Servizio pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie: una partita ancora aperta

Servizio pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie: una partita ancora aperta

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea per un possibile contrasto dell’art. 485 del D.lgs. n. 297/1994 col diritto comunitario riapre le speranze dei docenti che hanno prestato servizio a tempo determinato nelle scuole paritarie.

Sebbene l’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 180 del 30.07.2021 sembrava avesse definitivamente sbarrato la strada al riconoscimento, ai fini della ricostruzione della carriera, del servizio pre-ruolo prestato dai docenti con contratto di lavoro a tempo determinato presso le scuole paritarie, ritenendo non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata per un possibile contrasto dell’art. 485 del D.lgs. n. 297/1994 con l’art. 3 della Costituzione, l’ultima parola adesso spetta alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

La predetta sentenza della Consulta, infatti, si inserisce all’interno di un quadro di pronunce (anche della Corte di Cassazione), costituenti un indirizzo ormai consolidato, che tendono ad escludere il riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato dai docenti presso le scuole paritarie.

La svolta, tuttavia, potrebbe essere rappresentata dall’ordinanza adottata dal Tribunale di Padova, I Sezione Civile, in data 14 agosto 2023, con cui è stato disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 267 del T.F.U.E.

Il predetto Tribunale, infatti, ritenendo ravvisabile un possibile contrasto tra l’art. 485 del D.lgs. n. 297/1994 con i principi generali del diritto eurounitario di uguaglianza, parità di trattamento e di non discriminazione in materia di impiego, mediante il rinvio pregiudiziale ex art. 267 T.F.U.E., ha rimesso gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea al fine di ottenere indicazioni interpretative in ordine alla sussistenza, o meno, del paventato contrasto tra la sopra richiamata disposizione di diritto interno con le norme comunitarie.

 

Sommario: 1. Normativa di riferimento – 2. Le scuole paritarie ed il servizio pre-ruolo prestato dai docenti all’interno delle stesse – 3. Gli orientamenti della giurisprudenza nazionale – 4. La sentenza n. 180/2021 della Corte Costituzionale – 5. Il diritto dell’Unione Europea e la giurisprudenza comunitaria, profili di contrasto – 6. Il provvedimento di rinvio adottato dal Tribunale di Padova

 

1. Normativa di riferimento

Art. 485 D.lgs. 297/1994, commi 1, 2 e 3 Al personale docente delle scuole di istruzione secondaria ed artistica, immesso in ruolo a far data dall’anno scolastico 2023/2024 e confermato in ruolo, il servizio prestato presso le predette scuole statali e pareggiate, comprese quelle all’estero, in qualità di docente non di ruolo, è riconosciuto come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero [per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo]. I diritti economici derivanti da detto riconoscimento sono conservati e valutati in tutte le classi di stipendio successive a quella attribuita al momento del riconoscimento medesimo.

Agli stessi fini e nella identica misura, di cui al comma 1, è riconosciuto, al personale ivi contemplato, il servizio prestato presso le scuole degli educandati femminili statali e quello prestato in qualità di docente elementare di ruolo e non di ruolo nelle scuole elementari statali, o parificate, comprese quelle dei predetti educandati e quelle all’estero, nonché nelle scuole popolari, sussidiate o sussidiarie.

Al personale docente delle scuole elementari è riconosciuto, agli stessi fini di cui al comma 1, il servizio prestato in qualità di docente non di ruolo nelle scuole elementari statali o degli educandati femminili statali, o parificate, nelle scuole secondarie ed artistiche statali o pareggiate, nelle scuole popolari, sussidiate o sussidiarie, nonché i servizi di ruolo e non di ruolo prestati nelle scuole materne statali o comunali”.

Art. 1 Legge 62/2000, commi 1, 2 e 3 Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’art. 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l’espansione dell’offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita.

Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti, in particolare per quanto riguarda l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l’infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia di cui ai commi 4, 5 e 6.

Alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico. Tenuto conto del progetto educativo della scuola, l’insegnamento è improntato ai princìpi di libertà stabiliti dalla Costituzione. Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e gli studenti con handicap. Il progetto educativo indica l’eventuale ispirazione di carattere culturale o religioso. Non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attività extra-curriculari che presuppongono o esigono l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa”.

Art. 2 D.L. 255/2001, comma 2 Nella integrazione della graduatoria di cui al comma 1, il personale già inserito nelle graduatorie permanenti che intende aggiornare il proprio punteggio e quello che chiede l’inserimento per la prima volta è graduato, nell’ambito del proprio scaglione, in base ai titoli posseduti, da valutare secondo le disposizioni della tabella di cui all’allegato A annesso al regolamento. I servizi di insegnamento prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali. Fermo restando quanto previsto dal presente comma, ulteriori modifiche alla tabella di cui all’allegato A annesso al regolamento possono essere adottate con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca”.

Art. 1-bis D.L. 250/2005, commi 1 e 2 “1. Le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n. 62, e di scuole non paritarie.

