando come ogni inadempimento sia direttamente collegato alle responsabilità contrattuali del venditore iniziale.
In questo quadro, la sentenza n. 766 del 2023 del Tribunale di Bergamo si inserisce in un corpus giurisprudenziale ben consolidato, dimostrando coerenza con i principi normativi e giurisprudenziali precedentemente stabiliti. La decisione non solo rispetta il dettato legislativo, ma si armonizza anche con l’interpretazione giuridica prevalente, delineando chiaramente i diritti e le responsabilità dei diversi attori coinvolti nelle transazioni commerciali di beni di consumo.
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Giorgia Dumitrascu
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