Sezioni Unite, sull’applicabilità della legge più sfavorevole entrata in vigore tra condotta ed evento

Sezioni Unite, sull’applicabilità della legge più sfavorevole entrata in vigore tra condotta ed evento

Sommario: 1. Premessa – 2. Il Principio di irretroattività – 2.1. Irretroattività e non ultrattività delle norme penali incriminatrici – 2.2. “Favor rei” e successione di leggi penali – 2.3. Successione di leggi eccezionali e temporanee – 3. Corte di Cassazione, Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 40986

1. Premessa

Quando una norma penale, al pari delle altre norme giuridiche, si estingue e un’altra le subentra si ha la c.d. successioni di leggi penali.

Tale fenomeno si verifica anche quando è vietato u fatto che prima non lo era perché ogni condotta non vietata non può essere considerata non giuridicamente illecita e, poi, perché nel nostro ordinamento giuridico sono tutelate anche le libertà di fatto, come si rileva dall’art. 610 c.p. (“Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare. Tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.

La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall’articolo 339”).

In via generale la successione delle leggi è regolata dall’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, rubricato “Efficacia della legge nel tempo”, il quale stabilisce al comma 1: “La legge non dispone che per l’avvenire: essa ha effetto retroattivo”.

Ed è così sancito il principio c.d. dell’irretroattività, in base al quale la norma giuridica non si applica a quei fatti verificatesi o a quei rapporti sorti prima che la stessa legge entrasse in vigore. Tale principio è, inoltre, completato dal principio c.d. della non ultrattività della legge, per il quale la legge non si applica a fatti verificatesi dopo la sua entrata in vigore.

I due principi insieme delimitano la validità della legge nel tempo e consentono di risalire al principio superiore espresso con il motto latino “Tempus regit actum”, il quale implica che l’efficacia della legge sia circoscritta al tempo in cui questa è in vigore.

Per quanto riguarda il diritto penale, il Codice disciplina la materia della successione delle leggi nell’art. 2, rubricato proprio “Successione di leggi penali”.

2. Il principio di irretroattività

2.1. Irretroattività e non ultrattività delle norme penali incriminatrici

Il divieto di applicazione retroattiva delle norme penali incriminatrici costituisce un’importante garanzia contro l’arbitrio del legislatore e del giudice e, inoltre, si rivela essere una manifestazione elementare del principio di legalità e delle connesse esigenze di certezza del diritto.

Come si evince dall’art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, il principio di irretroattività, nel nostro ordinamento, riguarda la legge in generale. E’ da evidenziare, tuttavia, che la regola contenuta nell’art. 2, primo comma, c.p. (“Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato”) è l’unica che può essere elevata al rango di principio costituzionale, attraverso la formulazione dell’art. 25, secondo comma, Cost., il quale stabilisce: “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”. Tale principio è anche sancito dall’art. 7 CEDU, dal Patto internazionale per i diritti civili e politici stipulato a New York e ratificato in Italia e dal Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

Il principio di irretroattività, inoltre, è connesso alla funzione di prevenzione generale poiché il comando normativo può motivare l’autore solo quando esista come legge. Da un punto di vista normativo risulta essere evidente come il principio de quo è connesso anche al fondamento della responsabilità penale che, presupponendo almeno la conoscibilità della norma, ne presuppone in primis l’esistenza e la vigenza nell’ordinamento positivo.

Per stabilire quando una legge penale sia entrata in vigore si deve far riferimento alle regole generali sulla promulgazione delle leggi (artt. 70 e ss Cost. e artt. 10 e ss Disp. sulla legge in generale).

Il divieto di applicazione retroattiva della legge penale riguarda anche quelle norme non penali dalle quali potrebbe dipendere, però, la rilevanza penale sopravvenuta del fatto, ad esempio disposizioni contenute in una fonte normativa subordinata che integrano una norma penale in bianco. Esso trova applicazione anche per le modificazioni in malam partem delle norme di parte generale, da cui dipenda la punibilità di un fatto che in precedenza non sarebbe risultato punibile.

Per quanto riguarda il “tempo in cui fu commesso il reato”, esso deve essere stabilito tenendo conto del momento in cui la condotta, qualificata dalla norma come reato, si è realizzata nel mondo esterno. Non si può far riferimento all’evento (cioè il risultato lesivo, connesso causalmente all’azione, e necessario affinché il reato si configuri) poiché così troverebbe applicazione la legge penale: se l’evento si verifica a una certa distanza di tempo dal compimento dell’azione e la norma incriminatrice viene emanata in un tempo intercorrente fra il compimento dell’azione e il verificarsi dell’evento, l’autore verrebbe punito in base ad una norma da lui non conoscibile perché inesistente.

Più precisamente, nel reato omissivo il tempus committi delicti coincide con l’ultimo momento utile in cui il soggetto doveva agire e non ha agito; o, ancora, nei reati caratterizzati dal protrarsi della condotta esecutiva per un certo tempo sarà rilevante solo quella parte di condotta realizzata dopo l’entrata in vigore della norma.