La frequenza delle scuole paritarie costituisce assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, di cui al decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76. La parità è riconosciuta con provvedimento adottato dal dirigente preposto all’ufficio scolastico regionale competente per territorio, previo accertamento della sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 1 della citata legge n. 62 del 2000. Il riconoscimento ha effetto dall’inizio dell’anno scolastico successivo a quello in cui è stata presentata la relativa domanda. Nei casi di istituzione di nuovi corsi, ad iniziare dalla prima classe ai sensi dell’articolo 1, comma 4, lettera f), della citata legge n. 62 del 2000, fatta eccezione per le scuole dell’infanzia, il riconoscimento è sottoposto alla condizione risolutiva del completamento del corso di studi, restando comunque salvi gli effetti conseguenti al riconoscimento adottato. Le modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento sono definite con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400”.

Clausola 4 dell’accordo quadro sui contratti a tempo determinato allegato alla direttiva Comunitaria n. 1999/70Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive

2. Le scuole paritarie ed il servizio pre-ruolo prestato dai docenti all’interno delle stesse

Le scuole paritarie sono state introdotte all’interno del nostro sistema nazionale di istruzione dalla Legge n. 62/2000, che ne disciplina le caratteristiche, nonché i requisiti di cui devono essere in possesso al fine di ottenere il riconoscimento della parità.

Prima dell’entrata in vigore della predetta legge, invece, il lavoro svolto presso le attuali scuole paritarie era disciplinato dal D.lgs. n. 297/1994 (cd. “Testo Unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado”), il quale contemplava tre diverse tipologie di scuole private riconosciute dal Ministero dell’Istruzione, ovvero le scuole parificate, le scuole legalmente riconosciute e le scuole pareggiate.

In particolare:

  • le scuole parificate (disciplinate dagli artt. 344-347 del T.U.) erano “quelle gestite da enti o associazioni aventi personalità giuridica e riconosciute ad ogni effetto legale mediante apposita convenzione”. Si trattava di scuole elementari che, anno dopo anno, ottenevano il riconoscimento con la sottoscrizione di una apposita convenzione con lo Stato o con gli Enti locali, e che erano autorizzate a rilasciare diplomi di scuola elementare;

  • le scuole legalmente riconosciute (disciplinate dall’art. 355 del T.U.) erano scuole di I e II grado, sede degli esami di maturità, che potevano rilasciare diplomi di scuola media inferiore e di maturità con valore legale identico a quello statale. Il riconoscimento legale poteva essere ottenuto solo a condizione che le stesse fossero in possesso di diversi requisiti (contemplati all’interno della sopra citata disposizione), tra cui che “il personale direttivo e insegnante fosse in possesso degli stessi titoli prescritti per l’esercizio, rispettivamente, della funzione direttiva e dell’insegnamento nei corrispondenti tipi di scuole statali”;

  • le scuole pareggiate (disciplinate dall’art. 356 del T.U.) erano scuole secondarie tenute da enti pubblici territoriali (Regione, Provincia e Comune) o da enti ecclesiastici, caratterizzate dalla circostanza che il personale era “nominato in seguito ad apposito pubblico concorso, o che sia risultato vincitore, o abbia conseguito la votazione di almeno sette decimi in identico concorso generale o speciale presso scuole statali o pareggiate o in esami di abilitazione all’insegnamento corrispondente, ovvero per chiamata, dal ruolo di scuole di pari grado, statali o pareggiate” e godeva di “un trattamento economico iniziale pari a quello delle scuole statali corrispondenti”.

In tale contesto, al fine di valorizzare l’esperienza professionale maturata dai docenti delle scuole private anteriormente all’assunzione in ruolo a tempo indeterminato dal Ministero dell’Istruzione, l’art. 485 del predetto D.lgs. 297/1994, ai fini della ricostruzione della carriera a seguito dell’assunzione in ruolo da parte del Ministero, riconosce la computabilità del servizio a tempo determinato precedentemente prestato nelle (sole) scuole private pareggiate, parificate, sussidiate o popolari e negli educandati femminili (e ciò sul presupposto che l’esperienza maturata dal docente all’interno di questi istituti arricchisce il bagaglio di professionalità e conoscenze dello stesso, il quale sarà in grado di veicolarle all’interno dell’istituzione scolastica statale, nell’interesse ed a beneficio della scuola pubblica).

Orbene, come già sopra accennato, con l’entrata in vigore della Legge n.62/2000 la predetta tripartizione delle scuole private è stata soppressa, e le scuole parificate, le scuole legalmente riconosciute e le scuole pareggiate sono confluite all’interno dell’unica categoria delle “scuole paritarie”, ritenute dal legislatore comparabili tra di loro e con quelle statali.

La Legge n.62/2000, infatti, eliminando la predetta tripartizione delle scuole private, le ha ricondotte tutte nel novero delle scuole paritarie, prevedendo che “il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo comma, della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”. Peraltro, sancendo che le scuole paritarie “svolgono un servizio pubblico” e che sono abilitate a rilasciare titoli di studio riconosciuti ed aventi valore legale equipollente a quelli che possono essere ottenuti presso le scuole statali, la predetta legge sembrerebbe altresì aver contestualmente riconosciuto la piena equiparazione scolastica tra le scuole statali e quelle paritarie.

