Risarcibilità del danno antitrust: nuove frontiere del private enforcement
Il 14 Gennaio 2017 il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo definitivo del d.lgs. di attuazione della Direttiva 2014/104/UE che regola le azioni per il risarcimento del danno antitrust (di seguito, il Decreto). Sebbene il diritto al risarcimento del danno antitrust abbia trovato applicazione a partire dai primi anni 2000 con la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea C-453/99 Courage Ltd v Crehan, in seguito confermata dalla sentenza C-295/04 Vincenzo Manfredi v Lloyd Adriatico Assicurazioni Spa, è solo con la Direttiva in esame che il legislatore europeo ha inteso rimuovere gli ostacoli esistenti per l’integrale risarcimento del danno, garantendo un livello uniforme di tutela per i cittadini e le imprese di tutti gli Stati membri dell’Unione Europea.
Per quanto concerne l’ambito di applicazione, il Decreto non è applicabile a tutte le violazioni del diritto europeo della concorrenza, in quanto l’art. 2 let. b del Decreto restringe l’ambito di applicazione alle sole violazioni degli artt. 101 e 102 TFUE, ossia alle violazioni connesse ad intese limitative della concorrenza e agli abusi di posizione dominante, e alle fattispecie di cui agli artt. 2, 3, e 4 della Legge 287/1990; in merito a queste ultime, ed in conformità con il considerando 10 della Direttiva, sono comprese esclusivamente le azioni di risarcimento connesse alla violazione della normativa nazionale antitrust in conformità all’art. 3 paragrafo 1 del Regolamento CE 1/2003. Al contrario, l’art 1 comma 1 del Decreto estende l’ambito di applicazione della normativa sia alle azioni individuali che alle azioni collettive (cd. class action) previste dall’art. 140-bis del Codice del Consumo, mentre al comma 2 è previsto che l’integrale risarcimento comprenda il danno emergente, il lucro cessante, e la eventuale misura degli interessi, con esclusione di ogni sovracompensazione.
Un elemento particolarmente significativo contenuto nel Decreto di recepimento è costituito dall’art. 7 comma 1, sulla cui scorta una violazione del diritto della concorrenza, constatata dall’autorità garante con decisione presa ai sensi dell’art. 10 della Legge 287/1990 e non più impugnabile, viene riconosciuta come definitivamente accertata nei giudizi per il risarcimento del danno davanti al giudice nazionale civile dello stesso Stato di cui fa parte la suddetta autorità; la stessa disciplina viene estesa alle sentenze del giudice amministrativo passate in giudicato, mentre per le decisioni della Commissione europea un tale valore era era già stato conferito dall’art. 16 del Regolamento CE 1/2003. Le decisioni delle autorità garanti e le sentenze passate in giudicato assumono pertanto valore probatorio, e non ammettono prova contraria. Tuttavia, una tale efficacia probatoria riguarda esclusivamente la natura della violazione e la sua portata materiale, personale, temporale e territoriale, con esclusione del nesso di causalità e del danno: questi ultimi, infatti, risultano essere elementi non presi in considerazione dall’autorità garante o dal giudice amministrativo per la constatazione della violazione della normativa antitrust, la quale, appunto, si basa solamente sulla natura della violazione e sulla sua portata materiale, personale, temporale e territoriale. Il nesso di causalità ed il danno invece, assumono rilevanza davanti al giudice nazionale civile al fine di vedere soddisfatta la domanda per il risarcimento del danno. Si evince pertanto come il Decreto abbia recepito l’intenzione del legislatore europeo, stabilita dal considerando 34 della Direttiva, di rendere più agevole il risarcimento del danno nelle cd. azioni follow on, cioè le azioni precedute da una decisione dell’autorità antitrust che accerti la violazione degli artt. 101 o 102 TFUE. L’art. 7 comma 2, invece, non riconosce le decisioni delle autorità garanti o di un giudice del ricorso di altro Stato membro come definitivamente accertate, ma attribuisce loro mero valore di prova prima facie. Pertanto, questo tipo di decisioni non saranno dotate di valore vincolante e probatorio, ma potranno essere valutate insieme ad altre prove dal giudice civile al fine di constatare la sussistenza di una violazione del diritto della concorrenza.
