RIFIUTI ABBANDONATI: il proprietario della strada non ha l’obbligo di rimuoverli
Cons. di Stato, Sent., 7 luglio 2015, n. 3382
a cura di Giacomo Romano
E’ illegittima l’ordinanza con la quale il Sindaco notifica al proprietario di una strada ad uso pubblico la rimozione dei rifiuti giacenti abbandonati da altri soggetti; tra l’altro l’amministrazione, nel provvedimento impugnato, non ha nemmeno valutato se sussistessero profili di dolo o colpa nella condotta del proprietario della strada ad uso pubblico che ha ricevuto l’ordinanza del Sindaco, cui ricollegare ed imputare almeno soggettivamente la responsabilità dello smaltimento, anche in considerazione del fatto che la strada in questione è una strada ad uso pubblico, sulla quale non sono prospettabili in astratto specifici poteri di sorveglianza da parte del proprietario della strada stessa, tali da poter annullare il rischio di depositi abusivi di rifiuti, come è avvenuto nella specie.
Il fatto
La vicenda oggetto del giudizio riguarda il rinvenimento di un cumulo di rifiuti di vario genere che occupava quasi tutta la sede stradale, impedendone i due sensi di marcia, di una strada in località contrada Ramitelli che collega la SS-16 al centro abitato di Nuova Cliternia; tali rifiuti erano pressati e tenuti insieme da ferro filato; il cumulo era largo circa tre metri, lungo circa 20 metri ed alto circa 3 metri.
Il Sindaco del Comune di Campomarino, con ordinanza sindacale intimava all’Agenzia Regionale di Sviluppo e l’Innovazione dell’Agricoltura nel Molise “G. Sedati” (ARSIAM), nella qualità di proprietaria della strada, di provvedere non oltre 60 giorni, tramite ditta specializzata a norma di legge, alla rimozione ed allo smaltimento dei rifiuti rinvenuti nell’area ed al ripristino dei luoghi.
La decisione
Il Collegio ha evidenziato che, secondo la giurisprudenza comunitaria (Corte giustizia UE, sez. III, 4 marzo 2015, n. 534), la direttiva 2004/35/CE , sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale, deve essere interpretata nel senso che non osta a una normativa nazionale, la quale, nell’ipotesi in cui sia impossibile individuare il responsabile della contaminazione di un sito o ottenere da quest’ultimo le misure di riparazione, non consente all’autorità competente di imporre l’esecuzione delle misure di prevenzione e di riparazione al proprietario di tale sito, non responsabile della contaminazione, il quale è tenuto soltanto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito, determinato dopo l’esecuzione di tali interventi.
In particolare, secondo la Corte UE, come emerge dagli artt. 4, par. 5, e 11, par. 2, Dir. 2004/35/CE , in combinato disposto con il considerando 13 della stessa, affinché il regime di responsabilità ambientale sia efficace, è necessario che sia accertato dall’autorità competente un nesso causale tra l’azione di uno o più operatori individuabili e il danno ambientale concreto e quantificabile al fine dell’imposizione a tale operatore o a tali operatori di misure di riparazione, a prescindere dal tipo di inquinamento di cui trattasi.
Pertanto, all’evidenza, la mera qualifica di proprietario del suolo non impone alcun obbligo o responsabilità per il ritrovamento di rifiuti e il loro smaltimento, soprattutto in una fattispecie come quella in concreto determinatasi, in cui è avvenuto un deposito di rifiuti da parte di soggetti ignoti.
Conclusivamente, nel caso in esame non può in alcun modo trovare applicazione il principio comunitario “chi inquina paga“, in quanto risultava dimostrato che non era stata la proprietaria della strada a produrre l’inquinamento (o, in ogni caso, non vi era alcuna dimostrazione di un nesso causale in tale direzione, ovvero di una qualche riconducibilità soggettiva alla medesima).
Un caso virtuoso: Rifiuti & Sviluppo. Il caso virtuoso del sistema Peccioli (Uomo, ambiente, sviluppo)