Conseguentemente, stante la predetta soppressione, il riferimento alle scuole parificate e pareggiate contenuto all’interno dell’art. 485 del D.lgs. 297/1994 dovrebbe oggi essere inteso più in generale alle scuole paritarie.

Invero, sembrerebbe deporre in tal senso anche l’art. 2, comma 2, del D.L. n. 255 del 2001, convertito dalla Legge n. 333 del 2001, che, ai fini dell’inserimento nelle graduatorie permanenti (ad esaurimento) utilizzate dal Ministero per l’assunzione a tempo indeterminato (come alternativa ai concorsi pubblici), prevede che “i servizi di insegnamento prestati dal 1 settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali”.

Parimenti, l’art. 1 bis del D.L. n. 250/2005 (convertito dalla Legge n. 27/2006) ha stabilito che “la frequenza nelle scuole paritarie costituisce assolvimento del diritto-dovere all’istruzione ed alla formazione”, ponendo ancora una volta sul medesimo piano le scuole paritarie e quelle statali, indi l’insegnamento espletato all’interno delle stesse.

Pertanto, il quadro normativo sopra descritto sembra deporre in favore del fatto che si è assistito ad una progressiva equiparazione (sotto diversi profili, ivi compreso quello dell’insegnamento) tra le scuole statali e quelle paritarie.

Ciò imporrebbe allora la necessità di rileggere il contenuto dell’art. 485 del D.lgs. 297/1994 (emanato quando le scuole paritarie non erano state ancora introdotte, e nel quale sono confluite le diverse tipologie di scuole private un tempo esistenti), nel senso di ritenere che, ai fini della determinazione della fascia di anzianità spettante in sede di ricostruzione della carriera dopo l’immissione in ruolo, debba essere riconosciuto anche il servizio pre-ruolo prestato dai docenti a tempo determinato nelle scuole paritarie.

Ragionando diversamente, e continuando ad applicare la predetta disposizione in senso strettamente letterale, invece, si andrebbe incontro ad alcuni paradossi.

Ed infatti, se, per un verso, l’insegnamento svolto presso le scuole paritarie ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato senza concorso da parte del Ministero viene considerato al pari di quello espletato nelle scuole statali, per altro verso, invece, ai fini della determinazione della fascia di anzianità spettante in sede di ricostruzione della carriera dopo l’immissione in ruolo, lo stesso non verrebbe computato nemmeno parzialmente.

Con l’ulteriore (sempre paradossale) conseguenza che, mentre il docente che ha lavorato all’interno di una scuola privata rientrante nella categoria delle ex scuole pareggiate, parificate, sussidiate o popolari, nel momento in cui dovesse essere assunto in ruolo a tempo indeterminato dal Ministero dell’Istruzione verrebbe inserito in una fascia economica che tiene in considerazione dell’esperienza dallo stesso maturata nelle scuole di provenienza, invece, il docente che ha maturato la stessa identica esperienza nelle attuali scuole paritarie (in cui, si ribadisce, sono confluite le predette scuole sia parificate che pareggiate), sotto il profilo economico verrebbe inquadrato nella fascia iniziale, come se non avesse mai prestato alcun insegnamento (pur potendo, invece, avvantaggiarsi di tale servizio svolto al fine di essere assunto senza concorso mediante scorrimento delle graduatorie ad esaurimento del Ministero).

Conseguentemente, in difetto di un’interpretazione estensiva del predetto articolo 485 del D.Lgs. 297/1994, necessaria in conseguenza del difetto di coordinamento tra lo stesso con la sopravenuta Legge n. 62/2000, si verrebbe a creare una ingiustificata disparità di trattamento tra i docenti che hanno prestato servizio pre-ruolo all’interno di scuole pareggiate, parificate, sussidiate o popolari, da un lato, e docenti che hanno prestato servizio pre-ruolo all’intero di scuole paritarie dall’altro (questione sulla quale invero si è già pronunciata la Corte Costituzionale, sebbene in senso negativo, come meglio si preciserà nei paragrafi successivi).

3. Gli orientamenti della giurisprudenza nazionale

Poste le superiori problematiche, con riferimento alla possibilità di ritenere applicabile il suddetto art. 485 del D.Lgs. 297/1994 anche al servizio pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie, si sono registrati orientamenti contrastanti in Giurisprudenza.

Segnatamente, secondo un primo orientamento (invero minoritario), al fine di escludere la valutazione del servizio pre-ruolo prestato dai docenti nelle scuole paritarie, non sarebbe corretto richiamare gli artt. 360, comma 6, e 485 del D.Lgs. 297/1994, in quanto, dal combinato disposto degli stessi, si evincerebbe esattamente il contrario.

