Riflessioni sulla linea di confine tra la libertà personale e la libertà di circolazione
Sommario: Introduzione – 1. La legislazione al tempo della pandemia – 2. La libertà personale e la libertà di circolazione – 3. Il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, ex art. 483 c.p.
Introduzione
Con la sentenza del 27/01/2021, n. 54, il Tribunale di Reggio Emilia, Sez. GIP-GUP, si è pronunciato sull’emissione del decreto penale di condanna per il delitto di cui all’art. 483 c.p.[1]. Nel caso di specie, i soggetti sottoposti al controllo, “compilando atto formale di autocertificazione per dare contezza del loro essere al di fuori dell’abitazione in contrasto con l’obbligo imposto dal DCPM 08.03.2020, attestavano falsamente ai Carabinieri di Correggio: G. R. di essere andata a sottoporsi ad esami clinici; C. D. di averla accompagnata”, avendo i Carabinieri accertato che la donna quel giorno non aveva acceduto presso il predetto Ospedale.
Al tempo della commissione del fatto vigevano le disposizioni del D.P.C.M. dell’08/03/2021, secondo cui era vietato circolare nel territorio nazionale, in forza del D.L. n. 6/2020, per fronteggiare la diffusione della pandemia; tuttavia, secondo il Tribunale di Reggio Emilia, il divieto di circolazione sarebbe in contrasto con i diritti di libertà garantiti dalla Costituzione e, in particolare, con l’art. 13, che sancisce la doppia riserva di giurisdizione e di legge quando è necessario comprimere la libertà personale dei cittadini.
In via generale, sono emersi due aspetti di criticità riguardo alla legislazione nell’emergenza sanitaria: da un lato, l’inidoneità di un atto amministrativo (quale il D.P.C.M.) a limitare la libertà personale dei cittadini e, dall’altro, l’impossibilità di comprimere la libertà in modo generalizzato anche con la legge ordinaria, poiché tale restrizione si può realizzare solo in forza di un provvedimento individuale dell’autorità giudiziaria a seguito della commissione di reati ovvero in via cautelare.
Con riferimento al caso di specie, il G.I.P. di Reggio Emilia ha statuito che le restrizioni operate dal Governo non possono ricomprendersi nell’art. 16 Cost., che disciplina il divieto di circolazione riguardo a specifiche aree territoriali; da cui, il venir meno dell’antigiuridicità della condotta di falso ideologico, dovendo “affermarsi la illegittimità del DPCM indicato per violazione dell’art. 13 Cost., con conseguente dovere del Giudice ordinario di disapplicare tale DPCM […]”.
1. La legislazione al tempo della pandemia
A causa della diffusione della pandemia, in data 31/01/2020 il Governo ha decretato lo stato di emergenza nazionale – prorogato sino al prossimo 31/12 – e, malgrado un iniziale utilizzo dello strumento del D.P.C.M., successivamente si è fatto ricorso allo strumento del decreto legge, ex art. 77, II comma, Cost.[2]. In ogni caso, le misure da adottare con decreto legge devono essere proporzionate ed adeguate rispetto all’emergenza, per garantire un equo bilanciamento dei diritti fondamentali della persona[3], tra cui ha assunto un ruolo fondamentale il diritto alla salute, ex art. 32 Cost.[4].
Il primo strumento di contrasto alla diffusione del virus è stato il D.L. del 23/02/2020, n. 6[5], che ha introdotto “misure di contenimento”, sanzionandone la violazione ex art. 650 c.p.[6], da intendersi quale norma penale in bianco, divenendo concreta ed attuale solo a seguito dell’emissione di un provvedimento. Invero, in ossequio al principio della riserva di legge in materia penale, qualora atti amministrativi adottino strumenti penalistici, l’autorità competente alla loro adozione può compiere solo mere specificazioni riguardo al precetto e non scelte di politica in relazione alla individuazione delle condotte da sanzionare.
Tuttavia, solo il D.L. del 25/03/2020, n. 19[7] ha tipizzato le misure di contenimento della pandemia (da cui, l’Esecutivo ha adottato i provvedimenti a tal fine necessari), eliminando ogni rinvio in favore dell’autorità amministrativa per l’adozione di dette misure. A riguardo, un aspetto di criticità si rinviene nella circostanza che il D.L. n. 6/2020 ha introdotto limitazioni alla libertà di circolazione per le cc.dd. “zone rosse”, mentre il D.P.C.M. dell’08/03/2020, per un verso, estendeva le stesse misure all’intera nazione e, per altro verso, introduceva l’obbligo di permanenza domiciliare, seppur attenuato dalle esigenze di salute, di lavoro e necessità. Ciò avveniva senza alcuna copertura legale, poiché il D.L. n. 6/2020, da un lato, non menzionava l’obbligo di permanenza presso il proprio domicilio e, dall’altro, non sanciva l’estensione delle misure di contrasto all’intero territorio nazionale; con riferimento a questo secondo profilo, l’estensione delle misure all’intero territorio coinvolgeva interessi generalizzati, la cui realizzazione deve essere rimessa al Legislatore, non potendo essere rimessa all’autorità amministrativa.
