Risarcimento del danno da limitazioni Covid: la sentenza n. 713/2023 del CGARS
Sommario: 1. Introduzione – 2. Il riparto delle competenze tra Stato e Regioni – 3. L’equilibrato bilanciamento tra l’esercizio dell’autorità e le libertà dei cittadini – 4. Il risarcimento del danno
1. Introduzione
La Sezione Giurisdizionale del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana ha emesso recentemente la sentenza n. 713/2023, pubblicata il 24/10/2023, con la quale si è condannata la Regione al risarcimento del danno cagionato al ricorrente, minorenne, da un’ordinanza urgente emanata dal Presidente della Regione in corso di pandemia COVID.
La pronuncia affronta interessanti profili relativi alla normativa emergenziale a tutela della salute pubblica, sia in punto di determinazione dei confini tra le competenze dello Stato e delle Regioni, sia in punto di legittimità delle limitazioni alla libertà personale; profili che verranno riassunti nel presente contributo.
Il casus belli, in particolare, nasce dall’ordinanza contingibile e urgente del Presidente della Regione Siciliana n. 16 dell’11/04/2020 con cui si è vietata ogni attività motoria all’aperto, anche in forma individuale, ivi inclusa quella dei minori accompagnati dai genitori, con la conseguenza che al minore veniva imposto l’obbligo di un’assoluta permanenza domiciliare.
Il provvedimento, tuttavia, si poneva in contrasto con il DPCM allora in vigore, del 10/04/2020, che consentiva a chiunque, minori inclusi, l’attività motoria e sportiva nei pressi dell’abitazione pur mantenendo la distanza di sicurezza di un metro dalle altre persone, con un’evidente discriminazione sfavorevole per i cittadini siciliani.
2. Il riparto delle competenze tra Stato e Regioni
La pronuncia ripercorre i principali provvedimenti normativi adottati nel periodo pandemico, esponendo che sin da subito l’attuazione delle misure di contenimento era stata demandata allo strumento dei DPCM, consentendo l’adozione di ordinanze contingibili e urgenti da parte del Ministro della Salute, dei Presidenti di Regione o dei Sindaci solo per la regolamentazione di ambiti interinali e residuali, nelle more dell’adozione dei DPCM e con efficacia limitata sino al momento dell’entrata in vigore degli stessi, solo nei casi di estrema necessità e urgenza in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario nel proprio territorio o in una parte di esso.
La sentenza ha poi richiamato la giurisprudenza della Corte Costituzionale formatasi in materia, che ha confermato questa impostazione, sottolineando che le misure applicabili per la gestione dell’emergenza erano da sottoporsi ad una stringente interpretazione del principio di legalità, dunque da ritenersi strettamente tipiche. Ciò anche in considerazione dell’appartenenza della legislazione pandemica alla materia, di competenza esclusivamente statale, della profilassi internazionale di cui all’art. 117 comma 2 lettera q della Costituzione: a fronte di malattie contagiose e idonee a diffondersi a livello globale, occorre preservare la parità di trattamento tra tutte le persone nel godimento del diritto alla salute e nella contestuale tutela della collettività.
Nell’ordinanza della Regione oggetto di contestazione, i Giudici non hanno ravvisato alcuna giustificazione a qualsivoglia misura integrativa e maggiormente restrittiva rispetto al DPCM del giorno precedente, motivo per cui essa è da ritenersi illegittima.
3. L’equilibrato bilanciamento tra l’esercizio dell’autorità e le libertà dei cittadini
Sulla ponderazione tra esercizio dell’autorità impositiva e rispetto delle libertà dei cittadini, i Giudici distinguono in questa pronuncia la libertà personale di cui all’art. 13 della Costituzione dalla libertà di circolazione di cui all’art. 16: mentre la prima è di norma inviolabile, la seconda può essere compressa mediante limitazioni stabilite dalla legge in via generale per motivi di sanità o di sicurezza.
Tanto che lo Stato, scrive il Consiglio, ha sempre garantito nei propri provvedimenti quel minimo diaframma, mai violato, tra la compressione della libertà di circolazione, avvenuta ad amplissimi gradi ma consentita dal dettato costituzionale per motivi di sanità, e la libertà personale, mai limitata sino a costringere le persone a vivere in condizioni sostanzialmente analoghe alla detenzione domiciliare (la quale comunque consente l’allontanamento dall’abitazione per motivi alimentari e di lavoro): in tal senso è da leggersi la possibilità di svolgere attività sportiva e motoria al di fuori dell’abitazione.
Di contro, denuncia la sentenza, alcune Regioni, tra cui quella siciliana con l’ordinanza contestata dal ricorrente, si sono spinte oltre le limitazioni già prescritte dallo Stato e oltre tali confini di ammissibilità: anche per questo motivo, dunque, è stato illegittimo il divieto assoluto di uscire di casa imposto dall’ordinanza regionale, non prevedendo l’eccezione dello svolgimento dell’attività sportiva o motoria nemmeno in prossimità di essa.
4. Il risarcimento del danno
Infine, il Consiglio scrutina la domanda risarcitoria, ritenendo che, non potendosi da un lato riconoscere alcun danno patrimoniale, può invece riconoscersi un danno non patrimoniale di tipo morale ai sensi dell’art. 2059 del Codice Civile, a causa della lesione di diritti di libertà costituzionalmente garantite, liquidabile in via equitativa.
Nella quantificazione, i Giudici hanno tenuto espressamente conto dell’età del ricorrente, una persona minorenne e dunque collocabile in una fase delicata di crescita e formazione psicologica.
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Lara Gallarati
Avvocato presso il Foro di Milano.
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