Riflessioni e considerazioni in merito al tema del lavoro agile
Oggigiorno il mondo del lavoro è profondamente cambiato. Sempre più spesso ci si trova a maneggiare informazioni e non più oggetti fisici.
Le informazioni, come è facile intuire, possono essere trattate in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo ed è proprio questa facile intuizione che fa riflettere sull’effettivo bisogno del lavoratore che tratta informazioni, di recarsi quotidianamente in un luogo circoscritto per un tempo definito.
L’Europa e in particolare l’Italia è indubbiamente influenzata dall’abitudine di considerare il lavoro, secondo il modello industriale, come un’attività definita che si articola nel susseguirsi di compiti da svolgere secondo un modello organizzativo preesistente. E’ la stessa esperienza quotidiana del lavoratore a scontrarsi con l’abitudine e a dimostrare che il vincolo organizzativo è venuto meno e che sempre più spesso, il lavoratore deve intervenire su più fronti abbandonando l’idea della ripetitività dei compiti ed affrontando con intelligenza, efficacia ed efficienza ogni azione che deve compiere. L’organizzazione del lavoro diviene personale e ciascun addetto deve essere capace di portare a termine adeguatamente la mansione assunta.
La mia personale esperienza mi insegna che, nello svolgere un’attività investigativa, per esempio, benché mi possano essere date delle indicazioni di massima, sarò io stessa a condurla e decidere come impostarla, sarò io a scegliere cosa consultare e come valutare le evidenze emerse prima di trarre le conclusioni.
Pertanto, ciò che deve essere ben chiaro e definito è il risultato atteso piuttosto che l’invano tentativo di governare con scrupolo il modo per conseguirlo.
La definizione di smart working, contenuta nella Legge n. 81/2017, riassumendo quanto sopra esposto, pone l’accento sulla flessibilità organizzativa dando forma ad un rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali, una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.
Il problema maggiormente sentito, inerisce sicuramente il sistema dei controlli e come accertare che l’addetto si dedichi effettivamente alla propria attività lavorativa.
Sul punto, non è ipotizzabile un controllo a distanza che abbatta completamente il rischio ma allo stesso tempo anche la costante supervisione del preposto non è sufficiente a garantire che l’addetto sia attento e dedito all’attività lavorativa poiché non è possibile indagare i pensieri fatti d’innanzi ad un monitor.
Ciò che risulta essere imprescindibile, di fatto, non è osservare scrupolosamente il comportamento del lavoratore ma concentrarsi piuttosto sui risultati conseguiti e i premi conseguibili. E’ la retribuzione basata sugli esiti la scelta alla quale si deve tendere mirando a rafforzare anche il rapporto fiduciario tra l’azienda e l’addetto.
La domanda da porsi è se il lavoro agile sia veramente in grado di aumentare la qualità della vita. Personalmente ritengo che i benefit siano significativi sia dal punto di vista personale del lavoratore che per la collettività tutta.
E’ intrascurabile la soddisfazione dei lavoratori nel riuscire a poter conciliare la vita privata e quella professionale oltre a beneficiare dell’apporto di un effettivo beneficio economico in termini di risparmio.
Infatti, rimanere per un giorno a casa a lavorare, comporta il risparmio della benzina o dei soldi spesi nel trasporto pubblico per raggiungere il posto di lavoro e, sul fronte dell’utilizzo del tempo, il lavoratore potrà utilizzare le ore “perse” nel viaggio per dedicarsi ad attività più interessanti e costruttive anche al fine di sviluppare in modo eccellente conoscenze e abilità utili per la stessa attività lavorativa.
In tal senso si contribuisce senz’altro all’ecosostenibilità ambientale mediante le più ridotte emissioni di CO2 nell’atmosfera.
L’azienda potrà avvantaggiarsi, a sua volta, di ridurre i costi inerenti le sedi lavorative, ottimizzare i processi, godere dell’aumento di produttività dei lavoratori e della serenità degli stessi che subordina la possibilità di disporre di un ambiente di lavoro più coeso, trasparente e collaborativo.
Sfortunatamente, i numeri dimostrano che lo smart working in Italia non cresce perché la cultura del lavoro è ancorata all’approccio del tradizionale modo di lavorare e di collaborare all’interno di un’organizzazione mentre il lavoro agile presuppone significativi cambiamenti a tratti rivoluzionari.
Di conseguenza, il salto di qualità, sarà fattivo sol quando sarà possibile abbandonare gli stereotipi ai quali siamo legati e ad accettare che il valore che regola la relazione tra le parti è la fiducia e non la “sorveglianza”.
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Elisabetta Pizio
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