Pertanto, sembrerebbe illegittimo il divieto generalizzato di allontanamento dalla propria abitazione, poiché privo di idonea base legale; ciò anche sulla scorta dell’art. 2 del D.L. n. 6/2020[8] ed, infatti, l’estensione operata dal D.P.C.M. dell’08/03/2020 sarebbe in contrasto con la ratio del D.L. n. 6/2020 ed in quanto tale illegittima, potendo la fonte secondaria operare solo nei limiti della fonte primaria.
2. La libertà personale e la libertà di circolazione
Il G.I.P. di Reggio Emilia ha ricondotto le limitazioni del D.P.C.M. dell’08/03/2020 alla libertà personale, ex art. 13 Cost.[9], ed alle sue garanzie di giurisdizione e di legge, entrambe disattese. In primis, infatti, il menzionato D.P.C.M. vietava di lasciare la propria abitazione senza prevedere un provvedimento individuale dell’autorità giudiziaria ed, in secondo luogo, è un mero atto amministrativo non idoneo a comprimere le libertà fondamentali dei cittadini. In particolare, il G.I.P. escludeva la riconducibilità delle misure restrittive alla libertà di circolazione, ex art. 16 Cost.[10], che – a differenza della libertà personale, ex art. 13 Cost. – è sottoposta alla sola riserva di legge (e non anche a quella di giurisdizione) e disciplina la limitazione alla circolazione in aree determinate del Paese (e non quella estesa a il territorio nazionale).
La dottrina che si è occupata della questione ha preso le mosse dal bilanciamento dei diritti fondamentali coinvolti dall’emergenza sanitaria, che ha fatto venire in rilievo il diritto alla salute, ex art. 32 Cost., la cui tutela comporta il sacrificio di altri interessi fondamentali (quali: la libertà personale, di circolazione, di riunione e d’impresa). Tuttavia, secondo altri autori l’obbligo di permanenza domiciliare sarebbe riconducibile all’art. 13 Cost. e non all’art. 16 Cost. e, dunque, non sarebbe limitata la circolazione in singole aree del Paese, ma vigerebbe un divieto di lasciare la propria abitazione analogo a quello sancito dall’art. 284 c.p.p.[11]. Altri autori, invece, appuntano la propria attenzione sull’art. 5, lett. e), della Convenzione E.D.U[12], che, tra le misure privative della libertà personale, prevede l’isolamento domiciliare per evitare la diffusione di una data patologia.
Atteso quanto sopra, una linea di confine tra la libertà personale, ex art. 13 Cost., e la libertà di circolazione, ex art. 16 Cost., si ricava dai soggetti destinatari delle norme: infatti, da un lato, i provvedimenti rivolti ai soggetti positivi al Covid-19 rientrerebbero nell’ambito dell’art. 13 Cost., in quanto individuali e concreti; dall’altro, i provvedimenti che impongono a tutti i cittadini di non lasciare la propria abitazione, se non per esigenze di lavoro o di salute o altre necessità, rientrerebbero nell’alveo dell’art. 16 Cost., poiché tali deroghe attenuano il divieto di circolazione e non lo rendono assoluto[13].
3. Il delitto di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, ex art. 483 c.p.
L’art. 483 c.p., quale norma penale in bianco, disciplina l’attestazione della falsità o la negazione della verità dinanzi ad un pubblico ufficiale; si tratta di un reato comune e di mera condotta, per la cui configurabilità è sufficiente il dolo generico, consistente nella consapevolezza e volontà di commettere il falso.
Con riferimento al caso di specie, il G.I.P. di Reggio Emilia ha osservato che “deve affermarsi la illegittimità del DPCM indicato per violazione dell’art. 13 Cost., con conseguente dovere del Giudice ordinario di disapplicare tale DPCM ai sensi dell’art. 5 della legge n. 2248 del 1865 All. E.”, dovendo, pertanto, “pronunciarsi sentenza di proscioglimento, nei confronti di ciascun imputato, perché il fatto non costituisce reato”. Tale statuizione ha privato di antigiuridicità la condotta di falso ideologico, ex art. 483 c.p., in quanto gli imputati avevano compilato l’autocertificazione sulla scorta delle disposizioni di un atto dichiarato illegittimo.