Il principio di irretroattività, come già detto, è completato dal principio c.d. di non ultrattività: sia nel senso che essa non si applica ai fatti commessi dopo la sua abrogazione e sia nel senso che i suoi effetti cessano anche rispetto ai fatti commessi durante la sua vigenza e per i quali sia intervenuta una sentenza di condanna passata in giudicata. Quest’ultimo aspetto è affermato nel secondo comma dell’art. 2 c.p.: “Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l’esecuzione e gli effetti penali”. Per stabilire quando una norma penale abbia cessato di essere in vigore è necessario far riferimento alle regole stabilite nell’art. 15 delle Disposizioni sulla legge generale (“Abrogazione delle leggi”), il quale dispone. “Le leggi non sono abrogate che da leggi posteriori per dichiarazione espressa del legislatore, o per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge interiore”.

L’ultima parte dell’art. 2 c.p. è strettamente connesso con il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, espresso nell’art. 3, primo comma, Cost.. E’ così evitata una palese disparità di trattamento che vi sarebbe tra coloro che scontano una condanna per aver commesso un fatto che, dopo l’abrogazione della legge incriminatrice, non può più essere considerato reato.

E’ ritenuto che sarebbe “irragionevole” continuare ad infliggere una punizione per un fatto che dall’ordinamento non è più considerato intollerante.

2.2. “Favor rei” e successione di leggi penali

L’art. 2 al quarto comma dispone: “Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile”.

Questa parte dell’articolo profila due ipotesi a seconda che le disposizioni siano meno favorevoli al reo oppure siano più favorevoli.

Più precisamente, nel caso in cui la nuova disposizione aggravi la pena o comunque peggiori la condizione del reo si applica la legge precedente: la nuova legge è irretroattiva. La ratio di ciò è da ravvisare nell’esigenza di non far incidere sul reo una valutazione più sfavorevole e severa di quella del tempo in cui il reato stesso venne commesso.

Si applica, invece, la nuova disposizione quando questa sia più favorevole al reo: la nuova legge ha efficacia retroattiva. Si tratta, però, di un’efficacia condizionata dalla pronuncia di una sentenza irrevocabile: nel caso in cui vi sia stata tale sentenza, la nuova e posteriore disposizione non trova applicazione in quanto in virtù del principio dell’intangibilità della cosa giudicata la condanna inflitta resta ferma.

L’efficacia retroattiva della legge più favorevole al reo, sia nell’ipotesi del terzo comma sia nell’ipotesi del secondo comma dell’art. 2 c.p., si verifica anche quando, dopo la seconda legge, ne intervenga una terza che ripristini la precedente.

A questo punto è bene anche fare delle precisazioni circa il significato di “legge più favorevole”.

E’ più favorevole quella che porta a conseguenze meno rigorose e severe per il reo. Per stabilire ciò la posteriore e la precedente legge non possono essere combinate, prendendo alcuni elementi della prima e alcuni della seconda e creando una terza norma. Il rapporto tra le diverse discipline applicabili va in ogni caso compiuto in concreto, procedendo ad una comparazione dei risultati dell’applicazione di ciascuna di esse, nei loro effetti concreti. Ad esempio, se una legge elevasse la pena minima applicabile a un reato, ma contemporaneamente diminuisse la pena massima (o viceversa), risulteranno più favorevole l’una o l’altra legge, a seconda che il giudice ritenga di applicare, in concreto, il minimo o il massimo della pena. Ad esempio ancora, nel caso in cui un reato venga degradato a contravvenzione, si tratterebbe fuori di ogni dubbio di una trasformazione in favore del reo, ma nel caso in cui consentisse la punibilità di una condotta che non era ritenuta punibile nel quadro normativo precedente perché realizzata non intenzionalmente è altrettanto fuori di ogni dubbio che la trasformazione del reato in contravvenzione si rivela essere sfavorevole per il reo.

Nel giudizio comparativo, inoltre, non si deve considerare soltanto la durata e la specie della pena: vanno considerate anche le pene accessorie, le circostanze aggravanti e diminuenti, la qualifica dl fatto, le che cause che fanno venire meno il reato e la pena, i benefici che possono essere concessi, ecc.; tutti gli elementi, dunque, che in qualsiasi modo influiscono sul trattamento del giudicabile. In altri termini, è importante svolgere la comparazione sia sul piano del regime sanzionatorio sia sul piano del regime della punibilità.

Va infine sottolineato che la regola della applicabilità della norma più favorevole on riguarda soltanto i rapporti fra norme incriminatrici speciali, ma anche le variazioni intervenute in norme di parte generale da cui scaturisca un regime più favorevole al reo.

2.3. Successione di leggi eccezionali e temporanee

In base al quinto comma dell’art. 2 c.p.: “Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti”. Il principio della retroattività della legge più favorevole, dunque, non si applica all’intero campo del diritto penale.