L’art. 8 comma 1 fissa in cinque anni il termine di prescrizione per esercitare il diritto al risarcimento del danno derivante da una violazione del diritto della concorrenza. Il Decreto fissa come dies a quo del termine di prescrizione il giorno in cui la violazione del diritto della concorrenza è cessata, e comunque non prima che il danneggiato ne venga a conoscenza. La disciplina prevista dal Decreto non innova sostanzialmente quanto già stabilito dal Codice Civile e dalla giurisprudenza nazionale e comunitaria, in quanto, conformemente a quanto stabilito dalle sentenze della Corte di Giustizia C-49/12 The Commissioners for Her Majesty’s Revenue & Customs v Sunico ApS e altri e C-302/13 flyLAL-Lithuanian Airlines AS contro Starptautiskā lidosta Rīga VAS e Air Baltic Corporation AS, si tratta di un tipo di responsabilità extracontrattuale, e gli elementi necessari per l’inizio del termine di prescrizione sono conformi al considerando 36 della Direttiva e alle sentenze della Cassazione nn. 5913/2000, 12666/2003, e 10072/2010. Una novità viene introdotta dal comma 2, il quale stabilisce che la prescrizione può rimanere sospesa qualora l’autorità garante della concorrenza avvii un’indagine o un’istruttoria in relazione alla violazione del diritto della concorrenza cui si riferisce l’azione per il diritto al risarcimento del danno; il Decreto fissa in un anno il termine di durata della sospensione.
Fermo restando il diritto al pieno risarcimento del danno, l’art. 9 comma 1 del Decreto introduce, per le PMI e per il beneficiario di una immunità concessa nell’ambito di un leniency program, una deroga espressa al principio della responsabilità solidale stabilito dall’art. 2055 Codice Civile. Per le PMI viene prevista una responsabilità in solido verso i propri acquirenti diretti ed indiretti, a condizione che la PMI soddisfi cumulativamente i requisiti di cui al comma 1, ossia qualora la sua quota nel mercato rilevante sia rimasta inferiore al 5 per cento per il tempo in cui si è protratta la violazione e quando l’applicazione delle ordinarie regole in materia di responsabilità solidale determinerebbe un pregiudizio irreparabile per la sua solidità economica e la totale perdita di valore delle sue attività, e una responsabilità solidale residuale, per cui la PMI sarà responsabile solidalmente anche verso soggetti diversi dai suoi acquirenti diretti ed indiretti, qualora questi ultimi non abbiano ottenuto l’integrale risarcimento del danno dalle altre imprese coinvolte nella violazione; la PMI non potrà qualificarsi per la deroga di cui al comma 1 qualora abbia svolto un ruolo di guida nella violazione del diritto della concorrenza, o nel caso in cui abbia costretto altre imprese a parteciparvi, o ancora qualora abbia commesso in precedenza una violazione del diritto della concorrenza. Alla luce di questi rilievi, diverse sono le incertezze che emergono dalla lettura dall’art. 9 del Decreto: innanzitutto non vengono chiariti gli elementi affinché un pregiudizio possa essere irreparabile per la solidità economica della PMI, lasciando quindi un’incertezza interpretativa; inoltre, sembra esserci un difetto nel recepimento della Direttiva, in quanto l’art. 11 comma 2 di quest’ultima stabilisce che la PMI che voglia qualificarsi per la deroga al principio di responsabilità solidale sia responsabile solo nei confronti dei propri acquirenti diretti ed indiretti, senza pertanto qualificare il tipo di responsabilità in capo alla PMI, mentre l’art. 9 comma 1 del Decreto recepisce un tipo diverso di responsabilità, in quanto stabilisce che la PMI sarà responsabile in solido verso i propri acquirenti diretti ed indiretti; questa incertezza risulterà rilevante nel caso in cui la PMI voglia esercitare azione di regresso, in quanto le sole PMI italiane potranno beneficiare di un diritto di regresso verso gli altri coautori della violazione, mentre alle PMI di Stati membri in cui la Direttiva è stata trasposta correttamente non verrà riconosciuta questa possibilità.
