Rimborsi aerei in caso di cancellazione e rinuncia: cosa spetta?

Rimborsi aerei in caso di cancellazione e rinuncia: cosa spetta?

Sommario: 1. Introduzione – 2. Il D.L. 2 marzo 2020 n. 9 e l’art. 28 – 3. Il regolamento (CE) n. 261/2004 – 4. Il confronto – 5. Conclusioni

 

 

1. Introduzione

Secondo alcuni “esperti”, la causa del Covid-19 è da rinvenire proprio nella globalizzazione e nella – forse eccessiva- libertà di circolazione a cui ci eravamo abituati.

Un’affermazione di siffatto tenore, censurabile sotto molteplici profili, oltre a quello giuridico, è infatti in palese contrasto con l’obiettivo di unità che, nel corso degli anni, ha portato quella che era una comunità meramente economica a trasformarsi in Unione Europea e a disciplinare le libertà fondamentali per la circolazione di merci, persone, servizi e capitali.

In quest’ottica, dunque, è fondamentale comprendere in che modo l’adesione all’Unione Europea abbi determinato e comporti non solo oneri – di cui si è soliti parlare in modo inappropriato – ma anche benefici a livello legislativo, attraverso il recepimento di atti vincolanti che mirano al raggiungimento di standard qualitativi unitari negli stati membri.

Oggetto del presente articolo, infatti, sarà il confronto tra quanto previsto a livello nazionale circa la possibilità di rinunciare ad un volo o ad un viaggio e quanto invece previsto a livello sovranazionale dalla normativa UE.

2. Il D.L. 2 marzo 2020 n. 9 e l’art. 28

Com’è (sfortunatamente) noto, verso fine febbraio i casi di contagio in alcune zone dell’Italia erano in aumento e questo costringeva il Governo all’emanazione di un atto temporaneo avente forza di legge: il Decreto Legge n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

L’art. 28 del menzionato D.L. disciplinava l’annosa questione del “rimborso titoli di viaggio e pacchetti turistici”.

Nello specifico, la disposizione rendeva applicabile l’art. 1463 c.c. sulla impossibilità sopravvenuta al caso di impossibilità di muoversi da una delle zone indicate come “rosse”, a causa del diffuso contagio,  o di raggiungere la destinazione prevista, nel caso in cui lo Stato estero avesse imposto dei limiti all’acceso.

In questi casi, previsti in modo solo apparentemente puntuale dalla disposizione, v’era la possibilità di contattare la compagnia aerea o il tour operator e di chiedere un rimborso del biglietto/pacchetto turistico.

L’erogatore del servizio, poi, avrebbe potuto scegliere tra il riaccredito della somma versata o l’emissione di un voucher dell’intero importo corrisposto per l’acquisto del titolo di viaggio e della durata di un anno.

Le compagnie aeree, dunque, hanno deciso di operare in siffatto modo: – in caso di cancellazione del volo, hanno provveduto a riaccreditare la somma spesa dal cliente; – in caso di rinuncia al volo o al pacchetto turistico, hanno emesso un voucher del valore di SEI MESI, poi modificato in 1 anno.

Invero, come avremo modo di specificare, in caso di cancellazione del volo è la normativa UE a prevedere il necessario rimborso tramite riaccredito, oltre ad una ulteriore somma in caso di cancellazione del volo senza un congruo preavviso.

Sarà capitato a tutti, infatti, almeno una volta nella vita, di ricevere la fatidica mail con cui la compagnia aerea informa della cancellazione del volo e della possibilità di scegliere tra un nuovo volo (con eventuale pagamento della differenza di costo) e il riaccredito della somma pagata.

In conclusione, la normativa italiana permetteva di ottenere il rimborso per un volo o un viaggio “non goduto” per scelta del beneficiare o per, appunto, impossibilità sopravvenuta.

Si pensi, a titolo esemplificativo: tutti i voli in partenza da/per o con scalo a Milano; i voli diretti in Stati che hanno posto limitazioni all’ingresso di italiani; voli acquistati per partecipare a fiere, convegni, impegni professionali che si sarebbero tenuti nelle “zone rosse” e dunque cancellati.

3. Il regolamento (CE) n. 261/2004

I regolamenti dell’Unione Europea , disciplinati all’art. 288 TFUE,  sono atti giuridici, applicabili nel nostro ordinamento in modo immediato, senza che sia necessario alcun atto di recepimento del loro contenuto e, dunque, vincolanti in tutti gli elementi.

Il regolamento CE n. 261/2004 (si parla ancora di CE perchè nel 2004 eravamo lontani dal Trattato di Lisbona del 2007, con cui è nata l’UE che oggi “conosciamo”) “istituisce regole comuni in materia di compensazione ed assistenza ai passeggeri in caso di negato imbarco, di cancellazione del volo o di ritardo prolungato” e si applica ai cittadini in viaggio da uno Stato membro all’altro o diretti da uno Stato terzo in uno dell’Unione Europea.

