Sedicente mago convince la clientela a pagare per compiere alcuni riti: è truffa aggravata

Sedicente mago convince la clientela a pagare per compiere alcuni riti: è truffa aggravata

La sentenza della Seconda Sezione della Suprema Corte di Cassazione del 2 marzo 2022 n. 7513 risolve la questione relativa alla configurabilità della fattispecie di truffa aggravata dal timore di un pericolo immaginario ovvero di abuso della credulità popolare.

Nel caso in esame, un uomo, sfruttando la fama di mago, chiromante, guaritore, ingenerava nelle persone offese la convinzione dell’esistenza di gravi pericoli su di esse o sui loro familiari e, facendo credere di poter scongiurare tali pericoli con i rituali magici da lui praticati, le induceva in errore in modo da procurarsi l’ingiusto profitto consistente in somme di denaro elargitegli con conseguente danno per le medesime.

L’art. 640, comma 1, c.p. stabilisce che chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.

Il comma 2, n. 2 prevede un aumento della pena se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario.

Invece l’art. 661 c.p. disciplina la contravvenzione dell’abuso della credulità popolare, prevedendo che chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è soggetto, se dal fatto può derivare un turbamento dell’ordine pubblico, alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000.

La Corte di Legittimità ha stabilito che integra il reato di truffa aggravata la condotta del soggetto che, sfruttando la notorietà creatasi di mago, ingeneri nelle persone offese il pericolo immaginario dell’avveramento di gravi malattie e faccia credere alle stesse di poterle guarire e le induca in errore, compiendo pratiche magiche al fine di procurarsi un ingiusto profitto con danno delle stesse. [1]

La Suprema Corte di Cassazione, di recente, ha affermato che integra il delitto di cui all’art. 640, comma 2, n. 2 c.p. e non la fattispecie di abuso della credulità popolare, depenalizzata dal D.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, il cui elemento differenziale si individua nel turbamento dell’ordine pubblico e nell’azione rivolta nei confronti di un numero indeterminato di persone, il comportamento di colui che, sfruttando la fama di mago, chiromante, occultista o guaritore, ingeneri nelle persone offese la convinzione dell’esistenza di gravi pericoli gravanti su di esse o sui loro familiari e, facendo credere loro di poter scongiurare i suddetti pericoli con i rituali magici da lui effettuati, le induca in errore in modo da procurarsi l’ingiusto profitto consistente nell’incameramento delle somme di denaro elargitegli con correlativo danno per le medesime. [2]

In conclusione, nel caso in esame il comportamento del sedicente mago è stato qualificato come truffa aggravata ex art. 640, comma 2, n.2  c.p. avuto riguardo all’assenza di comunicazioni nei confronti di un numero indeterminato di soggetti ed ai specifici pericoli che l’uomo aveva rappresentato alle persone offese che attenevano persino al rischio di morte, convincendo così la vittima a versare somme di denaro.

 

 

 

 

 


[1] Cass., Sez. II, 19 ottobre 2012 – 31 ottobre 2012, n. 42445;
[2] Cass., Sez. II, 29 novembre 2019 – 5 dicembre 2019, n. 49519; Cass., Sez. II, 2 marzo 2022, n. 7513

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