Secondo questa parte della Giurisprudenza, infatti, ai fini della ricostruzione della carriera, le predette disposizioni attribuiscono rilevanza unicamente al servizio prestato dai docenti nelle scuole pareggiate o parificate, tuttavia, “facendo uso della terminologia giuridica all’epoca adottata per indicare gli istituti scolastici privati oggetto di equiparazione giuridica a quelli statali, non può oggi che trovare applicazione nei confronti delle rinominate e ancor più rigorosamente disciplinate scuole “paritarie”. Lo stesso D.L. 250/05 (conv. in L.27/06), all’art. 1-bis. (“Norme in materia di scuole non statali”), espressamente prevede che: “Le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della legge 10 marzo 2000, n.62, e di scuole non paritarie. […omissis] Pertanto, ad avviso dello scrivente, la citata Legge 10/03/2000 n.62 che ha inserito tutte le istituzioni scolastiche non statali già “riconosciute” ed in particolare le scuole paritarie private e degli enti locali, nel sistema nazionale dell’istruzione, con possibilità per loro di rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati da scuole statali nonché di svolgere, con le stesse modalità di queste ultime gli esami di stato conferma l’esistenza di un principio di generale equiparazione del servizio di insegnamento prestato dai docenti delle scuole paritarie con quello prestato nell’ambito delle scuole pubbliche. Siffatta equiparazione trova ulteriore conferma nel disposto dell’art.2 comma 2 del D.L. n.255/2001, che, ai fini della integrazione delle graduatorie permanenti del personale docente, ha previsto testualmente che “I servizi di insegnamento prestati dal 1° settembre 2000 nelle scuole paritarie di cui alla legge 10 marzo 2000, n.62, sono valutati nella stessa misura prevista per il servizio prestato nelle scuole statali”; dal richiamato art 1 bis del D.L. 250/05 (conv. in L.27/06)” (Tribunale di Salerno, Sez. Lav., sentenza 20 settembre 2017, n. 2422).

In senso contrario, invece, si era espressa altra parte della Giurisprudenza (invero maggioritaria), chiarendo che “se, dunque, l’insegnamento presso scuole non statali può costituire titolo valido ai fini del posizionamento in graduatoria, in quanto esperienza lavorativa assimilabile a quella svolta presso scuole pubbliche, non si vede perché tale titolo debba essere riconosciuto anche ai fini della ricostruzione della carriera, ossia al fine del riconoscimento di una anzianità di servizio convenzionale presso lo Stato, quando, invece, tale servizio è stato espletato presso scuole non statali” (cfr. ex multis Tribunale di Piacenza, sentenza del 26 luglio 2017).

Nel 2019 è intervenuta sulla questione direttamente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32386 dell’11 dicembre 2019, affermando che, sebbene il legislatore ha senza dubbio inteso riconoscere all’insegnamento svolto nelle scuole paritarie private lo stesso valore di quello che viene impartito nelle scuole pubbliche, garantendo un trattamento scolastico equipollente agli alunni delle une e delle altre (da intendere sia sotto il profilo del riconoscimento del titolo di studio, che in ordine alla qualità del servizio di istruzione erogato dall’istituzione scolastica paritaria –  “come già affermato dalle Sezioni Unite n. 9966 del 2017 nel sistema così delineato, la scuola statale e quella paritaria devono garantire i medesimi standard qualitativi”), per altro verso, ciò non determina anche una piena equiparazione del rapporto di lavoro che intercorre tra i docenti delle scuole paritarie con quello dei docenti in regime di pubblico impiego privatizzato, stante una non omogeneità dello status giuridico del personale docente, evincibile già dalle modalità stesse di assunzione.

Conseguentemente, sempre secondo quanto chiarito dalla Suprema Corte, in mancanza di una specifica disposizione di legge (qual è l’art. 485 D.Lgs. 297/1994 per le scuole pareggiate e parificate), non essendovi omogeneità nelle posizioni professionali dei docenti (“perché già le diverse modalità di assunzione rendono evidente la non omogeneità dello status” – Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 11 dicembre 2019 n. 32386), non vi sono i presupposti per giungere (anche in via interpretativa, mediante una lettura estensiva dell’art. 485 D.Lgs. 297/1994) al riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie.

Nella specie, infatti, non può ritenersi applicabile estensivamente l’art. 485 D.Lgs. 297/1994, essendo riferibile alla diversa fattispecie delle scuole pareggiate.

Malgrado l’orientamento espresso dalla Cassazione nella sopra richiamata sentenza abbia costituito, e continui a rappresentare, un importantissimo precedente in materia (a cui la maggior parte dei Giudici di Merito si uniformano), appare tuttavia doveroso evidenziare che continuano comunque a registrarsi alcune pronunce di senso contrario, che hanno invece affermato il diritto dei docenti al riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato presso le scuole paritarie.

In particolare, tra queste si evidenziano la sentenza del Tribunale di Salerno n. 131/2020 del 22 gennaio 2020, e la sentenza del Tribunale di Trieste n. 13/2020 del 06 febbraio 2020.

4. La sentenza n. 180/2021 della Corte Costituzionale

Un ulteriore approdo ermeneutico sulla questione relativa al servizio pre-ruolo prestato dai docenti all’interno delle scuole paritarie è rappresentato dalla pronuncia della Corte Costituzionale in ordine alla questione di legittimità sollevata dalla Corte d’Appello di Roma per un possibile contrasto dell’art. 485 del D.lgs. 297/1994 con il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.

