Risponde di concorso colposo in omicidio doloso chi rilascia la licenza di porto d’armi
Nota a sentenza Cass. penale, Sez. IV, n. 32567 del 6 luglio 2016
Avv. Simona Aduasio
La sentenza in commento concerne la nota vicenda dell’omicidio di due funzionarie della Regione Umbria, uccise nel 2013 da A.Z. in quanto responsabili di un procedimento amministrativo riguardante un’associazione della famiglia dell’assassino. L’autore del duplice omicidio, dopo aver esploso numerosi colpi all’indirizzo delle due donne con una pistola semiautomatica appena acquistata, si suicidava.
La sezione IV della Corte di Cassazione si occupa, nella sentenza de qua, della vexata quaestio dell’ammissibilità del concorso colposo nel delitto doloso.
In particolare, il Procuratore della Repubblica di Perugia proponeva ricorso per Cassazione avverso la sentenza di non luogo a procedere pronunciata dal G.U.P. del Tribunale perugino nei confronti di C.E.C. e M.L.T. (responsabili del procedimento di rinnovo della licenza di porto d’armi), imputati del delitto di concorso colposo nell’omicidio doloso commesso da A.Z., deducendo due motivi di doglianza.
Il P.M. ricorrente lamentava violazione di legge con riferimento all’esclusione dell’ipotizzabilità in astratto del concorso colposo nel delitto doloso e, con il secondo motivo, violazione di legge con riguardo all’esclusione del nesso causale tra le condotte contestate agli imputati e l’uccisione delle due vittime, in riferimento alla cd. causalità della colpa.
I motivi di ricorso, entrambi fondati, hanno fornito alla IV sezione della Corte di Cassazione l’occasione per ritenere ammissibile in astratto il concorso colposo nel delitto doloso, nonché ravvisabile nel caso di specie la cd. causalità della colpa.
Con specifico riguardo al primo profilo va ricordato che la dottrina prevalente, cui l’impugnata sentenza del G.U.P. di Perugia aderisce, è orientata nel senso dell’inammissibilità del concorso colposo nel delitto doloso.
La Corte di Cassazione, con la pronuncia che si annota, opta invece per l’opposta tesi dell’ammissibilità, sostenuta dall’ormai pacifica giurisprudenza di legittimità. Rilevano invero gli Ermellini che l’art. 42 co. 2 c.p. si riferisce solo alla parte speciale e non anche alle disposizioni di cui agli artt. 110 e 113 c.p.
La IV sezione soggiunge peraltro – richiamando la propria pronuncia n. 22042 del 27 aprile 2015 – che, affinché possa ritenersi configurabile il concorso colposo nel delitto doloso, è “necessario che il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella condotta dell’autore siano presenti gli elementi della colpa e, in particolare, la finalizzazione della regola cautelare violata alla prevenzione del rischio dell’atto doloso del terzo e la prevedibilità per l’agente dell’atto del terzo”.
I giudici di piazza Cavour accolgono altresì il secondo motivo di impugnazione sul rilievo che dalla stessa sentenza del G.U.P. del Tribunale di Perugia emergesse che le regole cautelari violate dagli imputati C.E.C. e M.L.T. fossero volte ad evitare eventi della specie di quello verificatosi.
Va infatti sottolineato che l’autore del duplice omicidio doloso, munito di licenza di porto del fucile per tiro a volo dal 1998, era stato attinto nel 2009 (circa quattro anni prima della commissione del delitto) da un provvedimento di divieto d’urgenza di detenere armi e munizioni emesso dalla Prefettura di Perugia in relazione alla sua sottoposizione a trattamento sanitario obbligatorio (T.S.O.).
Nel 2012 A.Z. presentava istanza di rinnovo del porto d’armi in Questura, in seguito alla quale l’imputato C.E.C. curava l’istruttoria della pratica e l’imputata M.L.T. rilasciava l’autorizzazione al rinnovo stesso.
Ciò che si contesta pertanto ai due imputati di concorso colposo nell’omicidio doloso è di aver violato le regole cautelari discendenti dalle rispettive posizioni di garanzia in relazione ai compiti loro assegnati. Gli stessi infatti non verificavano le ragioni che nel 2009 avevano indotto la Prefettura a vietare ad A.Z. la detenzione di armi o munizioni: tale accertamento avrebbe consentito loro di constatare che il divieto era seguìto allo stato di salute mentale dell’autore del duplice omicidio doloso che, sottoposto a T.S.O., non offriva più garanzie circa un corretto uso delle armi.
In ragione di quanto illustrato, la Cassazione ha pertanto ritenuto sussistenti i profili della colpa: in particolare, la violazione da parte degli imputati delle regole cautelari proprie dell’istruttoria loro affidata, che miravano per l’appunto a prevenire eventi della stessa specie di quello verificatosi.
In conclusione la Suprema Corte, accogliendo i due motivi di ricorso del Procuratore generale, ha annullato la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Perugia.
Avv. Simona Aduasio
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Avvocato penalista del Foro di Trani, Specializzata in Professioni Legali, Cultrice della materia in Diritto penale presso l'Università "Aldo Moro" di Bari, Docente di Legislazione dello spettacolo presso il Conservatorio di musica "Claudio Monteverdi" di Bolzano.
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