Rito abbreviato e continuazione tra delitti e contravvenzioni: riduzione premiale unitaria o distinta? Attendendo le Sezioni Unite
La questione rimessa alle Sezioni Unite
Il prossimo 27 febbraio le Sezioni Unite della Suprema Corte regolatrice saranno chiamate a pronunciarsi in ordine al seguente quesito di diritto: “se, nel caso di giudizio abbreviato per delitti e contravvenzioni posti in continuazione, la diminuente per il rito vada calcolata nella misura complessiva ed esaustiva di un terzo una volta determinata la pena unica ex art. 81, comma 2, cod. pen. ovvero se detta riduzione vada operata, sulla pena inflitta per i delitti, nella misura di un terzo e, sulla pena applicata per le contravvenzioni, nella misura della meta, ex art. 442, comma 2, cod. proc. pen., come novellato dalla legge 23 giugno 2017, n. 103”.
La vexata quaestio, com’è facilmente intuibile, attiene al rapporto tra l’istituto della continuazione e la riduzione premiale (pari alla metà), prevista dall’ odierno art. 442, co. 2 c.p.p. – come novellato dalla legge 23 giugno 2017 n. 103 (c.d. Legge Orlando) – in relazione ai reati aventi natura contravvenzionale.
Sul tema oggetto della presente disamina si registrano, attualmente, presso la giurisprudenza di legittimità, due opposti indirizzi interpretativi.
Segnatamente, secondo un primo fronte ermeneutico, allo stato largamente maggioritario, il diverso regime sanzionatorio previsto dalla norma processuale richiamata, rispetto alle ipotesi in cui venga in rilievo un reato di natura contravvenzionale, “costituisce norma penale di favore che impone che, in caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni, la riduzione per il rito vada effettuata distintamente sugli aumenti di pena disposti per le contravvenzioni, nella misura della metà, e su quelli disposti per i delitti, nella misura di un terzo” (v. ex multis, Cass. Pen. Sez. I, n. 39087 del 24/05/2019, Mersini, Rv. 276869 – 01; Sez. II, n. 14068 del 27/02/2019, Selvaggio, Rv. 275772 – 01; non massimate Sez. VI n. 4199 del 18/1/2022, Aiello; Sez. V, n. 42199 del 17/9/2021, Tounsi; Sez. VI, n. 28021, del 25/6/2021, Campanella; Sez. I, n. 1438 del 6/10/2020, dep. 2021, Burasca; Sez. I, n. 33051, del 23/9/2020, Inferrera; Sez. F. n. 32176 del 25/8/2020, Greco).
Il fondamento giustificativo del cennato orientamento giurisprudenziale, andrebbe ravvisato – almeno prima facie – nella primaria necessità di rimarcare la profonda differenza ontologica esistente, tra l’abbattimento sanzionatorio (tipicamente discrezionale) logicamente connaturato al riconoscimento del vincolo della continuazione, e quello (obbligatorio) conseguente alla scelta dell’imputato di essere giudicato secondo le forme del rito abbreviato: una diversità strutturale questa, a ben vedere, difficilmente sormontabile attraverso la generica valorizzazione della finalità mitigatrice dell’istituto della continuazione.
A tale prevalente tesi interpretativa, si contrappone la più risalente – nonché, nettamente minoritaria – impostazione esegetica in base alla quale “in tema di giudizio abbreviato, la riduzione di cui all’art. 442, comma 2, cod. proc. pen., come novellato dalla legge 23 maggio 2017, n. 103, deve essere operata, nel caso di continuazione tra delitti e contravvenzioni, nella misura unitaria di un terzo prevista per i delitti, essendo la pena del reato continuato parametrata su quella prevista per il delitto” (v. Cass. Pen. Sez. VI, n. 48834 del 07.11.2020, Sterrantino, Rv. 284076 -01; Sez. III, n. 41755 del 06.07.2021, A., Rv. 282670 -01).
Il principale argomento a sostegno dell’orientamento appena richiamato, riposa, essenzialmente, sull’idea – oramai ben radicata nel diritto vivente – dell’unificazione quoad poenam dei reati avvinti dal vincolo normativamente contemplato dall’art. 81 cpv c.p..
