Sezioni Unite, 16303/2018: la commissione di massimo scoperto ai fini dell’usura bancaria
Cassazione Civile, Sez. Un., 20 giugno 2018, n. 16303 – Pres. Mammone, Rel. De Chiara
Le SS. UU. della Cassazione, lo scorso giugno, hanno depositato una sentenza molto interessante in tema di usura[1] vertente sulla seguente questione di diritto:
“Se, agli effetti del superamento del tasso soglia dell’usura, di cui all’art. 644, comma terzo, primo periodo, c.p., con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 2 bis d.l. 185/2008, si debbano computare anche le commissioni di massimo scoperto (c.d. CMS)”.
La questione nasce dal mutato quadro legislativo in tema di commissione di massimo scoperto.
Infatti, il d.l. n. 201/2011, che introduce l’art. 117 bis del d.lgs. 385/1993 (comunemente noto come TUB), ha abrogato l’art. 2-bis, comma 1 del D.L. n. 185/2008. In tal modo è stata “formalmente” abrogata la c.d. commissione di massimo scoperto e, contestualmente, sono state introdotte:
-la commissione di affidamento quale corrispettivo pagato dal cliente, espresso in termini percentuali rispetto alla somma che viene data in affidamento e non su quella effettivamente utilizzata; si tratta di una commissione onnicomprensiva per la messa a disposizione dei fondi nell’ipotesi di concessione del fido bancario che non può eccedere lo 0,5% del capitale accordato per trimestre;
-la commissione istruttoria veloce da corrispondere in caso di sconfinamenti (scoperti di conto e utilizzi extrafido). Si tratta di una commissione di istruttoria veloce, espressa in misura fissa e in valore assoluto, commisurata ai costi.
Pertanto, permane la necessità di capire se, per i rapporti svoltisi ante riforma, nel calcolo dell’usura vada o meno computata la CMS.
Preliminarmente le SS. UU. si preoccupano di fornire una definizione di commissione di massim scoperto, intendendo per tale il <<corrispettivo pagato dal cliente per compensare l’intermediario dell’onere di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell’utilizzo dello scoperto del conto; tale compenso – che di norma viene applicato allorché il saldo del cliente risulti a debito per oltre un determinato numero di giorni – viene calcolato in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento>>[2].
Allorquando un cliente sottoscriveva con la banca un contratto di apertura di credito (fido bancario), l’ente creditizio prevedeva tra le clausole anche la commissione di massimo scoperto, ossia la controprestazione che il primo (cliente) doveva alla seconda (banca), calcolandola al tasso convenuto sulla massima esposizione cui risultava scoperto il cliente per un certo periodo di tempo.
La sentenza delle SS. UU. risolve il contrasto insorto in giurisprudenza preoccupandosi di stabilire se tale controprestazione debba, o meno, essere calcolata ai fini della valutazione degli interessi sopra o sotto soglia usuraria.
Sul punto si sono contesi il campo due orientamenti.
1° ORIENTAMENTO (avallato dalla II Sez. Penale della Cassazione con sent. n. 12028/2010): secondo cui, tenendo conto di quanto stabilito dall’art. 644 c.p., ai fini della determinazione dell’usura, bisogna considerare tutti gli oneri che un utente sopporta in connessione con il suo uso del credito. Pertanto non può escludersi dal calcolo la commissione di massimo scoperto, essendo un costo indiscutibilmente collegato all’erogazione del credito. A sostegno di tale tesi i fautori della stessa richiamano l’art. 2 bis d.l. n. 185/2008 a norma del quale <<Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi da parte del cliente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 del codice civile, dell’articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108. (…)>> ritenendo che si tratti di una norma di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p.