In particolare, con ordinanza del 9 novembre 2020, la Sezione Lavoro della Corte d’Appello di Roma ha sollevato la questione di legittimità costituzionale innanzi alla Corte, ritenendo che il mancato computo dell’esperienza di insegnamento conseguita nelle scuole paritarie fosse manifestamente irrazionale, tenuto conto del riconoscimento da parte dello stesso legislatore (con il D.L. n. 255/2001) della piena computabilità del servizio svolto presso le scuole paritarie ai fini dell’assunzione nei ruoli statali, sul presupposto dell’identità del piano dell’offerta formativa, dei titoli di studio rilasciati e della natura del servizio espletato all’interno delle stesse.

Secondo il giudice remittente, infatti, si configurerebbe un evidente contrasto con la ratio originaria dell’art. 485 D.lgs. 297/1994, introdotto con il precipuo obiettivo di valorizzare il servizio non di ruolo svolto presso Istituti che, in virtù delle loro caratteristiche e dei loro requisiti, devono considerarsi equivalenti alle scuole statali.

Peraltro, il mancato riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato dai docenti presso le scuole paritarie trascurerebbe altresì la circostanza che tali Istituti Scolastici hanno mantenuto i loro originari profili organizzativi, ordinamentali e didattici, dovendo addirittura ottenere il riconoscimento della parità che, rispetto al pareggiamento, rappresenta un’evoluzione in chiave di ammodernamento e affinamento.

Infine, sempre secondo il giudice a quo, un ulteriore profilo di illegittimità sarebbe determinato dall’evidente contrasto con l’art. 3 della Costituzione, sul presupposto della irragionevole disparità di trattamento che si verrebbe a creare tra i docenti delle scuole paritarie e quelli delle scuole pareggiate e parificate.

Su tale questione la Corte Costituzionale si è pronunciata con la sentenza n. 180 del 30 luglio 2021, con cui, proseguendo sulla stessa scia che era già stata precedentemente tracciata dalla Cassazione, ha giudicato infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte d’Appello di Roma, precisando che “è consentita, dunque, la valutazione del servizio preruolo ai fini dell’immissione dei docenti delle scuole paritarie nelle graduatorie permanenti del personale docente, ma questa possibilità non è estensibile, in via analogica, anche ai fini della ricostruzione della carriera, della mobilità scolastica e dell’accesso alle procedure concorsuali riservate.

Del resto, anche la disposizione dell’art. 485 del d.lgs. n. 297 del 1994, con il riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, del servizio prestato dai docenti delle scuole statali e pareggiate prima dell’immissione in ruolo, risulta attributiva di un trattamento di particolare favore a tali docenti.

[…omissis].

In linea di coerenza con questa impostazione, è stato altresì affermato che «l’interpretazione restrittiva delle disposizioni impugnate non comporta la violazione dei parametri costituzionali invocati, non risultando manifestamente irragionevole, né contraria al buon andamento dell’amministrazione, la scelta discrezionale del legislatore di valutare diversamente il servizio pregresso dei docenti della scuola secondaria», in funzione delle specifiche peculiarità dell’attività di insegnamento prestata (ordinanza n. 89 del 2001; nello stesso senso, ordinanza n. 753 del 1988).

Specie in riferimento all’applicazione degli istituti che regolano la carriera degli insegnanti, l’assimilazione della disciplina del rapporto di lavoro dei docenti delle scuole paritarie e di quelle statali rimane, quindi, solo parziale, spettando al legislatore il compito di modularne le forme e la misura, nel rispetto dei principi di cui all’art. 33 Cost. In considerazione dei sopra evidenziati elementi differenziali che qualificano il rispettivo rapporto di lavoro, non può ritenersi irragionevole la scelta legislativa di limitare tale assimilazione ad alcuni aspetti del rapporto” (Corte Costituzionale, sentenza 30 luglio 2021, n. 180).

5. Il diritto dell’Unione Europea e la giurisprudenza comunitaria, profili di contrasto

Per ragioni di completezza espositiva, appare opportuno rivolgere uno sguardo anche al quadro giuridico e giurisprudenziale comunitario nell’ambito del quale si inserisce la problematica sin qui analizzata.

A livello del diritto Eurounitario, la disciplina sul rapporto di lavoro è contenuta all’interno dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato stipulato il 18 marzo 1999, allegato alla direttiva 1999/70, la cui clausola 4 (dell’accordo), rubricata “principio di non discriminazione”, prevede che “Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

[…omissis]

I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.

Conseguentemente, come chiarito anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (cfr. CGUE. sentenze del 13 settembre 2007, Del Cerro Alonso, C‑307/05, § 53, del 22 dicembre 2010, Gavieiro e Iglesias Torres, C‑444/09 e C‑456/09, § 55, nonché del 5 giugno 2018, Grupo Norte Facility, nella causa C‑574/16, § 54) il divieto di discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’accordo CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato esclude qualsivoglia disparità di trattamento nei confronti dei lavoratori a tempo determinato che non sia giustificata da specifiche motivazioni di carattere oggettivo, quale può essere la sussistenza di precisi e concreti elementi di differenziazione inerenti alle caratteristiche intrinseche delle mansioni e delle funzioni esercitate.