Prediligere, infatti, un regime applicativo differenziato del meccanismo di riduzione premiale della pena in presenza di delitti e contravvenzione riuniti sotto il vincolo della continuazione significherebbe, in buona sostanza, “tradire” la logica unitaria che sovrintende, almeno sul versante sanzionatorio, al reato continuato.
Brevi riflessioni
A fronte della delineata querelle interpretativa, molteplici appaiono, a parere di chi scrive, le ragioni che impongono di privilegiare, ai fini della risoluzione dell’affiorato contrasto tra le Sezioni semplici della Suprema Corte, il primo dei summenzionati orientamenti ermeneutici.
Vero è, infatti, che il momento commisurativo che caratterizza l’istituto del reato continuato implica la naturale perdita di “autonomia” dei reati satellite; è altrettanto vero, tuttavia, che il trattamento sanzionatorio di favore di cui all’art. 442 co. 2 c.p.p. – ancorché previsto da una norma di carattere processuale – costituisce espressione di un principio dotato di importanti ricadute sul piano sostanziale, da reputarsi, sul piano dell’applicazione concreta, prevalente sul dato formale dell’incidenza della riduzione premiale sulla pena determinata ai sensi dell’art. 81 co. 2 c.p..
Opinare diversamente, cioè, prediligere lo speculare indirizzo interpretativo, rigidamente ancorato al dettato codicistico di cui all’art. 76 c.p., significherebbe, da un lato, rimettere l’ammontare della decurtazione prevista per il rito abbreviato alla discrezionalità del Giudice, inopinatamente sottraendola, contrariamente alla ratio chiaramente perseguita dal Legislatore, alla libera decisone dell’imputato; dall’altro, e questo sarebbe il rischio maggiore, si finirebbe per condurre l’odierno art. 442 co. 2 c.p.p. verso una sostanziale espunzione dall’Ordinamento penale, vanificando, al contempo, gli irrefutabili effetti favorevoli per il reo scaturenti dalla sua corretta applicazione.
Ma vi è di più. Laddove si optasse per la tesi della riduzione unitaria del terzo, si avrebbe l’inesorabile effetto di consentire all’imputato, in ipotesi di riconoscimento del vincolo della continuazione in fase esecutiva tra reati giudicati separatamente, di beneficiare di un trattamento sanzionatorio ingiustificatamente più mite rispetto a quello derivante dall’applicazione del cumulo giuridico in sede di cognizione.
Da ultimo, neppure può dirsi dirimente, in senso preclusivo alla scissione della riduzione premiale, il richiamo operato dalla tesi antagonista all’art. 76 c.p..
Ed invero, la già segnalata perdita di autonomia dei reati satellite in materia di reato continuato, non implica affatto – come efficacemente lumeggiato dalle Sezioni Unite con la nota pronuncia n. 40983 del 21.06.2018, Giglia – “la irrilevanza della valutazione della gravità dei predetti reati singolarmente considerati”, dovendo, viceversa, il Giudicante, secondo una scansione di tipo “bifasico”, dapprima “stabilire” la pena per ciascun reato, e solo successivamente “determinare” la pena “unitaria” da applicare complessivamente.
La centralità rivestita da ogni singola violazione sul versante componenziale del medesimo disegno criminoso, inoltre, emerge in senso ancor più lapidario se si considera l’ulteriore insegnamento ermeneutico, anch’esso enucleato dalle Sezioni Unite della Suprema Corte regolatrice, in base al quale “ove riconosca la continuazione tra reati, ai sensi dell’art. 81 c.p., il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base per tale reato, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ognuno dei reati satellite” (Cass. Pen. Sez. U. n. 47127, del 24.06.2021, Pizzone).
Sicché, in tale contesto, in cui la unificazione del trattamento sanzionatorio costituisce soltanto un posterius rispetto alla valutazione ponderale di ogni singola violazione, non paiono profilarsi ragioni – se non meramente pleonastiche – per le quali il decidente, nell’individuare la pena per ciascun reato, non dovrebbe tenere conto, ai fini dell’aumento di pena per la contravvenzione posta in continuazione con il delitto, della più favorevole diminuzione conseguente alla scelta del rito abbreviato.
Conclusivamente, volendo evocare il contenuto di una famosa ellissi: alla Suprema Corte l’ardua sentenza!
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Gabriele Ferro
Laureato in giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Siena, attualmente praticante avvocato, con predilezione per il settore del diritto penale sostanziale e processuale.
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