Riforma dell’ordinamento penitenziario: verso una soluzione del problema del sovraffollamento carcerario?

Riforma dell’ordinamento penitenziario: verso una soluzione del problema del sovraffollamento carcerario?

Lo schema di decreto legislativo attua la delega contenuta nella legge n. 103/2017 recante “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario”, nella parte relativa all’ordinamento penitenziario.

Lo schema, in esame in questi giorni alla Commissione Giustizia, concretizza le disposizioni di cui alla legge di delega, con particolare riguardo alla semplificazione delle procedure per le decisioni di competenza del Magistrato di Sorveglianza e del Tribunale di Sorveglianza, fatta eccezione per quelle relative alla revoca delle misure alternative alla detenzione; alla revisione delle modalità e dei presupposti per l’accesso alle misure alternative, sia con riferimento ai presupposti oggettivi, sia con riferimento ai limiti di pena, al fine di facilitare il ricorso alle stesse, fatti salvi i casi di eccezionale e grave pericolosità.

Gli obiettivi che la riforma persegue attengono alla previsione di soluzioni normative che possano meglio adeguare il sistema alla finalità rieducativa della pena ed in particolare alla individuazione del trattamento secondo i dettami dell’articolo 27 della Costituzione.

Tale norma, è ben noto, precisa che le pene non devono e non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e pertanto è diritto di ogni detenuto poter scontare la carcerazione intramuraria senza dover lottare ogni giorno con il problema delle celle troppo piccole in cui vengono stipati il doppio dei detenuti che le stesse potrebbero ospitare.

Lo schema di decreto si premura di eliminare gli sbarramenti al trattamento rieducativo, che non dipendano dalla condotta dell’interessato bensì da aprioristiche presunzioni assolute ed ha elaborato soluzioni che rendono più rigorosi i presupposti e più impegnativi gli accertamenti istruttori per l’accesso alle misure alternative.

Tutto questo nel dichiarato scopo di migliorare il trattamento penitenziario e lo sviluppo dei percorsi rieducativi individuali.

E’ pacifica, in Italia, la situazione di sovraffollamento negli istituti di pena ed è proprio nelle misure alternative alla detenzione che si individua uno strumento essenziale, perseguibile in alternativa alla detenzione intramuraria, tutte le volte in cui i trascorsi delinquenziali e personali del condannato lo consentano.

Non si può più mettere a tacere il problema, finora arginato da misure di carattere emergenziale, sorto in seguito alla pronuncia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (nota come “Sentenza Torreggiani”) sulla compatibilità delle strutture carcerarie italiane con la normativa sovranazionale e che hanno già determinato numerose condanne per il nostro paese.

La Corte EDU ha individuato, infatti, nel sovraffollamento carcerario italiano un “fattore di crisi strutturale” del nostro sistema penitenziario ed una delle più significative e ricorrenti ipotesi di violazione da parte del nostro sistema della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.

In questa prospettiva di riforma si coglie, dunque, la revisione dei presupposti di accesso alle misure alternative avendo presente che, la possibilità di ammettervi i soggetti meritevoli, rimuovendo ogni eventuale sbarramento preclusivo, non solo favorisce un “deflusso” della popolazione penitenziaria ma incide sul numero dei futuri ingressi, oltre che sulla complessiva sicurezza sociale, se è vero che il condannato che espia la pena in carcere risulterà recidivo nel 68,4% dei casi mentre chi ha usufruito delle misure alternative alla detenzione ha un tasso di recidiva solo del 19% che si riduce all’1% tra coloro che sono stati inseriti nei circuiti rieducativi.


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Agostina Stano

Avvocato del Foro di Milano Volontaria presso l'associazione Avvocato di Strada Onlus di Milano

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