Ciò significa, come rilevato anche dal Tribunale di Padova nell’ordinanza con cui ha sollevato la questione di pregiudizialità innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che, sempre secondo i precedenti di tale Corte (cfr. in tal senso: CGUE. 9.7.2015, causa C-177/14, Regojo Dans, CGUE. 18.10.2012, nelle cause C-302/11 e C-305/11, Valenza, CGUE. 7.3.2013, nella causa C-393/11), la disparità di trattamento non può mai essere giustificata da una norma di legge generale e astratta, quale nella specie l’art. 485 D.lgs. 297/1994, o dalle diverse modalità di reclutamento dei docenti statali a tempo indeterminato rispetto ai docenti delle scuole paritarie o dalla natura privata del datore di lavoro nelle scuole paritarie, salvo che non vi siano differenze in ordine alle modalità di lavoro, ovvero in ordine alle caratteristiche delle mansioni svolte.

Nel nostro ordinamento, tuttavia, risulta invero incontestabile che nelle scuole statali e nelle scuole paritarie la formazione necessaria per svolgere l’insegnamento (ovvero l’abilitazione), il piano dell’offerta formativa (per legge conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti), gli standard di insegnamento, l’equipollenza dei titoli di studio rilasciati agli studenti (prevista sempre per legge), nonché infine i servizi e gli obblighi dei docenti sono assolutamente identici.

D’altro canto, al fine di giustificare il mancato riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato dai docenti delle scuole paritarie, non può essere eccepita nemmeno una presunta non comparabilità delle situazioni a confronto, atteso che, come sopra già ampiamente chiarito, attraverso le statuizioni contenute all’interno della Legge n. 62/2000, è lo stesso legislatore nazionale ad aver riconosciuto la piena equipollenza dei servizi svolti dagli insegnanti delle scuole paritarie.

A ciò si aggiunge che, come già analizzato nei paragrafi precedenti, la circostanza che gli insegnanti a tempo determinato delle scuole paritarie svolgono un’attività del medesimo contenuto e della stessa valenza (dal punto di vista professionale) di quella svolta dai docenti a tempo indeterminato assunti in ruolo dal Ministero discende anche dal contenuto dell’art. 2, comma 2, del D.L. n. 255 del 2001, che, ai fini dell’inserimento nelle graduatorie permanenti (ad esaurimento) utilizzate dal Ministero, prevede che i servizi prestati nelle scuole paritarie devono essere valutati nella stessa misura di quelli prestati nelle scuole statali.

Due allora sono i paradossi che sembrano sorgere accedendo alle interpretazioni offerte sia dalla Cassazione che dalla Corte Costituzionale.

Il primo paradosso è dato dalla differente valutazione del servizio svolto a tempo determinato presso le scuole statali e presso le scuole paritarie; a fronte della quale non potrà certo addursi l’accesso al servizio nell’un caso con concorso e nell’altro senza, poiché, come noto, anche nelle scuole statali il servizio a tempo determinato viene espletato senza la necessità del superamento di un concorso ma unicamente per l’inserimento in una graduatoria.

Il secondo paradosso che si verrebbe a creare, invece, sarebbe determinato dalla circostanza che se, per un verso, ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato nei ruoli del Ministero dell’Istruzione l’attività di insegnamento svolta nella scuola paritaria viene considerata (dallo stesso legislatore) identica a quella svolta nelle scuole statali, per altro verso, invece, verrebbe considerata non omogenea, e dunque non computabile nemmeno in misura ridotta ai fini della ricostruzione della carriera (unicamente in quanto svolta senza il preventivo superamento di un concorso pubblico).

In tale contesto, nell’ottica di giustificare il mancato riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato dai docenti delle scuole paritarie, appare parimenti inconferente anche la diversità o la natura privata del precedente datore di lavoro presso il quale viene maturata l’esperienza didattica.

Infatti, se l’obiettivo dell’art. 485 D.lgs. 297/1994 fosse quello di fidelizzare gli insegnanti alle dipendenze del Ministero dell’Istruzione, ovvero di valorizzare le peculiarità del settore scolastico pubblico, la predetta norma avrebbe preso in considerazione unicamente il servizio svolto alle dipendenze del MIUR o nella scuola pubblica, mentre invece la stessa computa espressamente anche il servizio svolto alle dipendenze di alcune scuole private, quali le scuole pareggiate, parificate, sussidiate e popolari e gli educandati.

Conseguentemente, “la disparità tra dipendenti a tempo determinato delle scuole paritarie e dipendenti a tempo indeterminato del Ministero dell’Istruzione non risulta pertanto rispondere ad alcuna reale «ragione oggettiva», in quanto la pretesa necessità di valorizzare solo il servizio svolto alle dipendenze del medesimo Ministero non appare conciliabile con la scelta del legislatore nazionale di riconoscere anche i servizi svolti nelle scuole comunali o private, così come l’asserita esigenza di considerare solo l’attività svolta dai vincitori di concorso non appare conciliabile con la decisione del legislatore italiano di considerare l’anzianità maturata dai docenti a tempo determinato delle scuole statali, che insegnano senza avere ancora superato alcun concorso, e delle scuole parificate, sussidiate e popolari o degli educandati femminili, in cui gli insegnanti sono privi addirittura dell’abilitazione” (cfr. sempre Tribunale di Padova, ordinanza del 14 agosto 2023).

