Semel heres semper heres: inefficacia della rinuncia all’eredità effettuata dopo la scadenza del termine per l’effettuazione dell’inventario
Sommario: 1. Premessa – 2. Chiamato all’eredità nel possesso di beni ereditari (art. 485 c.c.) – 3. Conclusioni
1. Premessa
La locuzione latina “semel heres semper heres” esprime il concetto per il quale una volta che si è divenuti eredi non si può più perdere tale qualità.
Se si è nel possesso di beni ereditari, infatti, vi è il concreto “rischio” di non poter efficacemente rinunciare all’eredità. E ciò indipendentemente dal fatto che si intenda beneficiare degli effetti di cui all’art. 490 del codice civile.[1]
2. Chiamato all’eredità nel possesso di beni ereditari (art. 485 c.c.)
Come noto, l’articolo 485 c.c. dispone che il chiamato all’eredità che sia a qualsiasi titolo nel possesso dei beni ereditari debba fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della devoluta eredità.
La legge prevede, inoltre, che il chiamato che entro tale termine abbia iniziato l’inventario ma non lo abbia concluso può ottenere una proroga, la quale potrà essere al massimo di ulteriori tre mesi.
Tuttavia, ove il chiamato, entro il termine suindicato, non compie l’inventario sarà considerato erede puro e semplice[2].
Infatti, come sancito dalla Suprema Corte “La rinuncia all’eredità, posta in essere dopo la scadenza del termine di cui all’art. 485 c.c. dal chiamato all’eredità che si trovi nel possesso dei beni ereditari, non è in alcun caso configurabile come rinuncia ad effetti traslativi, atteso che alla scadenza del termine per l’effettuazione dell’inventario il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice, con la conseguente inefficacia della rinuncia. Pertanto, nel giudizio promosso o proseguito nei confronti dell’erede del de cuius debitore, in possesso dei beni ereditari, che abbia eccepito l’avvenuta rinuncia all’eredità, il creditore non deve proporre alcuna domanda volta all’accertamento dell’inefficacia di detta rinuncia”[3].
Ne consegue, dunque, che il chiamato decade dalla facoltà di rinunciare all’eredità[4].
È necessario ricordare, infatti, che la rinuncia all’eredità è prevista dall’art. 519 c.c. e consiste in un negozio unilaterale non recettizio con il quale il chiamato, mediante una dichiarazione espressa resa nella forma dell’atto pubblico e annotata nel registro delle successioni, dismette retroattivamente il diritto di accettare l’eredità. Se tale diritto non esiste più in quanto l’eredità è già stata accettata[5], tuttavia, la rinuncia non sarà più possibile.
Ciò è confermato altresì dall’art. 483 del codice civile che prevede che colui che ha accettato quale erede legittimo nel caso di ritrovamento di un testamento sconosciuto all’apertura della successione sia considerato automaticamente anche erede testamentario[6].
3. Conclusioni
La Corte Suprema di Cassazione ha stabilito, pertanto, che il possesso di beni ereditari da parte dell’erede dà luogo all’apertura di un procedimento che comprende necessariamente la redazione dell’inventario, senza il quale si producono due conseguenze: a) l’impossibilità di accettare l’eredità con beneficio d’inventario; b) l’inefficacia di una eventuale rinuncia all’eredità.
Detto altrimenti, senza l’inventario, in entrambi i casi, il chiamato è da considerarsi erede puro e semplice né una eventuale rinuncia nel termine trimestrale previsto dalla legge per la redazione dell’inventario avrebbe effetti.
[1] L’effetto del beneficio d’inventario consiste nel tenere distinto il patrimonio del defunto da quello dell’erede. Conseguentemente: 1) l’erede conserva verso l’eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli che si sono estinti per effetto della morte; 2) l’erede non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari e dei legati oltre il valore dei beni a lui pervenuti; 3) i creditori dell’eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori dell’erede.
[2] https://www.brocardi.it/notizie-giuridiche/eredita-rinuncia-chiamato-possesso-beni/2672.html.
[3] Cass. civ., sez. II, n.6275 del 10/03/2017.
[4] Cass. civ., ord., n. 36080 del 23 novembre 2021.
[5] L’accettazione espressa dell’eredità è la dichiarazione con cui il chiamato esprime la propria volontà di accettare l’eredità e assumere la qualità di erede. Detta dichiarazione integra un negozio unilaterale di adesione all’offerta dell’eredità che deriva dalla delazione. Si tratta di un negozio giuridico puro: i) che non ammette l’apposizione di condizioni o termini; ii) formale, in quanto deve essere fatto per atto pubblico o scrittura privata autenticata a pena di nullità; iii) irrevocabile, sulla base del principio generale semel heres semper heres.
[6] https://www.brocardi.it/codice-civile/libro-secondo/titolo-i/capo-v/sezione-i/art475.html.
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Simona Becchetti
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