2° ORIENTAMENTO (avallato dalla I Sez. Civile della Cassazione con sent. n. 12965/2016 e n. 22270/2016): smentisce l’assunto del carattere interpretativo dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008 facendo riferimento al secondo alinea della norma citata, il quale dispone che <<Il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Banca d’Italia, emana disposizioni transitorie in relazione all’applicazione dell’articolo 2 della legge 7 marzo 1996, n. 108, per stabilire che il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono usurari, resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto fino a che la rilevazione del tasso effettivo globale medio non verrà effettuata tenendo conto delle nuove disposizioni>>. Dalla lettera della norma si coglie la sua natura innovativa, ragion per cui si può ritenere che ai fini del calcolo dell’usura, almeno per quanto concerne il periodo precedente l’entrata in vigore dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008, non deve tenersi conto delle CMS. Secondo quest’orientamento, prima del 2008 nemmeno i decreti ministeriali di rilevazione del tasso economico globale medio (TEGM), ai sensi dell’art. 2, co. 1 l. 108/1996, emanati nel medesimo periodo recependo le istruzioni della Banca d’Italia, includevano la commissione di massimo scoperto nel calcolo dell’usura.
Investite della questione, le SS. UU. della Suprema Corte hanno affermato i seguenti punti:
L’art. 2 bis d.l. n. 185/2008 non può essere qualificato come norma di interpretazione autentica dell’art. 644 c.p. in quanto ha carattere innovativo (quindi non può produrre effetto retroattivo) e prevede l’emanazione, in sede amministrativa, di una disciplina transitoria in attesa della quale il modo di determinazione del tasso soglia resta regolato dalla disciplina vigente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 185/2008. D’altronde il co. 3 della suddetta norma prevede che <<I contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro centocinquanta giorni dalla medesima data>>. L’esclusione del carattere innovativo dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008, però, non è decisiva per la soluzione della questione in quanto nelle definizioni di “commissioni” o “remunerazioni” richiamate dall’art. 644 c.p., non può non rientrare anche la CMS.
D’altronde, se si volesse aderire all’orientamento della I sez. Civile della Cassazione (che non include le commissioni di massimo scoperto ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta, secondo la disciplina vigente nel periodo anteriore all’introduzione dell’art. 2 bis d.l. n. 185/2008), sarebbe opportuno evidenziare che una eventuale mancata inclusione delle commissioni di massimo scoperto nei decreti ministeriali che fanno riferimento al calcolo del tasso praticato in concreto sarebbero suscettibili di illegittimità per contrarietà alla fonte primaria[3] e, dunque, il giudice ordinario dovrebbe disapplicarli[4]. Ad ogni modo, la Suprema Corte sottolinea che l’ipotesi di illegittimità dei decreti ministeriali non ha fondamento perché non è esatto affermare che le CMS non vi siano incluse. Infatti, il calcolo delle commissioni, sulla base di istruzioni fornite dalla Banca d’Italia nel 1996 e nel 2006, è stato inserito all’interno di quello del TEG (tasso economico globale), mentre nell’agosto del 2009 la CMS è transitata nel calcolo del TEGM. Dunque, la presenza di tale dato nei decreti ministeriali è sufficiente per escludere la difformità degli stessi rispetto alla previsioni di legge. Sorregge tale tesi lo stesso art. 2, co. 1 della l. 108/1996 a norma del quale <<Il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale>>. Ebbene, i decreti ministeriali fungono da parametro rilevatore dei dati essenziali alla determinazione dei tassi soglia da comparare a quelli applicati dagli operatori finanziari.
La circostanza che l’entità delle CMS non sia stata sempre inclusa nel TEGM strettamente inteso non esclude la necessità di verificare se le stesse superino o meno il tasso soglia dell’usura presunta.
Attraverso quest’iter argomentativo le SS. UU. affermano che ai fini della verifica del tasso soglia dell’usura presunta bisogna tener conto delle commissioni di massimo scoperto.
Chiarito ciò, la Suprema Corte passa ad analizzare le modalità con le quali rilevare l’usurarietà di una commissione di massimo scoperto.
La comparazione tra il tasso soglia dell’usura presunta e il tasso praticato dall’ente creditizio per le commissioni di massimo scoperto è più complessa rispetto a quella relativa al tasso degli interessi. Il motivo sta nel fatto che:
il tasso effettivo globale di interesse[5] si calcola sulla base della somma erogata e del periodo in cui il cliente ne usufruisce[6];
mentre le commissioni di massimo scoperto sono rilevate separatamente, secondo grandezze non omogenee e si calcolano sull’ammontare della sola somma corrispondente al massimo scoperto raggiunto nel periodo di riferimento e senza proporzione con la durata del suo utilizzo.