Infatti, se, per un verso, l’assunzione nelle scuole pareggiate (computate dall’art. 485) è subordinata al superamento di una procedura selettiva (finalizzata all’assunzione o al conseguimento dell’abilitazione), per altro verso, è incontrovertibile che la citata norma riconosce la computabilità anche del servizio svolto dai docenti a tempo determinato della scuola pubblica, i quali, per potere insegnare come supplenti, devono richiedere unicamente l’inserimento nelle graduatorie di Istituto o nelle Graduatorie Provinciali e di Istituto per le supplenze, per la cui iscrizione non è necessario né il superamento di un concorso pubblico, né il possesso dell’abilitazione (invece richiesta per poter insegnare nelle scuole paritarie).

Parimenti, l’art. 485 prevede la computabilità anche del servizio svolto nelle scuole parificate, sussidiate e popolari; Istituti (anche questi) all’interno dei quali i docenti vengono assunti senza il preventivo superamento di alcuna procedura concorsuale.

Il tutto ad ulteriore riprova del fatto che, in sede di ricostruzione della carriera, la considerazione del servizio pregresso prescinde dalle modalità di assunzione del personale; e dunque l’art. 485 D.lgs. 297/1994 sembra generare una disparità di trattamento assolutamente ingiustificata.

Peraltro, sul punto appare doveroso evidenziare che costituisce orientamento ormai consolidato della Corte di Giustizia dell’Unione Europea quello secondo cui le modalità di reclutamento da sole non assumono rilevanza (e dunque non possono giustificare delle diversità di trattamento), in quanto non attinenti alle caratteristiche delle mansioni svolte, per cui “il fatto di non aver vinto un concorso amministrativo non può implicare che la ricorrente nel procedimento principale, al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, non si trovasse in una situazione comparabile a quella di dipendenti pubblici di ruolo” (cfr. ex multis: CGUE. sentenza Motter del 20 settembre 2018, nella causa C‑466/17, § 33, e in senso conforme: CGUE 4 settembre 2014, in causa C‑152/14, Autorità per l’energia elettrica e il gas c. Antonella Bertazzi, e CGUE., sentenza Valenza del 18 ottobre 2012, nella causa C-302/2011).

Ulteriormente, sempre a riprova dell’irrilevanza della forma del reclutamento, nonché della natura pubblica o privata del datore presso cui viene maturata l’esperienza didattica, depongono anche l’oggetto e le finalità perseguite dalla ricostruzione di carriera.

Ed infatti, posto che, per costante Giurisprudenza, la ratio degli scatti d’anzianità risiede nell’esigenza di garantire “la giusta retribuzione […omissis] adeguata anche in proporzione all’anzianità di servizio acquisita, atteso che la prestazione di lavoro, di norma, migliora qualitativamente per effetto dell’esperienza” (Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 26 agosto 2013, n. 19578), va da sé che la natura del rapporto (a termine ovvero a tempo indeterminato), le modalità di assunzione, e/o la natura pubblica o privata del datore presso cui viene maturata la competenza pedagogica e l’esperienza nell’insegnamento, sono aspetti che non hanno alcuna incidenza in termini di acquisizione dell’esperienza da parte del docente, e non possono giustificare delle diversità di trattamento.

Per contro, invece, la situazione vigente nell’attuale sistema normativo italiano (secondo le interpretazioni propugnate sia dalla Cassazione che dalla Consulta) sembra discriminare i docenti a tempo determinato delle scuole paritarie, ai quali, ai fini della ricostruzione della carriera, nonostante la maggiore professionalità conseguente all’anzianità di servizio maturata (che nulla ha a che vedere con le modalità di assunzione e/o con la natura pubblica o privata del rapporto, tanto che il servizio prestato presso altre scuole quali educandati femminili statali, e scuole private parificate, pareggiate, sussidiate e popolari viene invece computato), il servizio pre-ruolo prestato non viene riconosciuto nemmeno in parte.

Peraltro, il prospettato contrasto dell’art. 485 D.lgs. 297/1994 con il diritto comunitario sembra porsi non solo con riferimento alla clausola 4 dell’accordo quadro sui contratti a tempo determinato allegato alla direttiva Comunitaria n. 1999/70 (per quanto sin qui ampiamente esposto), ma anche in relazione al principio della parità di trattamento, sancito quale principio generale del diritto dell’Unione Europea dagli art.  20 e 21 della CDFUE (Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea).

(Ingiustificata) disparità di trattamento che si realizza, oltre che tra i docenti delle scuole paritarie (al momento della loro immissione nei ruoli statali) ed i docenti pubblici (per quanto sin qui visto), anche tra i primi e gli insegnanti delle scuole pareggiate, parificate, popolari, sussidiate e degli educandati femminili.

