Rilevante modifica in materia di disciplina degli stupefacenti
In caso di arresto per produzione, traffico o detenzione di sostanze stupefacenti, la difesa, in giudizio, attende l’esito degli esami tossicologici della sostanza stupefacente rinvenuta addosso all’imputato o presso l’abitazione di quest’ultimo, poiché nel caso in cui la quantità e la qualità della sostanza si rivelasse alta sarebbe ipotizzabile l’applicazione del primo comma di cui all’art. 73 d.p.r. n. 309/1990, che prevede come pena edittale la reclusione da otto a vent’anni e la multa da 26.000 a 66.000 euro. Mentre il quinto comma del medesimo articolo prevede invece la lieve entità del fatto e applica la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni con una multa che va da 1032 a 10329 euro.
Talvolta il giudice, dopo aver appreso le risultanze delle analisi tossicologiche, rischia di ritrovarsi in una situazione posta al confine tra la possibile applicazione del primo o del quinto comma.
Tra i due commi vi è senz’altro una forte differenza, la condotta viene punita in modo sensibilmente inferiore al quinto comma.
Negli ultimi anni vi sono stati diversi interventi legislativi e giurisprudenziali sulla disposizione dell’art. 73 e nonostante i gravi inconvenienti applicativi che essa poteva determinare, non si è provveduto a colmarla nel modo corretto . La stessa Corte Costituzionale lamentava la progressiva e profonda frattura tra il trattamento sanzionatorio di un fatto di non lieve entità da quello di un fatto lieve”.
L’ampiezza del divario sanzionatorio condizionava inevitabilmente la valutazione del giudice, che doveva accertare se ci fosse o meno la lieve entità del fatto, con il rischio di dar luogo all’applicazione di un trattamento sanzionatorio in eccesso o in difetto.
La Corte Costituzionale è recentemente intervenuta in tal senso: con la sentenza n.40 del 23 gennaio 2019 ha dichiarato illegittimo il minimo edittale (reclusione di otto anni) previsto per il delitto di cui all’art. 73 primo comma e lo ha sostituito con quello più mite di sei anni.
La Corte in considerazione dei principi di eguaglianza, ragionevolezza, proporzionalità e rieducazione della pena ha evidenziato il contrasto sanzionatorio e l’enorme divario di cui risulta portatrice la norma.
Ritengo sia stata una pronuncia sufficientemente apprezzata, anche in considerazione del fatto che entrambi i commi dell’art. 73 prevedono una serie di fattori e circostanze, ciascuno dei quali deve essere analizzato e approfondito nel merito dal giudice, al fine di poter classificare il fatto come lieve oppure no.
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Chiara Ghignatti
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