Una volta calcolato il tasso in concreto applicato e dopo averlo posto in raffronto con il tasso soglia per verificare il rispetto delle soglie di legge, occorre un ulteriore confronto che involge l’ammontare della CMS praticata e l’entità massima della CMS applicata (c.d. CMS soglia), desunta aumentando del 50% l’entità della CMS media pubblicata nelle tabelle.
In ultimo le SS. UU. precisano che l’applicazione di commissioni che superano l’entità della CMS soglia non determina di per sé l’usurarietà del rapporto, che va, invece, desunta da una valutazione complessiva delle condizioni complessive applicate. A tal fine, per ciascun trimestre, l’importo della CMS percepita in eccesso va confrontato con l’ammontare degli interessi che la banca avrebbe potuto richiedere fino ad arrivare alle soglie di volta in volta vigenti e, qualora l’eccedenza della commissione praticata rispetto a quella soglia sia inferiore a tale margine è da ritenere che non si determini il superamento delle soglie di legge.
Al temine del percorso motivazionale le Sezioni Unite pronunciano il seguente principio di diritto:
<<Con riferimento ai rapporti svoltisi, in tutto o in parte, nel periodo anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni di cui all’art. 2 bis d.l. n. 185 del 2008, inserito dalla legge di conversione n. 2 del 2009, ai fini della verifica del superamento del tasso soglia dell’usura presunta come determinato in base alle disposizioni della legge n. 108 del 1996, va effettuata la separata comparazione del tasso effettivo globale d’interesse praticato in concreto e della commissione di massimo scoperto (CMS) eventualmente applicata – intesa quale commissione calcolata in misura percentuale sullo scoperto massimo verificatosi nel periodo di riferimento – rispettivamente con il tasso soglia e con la “CMS soglia”, calcolata aumentando della metà la percentuale della CMS media indicata nei decreti ministeriali emanati ai sensi dell’art. 2, comma 1, della predetta legge n. 108, compensandosi, poi, l’importo della eventuale eccedenza della CMS in concreto praticata, rispetto a quello della CMS rientrante nella soglia, con il “margine” degli interessi eventualmente residuo, pari alla differenza tra l’importo degli stessi rientranti nella soglia di legge e quello degli interessi in concreto praticati>>.
Bibliografia
Edizioni Simone, La banca e l’ordinamento bancario, 2009
Note
[1] Problema che, nell’ultimo periodo, ha interessato spesso la Suprema Corte, basti pensare che nell’ottobre del 2017 è stata depositata la sentenza in riferimento alla nota e risolta problematica dell’usura sopravvenuta Cass. SS. UU. Civili 19/10/2017 n. 24675, enunciando il seguente PRINCIPIO DI DIRITTO: “Allorché il tasso degli interessi concordato tra mutuante e mutuatario superi, nel corso dello svolgimento del rapporto, la soglia dell’usura come determinata in base alle disposizioni della L. n. 108 del 1996, non si verifica la nullità o l’inefficacia della clausola contrattuale di determinazione del tasso degli interessi stipulata anteriormente all’entrata in vigore della predetta legge, o della clausola stipulata successivamente per un tasso non eccedente tale soglia quale risultante al momento della stipula; né la pretesa del mutuante di riscuotere gli interessi secondo il tasso validamente concordato può essere qualificata, per il solo fatto del sopraggiunto superamento di tale soglia, contraria al dovere di buona fede nell’esecuzione del contratto.”
[2] Punto 6.1 sentenza
[3] Una fonte secondaria non può derogare ad una primaria.
[4] Sulla base della legge abolitrice del contenzioso.
[5] In linea di massima e riducendo al minimo la difficoltà concettualistica di quest’operazione non volendo, la scrivente, sostituirsi alle definizioni ed ai calcoli più precisi che solo un esperto nel settore bancario è in grado di offrire.
[6] Gli interessi sono prestazioni accessorie, omogenee rispetto alla prestazione principale, che si aggiungono ad essa per effetto del decorso del tempo e che sono commisurate ad un’aliquota della stessa. Quindi presentano i seguenti caratteri: omogeneità, periodicità, proporzionalità, determinabilità ed accessorietà.
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