Pubblicato 17 April 2022 | by Dott.ssa abilitata all'esercizio della professione forense Alessandra Paglione | in Famiglia
Revoca dell’assegnazione della casa familiare
L’Ordinanza della Prima Sezione della Corte di Cassazione Civile del 31 marzo 2022, n. 10453 analizza le situazioni familiari che possono determinare la revoca dell’assegnazione della casa familiare al genitore collocatario dei minori.
Nel caso in esame, in seguito allo scioglimento del matrimonio tra due coniugi, il Tribunale assegnava la casa coniugale, di proprietà del marito, all’ex coniuge quale genitore collocatario del figlio minore. In seguito al ricorso dell’ex marito, il Tribunale revocava l’assegnazione della casa alla donna, in quanto quest’ultima svolgeva attività lavorativa come medico presso la struttura universitaria di altra città, disponendo ivi di un immobile, mentre il figlio frequentava la scuola in altra sede e i loro rientri nella città di origine erano stati sporadici.
L’art. 6, comma 6, della L. n. 898/1970, come sostituito dall’art. 11 della L. n. 74/1987, prevede che l’abitazione nella casa familiare spetta di preferenza al genitore cui vengono affidati i figli o con il quale i figli convivono oltre la maggiore età. In ogni caso ai fini dell’assegnazione il giudice dovrà valutare le condizioni economiche dei coniugi e le ragioni della decisione e favorire il coniuge più debole. L’assegnazione, in quanto trascritta, è opponibile al terzo acquirente ai sensi dell’articolo 1599 del codice civile.
Secondo la giurisprudenza di legittimità, in materia di divorzio, l’assegnazione della casa familiare all’ex coniuge affidatario risponde all’esigenza di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola la vita familiare. Qualora manchi tale presupposto, per essersi i figli già sradicati dal luogo in cui si svolgeva l’esistenza della famiglia, indipendentemente dalla possibilità di una ipotetica riunione degli stessi al genitore già affidatario, viene meno la ragione dell’applicazione dell’istituto, che non può neanche trovare giustificazione nella circostanza che il coniuge già affidatario sia comproprietario dell’immobile in questione, salvo che ricorra un accordo, anche tacito, tra le parti in tal senso, rimanendo, in caso contrario, i rapporti tra gli ex coniugi regolati dalle norme sulla comunione, e, in particolare, dall’art. 1102 c.c.. [1]
In conclusione l’assegnazione della casa familiare non può assolvere alla funzione di preservare la continuità delle abitudini e delle relazioni domestiche dei figli nell’ambiente nel quale durante il matrimonio esse si sviluppavano nel caso in cui, a seguito della separazione, la casa familiare abbia cessato di essere tale, con conseguente preclusione della possibilità di reviviscenza del diritto all’assegnazione della casa.
[1] Cass. Civ., Sez. I, 13 febbraio 2006, n. 3030; Cass. Civ., Sez. I, 31 marzo 2022, n. 10453
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