Responsabilità per danni da prodotti difettosi: onere della prova

Responsabilità per danni da prodotti difettosi: onere della prova

Può succedere che alcuni dei prodotti che acquistiamo possano presentare dei difetti, a causa dei quali potremmo riportare dei danni. Ma come possiamo provare che questi ultimi sono dipesi dal prodotto difettoso stesso?

La Suprema Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi di questa questione con la sentenza n°29828 del 20 novembre 2018. 

La vicenda

E.D., la sera del 31.12.2006, in occasione dei festeggiamenti di Capodanno, rimaneva ferito alla guancia e all’occhio a seguito di un’esplosione anticipata di uno dei  fuochi d’artificio, importati in Italia dalla Società U.B. srl ed acquistati dallo stesso presso la Cartoleria P.U.G.

I primi tre fuochi d’artificio non avevano dato problemi, mentre il quarto, appena accesa la miccia, era improvvisamente esploso, colpendo E.D. al volto. A seguito di tale evento, il malcapitato citava in giudizio la Società U.B. srl  per ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa di un loro fuoco d’artificio difettoso.

Sia il Tribunale che la Corte di Appello avevano ritenuto provato il requisito della pericolosità del prodotto, il cui onere incombe sul danneggiato, e riconoscevano la responsabilità in capo alla ditta produttrice, basandosi entrambi sulle dichiarazioni rese dai testimoni e non sulla CTU di ben diverso tenore: essa escludeva infatti che il fuoco d’artificio presentasse difetti di fabbricazione ed evidenziava inoltre che l’evento dannoso si era verificato per il malgoverno del  fuoco d’artificio stesso da parte del E.D., il quale non sarebbe nemmeno stato in possesso di abilitazione allo sparo richiesta per il maneggio di un artifizio del genere.

Sulla base delle risultanze della CTU, disposta nel corso del procedimento di appello, la ditta U.B. srl proponeva ricorso per Cassazione avverso tale decisione,  lamentando violazione o falsa applicazione degli artt. 1490, 1494 c.c., 103, 114, 115, 116, 117, 118 e 120 del Codice del Consumo.

Precedenti giurisprudenziali

Per poter meglio analizzare il problema circa l’onere della prova in materia di responsabilità per danni da prodotti difettosi, bisogna soffermarci necessariamente sul concetto di difetto e di prodotto difettoso.

Dalla semplice lettura dell’art. 117 del Codice del Consumo, si può comprendere che un prodotto è difettoso se non è in grado di offrire quella sicurezza che ci si può legittimamente attendere da esso, in relazione al modo in cui è stato messo in circolazione, alle sue caratteristiche palesi, alle istruzioni e/o avvertenze fornite dal produttore e all’uso per cui il prodotto può essere ragionevolmente destinato.

Partendo da tale assunto, la Suprema Corte, con sent. 13458/2013, specificava che si ha difetto in tutte le ipotesi di assenza o carenza di istruzioni da parte del produttore e si soffermava sulla circostanza che esso non corrisponderebbe né al vizio (ovvero l’imperfezione del bene, che può anche non comportare mancanza di sicurezza del prodotto), né al difetto di conformità (ovvero il pericolo per il soggetto che fa uso del prodotto o per coloro che si trovano in contatto con quest’ultimo). La Corte si soffermava anche sulla responsabilità da prodotto difettoso, che sarebbe presunta e non oggettiva, incombendo sul danneggiato la prova degli elementi costitutivi del diritto fatto valere: ciò è conforme anche al testo dell’art. 120 del Codice del Consumo, secondo cui il danneggiato deve provare non solo il danno, ma anche il difetto e la loro connessione causale; al produttore spetta invece l’onere di dimostrare che il difetto non sussisteva al momento in cui il prodotto veniva posto in circolazione.

Pacifica è la circostanza che la prova della difettosità del prodotto può essere raggiunta anche per presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti.

Con la sentenza sopracitata gli Ermellini avevano sancito quindi il seguente principio di diritto: <<la verificazione del danno in sé non è idonea a dimostrare la pericolosità del prodotto in condizioni di impiego normali, ma solo una sua indefinita pericolosità, insufficiente a fondare la responsabilità del produttore; deve infatti essere accertato in concreto che la pericolosità pone il prodotto al di sotto del livello di garanzia ed affidabilità richiesto dalle leggi o dall’utenza>>.

La decisione

La Suprema Corte, chiamata a decidere nuovamente sul punto, alla luce del principio di diritto sopra richiamato, ha accolto il ricorso della Società U.B. srl.

In particolare essa ha rilevato come la Corte d’Appello abbia erroneamente desunto la pericolosità del fuoco d’artificio dalle mere modalità del fatto e dal mero verificarsi del danno, così come riportati dai testimoni.

Questi avevano infatti dichiarato che il danneggiato aveva seguito scrupolosamente le istruzioni per ciascun fuoco d’artificio, tanto da aver avuto sempre la possibilità di allontanarsi e porsi in sicurezza; solo il quarto fuoco d’artificio è esploso in modo del tutto anomalo.

Così facendo, la Corte di Appello ha erroneamente privilegiato la prova testimoniale, seppur in palese contrasto con la CTU, di natura percipiente: ad essa infatti il giudice ricorre qualora non abbia le cognizioni tecnico-scientifiche necessarie ed idonee a ricostruire e comprendere la fattispecie concreta in esame nella sua determinazione ed evoluzione. Si tratta quindi di una fonte di prova oggettiva, sulla cui scorta il giudice è tenuto a dare atto dei risultati conseguiti o di quelli non conseguibili, argomentando su basi scientifiche e logiche [Cass. Civ., sent. n°3428/2016].

Per tali motivi, essendo emersa dall’istruttoria solo un’indefinita pericolosità del fuoco d’artificio in questione, la Cassazione ha stabilito che nessuna responsabilità può essere riconosciuta in capo al produttore dello stesso.


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Elisa Nardocci

Nata a Viterbo nel 1990, ha conseguito la laurea in Giurisprudenza nel gennaio 2017 presso l'Università di Roma "La Sapienza", discutendo una tesi in diritto processuale civile dal titolo "La conciliazione stragiudiziale delle controversie di lavoro", relatrice Prof.ssa Roberta Tiscini. Dal febbraio 2017 svolge pratica forense presso uno studio legale che si occupa prevalentemente di diritto civile, di famiglia, del lavoro e previdenziale.

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