Il beneficiario di una immunità concessa nell’ambito di un leniency program potrà beneficiare della deroga all’art. 2055 Codice Civile, e sarà responsabile in solido nei confronti dei suoi acquirenti o fornitori diretti o indiretti, e nei confronti di altri soggetti danneggiati, qualora questi ultimi non abbiano ottenuto l’integrale risarcimento del danno dalle altre imprese coinvolte nella violazione. Per quanto riguarda il diritto di regresso eventualmente esercitabile dagli altri coautori della violazione verso il beneficiario dell’immunità, questi sarà responsabile solo nella misura del danno che ha causato ai propri acquirenti o fornitori diretti.
In tema di traslazione del sovrapprezzo (cd. passing on) il Decreto riconosce, tanto per gli acquirenti diretti quanto quelli indiretti, il diritto al risarcimento del danno. Per quanto concerne i soggetti danneggiati, la misura dovuta come danno emergente non dovrà superare il danno da sovrapprezzo cagionato dall’autore della violazione ad un dato livello della catena di approvvigionamento, fermo restando il diritto del danneggiato a chiedere la misura dovuta per il lucro cessante. L’autore della violazione potrà però invocare a propria difesa, previo soddisfacimento dell’onere della prova, il fatto che il danneggiato abbia trasferito il sovrapprezzo ad un livello più basso della catena di approvvigionamento: in questo caso, il danneggiato che abbia chiesto il risarcimento del danno perderà la propria legittimazione ad agire. Nel caso in cui sia un acquirente indiretto a chiedere il risarcimento del danno, il sovrapprezzo sarà presunto se l’attore sarà in grado di dimostrare che l’autore originario della violazione abbia commesso una violazione del diritto della concorrenza, se quest’ultima abbia effettivamente determinato un sovrapprezzo, e che l’acquirente indiretto abbia acquistato beni o servizi oggetto della violazione.
La quantificazione del danno prevista dall’art. 14 del Decreto ricalca la formulazione dell’art. 2056 Codice Civile, confermando quindi la natura extracontrattuale della responsabilità in oggetto. Il rimando agli artt. 1223, 1226 e 1227 Codice Civile va letto congiuntamente all’art. 1 del Decreto, sancendo dunque nuovamente il diritto del danneggiato al pieno risarcimento, principio cardine dell’intera normativa. Al comma 2, il Decreto introduce anche una presunzione riguardo l’esistenza di un danno in seguito alla violazione del diritto alla concorrenza consistente in un cartello: sembra pertanto potersi escludere da una tale presunzione la violazione del diritto alla concorrenza consistente in un abuso di posizione dominante, con i relativi oneri probatori che ne derivano.
Vengono infine introdotte alcune misure per favorire la composizione consensuale delle controversie. L’art. 15 comma 2 prevede che se le parti hanno fatto ricorso ad una procedura stragiudiziale di risoluzione della controversia, il giudice può sospendere, fino ad un termine massimo di due anni, il processo pendente per il risarcimento del danno. Una tale ipotesi è ben vista dal legislatore, prevedendo al comma 4 che l’autorità garante potrà considerare, nell’irrogare la sanzione all’impresa autrice della violazione, la volontà di risolvere consensualmente la controversia. Inoltre, l’autore di una violazione che abbia partecipato ad una procedura stragiudiziale di risoluzione sarà protetto dalle eventuali azioni di regresso da parte degli altri coautori della violazione che non hanno partecipato ad un tale risoluzione stragiudiziale.
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Luca Taranto
Luca Taranto is currently Trainee at the European Commission, and has previously served as Intern at the Italian Ministry of Economy and Finance. He holds a LL.M. in EU Law, major in EU Competition Law, and has experience in European and International Law and decision making regimes.