Pertanto, secondo i giudici del Tribunale di Reggio Emilia, non è configurabile tale delitto nei confronti chi abbia dichiarato falsamente di trovarsi in una condizione che consentiva gli spostamenti anche all’interno del Comune di residenza, poiché l’art. 1 del D.P.C.M. dell’08/03/2020 viola il principio di riserva di legge e di giurisdizione, sancito dall’art. 13 Cost., secondo cui le limitazioni alla libertà personale possono realizzarsi solo in presenza di un atto motivato dell’Autorità giudiziaria (e non in base ad una atto amministrativo) e “nei casi e nei modi previsti dalla legge”, essendo vietata ogni limitazione generalizzata ed assoluta della libertà personale, come l’obbligo della permanenza domiciliare imposto a tutti i cittadini. In quest’ottica, secondo il G.I.P. di Reggio Emilia, il divieto di spostamento dalla propria abitazione, salvo nei casi consentiti, si tradurrebbe non in una limitazione della libertà di circolazione, ex art. 16 Cost., ma nella violazione del diritto di libertà personale; da cui, in forza della disapplicazione della norma secondaria contrastante con la Costituzione, la falsa rappresentazione delle condizioni di liceità della condotta consentita è priva di rilevanza offensiva, essendo riconducibile alla categoria del “falso inutile”.
[1] Art. 483 c.p., “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni. Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi”.
[2] Art. 77, II comma, Cost.: “Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”.
[3] A riguardo si vedano le considerazioni di M. Cartabia, “L’attività della Corte costituzionale nel 2019”, in www.cortecostituzionale.it, 28/04/2020, p. 25.
[4] Art. 32 Cost.: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
[5] D.L. 23/02/2020, n. 6, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
[6] Art. 650 c.p., “Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità”: “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d’ordine pubblico o d’igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206”.
[7] D.L. 25/03/2020, n. 19, recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”.
[8] Art. 2 D.L. n. 6/2020, “Ulteriori misure di gestione dell’emergenza”: “1. Le autorità competenti possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dai casi di cui all’articolo 1, comma 1”.
[9] Art. 13 Cost.: “La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all’autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. E` punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva”.
[10] Art. 16 Cost.: “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge”.
[11] Art. 284 c.p.p., “Arresti domiciliari”: “1. Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all’imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza ovvero, ove istituita, da una casa famiglia protetta. 1-bis. Il giudice dispone il luogo degli arresti domiciliari in modo da assicurare comunque le prioritarie esigenze di tutela della persona offesa dal reato. 1-ter. La misura cautelare degli arresti domiciliari non può essere eseguita presso un immobile occupato abusivamente. 2. Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell’imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono. 3. Se l’imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa. 4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l’osservanza delle prescrizioni imposte all’imputato. 5. L’imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare. 5-bis. Non possono essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede, salvo che il giudice ritenga, sulla base di specifici elementi, che il fatto sia di lieve entità e che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con tale misura. A tale fine il giudice assume nelle forme più rapide le relative notizie”.
[12] Art. 5, lett. e), Convenzione E.D.U., “Diritto alla libertà e alla sicurezza”: “1. Ogni persona ha diritto alla libertà e alla sicurezza. Nessuno può essere privato della libertà, se non nei casi seguenti e nei modi previsti dalla legge: […] (e) se si tratta della detenzione regolare di una persona suscettibile di propagare una malattia contagiosa, di un alienato, di un alcolizzato, di un tossicomane o di un vagabondo”.
[13] Parte della dottrina ha evidenziato come la limitazione della libertà del soggetto, tale da imporre una condotta simile a quella di chi si trova agli arresti domiciliari, implica la restrizione della libertà personale, ex art. 13 Cost., anche qualora si manifesti in forme diverse dall’arresto e dalla detenzione; da cui, sono stati sollevati alcuni dubbi di legittimità costituzionale in merito alle restrizioni operate dal Governo, malgrado l’utilizzo dello strumento del decreto-legge, che non ha distinto tra soggetti contagiati e non.
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Sara Ionà
- Laurea Magistrale in Giurisprudenza (LMG/01) presso l'Università degli Studi di Roma, "RomaTre", Dipartimento di Giurisprudenza, Corso di
Laurea Magistrale, con tesi di laurea in diritto penale, "Le situazioni preclusive dei benefici penitenziari (art. 4-bis ord. penit.)".
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