All’art. 4 è prevista la disciplina in caso di imbarco negato; all’art. 5 e 6, rispettivamente, i diritti dei passeggeri in caso di cancellazione del volo e di ritardo.

L’art. 5 prevede, infatti, il diritto al rimborso della somma spesa per il volo oltre ad una compensazione pecuniaria da € 250,00 ad € 600,00 , a seconda della tratta da percorrere.

La compensazione spetta in modo automatico , a meno che “siano stati informati della cancellazione del volo almeno
due settimane prima dell’orario di partenza previsto” ovvero siano stati informati in un tempo compreso tra le due settimane ed i sette giorni e sia stato offerto loro un volo alternativo su cui partire, “non più di due ore prima” dell’altro volo cancellato.

Orbene, questa compensazione pecuniaria trova la sua ragion d’essere nel disservizio causato dalla compagnia aerea al passeggero ma non è applicabile alle cancellazioni imputabili all’emergenza sanitaria Covid-19, posto che tali cancellazioni non dipendono da responsabilità del vettore, come espressamente previsto dall’art. 4 co. 3 del Regolamento in esame.

In caso di cancellazione del volo, difatti, al (mancato) passeggero spetterà solo il rimborso del costo del biglietto pagato  non goduto ma NON la compensazione pecuniaria.

Così analizzata la disciplina europea, è possibile operare un confronto tra quanto previsto dall’art. 28 del D.L. n. 9/2020 (ad oggi, peraltro, non convertito) e quanto invece disciplinato dal Regolamento “UE”.

4. Il confronto

Da una parte, l’Italia ha introdotto una disciplina più favorevole permettendo ai cittadini di ottenere un rimborso per voli NON CANCELLATI ma non godibili a causa dell’epidemia (per le varie ipotesi evidenziate a titolo esemplificativo) ma ha previsto che tale rimborso avvenisse con una modalità a scelta del vettore e non del passeggero; dall’altra, l’Unione Europea ha previsto la possibilità di ottenere un rimborso per un volo cancellato o partito in ritardo ma NON la possibilità di essere rimborsati per un volo o un pacchetto turistico a cui il soggetto ha rinunciato, seppur per impossibilità sopravvenuta.

Al centro di queste ipotesi, poi, gli abusi perpetrati dalle Compagnie aeree, che hanno prima offerto il riaccredito del prezzo del biglietto per i voli cancellati e poi hanno emesso voucher derivanti dallo stesso titolo, incorrendo peraltro anche nella violazione delle norme codicistiche sulla scelta della prestazione in caso di obbligazione alternative.

Ma questo è tutt’altro discorso.

Allo stato dell’arte, dunque, per ottenere un rimborso – sia esso tramite voucher o tramite riaccredito – è fondamentale distinguere tra: volo cancellato dalla compagnia aerea e volo non goduto per scelta del passeggero, seppur la scelta non è pienamente volontaria ma dettata da molteplici fattori esterni.

Nel caso di volo cancellato, la compagnia aerea non può in alcun modo imporre al passeggero di beneficiare di un voucher, specie perchè in molti casi si tratta di cifre elevate.

Differentemente, per quei voli – quasi tutti in partenza a marzo – a cui il passeggero ha rinunciato, resta aperta la questione della scelta.

Invero, la Commissione Europea, per tramite di Stefan de Keersmaecker, ha invitato l’Italia a uniformare la disciplina interna in modo conforme ai dettati previsti a livello europeo: in altre parole, l’art. 28 non avrebbe dovuto permettere alle compagnie aeree di scegliere tra riaccredito ed emissione di voucher.

5. Conclusioni

Per concludere, dunque, è innegabile che le compagnie aeree siano state travolte da una crisi economica senza precedenti (basti pensare a Ryanair, che ha cancellato tutti i voli di marzo ed aprile) ma questo non ci permette di guardare con tenerezza a società multinazionali, con ingenti capitali, che hanno fatto della speculazione il loro primo elemento di riconoscimento.

Si pensi alla pratica di vendere più biglietti dei posti a sedere (io sono stato vittima dell’overbooking questa estate, di ritorno dalla Grecia) o agli ingiustificati ed incontrollati aumenti durante le festività, i Ponti o le manifestazioni sportive.

Tutto ciò per dire, senza troppi giri di parole, che le compagnie aeree sembrano riconoscere solo le occasioni ghiotte per riempire le loro casse e, al contrario, si bendano gli occhi quando c’è da “metter mano al portafogli”.


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