S.r.l.: il socio moroso non può essere escluso a seguito di aumento del capitale sociale

S.r.l.: il socio moroso non può essere escluso a seguito di aumento del capitale sociale

Il caso ha visto protagonista il socio di una s.r.l che a seguito della sua esclusione dalla società, causata dal mancato versamento integrale della quota sottoscritta in occasione della delibera di aumento del capitale, chiedeva tramite ricorso per Cassazione che venisse accertata l’illegittimità del provvedimento, e contestualmente il risarcimento del danno derivante dal rifiuto, opposto dalla società, all’esercizio del diritto di ispezione dei documenti sociali ex art 2476, comma 2, c.c.

Il ricorrente aveva infatti sottoscritto per intero la quota di capitale a lui spettante, avendo provveduto senza indugio al pagamento del 25% della suddetta quota, senza poi aver versato il rimanente 75% entro il termine all’uopo stabilito.

Data la mancanza di compratori l’amministratore aveva difatti escluso il socio moroso, ritenuto le somme riscosse e disposto la riduzione del capitale sociale ai sensi dell’art. 2466 c.c, norma di cui il ricorrente eccepiva la violazione. Il socio escluso contestava infatti che gli amministratori avrebbero dovuto predisporre la vendita o l’annullamento solo della parte proporzionale non liberata  e non invece aggredire la quota detenuta sin dall’origine, dal momento della costituzione della società.

L’art. 2466 in tema di mancata esecuzione di conferimenti, mira ad agevolare l’acquisizione dei conferimenti qualora il socio non esegua il pagamento delle quote dovute, disponendo che se un socio non esegue l’obbligo di versamento della propria quota, decorso il termine entro il quale gli altri soci possono chiedergli di adempiere, questi ultimi possono alternativamente: proporre azione di condanna all’adempimento; vendere la quota del socio moroso ai soci rimanenti (in proporzione alla loro partecipazione)  o all’incanto se consentito espressamente dall’atto costitutivo.Se la vendita non può realizzarsi per assenza di compratori, avverso il socio inadempiente può essere disposta l’esclusione dalla società. In tale ipotesi il valore nominale del capitale sociale verrà ridotto in misura corrispondente alla quota del socio escluso.

I giudici nel caso di specie si sono però trovati davanti a una circostanza in cui a seguito dell’aumento del capitale sociale, il socio non aveva adempiuto all’obbligo di versamento della differenza tra la quota iniziale e quella risultante dal successivo aumento ( non dunque dell’intero versamento ), venendo così a essere escluso dalla società.

La Corte di Cassazione si è dunque pronunciata in materia con la sentenza n. 1185/2020 (testo in calce), sancendo che la procedura di cui all’art 2466 non potrà trovare applicazione e dunque il socio non potrà essere escluso qualora abbia conseguito la sua posizione adempiendo all’obbligo di conferimento iniziale e si sia reso inadempiente all’obbligo di esecuzione dei versamenti solo successivamente (in occasione della sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale deliberato dall’assemblea nel corso della vita della società ). L’esclusione in questo caso infatti andrebbe a gravare sulla ormai acquisita qualità di socio ed è di conseguenza inammissibile. Pertanto non essendovi la possibilità di escludere il socio inadempiente, la sua morosità comporta solamente la delibera di riduzione del capitale sociale da parte dell’assemblea, da effettuare in misura proporzionale al debito di sottoscrizione derivante dall’aumento che non è stato corrisposto.

Poiché la morosità del socio non riguarda la somma della quota posseduta dopo l’aumento con quella risultante dall’atto costitutivo (originaria),  la riduzione potrà essere attuata esclusivamente con riguardo al conferimento dovuto a seguito della sottoscrizione della delibera di aumento del capitale non onorato e non anche per l’intera misura della partecipazione del socio.

Un’eccezione è costituita dal caso in cui l’indivisibilità della quota del socio sia stata prevista esplicitamente dallo statuto in modo tale che la quota originaria e quella sottoscritta successivamente risultino indistinte. Verificatasi questa evenienza il socio titolare della quota “unica” può essere escluso per morosità a seguito di aumento del capitale.

La Suprema Corte si è infine espressa sul diritto di controllo che il socio vanta sugli affari sociali ex art 2476, comma 2, c.c, precisando che questo non viene meno sino a quando  il socio rimane a far parte della compagine societaria. il socio moroso di s.r.l. non è ammesso ai sensi dell’art 2466 c.c però a partecipare alle decisioni o alle deliberazioni assembleari.

In conclusione, la Cassazione ha rigettando il ricorso incidentale proposto dalla società resistente con il quale questa contestava a sua volta la violazione dell’art. 2466 c.c e 2476, comma 2, c.c con riguardo ai diritti di controllo del socio moroso. Cassando la precedente sentenza della Corte d’Appello con rinvio in merito alla domanda di accertamento dell’illegittimità dell’esclusione del socio ha accolto favorevolmente i motivi dell’attore.


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Claudia Franchini

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