Nelle ipotesi contemplate da queste leggi trova applicazione sempre la disposizione che era in vigore nel tempo in cui il fatto è stato commesso, anche se la nuova legge lo punisca meno gravemente o addirittura non lo consideri più come reato.

Le leggi eccezionali sono quelle leggi che vengono emanate per sopperire bisogni dello Stato che scaturiscono da situazioni “anormali”, come la guerra o lo stato d’assedio o il terremoto o un’epidemia. Non devono, tuttavia, essere confuse con le leggi eccezionali alle quali fa riferimento l’art. 14 delle Disposizioni sulla legge generale (“Applicazione delle leggi penali ed eccezionali”: Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati.) in quanto sono norme che implicano eccezioni a regole generali.

Le leggi temporanee, invece, sono quelle leggi nelle quali è stabilito un termine per la loro durata, ossia quelle leggi che cessano di avere efficacia in una data prefissa, senza necessità di una norma che nuova che le dichiari estinte. Sono di questo tipo le leggi emanate e destinate ad essere in vigore fin quanto perdura lo stato di guerra, non rientrano invece in questa categoria le norme dei codici penali militari relative al tempo di guerra.

La ratio di questa disciplina è ovvia: non permettere agli autori dei reati la possibilità di eludere le sanzioni, soprattutto per i fatti commessi nell’imminenza dello scadere del termine o verso la fine dello stato eccezionale e ciò per evitare gravi ingiustizie.

3. Corte di Cassazione, Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 40986

Di recente la Corte di Cassazione si è trovata a dover rispondere ad un quesito proprio in tema di successione di leggi penali.

Più precisamente alle S.U è stata affidata la seguente questione: “a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, trova applicazione la legge vigente al momento della condotta ovvero quella vigente al momento dell’evento?”

La questione ha tratto origine da un fatto di omicidio stradale ex art. 589 bis c.p.. In particolare, la condotta si è verificata quando in vigore era ancora la vecchia disciplina di cui all’art. 589 c.p., mentre l’evento (morte) si è verificato quando era ormai già intervenuta la nuova disciplina relativa all’omicidio stradale ex art. 589 bis c.p..

Effettivamente il secondo comma dell’art. 589 c.p., disponendo “Se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale o di quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni”, prevedeva una fattispecie integrante una circostanza aggravante rispetto alla fattispecie prevista e disciplinata dal primo comma dello stesso art. 589 c.p.; invece l’art. 589 bis c.p., introdotto dalla l. 23 marzo 2016 e in vigore dal 25 marzo 2016, prevede una fattispecie autonoma di reato.

Si è giunti ad una conclusione tenendo conto di due diversi orientamenti:

1) secondo un primo orientamento per il regime sanzionatorio si deve far riferimento alla disciplina vigente al momento della consumazione del reato, cioè all’evento lesivo;

2) secondo un altro orientamento, invece, si deve far riferimento alla condotta, cioè al momento in cui il reato è stato commesso, così come stabilisce la legge.

La Sezione rimettente ha annullato la sentenza impugnata senza rinvio, seguendo il secondo orientamento ed enunciando il seguente principio: “In tema di successione di leggi penali, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, deve trovare applicazione la legge vigente al momento della condotta”.

In conclusione, è d’uopo citare testualmente una parte della sentenza de quo, che evidenzia come il “criterio dell’evento” sia lesivo dei principi costituzionali (e convenzionali):

E’ dunque la condotta il punto di riferimento temporale essenziale a garantire la ‘calcolabilità’ delle conseguenze penali e, con essa, l’autodeterminazione della persona: ed è a tale punto di riferimento temporale che deve essere riconnessa l’operatività del principio di irretroattività ex art. 25 Cost., posto che ‘spostare in avanti’ detta operatività, correlandola all’evento del reato, determinerebbe, qualora alla condotta interamente posta in essere nella vigenza di una legge penale sia sopravvenuta una normativa penale più sfavorevole, la sostanziale retroattività di quest’ultima rispetto al momento in cui è effettivamente possibile per la persona ‘calcolare’ le conseguenze penali del proprio agire; con l’inevitabile svuotamento dell’effettività della garanzia di autodeterminazione della persona e della ratio di tutela del principio costituzionale di irretroattività.

La ratio di garanzia del principio di irretroattività della norma più sfavorevole e il suo necessario riferimento alla valutabilità delle conseguenze penali della condotta dell’uomo sono, dunque, decisivi nell’indirizzare la soluzione della questione rimessa alle Sezioni unite verso l’adesione al ‘criterio della condotta’. Una ratio di garanzia della persona del tutto coerente con il principio personalista che il Costituente ha posto quale uno dei pilastri fondamentali dell’edificio costituzionale, secondo l’impostazione accolta con l’approvazione del c.d. ordine del giorno Dossetti”.


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