A questi ultimi, infatti, a differenza di quanto accade per i docenti delle scuole paritarie (a cui il servizio pre-ruolo non viene computato nemmeno in parte in sede di ricostruzione della carriera), invece, vengono riconosciuti i servizi svolti anteriormente all’inserimento nei ruoli statali.  E ciò, nonostante alcuni di questi istituti sono comparabili alle scuole paritarie (come dimostra ad esempio il fatto che le scuole parificate e quelle pareggiate sono confluite nelle scuole paritarie), mentre altri, addirittura, posseggono un rango “affievolito” rispetto alle scuole paritarie (vedasi ad esempio gli educandati femminili, le scuole sussidiate e le scuole popolari), atteso che il personale docente di questi Istituti non necessita di alcuna abilitazione per potervi insegnare (titolo invece richiesto per poter prestare servizio all’interno delle scuole paritarie).

Conseguentemente, conclude il Tribunale di Padova nella più volte richiamata ordinanza di rinvio pregiudiziale alla CGUE, “sorge pertanto il problema di accertare se l’art. 485 del TU. della Scuola, così come interpretato dalla Cassazione, sia conforme al diritto eurounitario, in quanto nella presente causa risulta pacifico che non sussiste alcuna differenza tra le funzioni, la formazione, i servizi e gli obblighi professionali di un insegnante a tempo indeterminato della scuola statale e quelli di un insegnante a tempo determinato delle scuole paritarie.

[…omissis]

Il mancato computo del servizio svolto a tempo determinato presso le scuole paritarie non sembra quindi oggettivamente giustificabile, poiché la maggiore professionalità conseguente all’anzianità di servizio nulla ha a che vedere con la natura giuridica, statale o pubblica, del datore di lavoro, come dimostra il fatto che l’art. 485 riconosce in sede di ricostruzione della carriera anche il servizio svolto presso le scuole private, parificate, pareggiate, sussidiate e popolari, oltre che negli educandati femminili” (cfr. Tribunale di Padova, ordinanza del 14 agosto 2023).

Ed ancora, “l’art. 485 pare dunque porsi in contrasto anche con i principi generali di parità di trattamento, di uguaglianza e di non discriminazione in quanto il servizio svolto nelle scuole paritarie risulta certamente comparabile a quello svolto dai lavoratori a termine delle scuole statali e delle scuole private pareggiate, parificate, sussidiate o sussidiarie, popolari e degli educandati femminili, considerato anche che la finalità della valorizzazione, in sede di ricostruzione della carriera, del servizio di insegnamento svolto presso altri datori di lavoro è valorizzare l’esperienza didattica acquisita prima dell’immissione nei ruoli statali, la quale è esattamente identica se non addirittura superiore a quella acquisibile nelle altre scuole private” (cfr. sempre Tribunale di Padova, ordinanza del 14 agosto 2023).

Pertanto, alla luce di quanto sin qui esposto, i paventati contrasti tra l’art. 485 D.lgs. n. 297/1994, nella parte in cui non riconosce (ai fini della ricostruzione della carriera) il servizio pre-ruolo svolto a tempo determinato dai docenti delle scuole paritarie, ed il diritto Comunitario (clausola 4 dell’Accordo quadro sul rapporto a tempo determinato recepito dalla direttiva 99/70/CE e principio della parità di trattamento sancito dagli artt. 20 e 21 della CDFUE) appaiono, invero, effettivamente fondati.

6. Il provvedimento di rinvio adottato dal Tribunale di Padova

Alla luce di tutti i contrasti sopra paventati, il Tribunale di Padova ha ritenuto necessario sollevare la questione di pregiudizialità innanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ex art. 267 del TFUE, di interpretazione del diritto comunitario, al fine di accertare se lo stesso si ponga, o meno, in contrasto con l’art. 485 D.lgs. 297/1994 (per come interpretato sia dalla Corte di Cassazione che dalla Corte Costituzionale).

Segnatamente, il Giudice remittente ha chiesto alla CGUE di valutare se sia possibile ravvisare un contrasto tra la predetta norma nazionale e la clausola 4 dell’accordo quadro sui contratti a tempo determinato di cui all’allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio ed il principio comunitario di non discriminazione in materia di condizioni di impiego (anche alla luce di quanto previsto dagli artt. 20 e 21 della CDFUE e dell’art. 14 della CEDU); nonché, in tale eventualità, se, considerata la trattatizzazione della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, il Giudice nazionale abbia il potere di (e quindi sia tenuto a) disapplicare la norma interna incompatibile, applicando direttamente le norme del diritto comunitario con cui la stessa si pone in contrasto.

Conseguentemente, nonostante gli orientamenti maggioritari di senso contrario espressi dai nostri Giudici nazionali, l’ultima parola sulla questione spetta adesso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.


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Avv. Claudio Colombo

Avvocato iscritto all'albo tenuto presso il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Catania. Laureato magna cum laude presso la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Catania. Avvocato operante principalmente nel settore del diritto civile, commerciale, fallimentare, bancario, nelle procedure esecutive e nel recupero crediti. Autore di diverse pubblicazioni su riviste scientifiche di diritto.

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